
Voce narrante • SILVIA CANEPARO
Anno 2017
106. Le 'anime-vittime' per la salvezza del mondo.
Faccio seguito al mio precedente Pensiero 105. I negatori dell'Eucarestia ed i satanisti… 'credenti'
San Paolo nel primo versetto del Cap. 2 della sua Epistola1, e con riferimento e completamento ai versetti immediatamente precedenti già da me commentati, si rivolge ora a quell'uomo che - pur giudicando in retta coscienza biasimevoli tutti quegli atti elencati da Paolo - poi in realtà ne fa di simili.
A costui San Paolo dice quindi: «Tu dunque, o uomo, chiunque tu sia, ti rendi inescusabile, perché nel giudicare gli altri condanni te stesso, facendo le medesime cose che tu condanni. Ciascuno sarà giudicato secondo le opere...».
Questi uomini, e sono tanti, nel giorno del Giudizio non potrebbero addurre scusanti perché la conoscenza della legge divina e la voce della loro stessa 'coscienza' li rende 'inescusabili', cioè destinati alla dannazione.
Essi avrebbero dunque bisogno di aiuto ed hanno bisogno di anime che si offrano di espiare per loro.
Lo Spirito Santo, in questa nuova lezione2, parte dunque dal suddetto versetto paolino di condanna per dire che Egli si rivolge ora - più che ai comuni fedeli - 'alla parte 'eletta' di essi.
La 'parte eletta' - aggiunge lo Spirito Santo - è come una farina pura che la sua Parola, che è 'lievito', deve fare 'lievitare' affinché tale pasta, mescolata ad altra farina meno pura - perché frammista a 'crusca' costituita dal grande gregge dei comuni fedeli - faccia a sua volta ben lievitare quest'ultima affinché essa possa divenire un pane 'mangiabile'.
Da questa pasta eletta e pura devono uscire le anime-ostia che - sacrificandosi per rispettare gli insegnamenti di Gesù nel modo più perfetto possibile - siano in un certo qual senso 'vittime' di salvezza per gli altri, così come - sia pur a ben altro livello - lo è stato Gesù che si è sacrificato sulla Croce per la Redenzione dell'Umanità.
Lo Spirito Santo parlando quindi ora alla parte 'eletta' dei fedeli chiede ad essa espiazione, riparazione, perfezione anche affinché la parte 'docente' della Chiesa, e cioè il Clero, pastore del gregge - ove non sia esso stesso 'parte eletta, ostia di sacrificio' - si collochi almeno fra la parte 'impura' del gregge - costituito oggi dalla grande maggioranza dei cristiani - e la parte 'eletta', cioè le 'vittime', che sono le colonne che sorreggono la Chiesa e rappresentano per i deboli del gregge la scala per avvicinarsi a Dio.
Dunque Dio parla qui alle ostie-pure, le anime-vittime, perché il loro amore - in quanto espiazione - servirà a riscattare i peccati del mondo.
Non bisogna temere, anzi bisogna essere contenti - aggiunge lo Spirito Santo - di essere chiamati da Dio alla missione di 'ostie' perché esse sono come delle 'legioni' di Arcangeli che sconfiggono i demoni sorreggendo il mondo che - grazie al loro sacrificio - ottiene una maggior indulgenza da parte di Dio.
Le anime-vittime sono dunque le più vere imitatrici di Gesù Cristo, perché esse - con il loro sacrificio - concorrono a 'generare' al Signore un numero maggiore di 'figli di Dio'.
Fin dall'inizio di questi miei 'Pensieri' mi avete sentito parlare di Maria Valtorta come di 'un'anima-vittima' e voi, lettori poco abituati alla terminologia della mistica, vi sarete chiesti cosa mai significasse essere 'anima vittima'.
Ecco che in questa lezione lo Spirito Santo lo spiega alla perfezione: esse sono persone chiamate da Gesù ad accettare la sofferenza per la salvezza e la conversione del prossimo che potrebbe essere altrimenti condannato alla morte eterna.
Marta Diciotti, fedele assistente di Maria Valtorta e delle sue infermità per tutta la sua vita, aveva riferito che il primo Dettato ricevuto da Maria Valtorta da parte di Gesù fu del 23 aprile del 1943, sorprendendo la mistica, che si sentì spinta a scriverlo.
Lei lo confidò a Marta chiedendole di andare a cercare il suo Direttore spirituale, Padre Migliorini.
Marta - si legge testualmente in una nota dell'Editore posta in calce a questo Dettato tratto dai 'Quaderni del 1943' - 'uscì di casa usando qualche astuzia per non destare curiosità nella mamma di Maria, che era donna molto autoritaria e non incline a cose di religione. Padre Migliorini venne subito e si intrattenne in confidente colloquio con l’inferma scrittrice'.
Ecco la trascrizione di questo Dettato (i grassetti sono i miei):
23 aprile 1943
Mattina del Venerdì Santo.
Dice Gesù:
«La prima volta mio Padre per purificare la terra mandò un lavacro d’acque, la seconda mandò un lavacro di sangue, e di che Sangue! Né il primo né il secondo lavacro sono valsi a fare degli uomini dei figli di Dio. Ora il Padre è stanco, e a far perire la razza umana lascia che si scatenino i castighi dell’inferno, perché gli uomini hanno preferito l’inferno al Cielo e il loro dominatore: Lucifero, li tortura per spingerli a bestemmiarCi per farne dei suoi completi figli.
Io verrei una seconda volta a morire, per salvarli da una morte più atroce ancora... Ma il Padre mio non lo permette... Il mio Amore lo permetterebbe, la Giustizia no. Sa che sarebbe inutile. Perciò verrò soltanto all’ultima ora. Ma guai a quelli che in quell’ora mi vedranno avendo eletto a loro signore Lucifero! Non vi sarà bisogno di armi nelle mani dei miei angeli per vincere la battaglia contro gli anticristi. Basterà il mio sguardo.
Oh! Se gli uomini sapessero ancora volgersi a Me che sono la salvezza! Non desidero che questo e piango perché vedo che niente è capace di fare loro alzare il capo verso il Cielo da dove Io tendo loro le braccia.
Soffri, Maria, e di’ ai buoni di soffrire per sopperire al mio secondo martirio che il Padre non vuole Io compia. Ad ogni creatura che si immola è concesso di salvare qualche anima. Qualche... e non è a stupirsi siano poche le concesse ad ogni piccolo redentore se si pensa che Io, il Redentore divino, sul Calvario, nell’ora dell’immolazione, di tutte le migliaia di persone presenti al mio morire sono riuscito a salvare il ladrone, Longino, e pochi, pochi altri...»
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In buona sostanza quello che emerge da questi insegnamenti è un tema centrale della Dottrina cristiana: quello dell'Amore e del Dolore.3
Gesù ci ha insegnato - con il suo Sacrificio di Croce - che è l'Amore che salva, e la più grande espressione dell'Amore è il dolore offerto per amore in espiazione per i peccati del mondo, come ha fatto appunto l'Uomo-Dio e come Gesù chiede alle anime-vittime che chiama alla 'gloria' di collaborare al suo progetto di salvezza continua dell'Umanità.
Si tratta, in ultima analisi, del sublime concetto cristiano della 'Comunione dei santi' per cui Dio - nel suo Amore e nella sua Misericordia e grazie ai meriti di chi ha saputo e sa ancora amare - non smette di salvare una Umanità che, dopo duemila anni di Cristianesimo, continua ancora a peccare, anzi... ora peggio di allora.
Non dobbiamo però spaventarci, perché l'esser vittima non dipende dalla nostra volontà e Dio non ci chiama tutti ad esserlo, anzi ne chiama pochi, perché questa è una specialissima vocazione che Dio dona a chi ritiene Lui, a chi Dio ritiene che ne possa sopportare il peso, un peso peraltro di cui molte volte si fa carico Gesù stesso prendendo ancora una volta sulle proprie spalle la croce dell'anima-vittima quando essa la dovesse sentire troppo pesante.
La sofferenza - di norma - non è Dio che la dà ma deriva dalle circostanze della vita.
Però il cristiano - anche senza essere anima-vittima, perché la sola idea del dolore lo spaventa - potrebbe fare almeno una cosa, e cioè accettare la 'croce' delle normali sofferenze che una vita 'normale' comunque prima o poi gli impone, e offrire queste piccole e grandi sofferenze al Signore.
Quello che cambia - con ‘l'accettazione'’ - è il nostro atteggiamento mentale e spirituale nei confronti della sofferenza rispetto ad essa e rispetto a Dio.
Non è però del tutto esatto dire che la sofferenza 'non cambia' perché nel caso della 'accettazione' della normale sofferenza della vita, la 'carne' morale prima soffre per la sofferenza in se stessa e poi soffre ancora una volta per il volersi imporre di accettarla e di offrirla a Dio per la salvezza degli altri.
Non ha certo nulla a che vedere con l'essere un'anima-vittima ma è comunque un fare 'tesoro' a favore del prossimo delle sofferenze inevitabili di questa terra perché esso ci venga accumulato e capitalizzato in Cielo: e accreditato con il centuplo degli 'interessi'.
1 Rm 2,1: «Tu dunque, o uomo, chiunque tu sia, ti rendi inescusabile, perché nel giudicare gli altri condanni te stesso, facendo le medesime cose che tu condanni. Ciascuno sarà giudicato secondo le opere »
2 M.V.: 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani' - 9.01.48 - Centro Ed. Valtortiano
3 Su questi temi vedi, dell'autore: 'Alla ricerca del Paradiso perduto': Capp. 104 e 118 - Ed. Segno, 1997 - vedi anche sito internet http://www.ilcatecumeno.net/presopere.htm