Apo-01 - VALTORTAVOX

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LEGGE ► DANIELA CIAVONI



Colui che è” è l’antico  Nome di Dio, quello col quale Dio si nominò a Mosè sul monte, quello da  Mosè insegnato al suo Popolo perché così potesse chiamare Iddio. Tutta  l’eternità, la potenza, la sapienza di Dio balena in questo nome.
Colui che è: l’eternità. Non ha avuto un passato Dio. Non avrà un futuro. Egli è. Il presente eterno.
 Se l’intelletto umano, anche il più potente degli intelletti umani; se  un potente, anche il più potente tra gli umani, con puro desiderio, con  puro pensiero scevro di umani orgogli, medita questa eternità di Dio,  sente, come nessuna lezione, meditazione o contemplazione valse a fargli  sentire, ciò che è Dio e ciò che è lui: il Tutto e il nulla; l’Eterno e  il transitorio; l’Immutabile e il mutabile; l’Immenso e il limitato.  Sorge l’umiltà, sorge l’adorazione adeguata all’Essere divino cui va  data adorazione, sorge la fiducia perché l’uomo, il nulla, il granello  di polvere rispetto al Tutto e al tutto il creato dal Tutto, si sente  sotto il raggio della protezione di Colui che, essendo dall’eternità,  volle che gli uomini fossero, per dar loro il suo infinito amore.
Colui che è: la potenza infinita.
 Quale cosa o persona potrebbe da se stessa essere? Nessuna. Senza  combustioni e fusioni di particelle sparse per i firmamenti non si forma  un nuovo astro, come spontaneamente non si forma una muffa. Per  l’astro, grande più della Terra, o per la muffa microscopica, occorrono  materie preesistenti e speciali condizioni di ambiente atte alla  formazione di un nuovo corpo, sia esso grandissimo o microscopico. Ma  chi dette modo all’astro e alla muffa di formarsi? Colui che creò tutto  quanto è, perché Egli era da sempre, e da sempre era potente.
Ci fu  dunque, per ogni cosa che è, un Principio creatore che, o direttamente  creò (la prima creazione), o mantenne e favorì il perpetuarsi e  rinnovarsi della creazione. Ma Egli chi lo creò? Nessuno. Egli è. Per Se  stesso. Non deve il suo Essere a persona o cosa alcuna. Egli è. Non ha  avuto bisogno di un altro essere per essere, come nessun altro essere, a  Lui avversario, benché da Lui creato — perché ogni spirito o carne o  creatura del mondo irrazionale sensibile sono da Dio creati — può  portarlo al non essere. E se tutto quanto è, nel Cielo spirituale, nel  Creato sensibile, negli Inferni, è già testimonianza della sua immensa  potenza, il suo essere, senza aver avuto principio da altro essere o  cosa, è l’immensa testimonianza della sua immensa potenza.
Colui che è: la sapienza perfettissima,  increata, che non ha avuto bisogno di autoformazione o di formazione di  maestri per essere. La Sapienza che nel creare il tutto, che non era,  non commise uno sbaglio, creando e volendo perfettamente.
Quale  quell’inventore o innovatore o pensatore, anche mosso da giusto  desiderio di investigare, conoscere e spiegare i misteri eccelsi e i  naturali, che non cada in qualche errore, e del suo intelletto non ne  faccia un movente di danno a sé e ad altri? La radice del danno a tutta  l’Umanità non ha forse origine dal desiderio dei Progenitori di  conoscere e penetrare nei dominii di Dio? Subito sedotti dalla falsa  promessa dell’Avversario, vollero conoscere… e caddero in errore, come  vi cadono pensatori, scienziati e uomini in genere.
Ma Colui che è, e  che è Sapienza perfettissima, non commise errore, e non ne commette, né  il male e il dolore che han reso imperfetto ciò che fu creato perfetto  mai deve dirsi che viene dall’Onnisciente, ma da coloro che vollero e  vogliono uscire da quella legge d’ordine che Dio ha dato a tutte le cose  e gli esseri viventi. Ordine spirituale, morale, fisico perfetto, e  che, se rispettato, avrebbe mantenuto la Terra allo stato di terrestre  paradiso e gli uomini che l’abitano nella felice condizione di Adamo ed  Eva avanti la colpa.
Colui che è”, antico nome di Dio, per un eccesso di venerazione, creatosi spontaneo nell’io  degli uomini consci della loro condizione di essere dei decaduti dalla  Grazia e meritevoli dei rigori di Dio — era allora il tempo che Dio, per  gli uomini, era il Dio terribile del Sinai, il Giudice pronto alle  vendette — fu presto sostituito dall’altro: Adonai. E questo, sia per  diversità di pronuncia quale la si osserva in ogni nazione, e in tutti i  tempi, da regione a regione, sia per essere usato troppo raramente per  una troppo integrale applicazione del comando: “Non nominare invano il  Nome del Signore Dio tuo”, provocò un’alterazione della prima pronuncia:  “Jeové”. Ma nella Galilea, nella quale l’Emmanuele avrebbe passato la  quasi totalità della sua vita di Dio tra gli uomini, secondo il suo nome  profetico di Emanuel, e dalla quale si sarebbe mosso per spargere la  Buona Novella, Egli che era la Parola di Dio fattasi Uomo, e per  iniziare la sua missione di Salvatore e Redentore che si sarebbe  conclusa sul Golgota, quel nome, insegnato dall’Eterno a Mosè, conservò  il suo suono iniziale: Jeovè.
E nel nome del Figlio di Dio fattosi  Uomo, nel nome che Dio stesso impose al Figlio suo incarnato, e che  l’Angelo dei felici annunzi aveva comunicato alla Vergine immacolata, è,  per chi sa leggere e intendere, un’eco di quel nome, e la Parola che lo  portava, ai suoi, insegnò novellamente la parola vera: Jeovè, per dire  Dio, per dire il Padre suo Ss., dal quale il Figlio è generato e dai  Quali procede lo Spirito Santo. E procede per generare, al giusto tempo,  nel seno della Vergine il Cristo Salvatore.
Il Figlio di Dio e  della Donna, Gesù. Colui che, oltre ad essere il promesso Messia e  Redentore, è la testimonianza più vera del Padre e della sua Volontà, la  testimonianza della Verità, della Carità, del Regno di Dio.
Il  Padre e il Figlio, sempre Una sol cosa anche se temporaneamente il  Figlio aveva assunto Persona umana senza per ciò aver perduto la sua  eterna Persona divina, sempre Una sol cosa per l’Amore perfetto che li  univa, si sono vicendevolmente resi testimonianza. Il Padre la dà al  Figlio, nel Battesimo al Giordano; sul Tabor, alla Trasfigurazione; al  Tempio per l’ultima Pasqua, al cospetto anche dei Gentili venuti per  conoscere Gesù. Ma a questa triplice testimonianza sensibile vanno  aggiunte le testimonianze dei miracoli più grandi operati dal Cristo  quasi sempre dopo aver invocato il Padre. Veramente può dirsi che  l’invisibile presenza del Padre, che è eterno e purissimo Spirito,  balenasse, come raggio di incontenibile luce che nessun ostacolo può  imprigionare, in ogni manifestazione del Cristo, sia in veste di Maestro  che in veste di operatore di miracoli e di opere divine.
Iddio, il  Padre, aveva creato l’uomo dalla polvere e gli aveva infuso il soffio  della vita e lo spirito, soffio divino e immortale. Ancora il Padre,  palesemente o no invocato dal Figlio, con Lui rende la vita ad una carne morta, e con la vita l’anima e la ricostruzione delle carni che, per morte (Lazzaro) o per morbo (lebbre), s’erano già sfatte o distrutte, o, convertendo il peccatore, ricostruisce in esso la legge morale, ricrea lo spirito  caduto in peccato, sino alla grande ricreazione alla Grazia, mediante  il sacrificio di Cristo, per tutti coloro che credono in Lui e ne  accolgono la Dottrina entrando a far parte della sua Chiesa.
Il  Figlio poi, al mondo che ignora il Padre, e anche al piccolo mondo  d’Israele che, senza ignorarlo, non ne conosceva la verità di amore, di  misericordia, di giustizia temperata dalla carità che è sua Natura,  rivela il Padre. “Chi vede Me vede il Padre. La mia dottrina non è mia,  ma di Colui che mi ha mandato. La Verità che ha mandato Me, sua Parola,  voi non la conoscete, ma Io la conosco perché mi ha generato. Il Padre  che mi ha mandato non ha lasciato solo il suo Figlio; Egli è con Me. Io e  il Padre siamo Una sola cosa”. E rivela lo Spirito Santo,  mutuo amore, abbraccio e bacio eterni del Padre e del Figlio, Spirito  dello Spirito di Dio, Spirito di verità, Spirito di consolazione,  Spirito di sapienza, che confermerà i credenti nella Fede e li  ammaestrerà nella Sapienza, Egli, Teologo dei teologi, Luce dei mistici,  Occhio dei contemplatori, Fuoco degli amanti di Dio.
Tutto  l’insegnamento e tutte le opere del Cristo sono testimonianza del Padre e  rivelazione del mistero incomprensibile della Ss. Trinità. Di quella  Ss. Trinità per la quale fu possibile la Creazione, la Redenzione, la  Santificazione dell’uomo. Di quella Ss. Trinità per la quale, senza  distruggere la prima creazione che s’era corrotta, poté aversi una  ricreazione, o novella creazione di una coppia senza macchia: di una  nuova Eva, di un nuovo Adamo, mezzo a ricreare alla Grazia, e quindi a  ristabilire l’ordine violato e il fine ultimo tra e per gli uomini  venuti da Adamo.
Per volere del Padre, in vista dei meriti del  Figlio, e per opera dello Spirito Santo, poté, dalla Donna immacolata,  Eva novella e fedele, assumere umana carne il Figlio, poiché lo Spirito  di Dio coprì della sua ombra l’Arca non fatta da mano d’uomo, ed aversi  il nuovo Adamo, il Vincitore, il Redentore, il Re del Regno dei Cieli al  quale sono chiamati coloro che, accogliendolo con amore, seguendolo  nella dottrina, meritano di divenire figli di Dio coeredi del Cielo.
 Dalle prime parole di Maestro alle ultime nel Cenacolo e nel Sinedrio,  nel Pretorio e sul Golgota, e da queste a quelle avanti l’Ascensione,  Gesù sempre testimoniò del Padre e del Regno celeste.
Il Regno di Dio. Il Regno di Cristo. Due regni che sono un sol re­gno, essendo il Cristo Una  sol cosa con Dio, ed essendo che Dio, al Cristo e per il Cristo, ha  dato tutte le cose che per mezzo di Lui sono state, dopo che tutte  l’Eterno le aveva già viste nel suo Unigenito, la Sapienza infinita,  Origine come Dio, Fine come Dio, Causa come Dio-Uomo della creazione,  della deificazione, della redenzione dell’uomo. Due regni che sono un  sol regno, perché il Regno del Cri­sto in noi dà il possesso del Regno  di Dio a noi.
E il Cristo, dicendo al Padre: “Venga il tuo Regno”,  come Fondatore, come Re dei re, come Figlio ed Erede eterno di tutti i  beni eterni del Padre, lo instaura dalla Terra, lo stabilisce in noi, fa  una cosa sola del suo e del Regno del Padre, li unisce congiungendo  quello della Terra, come con un mistico ponte, che è poi la sua lunga  Croce di Uomo tra gli uomini che non lo comprendono e di Martire per  mezzo degli uomini e per il bene degli uomini, a quello celeste; dà ad  esso Regno di Dio per sua Reggia visibile la Chiesa, per statuto di  questo Regno le leggi della Chiesa, per Re di questo Regno Se stesso che  ne è Capo e Pontefice eterno, e come ogni re vi istituisce i suoi  ministri, e chiaramente lo definisce “anticipo” del Regno eterno, e  definisce la Chiesa “nuova Gerusalemme terrena” che, alla fine dei  tempi, sarà trasportata e trasformata nella “Gerusalemme celeste” nella  quale giubileranno in eterno i risorti, e vivranno una vita nota a Dio  solo.
Regno visibile per mezzo della Chiesa, ma anche regno  invisibile, questo regno di Dio in noi. Esso ha preso somiglianza col  suo Fondatore, il quale, come Uomo, è stato ed è un Re visibile e, come  Dio, un Re invisibile perché purissimo Spirito, al quale si dà fede per pura fede,  perché occhio umano, né altro umano senso, mai vide Dio avanti fosse  incarnato, né vede sensibilmente la Prima e la Terza Persona, ma le vede  nelle opere da Esse compiute, o compientisi. Regno dunque che, come  l’uomo, è stato fatto a somiglianza e immagine del suo Fondatore: vero e  perfetto Uomo, e come tale visibile prototipo degli uomini quali li  aveva creati il Padre contemplandoli nel suo Verbo eterno e nel suo  Verbo incarnato, e vero e perfettissimo Dio, e come tale purissimo  Spirito, invisibile nella sua spirituale Natura divina, ma vivente,  senza possibilità di principio e di fine, essendo il “Vivente”. Così è  il Regno di Dio, rappresentato sulla Terra dalla Chiesa, Società  visibile e vivente senza possibilità di fine da quando fu, dal Vivente,  costituita. Così è il Regno di Dio in noi, invisibile perché cosa  spirituale, vivente nella parte spirituale, e vivente da quando è  creata, salvo che l’uomo non distrugga il Regno di Dio in lui col  peccato e col persistere in esso, uccidendo anche la Vita dello spirito.
 Regno che si serve e si conquista. Si serve sulla Terra e si conquista  oltre la Terra, durante tutte le vicende della vita quotidiana. Ogni  anno, ogni mese, giorno, ora e minuto, dall’uso della ragione alla  morte, è servizio del suddito a Dio col fare la sua Volontà, ubbidire  alla sua Legge, vivere da “figlio”, e non da nemico o da bruto che  elegge a sua vita il piccolo e transitorio godere animale al vivere in  modo di meritare il gaudio celeste. Ogni anno, mese, giorno, ora e  minuto è mezzo di conquista del Regno celeste.
“Il mio Regno non è  di questo mondo” asserì più volte la Verità incarnata ai suoi eletti, ai  suoi amici, ai suoi fedeli, e anche a quelli che lo respingevano e  l’odiavano per paura di perdere il loro meschino potere.
“Il mio Regno non è di questo mondo” testimoniò il Cristo quando, accortosi che lo volevano fare re, fuggì da solo sul monte.
“Il mio Regno non è di questo mondo” rispose il Cristo a Pilato che lo interrogava.
 “Il mio Regno non è di questo mondo” disse ancora una volta, l’estrema,  ai suoi Apostoli, avanti di ascendere; e sul tempo della ricostruzione  di esso, ancora sperato umanamente dai suoi eletti, rispose: “Solo il  Padre ne sa il tempo e il momento. Se lo è riservato in suo potere”.
Dunque il Cristo ha sempre testimoniato del Regno, di questo duplice Regno che è poi ancora un  sol Regno: quello di Cristo-Dio in noi, e quello di noi in Dio e con  Dio, e che diverrà Regno perfetto, immutabile, non più soggetto ad  insidie o corruzioni dal momento che “Egli, il Re dei Re, verrà sulle  nubi e ogni occhio lo vedrà”, per prendere possesso del suo Regno
 per avere la vittoria su tutti i nemici, per giudicare e dare ad ognuno  ciò che ognuno s’è meritato, e trasportare gli eletti nel mondo nuovo,  nel nuovo cielo e nella nuova terra, nella nuova Gerusalemme dove non è  corruzione, pianto e morte.
E per testimoniare con mezzi più forti  delle parole che Egli è il Re visibile del Regno di Dio, ossia di un  regno dove carità, giustizia e potere sono esercitati in forme  soprannaturali, Egli operò cose quali nessun re può operarne di tanto  potenti, rendendo libertà alle membra e alle coscienze legate da morbi,  possessioni o peccati gravi, dominando le forze stesse della natura e  gli elementi, e anche gli uomini, quando era conveniente di farlo, e  anche vincendo la morte (la figlia di Giairo, il figlio della vedova di  Naim, Lazzaro), usando sempre una carità e una giustizia perfette e  imparziali, ed ammaestrando con una sapienza che aveva insegnamento per  ogni caso materiale, morale o spirituale, tanto che gli stessi suoi  nemici dovevano confessare: “Nessuno ha mai parlato come Egli parla”.
 A quelli che decretavano: “Non vogliamo che costui regni” Egli risponde  coi fatti miracolosi sui quali il volere degli uomini non può esplicare  nessun potere. Con la sua Risurrezione e la sua Ascensione risponde.  Mostrando così che se poterono ucciderlo fu perché Egli lo permise per  fine d’amore infinito, ma che Egli è Re di un Regno dove il potere è  infinito, perché da Sé può rendersi la vita e da Sé ascendere, anche  come Uomo di vera carne, al Cielo, presso il Padre suo.
In attesa di  poter concedere ai suoi eletti il Regno celeste, Egli dà ad essi la  pace. La pace che è, con la carità, l’aura del suo Regno celeste. La  pace che da Lui emana. Da Lui che è Colui che è, e che è il Principe  della Pace, e che per dare agli uomini la pace della riconci­liazione  con Dio è venuto sulla Terra ad assumere, Egli che è l’Esse­re in  eterno, carne, sangue e anima, per unirle ipostaticamente alla sua  Divinità, per compiere il Sacrificio perfetto che ha placato il Pa­dre.  Perfetto, perché la Vittima immolata, per cancellare il peccato  dell’Umanità e l’offesa fatta dalla stessa a Dio suo Creatore, era ve­ra Carne per poter essere immolata, e Carne innocente e pura, ma anche era vero Dio.  Quindi il suo Sacrificio fu perfetto, ed atto e sufficiente a lavare la  Macchia e a restituire la Grazia, e a rifarci cittadini del Regno di  Dio e servi non per schiavitù, ma per spiritua­le sacerdozio che dà  ossequio e culto a Dio, e lavora perché il suo Regno si estenda, e anime  ed anime vadano alla Luce e alla Vita; a quella Vita immortale anche  per la carne risorta dei giusti che Egli ci testimoniò poter essere cosa  vera con la sua Risurrezione dopo esser stato fatto morto, Egli il  Vivente, divenendo così “il Primoge­nito fra i morti”, di coloro che  all’ultimo giorno riassumeranno la carne di cui per millenni, secoli, o  anni, s’erano spogliati, per gode­re anche con la stessa, oggetto di  prova, di lotta e di merito sulla Terra, dell’inesprimibile gaudio della  conoscenza di Dio e delle sue perfezioni.
Eventuali violazioni ai DIRITTI d'AUTORE, se DEBITAMENTE SEGNALATE a ezio1944@gmail.com - VERRANNO IMMEDIATAMENTE RIMOSSE
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