{"id":1383,"date":"2022-06-04T17:44:02","date_gmt":"2022-06-04T15:44:02","guid":{"rendered":"https_3A//arcangelosanmichele.altervista.org/@p=1383"},"modified":"2024-06-14T21:54:35","modified_gmt":"2024-06-14T19:54:35","slug":"1-introduzione-al-tomismo","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/arcangelosanmichele.altervista.org\/1-introduzione-al-tomismo\/","title":{"rendered":"Introduzione al tomismo: le XXIV tesi."},"content":{"rendered":"

fonte fides-et-ratio.i<\/a>t 3-4\/06\/2022<\/span><\/p>\n

Autore Francesco Lamendola<\/strong><\/span><\/p>\n

Introduzione al tomismo le XXIV tesi. Le prime 7 dedicate alla metafisica. Le XXIV tesi della filosofia di san Tommaso d\u2019Aquino opera di padre Guido Mattiussi esperto di filosofia tomista e teologo vicino San Pio X<\/strong> <\/span><\/em><\/span><\/p>\n

Diversi amici ci hanno chiesto se esiste un modo semplice, ma al tempo stesso appropriato ed efficace, per accostarsi, da profani, a quella immensa cattedrale che \u00e8 il pensiero filosofico di san Tommaso d\u2019Aquino<\/strong>, e specialmente alle due somme: la Summa contra Gentiles<\/em> e la Summa Theologiae<\/em>. In sostanza ci chiedono se uno che non ha mai letto san Tommaso, o che lo ha letto fuggevolmente, magari al liceo, possa affrontarne lo studio affidandosi a una qualche guida della quale sia possibile fidarsi, come uno che non si \u00e8 mai arrampicato in montagna si affida a una guida alpinistica per raggiungere una certa vetta. Dopo aver riflettuto, ci \u00e8 parso che una tale guida esista e che possa fornire un valido sostegno ai principianti: si tratta dell\u2019encomiabile lavoro fatto dal padre gesuita Guido Mattiussi<\/strong> (nato a Vergnacco, frazione di Reana del Rojale, in provincia di Udine, nel 1852, ma trasferitosi con la famiglia a Gemona fino all\u2019et\u00e0 di dieci anni, e morto a Gorizia nel 1923), solido friulano trapiantato a Milano, che si distinse negli anni difficili della battaglia antimodernista intrapresa da san Pio X a partire dal 1907 colla pubblicazione del decreto Lamentabili sane exitu<\/em>, del 3 luglio 1907, e poi dell\u2019enciclica Pascendi Dominici gregis, <\/em>l\u20198 settembre successivo.<\/span><\/p>\n

Ai modernisti il pensiero di san Tommaso d\u2019Aquino<\/strong> non piaceva troppo, e per indebolirne l\u2019autorevolezza ormai consolidata (Leone XIII lo aveva raccomandato formalmente come autore della pi\u00f9 perfetta sintesi della filosofia cristiana, con l\u2019enciclica Aeterni Patris<\/em> del 4 agosto 1879), invece di attaccarlo frontalmente, fecero leva sulle divergenze d\u2019interpretazione che esistevano, ed erano sempre esistite, fra i suoi studiosi e ammiratori, ma anche fra i suoi detrattori, in modo da creare confusione e riaprire vecchie ferite, ad esempio le parziali condanne subite dal tomismo ad opera del vescovo di Parigi, Stefano Tempier, nel 1277, pochi anni dopo la morte dell\u2019Aquinate, il quale era stato per\u00f2 canonizzato da papa Giovanni XXII nel 1323, e dichiarato Dottore della Chiesa da san Pio V nel 1567, con la bolla Mirabili Deus<\/em>. San Pio X<\/strong> era molto preoccupato da tale situazione, che rischiava di offuscare il pi\u00f9 solido punto di riferimento speculativo contro le mene dei modernisti<\/strong>, e si rivolse ad alcuni esperti di filosofia tomista affinch\u00e9 venisse redatta una sintesi la pi\u00f9 fedele possibile del pensiero del Dottore Angelico. La scelta cadde infine sul padre Mattiussi<\/strong>, uomo aperto e coltissimo, ricco di un notevole bagaglio di esperienze d\u2019insegnamento non solo nell\u2019ambito della filosofia ma anche della fisica e della matematica, sia in Italia, presso l\u2019Universit\u00e0 Gregoriana, sia all\u2019estero.<\/span><\/p>\n

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Padre Mattiussi si era gi\u00e0 segnalato  come autore di numerose pubblicazioni, fra le quali faceva spicco una che gi\u00e0 nel titolo mostrava il suo carattere battagliero ed era destinata a dispiacere non solo alla cultura laica, allora intrisa di neokantismo, ma anche a settori di quelle cattolica: Il veleno kantiano. Nuova e antica critica della ragione<\/em>, pubblicata nel 1907, nel pieno cio\u00e8 dell\u2019offensiva antimodernista del santo padre, e nel quale il bersaglio non era solo la filosofia di Kant<\/strong>, ma un po\u2019 tutta la filosofia moderna, colpevole, a suo dire (e noi siamo perfettamente d\u2019accordo con lui), di essersi allontanata dalla coincidenza tomista di essere, vero e bene. Mattiussi era un gesuita della vecchia scuola e un uomo tutto d\u2019un pezzo, tanto che godeva di scarse simpatie fra i suoi stessi confratelli perch\u00e9 giudicato, come oggi (in clima neomodernista) si dice, troppo rigido<\/em> o addirittura, come appare dalla voce a lui dedicata dall\u2019Enciclopedia Treccani<\/em>, un integralista<\/em>; mentre essi avrebbero preferito un approccio pi\u00f9 morbido alle posizioni degli oppositori, occulti e palesi, del tomismo; e il frutto di tale atmosfera a lui poco favorevole fu che non gli vennero mai riconosciuti i suoi meriti, indubbi e tutt\u2019altro che modesti, di pensatore e di studioso: laddove un altro, pi\u00f9 gradito ai settori progressisti della Chiesa, a parit\u00e0 di meriti avrebbe fatto certamente una ben diversa carriera accademica. Il vescovo di Milano, poi, Andrea Carlo Ferrari, occulto simpatizzante del modernismo moderato (sic), tanto fece che ne ottenne l\u2019allontanamento dalla sua diocesi.<\/span><\/p>\n

Dunque padre Mattiussi, fra il 1914 e il 1916, pubblic\u00f2, con l\u2019incoraggiamento e il pieno sostegno di san Pio X<\/strong> (che per\u00f2, come \u00e8 noto, mor\u00ec, forse di dolore per non aver potuto fermare la catastrofe della Prima guerra mondiale, il 20 agosto 1914), a puntate, su La Civilt\u00e0 Cattolica<\/em>, la sintesi che stava tanto a cuore al pontefice: Le XXIV tesi della filosofia di san Tommaso d\u2019Aquino<\/em><\/strong>, opera poi raccolta in un volume e pubblicata, con l\u2019approvazione della Sacra Congregazione degli Studi, dall\u2019Universit\u00e0 Gregoriana di Roma, nel 1917. A noi \u00e8 sembrato che sarebbe utile, per quanti sono digiuni, o quasi, di una conoscenza diretta della filosofia di san Tommaso, patire da qui, dalla sintesi fatta da Guido Mattiussi; e pertanto dedicheremo tre o quattro articoli per esporre e commentare le 24 tesi, corredandole, una per una, di un nostro breve commento. <\/span><\/p>\n

Ci avvaliamo, ringraziando fin d\u2019ora, di quanto pubblicato sul sito della Societ\u00e0 Internazionale Tommaso d\u2019Aquino, ../../www.sitaroma.com/wp/le-24-tesi-della-filosofia-di-san-tommaso/default.htm<\/a>. In questa prima parte tratteremo le prime sette tesi, dedicate alla metafisica; dall\u2019ottava alla dodicesima, si tratta della cosmologia; dalla tredicesima alla ventunesima, della psicologia razionale; le ultime tre sono dedicate  alla teologia naturale.<\/span><\/p>\n

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LA METAFISICA<\/span><\/p>\n

I. La potenza e l\u2019atto dividono l\u2019ente in modo tale che tutto ci\u00f2 che esiste o \u00e8 atto puro o \u00e8 necessariamente composto di potenza e atto come di principi primi e intrinseci.<\/em><\/span><\/p>\n

Meravigliosa semplicit\u00e0, essenzialit\u00e0 e chiarezza espositiva. Vi sono solo due tipi di enti: quelli che hanno in stessi la potenza e l\u2019atto, e quelli che sono atto puro. A rigore, il solo ente di questa seconda categoria \u00e8 Dio. Tuttavia vi sono enti che sono formati dalla potenza e dall\u2019agire proprio, per cui passano da se stessi dalla potenza all\u2019atto; ed enti che ricevono l\u2019atto, passivamente, ma non se lo danno da s\u00e9. Per fare un esempio: l\u2019uomo pu\u00f2 pensare una certa cosa e poi tradurla in azione, passando all\u2019atto da s\u00e9 stesso; la statua invece rester\u00e0 sempre in potenza, nella materia del legno, del marmo, ecc., finch\u00e9 uno scultore non venga a darle una forma, traducendo in atto la potenza di cui \u00e8 suscettibile.<\/span><\/p>\n

II. L\u2019atto, in quanto perfezione, non \u00e8 limitato se non dalla potenza, che \u00e8 capacit\u00e0 di perfezione. Quindi, nell\u2019ordine in cui l\u2019atto \u00e8 puro, \u00e8 illimitato e unico. Infatti l\u2019atto di per s\u00e9 dice solo perfezione ed esclude il limite. Se dunque ci sono enti limitati e molteplici, significa che essi sono sempre composti di potenza e atto.<\/em> <\/em><\/span><\/p>\n

L\u2019atto \u00e8 perfetto, nel senso di compiuto, realizzato. L\u2019atto puro, cio\u00e8 l\u2019atto perfettamente realizzato, non \u00e8 pi\u00f9 delimitato da alcuna potenza, da alcuna possibilit\u00e0: \u00e8 cos\u00ec e non potrebbe essere altrimenti; nulla pu\u00f2 esservi aggiunto o sottratto o modificato. L\u2019atto puro \u00e8 quindi sia illimitato, sia unico: se ve ne fosse pi\u00f9 d\u2019uno, essi si limiterebbero a vicenda. Da tale definizione risulta che il solo atto puro \u00e8 Dio.<\/span><\/p>\n

III. Nell\u2019ordine dell\u2019essere solo Dio \u00e8 atto puro, unico e semplicissimo (cio\u00e8 non composto); tutte le altre cose, che partecipano dell\u2019essere, hanno una natura in cui l\u2019essere \u00e8 ricevuto e limitato, e sono costituite di essenza e atto d\u2019essere (esistenza) come di principi realmente distinti.<\/em><\/span><\/p>\n

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Dio, atto puro (come per Aristotele), \u00e8 una sostanza semplice: non vi \u00e8 in Lui nulla di composto, proprio perch\u00e9 \u00e8 perfetto e quindi essenziale. Negli altri enti vi \u00e8 qualcosa di essenziale e qualcosa di accidentale: qualcosa che si pu\u00f2 togliere \u2013 o aggiungere, o comunque modificare – senza tuttavia cambiarne la natura, e qualcosa che li caratterizza quanto alla loro natura, che ovviamente non pu\u00f2 essere tolto, n\u00e9 aggiunto, n\u00e9 modificato. Inoltre negli altri enti l\u2019essenza e l\u2019esistenza possono essere distinti, ad esempio una casa pu\u00f2 esistere realmente, oppure pu\u00f2 essere solo pensata, immaginata, descritta in un racconto o una poesia, o dipinta sulla tela; mentre in Dio l\u2019essenza e l\u2019esistenza coincidono assolutamente, cio\u00e8 non si pu\u00f2 immaginare che in Lui vi sia l\u2019una senza l\u2019altra.<\/span><\/p>\n

IV. L\u2019ente, che viene denominato dall\u2019essere (perch\u00e9 significa \u201cci\u00f2 che ha l\u2019essere\u201d), non \u00e8 detto univocamente (cio\u00e8 nello stesso senso) di Dio e delle creature; ma neppure in senso equivoco (ossia totalmente diverso). Si dice invece in senso analogico (cio\u00e8 somigliante, in parte uguale e in parte diverso), con un\u2019analogia sia di attribuzione, sia di proporzionalit\u00e0.<\/em> <\/em><\/span><\/p>\n

Sia Dio che le cose create sono enti; ma Dio \u00e8 l\u2019Ente assoluto, le altre cose sono enti relativi, i quali stanno con l\u2019Atto puro in un rapporto di analogia e di partecipazione. Come Lui esistono; ma Lui esiste perch\u00e9 ha l\u2019essere in Se medesimo, mentre le cose esistono perch\u00e9 partecipano dell\u2019essere, che ricevono da altro da s\u00e9.<\/span><\/p>\n

V. In ogni cosa creata c\u2019\u00e8 anche la reale composizione tra il soggetto sussistente (sostanza) e le perfezioni accessorie che si aggiungono, gli accidenti. La distinzione reale tra sostanza e accidenti non sarebbe possibile senza la distinzione reale fra essenza e atto d\u2019essere (esistenza).<\/em> <\/em><\/span><\/p>\n

Le cose create sono fatte di sostanza e accidenti; Dio, Atto puro, \u00e8 solo sostanza. Pertanto le cose create sono suscettibili di una maggiore o minore perfezione, quanto alle qualit\u00e0 che le caratterizzano: una rosa pu\u00f2 essere pi\u00f9 o meno rossa, pi\u00f9 o meno fresca, pi\u00f9 o meno profumata; un cavallo pu\u00f2 essere pi\u00f9 o meno veloce, ecc. Ora, il fatto che esista una tale possibilit\u00e0 di gradazione, e quindi una scala di perfezione, indica la natura finita degli enti: l\u2019Ente assoluto non ha gradi di perfezione, perch\u00e9, se li avesse, vi sarebbe qualche altro ente pi\u00f9 perfetto di Lui; ma allora non sarebbe l\u2019Ente assoluto. <\/em><\/span><\/p>\n

VI. Oltre agli accidenti detti assoluti (come la qualit\u00e0 e la quantit\u00e0), ci sono accidenti di \u201crelazione\u201d che mettono in rapporto ad altro. Sebbene queste \u201crelazioni\u201d, secondo la loro natura, non indichino qualcosa di inerente a qualcosa, tuttavia spesso hanno una causa nelle cose, e quindi sono un\u2019entit\u00e0 reale distinta dalla sostanza.<\/em> <\/em><\/span><\/p>\n

Gli enti creati sono costituiti, oltre che dalla sostanza che \u00e8 loro propria (potremmo dire dalla loro natura: quel qualcosa per cui ad un cavallo \u00e8 propria la \u201ccavallinit\u00e0\u201d, e ad uomo l\u2019umanit\u00e0), dagli accidenti, i quali a loro volta possono essere assoluti o relativi. Il corpo umano, ad esempio, dispone di due mani: due \u00e8 il numero delle mani, che sono, in un certo senso, accidenti del corpo (perch\u00e9 il corpo umano sussiste in quanto tale anche dopo un trauma che lo abbia privato delle mani). Al tempo stesso, il fatto che il corpo abbia due mani significa che noi, osservando un corpo umano di profilo e notando, ad esempio, la sua mano destra, ci aspettiamo che possieda, sebbene non visibile in quel momento, anche la mano sinistra: infatti le due mani sono in relazione l\u2019una con l\u2019altra, rimandano l\u2019una all\u2019altra, dal momento che formano una coppia. Il fatto che formino una coppia, e che pertanto siano in relazione reciproca, non corrisponde a qualcosa che inerisce alla mano in se stessa: la mano \u00e8 la mano, anche se non viene messa in relazione con l\u2019altra.<\/span><\/p>\n

VII. La creatura spirituale \u00e8 nella sua essenza del tutto semplice, pur rimanendo in essa la composizione di essenza ed esistenza, e anche la composizione di sostanza e accidente.<\/em> <\/em><\/span><\/p>\n

Gli enti si distinguono in enti del pensiero, enti materiali ed enti spirituali. Come esempio dei primi, possiamo porre gli enti della matematica, i numeri e le figure; ai secondi appartengono tutte le creature fatte di materia. Un esempio del terzo tipo di enti, quelli spirituali, \u00e8 offerto dagli Angeli. In essi, pur essendo creature spirituali e perci\u00f2 semplici (indivisibili), sono compresenti qualit\u00e0 sostanziali e qualit\u00e0 accidentali, mentre l\u2019essenza e l\u2019esistenza in essi sono s\u00ec compresenti, ma non in maniera necessaria, perch\u00e9 partecipano dell\u2019essere (che hanno ricevuto, in quanto creature) ma non hanno propriamente l\u2019essere, il quale appartiene necessariamente solo a Dio.<\/span><\/p>\n

LA COSMOLOGIA<\/span><\/p>\n

VIII. Al contrario delle creature spirituali, le creature corporee non sono semplici nella loro essenza, ma composte di potenza e atto. La potenza nell\u2019ordine dell\u2019essenza si chiama “materia prima”, e l\u2019atto si chiama “forma sostanziale”.<\/em><\/span><\/p>\n

Le creature dotate di corpo, come l\u2019uomo, sono composte di potenza e atto. La loro potenza risiede nella materia di cui sono fatte, l\u2019atto che le rende esistenti invece \u00e8 la forma. Analogamente, in una scultura la materia \u00e8 il marmo, la forma \u00e8 l\u2019idea della statua che l\u2019artista ha nella mente e che traduce in realt\u00e0. Potremmo perci\u00f2 paragonare il Creatore all\u2019artista che concepisce la sua opera e la realizza, e che dopo averla realizzata se ne compiace. E Dio vide che era cosa buona<\/em>, dice l\u2019autore del libro della Genesi<\/em>: tutto ci\u00f2 che \u00e8 stato concepito e creato da Dio \u00e8 in se stesso buono; l\u2019imperfezione, la concupiscenza e la morte sono il frutto dell\u2019uso perverso della libert\u00e0 umana, cio\u00e8 di una corruzione della natura causata dal Peccato originale.<\/span><\/p>\n

IX. N\u00e9 la materia prima n\u00e9 la forma sostanziale) ha l\u2019essere, o viene prodotta, o si corrompe; e non pu\u00f2 essere posta nei predicamenti (che sono i vari modi di dire della realt\u00e0), se non in modo riduttivo come principio sostanziale.<\/em><\/span><\/p>\n

La materia prima e la forma sostanziale, nelle creature corporee \u2013 proprio perch\u00e9 non hanno l\u2019essere, ma lo ricevono per partecipazione \u2013 non possono corrompesi e sparire nel nulla, cos\u00ec come non si generano dal nulla (nell\u2019ambito del mondo naturale), ma si trasformano incessantemente in altro da s\u00e9 e si scompongono nelle parti di cui sono fatte. Cos\u00ec anche il corpo dell\u2019uomo si disperde, alla morte, negli elementi di cui \u00e8 costituito; mentre l\u2019anima, che \u00e8 semplice, non si corrompe, ma si separa dal corpo (in attesa di ricongiungersi con esso, allorch\u00e9 ci sar\u00e0 la resurrezione dei corpi). Anche l\u2019anima peraltro, avendo ricevuto l\u2019essere e non possedendolo in forma originaria, \u00e8 soggetta alla volont\u00e0 di altro da s\u00e9, Dio, che \u00e8 l\u2019Essere come Atto puro, senza alcuna potenza residua, e la Causa prima di tutto ci\u00f2 che esiste.<\/span><\/p>\n

X. La sostanza corporea, anche se \u00e8 sempre estesa, non pu\u00f2 tuttavia essere identificata con l\u2019estensione, o quantit\u00e0. La sostanza \u00e8 infatti per sua natura fuori dell\u2019ordine dimensivo, e quindi \u00e8 indivisibile. Perci\u00f2 la quantit\u00e0, che d\u00e0 l\u2019estensione alla sostanza, si differenzia realmente dalla sostanza ed \u00e8 un vero accidente.<\/em><\/span><\/p>\n

Le creature corporee sono contraddistinte soprattutto dall\u2019estensione e dalla quantit\u00e0. Tuttavia n\u00e9 l\u2019estensione n\u00e9 la quantit\u00e0 risolvono interamente la sostanza delle cose corporee, perch\u00e9 vi \u00e8, oltre ad esse, un “sostrato” rispetto al quale estensione e quantit\u00e0 sono accidenti o, usando una terminologia filosofica pi\u00f9 moderna, delle qualit\u00e0 primarie. Anzi, poich\u00e9 il numero \u00e8 una variante dell\u2019estensione (in un mucchio di sassi non \u00e8 il loro numero che conta, e che oltretutto pu\u00f2 variare senza che ci\u00f2 modifichi la sua natura di “mucchio”), e l\u2019estensione \u00e8 determinata dalla quantit\u00e0 di materia che compone quel determinato ente, si pu\u00f2 dire che l\u2019estensione \u00e8 l\u2019accidente che caratterizza le sostanze corporee, ma non si identifica con la loro sostanza, bens\u00ec rimane una loro qualit\u00e0, ossia un accidente. Infatti una cosa pu\u00f2 mutare forma, accogliere (o perdere) degli oggetti senza perci\u00f2 smettere di essere se stessa; una casa pu\u00f2 essere ingrandita (o rimpicciolita), ma resta sempre la casa; e il bambino cresce e diventa adulto, ma resta pur sempre uomo, come il seme di grano diventa pianta, ma resta quel che \u00e8, grano.<\/span><\/p>\n

XI. La materia designata dalla quantit\u00e0 (“signata quanti tate”) \u00e8 il principio di individuazione della sostanza corporea. Nelle sostanze spirituali, ad esempio negli angeli, questo problema non si pone, poich\u00e9 ogni angelo differisce dall\u2019altro per la specie.<\/em><\/span><\/p>\n

Il principium individuationis<\/em> della sostanza corporea \u00e8 dato dal fatto che essa \u00e8 contrassegnata dalla quantit\u00e0: se non ci fosse la quantit\u00e0, non ci sarebbe sostanza corporea (anche se abbiano visto che la quantit\u00e0 \u00e8 un accidente della materia e non coincide con essa). E dunque le cose corporee sono pi\u00f9 grandi o pi\u00f9 piccole, pi\u00f9 complesse o pi\u00f9 semplici (ma sempre composte), mentre le sostanze spirituali, come gli Angeli, non sono caratterizzate dalla quantit\u00e0 perch\u00e9 ciascuna di esse differisce dalle altre come una specie delle cose materiali differisce dall\u2019altra. Nel mondo delle cose materiali, queste sono raggruppate in specie, e tutti gli individui che appartengono a una classe o specie sono parte di essa, pur differendo a livello individuale (quanto alla quantit\u00e0, appunto); mentre nella dimensione spirituale ogni individuo, essendo formato di sostanza spirituale, che \u00e8 semplice e indivisibile, \u00e8 come se fosse una specie a s\u00e9 stante.<\/span><\/p>\n

XII. Quando si dice che un corpo \u00e8 in un luogo si presuppone che lo spazio sia pieno (non ha senso parlare di un luogo nel vuoto); il luogo quindi \u00e8 la superficie del corpo ambiente a immediato contatto con l\u2019ente corporeo. \u00c8 del tutto impossibile che un corpo occupi pi\u00f9 di un luogo (multilocazione).<\/em><\/span><\/p>\n

Possiamo anche dire cos\u00ec: in virt\u00f9 della quantit\u00e0 un corpo occupa un luogo ed uno soltanto. Ad ogni corpo corrisponde un luogo; nessun corpo pu\u00f2 occupare simultaneamente pi\u00f9 luoghi. Ci\u00f2 presuppone che lo spazio sia “pieno”, come \u00e8 confermato dai fisici moderni (anche se non si trovano d\u2019accordo sulla natura di tale “pienezza”), ossia che non esistano luoghi nel vuoto, il che \u00e8 perfettamente ragionevole. Altrettanto ragionevole \u00e8 definire un luogo come la superficie di un certo spazio che si trova a contatto con un determinato ente corporeo. Il luogo della nave \u00e8 definito dallo spazio che la nave occupa, e, occupandolo, sposta un\u2019equivalente quantit\u00e0 d\u2019acqua. Infatti se un corpo non pu\u00f2 occupare nello stesso tempo pi\u00f9 spazi, l\u2019acqua ove si trova la nave non pu\u00f2 occupare lo stesso spazio che occupava prima che la nave fosse l\u00ec, ma deve necessariamente occuparne un altro, poich\u00e9 anche l\u2019acqua \u00e8 un corpo.<\/span><\/p>\n

LA PSICOLOGIA RAZIONALE<\/span><\/p>\n

XIII. I corpi sono di due tipi: alcuni sono viventi (animati) e altri privi di vita (inanimati). Nei viventi la forma sostanziale si chiama anima. In questi enti animati c\u2019\u00e8 nel medesimo soggetto una disposizione organica, costituita di diverse parti, cos\u00ec che ci sia una parte movente e una parte mossa.<\/em><\/span><\/p>\n

L\u2019anima \u00e8 la forma sostanziale degli esseri viventi (vegetativa nelle piante, sensitiva negli animali e razionale nell\u2019uomo). L\u2019anima \u00e8 il principio della vita: dove non c\u2019\u00e8 anima, come nelle pietre, non ci pu\u00f2 essere vita. Nelle creature viventi c\u2019\u00e8 inoltre una duplice disposizione, a muovere e ad essere mossi. Nel caso della pianta, il suo accrescimento dipende dal fatto che riceve le sostanze nutritive dal terreno, la luce e il calore dal sole, cio\u00e8 da altro da s\u00e9; ma c\u2019\u00e8 anche la disposizione a germogliare, a passare dallo stadio di seme a quello di germoglio, infine a quello di pianta perfetta, e tale disposizione \u00e8 interna ad essa, per cui si pu\u00f2 dire che, sia pure sotto lo stimolo di un\u2019azione esterna, essa \u00e8 anche capace di movimento spontaneo.<\/span><\/p>\n

XIV. Le anime dell\u2019ordine vegetativo e sensitivo non sussistono mai per se stesse, n\u00e9 per se stesse vengono prodotte, ma sono soltanto il principio mediante cui il vivente esiste e vive. Queste anime dipendono in tutto dalla materia e, quando si corrompe il composto, “per accidens” (indirettamente) si corrompono anch\u2019esse.<\/em><\/span><\/p>\n

Piante e animali non sono dotati di un\u2019anima sussistente: la loro anima serve solo a svolgere le funzioni vitali ed \u00e8 strettamente legata al corpo, cosicch\u00e9, quando il composto di anima e di corpo si scinde, le loro rispettive anime cessano di esistere. La loro funzione \u00e8 quella di servire alle funzioni del corpo; ma se non c\u2019\u00e8 pi\u00f9 un corpo da servire, l\u2019anima vegetativa e l\u2019anima sensitiva non hanno ragione di sussistere.<\/span><\/p>\n

XV. Contrariamente all\u2019anima vegetativa e sensitiva, l\u2019anima umana, che \u00e8 spirituale, sussiste per s\u00e9, e viene infusa in una materia sufficientemente disposta; viene creata da Dio e per sua natura \u00e8 incorruttibile e immortale.<\/em><\/span><\/p>\n

Diversamente da quella delle piante e degli animali, l\u2019anima umana \u00e8 spirituale, cio\u00e8 sussiste anche indipendentemente dal corpo; e dunque allorch\u00e9 si separa dal corpo, non cessa di esistere, poich\u00e9 essa non serviva solo ad aiutare il corpo a espletare le sue funzioni e a soddisfare le sue necessit\u00e0. La stessa materia destinata ad accoglierla, il corpo, \u00e8 stata pensata e creata dal Volere divino in vista di quella funzione ulteriore, che consiste nell\u2019uso della ragione, da cui discendono tutte le funzioni spirituali. Dunque l\u2019anima umana \u00e8 immortale: essendo sostanza semplice, non si disperde nei suoi composti.<\/span><\/p>\n

XVI. L\u2019 anima razionale \u00e8 unita al corpo cos\u00ec da essere la sua unica forma sostanziale; per essa la persona \u00e8 essere umano, animale, vivente, corpo, sostanza ed ente. L\u2019anima dunque d\u00e0 all\u2019essere umano ogni grado di perfezione essenziale; e comunica alla materia il suo stesso atto di essere.<\/em><\/span><\/p>\n

L\u2019anima razionale \u00e8 forma sostanziale del corpo umano in maniera diversa dall\u2019anima vegetativa delle piante e dall\u2019anima sensitiva degli animali. Nelle piante e negli animali l\u2019anima \u00e8 semplicemente il loro rispettivo riprincipio vitale: non \u00e8 immortale perch\u00e9 non deve svolgere alcuna funzione oltre quelle legate alla vita del corpo. L\u2019anima dell\u2019uomo invece, che \u00e8 razionale, ha la funzione di guidare alla ricerca del vero e di sostenere lo sforzo della volont\u00e0: il fine dell\u2019uomo infatti \u00e8 conoscere il vero e servirlo. Pertanto l\u2019anima dell\u2019uomo sussiste anche oltre la separazione del corpo: Dio l\u2019ha pensata e creata per un fine ultraterreno.<\/span><\/p>\n

XVII. Dall\u2019anima umana emanano, per naturale conseguenza, facolt\u00e0 di un duplice ordine, facolt\u00e0 organiche e facolt\u00e0 inorganiche: le prime, alle quali appartengono anche i sensi, hanno per soggetto il composto, le seconde invece ineriscono alla sola anima. L\u2019intelletto \u00e8 dunque una facolt\u00e0 intrinsecamente indipendente da un organo corporeo.<\/em><\/span><\/p>\n

Con questa notevolissima affermazione, la filosofia di san Tommaso d\u2019Aquino tocca uno dei suoi vertici speculativi: l\u2019intelletto \u00e8 una facolt\u00e0 indipendente dal corpo; \u00e8 nella mente, ma non \u00e8 la mente: \u00e8, in parte, una facolt\u00e0 “inorganica”, nel senso che non dipende dal corpo, non serve solamente il corpo e non finisce con il corpo. La parte dell\u2019anima che dipende dal corpo, ad esempio i sensi, \u00e8 analoga a quella che si trova negli animali. L\u2019anima umana \u00e8 dunque un composto: pi\u00f9 precisamente, \u00e8 composta quella parte dell\u2019anima umana che \u00e8 strettamente legata al corpo; mentre la parte che \u00e8 indipendente da esso \u00e8 una sostanza semplice, e proprio per questo non subisce la corruzione allorch\u00e9 si separa dal corpo.<\/span><\/p>\n

XVIII. La radice dell\u2019intelligibilit\u00e0 \u00e8 l\u2019immaterialit\u00e0. Dunque, di per s\u00e9, \u00e8 sommamente conoscente e conoscibile ci\u00f2 che \u00e8 pi\u00f9 “libero” dalla materialit\u00e0. L\u2019oggetto adeguato di ogni intelligenza (vale a dire quella delle creature umane, degli angeli e anche di Dio) \u00e8 l\u2019ente. In particolare l\u2019oggetto proprio dell\u2019intelletto umano, nel presente stato di unione con il corpo, \u00e8 l\u2019essenza delle cose (la “quidditas”) astratta dalle condizioni materiali in cui si trova.<\/em><\/span><\/p>\n

Il reale \u00e8 intelligibile, cio\u00e8 pensabile e comprensibile razionalmente, perch\u00e9 la mente \u00e8 immateriale; e l\u2019uomo, creatura razionale e spirituale, somiglia, nella sua natura essenziale, agli Angeli e a Dio, pur essendo infinitamente meno perfetto, proprio perch\u00e9 la sua anima \u00e8 unita ad un corpo fisico (nel corso della vita terrena), che la condiziona, anche se non in modo essenziale. Se lo condizionasse in modo essenziale, l\u2019uomo sarebbe nella stessa condizione dell\u2019animale e della pianta: la sua anima gli servirebbe solo a soddisfare i suoi bisogni naturali. L\u2019uomo invece ha anche dei bisogni soprannaturali, e in ci\u00f2 si rivela la sua natura spirituale: la sua anima razionale gli \u00e8 stata infusa da Dio al preciso scopo di realizzare il suo fine specifico, mediante la ragione e la volont\u00e0, che \u00e8 quello di conoscere, amare e servire il Suo creatore.<\/span><\/p>\n

XIX. La conoscenza inizia dalle realt\u00e0 sensibili. Poich\u00e9 per\u00f2 il sensibile non \u00e8 intelligibile in atto, oltre all\u2019intelletto che intende formalmente, bisogna ammettere nell\u2019anima una virt\u00f9 attiva che astragga le specie intelligibili dalle immagini sensibili (“phantasmata”). Questa virt\u00f9 attiva viene denominata “intelletto agente”.<\/em><\/span><\/p>\n

La conoscenza dell\u2019uomo inizia dalla realt\u00e0 sensibile: nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu<\/em>, \u00abnella mente non c\u2019\u00e8 nulla che non sia gi\u00e0 inscritto nei sensi\u00bb. D\u2019altra parte il dato sensibile non conduce automaticamente al conoscere, perch\u00e9, oltre alla facolt\u00e0 sensitiva, \u00e8 necessaria all\u2019anima una facolt\u00e0 ulteriore, che consiste nell\u2019astrarre da ci\u00f2 che il dato sensibile mostra, qualche cosa d\u2019intelligibile, il pensiero puro. Se cos\u00ec non fosse, la conoscenza dell\u2019uomo non andrebbe pi\u00f9 in l\u00e0 di quella dell\u2019animale, al quale basta conoscere quel che gli serve immediatamente per la sua esistenza materiale. Ma la conoscenza dell\u2019uomo va ben oltre: raggruppa i dati sensoriali e li organizza secondo categorie precise e sulla base dei principi della logica, a cominciare dal principio d\u2019identit\u00e0 e quello di non contraddizione. Le immagini sensibili, di per se stesse, non sarebbero altro che qualcosa di labile e contingente, quasi fantasmi delle cose reali: acquistano un significato ulteriore allorch\u00e9 la facolt\u00e0 razionale li utilizza per andare oltre la loro immediatezza e pensare in maniera astratta, ossia per concetti.<\/span><\/p>\n

“Intelletto agente”, o attivo, \u00e8 la facolt\u00e0 dell\u2019anima razionale di esercitare un\u2019azione combinatoria e astrattiva sul mero dato sensoriale.<\/span><\/p>\n

XX. Mediante le specie intellettive conosciamo le essenze delle cose in modo universale; con i sensi conosciamo i singolari, che cogliamo anche con l\u2019intelletto mediante il ritorno alle immagini; la conoscenza delle realt\u00e0 spirituali \u00e8 possibile mediante l\u2019analogia.<\/em><\/span><\/p>\n

La conoscenza sensibile ci fa conoscere le singole cose, i singoli oggetti; con l\u2019intelletto possiamo “estrarre” da questi ci\u00f2 che \u00e8 accidentale (il fatto che un certo individuo sia grande o piccolo, giovane o vecchio) e ritenere ci\u00f2 che invece \u00e8 essenziale (ad esempio il fatto che quel tale individuo \u00e8 un essere umano). Facendo un ulteriore passo avanti, l\u2019intelletto pu\u00f2 conoscere anche senza bisogno di riferirsi continuamente (o “ritornare”) alle immagini sensibili delle cose: pu\u00f2 conoscere le cose invisibili, che sono l\u2019oggetto pi\u00f9 adeguato all\u2019anima razionale, il che \u00e8 possibile mediante l\u2019analogia fra le cose sensibili e quelle spirituali.<\/span><\/p>\n

XXI. La volont\u00e0 segue e non precede l\u2019intelletto: essa vuole necessariamente solo ci\u00f2 che le si presenta come un bene assoluto che sazia completamente il suo appetito (il desiderio di bene); sceglie invece liberamente tra i vari beni limitati, presentati dall\u2019intelletto, piegando l\u2019ultimo giudizio pratico dell\u2019intelletto verso ci\u00f2 che vuole.<\/em><\/span><\/p>\n

La filosofia di san Tommaso \u00e8 fondata sulla ragion pura e non sulla ragion pratica: l\u2019anima razionale \u00e8 capace di libera scelta, ma per volere nel senso che le si addice, e non in maniera difforme dalla sua natura, deve sapere ci\u00f2 che vuole e deve volere ci\u00f2 che le \u00e8 conforme. Perci\u00f2 l\u2019anima razionale, capace, essa sola, di astrarre dalle cose sensibili e concentrarsi sulle realt\u00e0 spirituali, vuole necessariamente, ossia secondo la necessit\u00e0 della sua natura, non questo o quel bene, ma il bene in se stesso, il Bene assoluto. Il dramma dell\u2019uomo \u00e8 che egli \u00e8 suscettibile di volere non in maniera necessaria, come accadrebbe se riconoscesse e assecondasse la sua natura razionale e spirituale, ma di volere in maniera estemporanea e capricciosa, cio\u00e8 soggettiva, dei beni che gli sembrano appetibili e lo lusingano, ma non potranno mai soddisfarlo realmente, poich\u00e9 sono beni limitati e sensibili. In altre parole, nell\u2019uomo il giudizio pratico tende a prevalere sul giudizio razionale: il che lo porta a tradire la sua natura.<\/span><\/p>\n

LA TEOLOGIA NATURALE<\/span><\/p>\n

XXII. Che Dio esista non lo sappiamo n\u00e9 con un\u2019intuizione immediata n\u00e9 a priori. Lo dimostriamo per\u00f2 con certezza a posteriori, cio\u00e8 partendo dal creato, con argomentazioni che vanno dagli effetti alla causa: 1. dalle cose che si muovono, ma non possono essere il principio adeguato del loro movimento, a un primo motore immobile; 2. da una serie di cause fra loro subordinate a una prima causa incausata; 3. dalle cose corruttibili, che si rapportano ugualmente all\u2019essere e al non essere, a un ente assolutamente necessario; 4. da cose che sono pi\u00f9 o meno perfette nell\u2019essere, nel vivere, nell\u2019intendere ecc. a Colui che \u00e8 sommamente intelligente, vivente, esistente; 5. dall\u2019ordine dell\u2019universo a un intelletto supremo che ha ordinato il creato, armonizzandolo, e lo dirige al fine.<\/em><\/span><\/p>\n

Sono le famose cinque vie di san Tommaso per dimostrare, a filo di logica, l\u2019esistenza di Dio, la quale non scaturisce da un\u2019intuizione immediata n\u00e9 da una certezza a priori (e qui il suo pensiero diverge da quello della filosofia del senso comune, ad esempio di Antonio Livi). Diversi filosofi moderni rivendicano di aver confutato le cinque prove di san Tommaso: a noi non sembra. Che il movimento debba avere un\u2019origine che non sia ancora movimento, bens\u00ec motore, qualcosa che muove; che il processo causale rimandi ad un Causa prima, ecc., questi non ci sembrano argomenti che si possano realmente confutare, almeno se si resta sul terreno della logica. Ad ogni modo, la ragione ci porta ad affermare che Dio c\u2019\u00e8; ma non ci dice nulla di preciso su di Lui. Per questo \u00e8 necessaria la Rivelazione.<\/span><\/p>\n

XXIII. L\u2019essenza divina viene adeguatamente definita come l\u2019essere per s\u00e9 sussistente. Poich\u00e9 l\u2019atto d\u2019essere dal punto di vista metafisico \u00e8 la pi\u00f9 alta perfezione, si deve ritenere che il puro atto d\u2019essere, Dio, sia infinito nella sua perfezione.<\/em><\/span><\/p>\n

Dio \u00e8 l\u2019Essere, perch\u00e9 in Lui l\u2019essere non \u00e8 partecipato, ma auto-sussistente. La perfezione pi\u00f9 alta di un essere consiste nel fatto di esistere (e non di venire, ad esempio, solo pensato): dunque Dio, atto puro, esiste infinitamente e perfettissimamente.<\/span><\/p>\n

XXIV. Dio (l\u2019Essere per s\u00e9 sussistente) per la stessa purezza del suo essere si distingue da tutte le realt\u00e0 finite. Da ci\u00f2 si deduce: anzitutto che il mondo non \u00e8 potuto esistere se non per creazione da parte di Dio; poi che la virt\u00f9 creativa (che in s\u00e9 riguarda prima di tutto l\u2019ente in quanto ente) non \u00e8 comunicabile nemmeno per miracolo a una natura finita; infine che nessun agente creato pu\u00f2 influire sull\u2019essere di qualsiasi effetto se non viene mosso dalla Causa prima<\/em><\/span><\/p>\n

Esiste una distanza ontologica, un abisso vero e proprio, fra Creatore e creature. Dio, perfezione infinita, si riflette solo vagamente, anche se certissimamente, nella perfezione (relativa) del creato. Dunque se il mondo esiste, esiste perch\u00e9 Dio lo ha creato: non \u00e8 neppure pensabile che esso esista indipendentemente da Lui. Pertanto la creazione del mondo da parte di Dio \u00e8 assolutamente libera: Dio, atto puro, \u00e8 gi\u00e0 perfettamente commisurato a Se stesso: non aveva alcuna necessit\u00e0 di creare alcunch\u00e9, ma lo ha fatto per sovrabbondanza di amore. Sono completamente in errore quanti, e fra essi non pochi sedicenti teologi contemporanei, affermano che Dio ha bisogno dell\u2019uomo e che senza il mondo la sua perfezione sarebbe incompleta, perch\u00e9, al contrario, l\u2019atto della creazione \u00e8 totalmente gratuito.<\/span><\/p>\n

Bergoglio si \u00e8 spinto ancora pi\u00f9 in l\u00e0: ha affermato, assurdamente, che Dio non \u00e8 Dio senza l\u2019uomo<\/em>; ma prima di lui anche don Giussani, per non parlare di padre Turoldo, avevano espresso un concetto pressoch\u00e9 identico. Che dire? Sono affermazioni che si commentano da s\u00e9. A tanto si doveva arrivare, dacch\u00e9 si \u00e8 estromesso il tomismo dai seminari e, di fatto, dalle facolt\u00e0 teologiche, e si \u00e8 lasciato che imperversassero i Rahner, i Buber, i Bultmann, i Tillich, i K\u00fcng, i Schillebeeckx, i De Lubac, i Congar, i Teilhard, i von Balthasar\u2026 Mentre sia Leone XIII che san Pio X avevano raccomandato che si studiasse il tomismo, la pi\u00f9 perfetta forma di filosofia e teologia cristiana, per preparare dei buoni sacerdoti.<\/span><\/p>\n

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