VoceALTA-075 - ilCATECUMENO.it

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VOCE NARRANTE ♫ SILVIA CANEPARO
7.7.2016
075. il Catto-luteranesimo: una Chiesa ‘cattolica’ a ‘trazione anteriore’ luterana…
‘Questa dottrina è troppo penosa e questo linguaggio è troppo duro!’  -  (3ª parte di tre)

Abbiamo affrontato la prima parte di questa trilogia sul ‘Catto-luteranesimo’ cominciando ad evidenziare i segni iniziali di un deriva sempre più manifesta verso il luteranesimo attraverso una diversa interpretazione delle Verità di Fede, deriva che il Cattolicesimo sta subendo da qualche anno in nome dell’Ecumenismo.
Sarebbe bene chiarire subito una idea errata che può frullare nella testa di persone cattoliche meno informate.
La Verità evangelica non muta con i tempi, da duemila anni a questa parte è stata sempre una, solo una, ed è quella della Chiesa 'cattolica apostolica romana' insegnata da Gesù Cristo, trasmessa dagli apostoli, dai primi Padri della Chiesa vicini alla predicazione apostolica e dalla Tradizione.
Al di là degli insegnamenti didattici contenuti nei Vangeli, Gesù deve avere spiegato agli apostoli ed ai discepoli una quantità inimmaginabile di cose nei suoi tre anni di predicazione vissuti a stretto contatto con loro, notte e giorno.
Non per niente l’Apostolo Giovanni, servendosi di una iperbole, chiude il suo Vangelo – l’ultimo dei quattro - dicendo che in realtà ci sarebbero state molte altre cose della vita di Gesù da raccontare ma che, scritte ad una ad una, il mondo intero non avrebbe potuto contenerne i libri.
Sono le cose tramandate verbalmente dagli apostoli ai loro discepoli e continuatori, non meno vere di quelle contenute e messe per iscritto in seguito nei testi evangelici.
Ecco perché è importante il lascito della Tradizione dei primissimi tempi del Cristianesimo ed è irrilevante il fatto che qualcuno - che evidentemente non condivide - ogni tanto lamenti che certe ‘verità’ annunciate dalla Chiesa non siano espressamente riportate dai Vangeli.
Di quando in quando dal solco della Tradizione sono spuntate interpretazioni differenti, punti di vista diversi, e sono nate le eresie, tumori più o memo gravi, talvolta circoscrivibili e operabili, talaltra impossibili da estirpare dovendo essi fare il loro corso metastatico fino alla fine.
Dalla Chiesa, originariamente albero ombroso e sano ma soggetta alla umanità dei suoi membri ed agli attacchi sistematici di Satana, hanno finito per spuntare i famosi ‘tralci bastardi’ di evangelica memoria, ma il suo tronco cattolico apostolico romano - a dispetto di certi ‘uomini di chiesa’ e grazie ai suoi santi - è sempre rimasto dottrinariamente sano.
Dal ‘male’ della 'Riforma protestante' è nato il 'bene' della 'Controriforma cattolica'' con tutto un insieme di misure di rinnovamento spirituale, teologico, liturgico e di riorganizzazione con le quali la Chiesa - a seguito del Concilio di Trento - riformò le proprie istituzioni
Satana tuttavia non demorde. Poiché è angelicamente Intelligentissimo, sa bene che non può vincere contro Dio, ma se deve essere sconfitto vuole almeno portare con sé all’Inferno – in odio a Dio e agli uomini destinati a quel Paradiso che a lui è ora irrimediabilmente negato – il maggior numero possibile di anime.
Lo fa sobillando odio fra i popoli, provocando guerre che facciano morire in stato di peccato grave quanti più uomini possibile, lo fa ispirando religioni in antitesi a quella cristiana che contengano solo verità parziali insieme a tanti altri principi sbagliati, ispirando infine altre religioni che addirittura combattano e vogliano specificatamente distruggere il cristianesimo.
Le cosiddette guerre di 'religione', di norma volute dagli uomini per i propri interessi politici ed economici ma astutamente ammantate di ‘religiosità’, hanno proprio lui come Regista occulto.
Non è possibile capire appieno il Male se non si considera o non si vuole prendere atto della presenza costante e furtiva di Satana dietro le quinte.
Satana, dopo avere attaccato la Chiesa dall’esterno - come avvenuto circa 14 secoli fa anni con l’Islamismo che eliminò il Cristianesimo dal Medio Oriente e dall’Africa del nord fino a giungere in Spagna e poi con ulteriori tentativi di conquista dell’Europa nei secoli successivi fino ad oggi - ha provato, sempre agendo dall’esterno, anche con la dottrina protestante luterana del Cinquecento.  
Non che Martin Lutero avesse avuto tutti i torti, vista la situazione morale degli uomini di chiesa a quell’epoca, ma il fatto è che a qualche giusta 'ragione' egli aggiunse di suo degli ‘obici’ eretici calibro novanta, e le ‘eresie’ - si sa - sono l'arma forte di Satana per indebolire la Chiesa, dividendola.
Ora Satana, da circa 50 anni, sta attaccando sempre di più la Chiesa ma -  cambiata tattica - ha pensato bene di farlo dall’interno, grazie ad una parte di gerarchie tiepide conquistate alla sua causa ed alla ormai a tutti nota Massoneria ecclesiastica, per ‘completare il lavoro’ di cinquecento anni fa.
Non è un attacco frontale, perché sarebbe troppo evidente e scoperto, ma sinuoso come quello di un serpente che si infiltra fra le frasche ‘zufolando’ sommessamente all’orecchio una melodia dolce perché compiacente, la melodia della ‘grande misericordia divina’, una misericordia a buon mercato che perciò piace a tutti perché si discosta dalla scomoda Dottrina di salvezza e non pretende Pentimento.
La ‘porta stretta’ della salvezza di cui aveva parlato Gesù è ora diventata una porta ‘larga’ dalla quale si illuderanno di poter passare in molti salvo trovarsi poi bloccati dal filtro insuperabile della Verità.
Ora - tenendo a mente le attuali contrapposizioni fra autorevoli prelati a difesa della Dottrina e della Tradizione e altri (i cosiddetti ‘novatori’ della 'Nouvelle theologie') che vorrebbero ‘rinnovare’ - sono ben note a tutti gli esperti i contenuti di apparizioni e rivelazioni mistiche - riconosciute peraltro dalla stessa Chiesa, una per tutte quella di La Salette (nell'Ottocento) - che parlavano di una futura venuta dell'Anticristo e della diffusione di eresie all'interno della stessa Chiesa.
Inoltre le visioni profetiche della Beata Anna Katerina Emmerich, ancora nell'Ottocento, circa una Chiesa futura il cui contesto la inquadrava nei tempi nostri, con la presenza contemporanea di ben due Papi, in una Chiesa divisa: una parte eretica ma maggioritaria e applaudita dal 'Mondo', ed un'altra parte 'giusta' ma minoritaria e perseguitata.
Più in particolare diceva la Beata (i grassetti sono miei):
"…Vidi anche il rapporto tra i due papi... Vidi quanto sarebbero state nefaste le conseguenze di questa falsa chiesa. L’ho veduta aumentare di dimensioni; eretici di ogni tipo venivano nella città [di Roma]. Il clero locale diventava tiepido, e vidi una grande oscurità... Allora la visione sembrò estendersi da ogni parte. Intere comunità cattoliche erano oppresse, assediate, confinate e private della loro libertà. Vidi molte chiese che venivano chiuse, dappertutto grandi sofferenze, guerre e spargimento di sangue. Una plebaglia selvaggia e ignorante si dava ad azioni violente. Ma tutto ciò non durò a lungo". (13 maggio 1820)
"Vidi ancora una volta che la Chiesa di Pietro era minata da un piano elaborato dalla setta segreta, mentre le bufere la stavano danneggiando. Ma vidi anche che l’aiuto sarebbe arrivato quando le afflizioni avrebbero raggiunto il loro culmine. Vidi di nuovo la Beata Vergine ascendere sulla Chiesa e stendere il suo manto su di essa. Vidi un Papa che era mite e al tempo stesso molto fermo... Vidi un grande rinnovamento e la Chiesa che si librava in alto nel cielo".
E ancora:
"…Vidi una strana chiesa che veniva costruita contro ogni regola... Non c’erano angeli a vigilare sulle operazioni di costruzione. In quella chiesa non c’era niente che venisse dall’alto... C’erano solo divisioni e caos. Si tratta probabilmente di una chiesa di umana creazione, che segue l’ultima moda, così come la nuova chiesa eterodossa di Roma, che sembra dello stesso tipo...". (12 settembre 1820)
Di fronte ad una cristianità caduta nell’Apostasia, cioè nell’abbandono della Fede, il tentativo degli attuali vertici della Chiesa - lo ripeto - pare quello di rendere la Dottrina più ‘umana’, più ‘accogliente’, una Dottrina che sappia essere coerente con i tempi e lo spirito ‘del mondo’ adattandosi all’evoluzione subita dalla società.
Satana – come nel Paradiso terrestre - è abilissimo - nella sua sovrumana astuzia ed intelligenza - nel presentare le sue suggestioni in maniera seducente, mascherando il Male sotto l’apparenza di un Bene, perché altrimenti nessun uomo sarebbe così sciocco da seguirlo.
Cosa di meglio allora che presentare in positivo certe situazioni oggettive di Peccato perché Dio sarebbe infinitamente 'misericordioso'?
In ogni caso la Verità, essendo divina, non può mutare con l’evolversi delle situazioni storiche, politiche e sociali: la Verità di Dio è immutabile e perfetta per l’eternità.
La Chiesa è guidata da ‘uomini’ - non tutti santi, anzi… - ma nonostante essi,  divinamente assistita, è rimasta sempre salda sulle Verità fondamentali rivelate da Gesù, dagli apostoli e tramandate dalla Tradizione e confermate dai successivi Concili.
Coloro che se ne sono allontanati – e sappiamo anche quanto storicamente vi abbiano influito le pressioni dei governanti di turno, spesso anche in odio alla politica estera ed alle alleanze di certi papi – vanno umanamente rispettati, ciò non di meno la loro diversa interpretazione della Dottrina – anche fosse di un solo Dogma o di una sola parola come nel caso degli Ortodossi – dal punto di vista cattolico qualifica senza alcun dubbio queste ‘Confessioni’ come eretiche, perché la Verità è tutta intera e non a metà.
Dire ‘eretiche’ non vuole suonare ad offesa, ma semplicemente dire che esse sono ‘fuori’ dalla Verità Cattolica Apostolica Romana quale ci è stata tramandata dalle Origini.
Fare ecumenismo – come si vorrebbe fare oggi - non significa dunque arrivare ad un punto di compromesso che annacqui le Verità di Dio, o le recepisca a metà, ma fare ogni sforzo per convincere i ‘fratelli separati’ a ritrovare la strada dell’Ovile che hanno perso quando hanno voluto uscirne e sperare nell’aiuto di Dio perché - pentiti - ritornino alla casa paterna come nella parabola evangelica del Figliol prodigo.
Per fare comprendere meglio il pericolo di queste derive eretiche moderniste ho dovuto fare riferimento – ma quello è un caso esemplificativo - alle teorie sostenute dal Card. Walter Kasper il quale nega la Resurrezione di Gesù.
Perché? Perché anche da questa sola ma fondamentale negazione, che proviene peraltro da un 'Principe' della Chiesa, discendono a catena tutta quella serie di conseguenze eretiche che ho già illustrato nel mio 'Pensiero' precedente e che, se accolte, della Chiesa cristiana lascerebbero solo un cumulo di macerie.
Più che fare un siffatto ‘ecumenismo’, bisognerebbe invece cominciare a fare un nuovo apostolato, cioè un proselitismo cattolico, termine questo che però alle orecchie di qualche ‘uomo di chiesa’ suona oggi oltremodo 'scorretto', essendo stato fra l’altro da qualcuno definito ‘una solenne sciocchezza’…, come se il fare apostolato fosse una offesa per gli altri.
Non è poi neanche vero - come pure è stato detto da qualcuno - che se l’Islam è stato ‘aggressivo’, lo sarebbe stato anche il Cristianesimo quando ha raccolto l’invito di Gesù ad evangelizzare le genti.
È una mistificazione della verità storica e spirituale porre sullo stesso piano le due cose.
Un conto è fare proselitismo con il 'bastone', con la spada o minacciando di tagliare gole – cose anche dei giorni nostri – altra cosa è cercare di farlo in spirito di pace e di amore, in piena libertà e senza alcuna costrizione, come ha sempre insegnato Gesù.
Difficile fare oggi ‘proselitismo’? Direi difficilissimo perché dovremmo cominciare da noi stessi, ma – visto che ce lo ha comandato espressamente Gesù - dobbiamo farlo, naturalmente con rispetto per le idee altrui e tatto, lasciando modalità e tempi di realizzazione al Cielo.
Oggi il nostro proselitismo - ribadisco il concetto - dovrebbe essere svolto non tanto verso l’esterno ma soprattutto all’interno del cosiddetto mondo cristiano, anzi … ‘cattolico-romano’. Non si possono infatti convertire gli altri se prima non convertiamo noi stessi che 'cristiani' più non siamo, se non di nome.
Avevamo in precedenza letto un Dettato dello Spirito Santo che parlava alla mistica Maria Valtorta nel quale, commentando un versetto dell’Epistola ai Romani di San Paolo, e con riferimento all’attuale clima di apostasia e turpitudine in seno alla società moderna ed alla stessa Chiesa, si diceva che quando un popolo cade in empietà e ingiustizia allora l’ira di Dio si manifesta dal Cielo, perché Dio si ritira e lascia che gli uomini si facciano male da se stessi.
Tutta lascia dunque pensare al peggio, quanto al futuro, ed in effetti abbiamo parlato del prossimo regno dell’Anticristo che raggiungerà il suo culmine quando ‘l’abominio della desolazione’ giungerà nel Tempio santo.
Pareva di comprendere che tale abominio si potesse identificare in un ‘Giuda’ ai vertici della Chiesa, oppure nella dissacrazione dell’Eucarestia, che non è semplice ‘farina’ come alcuni sostengono ma Corpo, Sangue, Anima e Divinità di Gesù Cristo.
In questa terza parte della riflessione cercheremo allora di approfondire proprio il tema centrale dell’Eucarestia.
La Fede nella presenza reale di Gesù nell’Eucarestia è infatti il fulcro della Fede cristiana e allora – per i neo-modernisti oggi ai posti di comando – riporto (i grassetti sono miei) un episodio tratto da una ulteriore visione della nostra mistica che fedelmente (peraltro in forma di piacevole lettura perché ci fa meglio capire il contesto di certe situazioni e la predicazione di Gesù), ma con maggiore ampiezza di particolari, riflette la ‘sostanza’ del corrispondente brano del Vangelo di Giovanni (Gv 6, 22-71) che è citato integralmente a fondo testo ma che vi invito tuttavia a leggere in anticipo per fare un confronto fra i due racconti.
Si tratta di un episodio importante per comprendere cosa sia l’Eucarestia: un fatto che nell'Opera valtortiana appare avvenuto poco dopo la famosa seconda ‘moltiplicazione dei pani’1 operata miracolosamente da Gesù (simbolo della futura Eucarestia istituita da Gesù la sera del Giovedì Santo nel Cenacolo), pani e moltiplicazione nei quali Gesù - come con l'Eucarestia - si ‘moltiplica’ per noi in tante Ostie quante ne vengono consacrate dal Sacerdote.
Nell’episodio di seguito trascritto compaiono sia pur di sfuggita personaggi come Stefano, il futuro protomartire cristiano al quale Gesù fa una profezia velata, per lui incomprensibile, in merito alla sua futura sorte gloriosa di martire.
L'Apostolo Filippo, quindi Giairo, cioè il sinagogo di Cafarnao, al quale nei Vangeli Gesù aveva resuscitato la figlioletta.
Infine Gamaliele, oggi santo della Chiesa, allora un 'dottore della Legge',  profondo pensatore e ‘giusto’, che aveva avuto occasione di incontrare Gesù una ventina di anni prima a Gerusalemme nel famoso episodio del ritrovamento di Gesù dodicenne al Tempio.
Dall’incontro del dodicenne Gesù con i dottori della Legge - lo si evince dall'Opera valtortiana2 - emersero parole del tutto profetiche del giovinetto circa il suo futuro ruolo messianico, parole nelle quali Gamaliele aveva riconosciuto la Sapienza di Dio e che gli fecero quindi molta impressione oltre che sospettare che quello stesso giovinetto avrebbe potuto essere egli stesso il futuro Messia, parole che, alla morte di Gesù sul Calvario, si sveleranno pienamente nel loro profetico significato.
Il dodicenne Gesù aveva infatti concluso la sua disputa con i Dottori del Tempio (alcuni dei quali negavano che il Messia fosse già giunto) asserendo invece che l'atteso Messia era già sulla terra, ed Egli lo aveva fatto con queste - allora - misteriose parole dette col volto infiammato di ardo­re spirituale alzato al cielo, le braccia aperte, ritto in piedi fra i dottori attoniti: "Attendetemi nella mia ora. Queste pietre riudranno la mia voce e fremeranno alla mia ultima parola. Beati quelli che in quella voce avranno udito Iddio e crederanno in Lui attraverso ad essa. A questi il Cri­sto darà quel Regno che il vostro egoismo sogna umano, men­tre è celeste, e per il quale Io dico: "Ecco il tuo servo, Signore, venuto a fare la tua volontà. Consumala, perché di compierla Io ardo… ".
Gesù - durante la sua successiva predicazione attiva - aveva incontrato più volte il 'giusto' Gamaliele che continuava ad interrogarsi quasi ossessivamente sulla sua natura e se in particolare Egli fosse il giovinetto dodicenne di allora. Gesù gli aveva allora promesso che un giorno gli avrebbe dato un 'segno' inequivocabile.
Il terremoto scoppiato a Gerusalemme alla morte di Gesù sul Calvario con lo scuotimento delle mura del Tempio, fecero comprendere a Gamaliele che il segno messianico promesso dal giovinetto era proprio quello e che quindi Gesù era davvero il Messia che egli - finché ancora in vita - non aveva invece voluto e saputo riconoscere.
È per quel dolore e rimorso e per quel 'segno' che Gamaliele, oggi il santo Gamaliele, si sarebbe di lì a poco convertito al Cristianesimo.
354. Il discorso sul Pane del Cielo, nella sinagoga di Cafarnao, e la defezione di molti discepoli.
7 dicembre 1945.
2La spiaggia di Cafarnao formicola di gente che sbarca da una vera flottiglia di barche di tutte le dimensioni. E i primi che sbarcano vanno cercando fra la gente se vedono il Maestro, un apostolo, o almeno un discepolo. E vanno chiedendo…
Un uomo, finalmente, risponde: «Maestro? Apostoli? No. Sono andati via subito dopo il sabato e non sono tornati. Ma torneranno perché ci sono i discepoli. Ho parlato adesso con uno di loro. Deve essere un grande discepolo. Parla come Giairo! È andato verso quella casa fra i campi, seguendo il mare».
L’uomo che ha interrogato fa correre la voce e tutti si precipitano verso il luogo indicato. Ma, fatto un duecento metri sulla riva, incontrano tutto un gruppo di discepoli che vengono verso Cafarnao gestendo animatamente. Li salutano e chiedono: «Il Maestro dove è?».
I discepoli rispondono: «Nella notte, dopo il miracolo, se ne è andato coi suoi, colle barche, al di là del mare. Vedemmo le vele, al candore della luna, andare verso Dalmanuta».
«Ah! ecco! Noi lo cercammo a Magdala presso la casa di Maria e non c’era! Però… potevano dircelo i pescatori di Magdala!».
«Non lo avranno saputo. Sarà forse andato sui monti d’Arbela in preghiera. Ci fu già un’altra volta, lo scorso anno avanti Pasqua. Io l’ho incontrato allora, per somma grazia del Signore al suo povero servo», dice Stefano.
«Ma non torna qui?».
«Certamente tornerà. Ci deve dare il commiato e gli ordini. Ma che volete?».
«Sentirlo ancora. Seguirlo. Farci suoi».
«Adesso va a Gerusalemme. Lo ritroverete là. E là, nella Casa di Dio, il Signore vi parlerà se per voi è utile seguirlo. 3Perché è bene che sappiate che, se Egli non respinge alcuno, noi abbiamo in noi elementi che sono respingenti la Luce. Ora, chi ne ha tanti da essere non solo saturo di essi - che poco male sarebbe, perché Egli è Luce e nel divenire lealmente suoi con volontà decisa la sua Luce ci penetra e vince le tenebre - ma da esserne composto e affezionato ad essi come alla carne della nostra persona, allora è bene che costui si astenga dal venire, a meno che non si distrugga per ricrearsi novello. Meditate, dunque, se avete in voi la forza di assumere un nuovo spirito, un nuovo modo di pensare, un nuovo modo di volere. Pregate per poter vedere la verità sulla vostra vocazione. E poi venite, se credete. E voglia l’Altissimo, che ha guidato Israele nel "passaggio", guidare voi, in questo "pèsac", a venire sulla scia dell’Agnello, fuori dai deserti, alla Terra eterna, al Regno di Dio», dice Stefano parlando per tutti i compagni.
«No, no! Subito! Subito! Nessuno fa ciò che Egli fa. Lo vogliamo seguire», dice la folla in tumulto.
Stefano ha un sorriso di molte espressioni. Apre le braccia e dice: «Perché vi ha dato il buono e abbondante pane volete venire? Credete che vi dia in futuro solo questo? Egli promette ai suoi seguaci ciò che è sua dote: il dolore, la persecuzione, il martirio. Non rose ma spine, non carezze ma schiaffi, non pane ma pietre sono pronte per i “cristi”. E così dico senza essere bestemmiatore, perché i suoi veri fedeli saranno unti coll’olio santo fatto della sua Grazia e del suo patire; e “unti” noi saremo per essere le vittime sull’altare e i re nel Cielo».
«Ebbene? Ne sei geloso forse? Ci sei tu? Ci vogliamo essere noi pure. Il Maestro è di tutti».
«Sta bene. Ve lo dicevo perché vi amo e voglio che sappiate ciò che è essere “discepoli”, onde non essere poi dei disertori. Andiamo allora tutti insieme ad attenderlo alla sua casa. Il tramonto ha inizio ed ha principio il sabato. Egli verrà per passarlo qui avanti la partenza».
4E vanno verso la città, parlando. E molti interrogano Stefano ed Erma, che li ha raggiunti, i quali, agli occhi degli israeliti, hanno una luce speciale perché allievi prediletti di Gamaliele.
Molti chiedono: «Ma che dice Gamaliele di Lui?», altri: «Vi ci ha mandati lui?», e altri ancora: «Non si è doluto di perdervi?», oppure: «E il Maestro che dice del grande rabbi?».
I due rispondono pazienti: «Gamaliele parla di Gesù di Nazaret come del più grande uomo d’Israele».
«Oh! più grande di Mosè?», dicono quasi scandalizzati.
«Egli dice che Mosè è uno dei tanti precursori del Cristo. Ma non è che il servo del Cristo».
«Allora per Gamaliele questo è il Cristo? Dice così? Se così dice rabbi Gamaliel, la cosa è decisa. Egli è il Cristo!».
«Non dice ciò. Non riesce ancora a credere questo, per sua sventura. Ma dice che il Cristo è sulla Terra perché egli gli ha parlato molti anni fa. Egli e il saggio Illele. E attende il segno che quel Cristo gli ha promesso per riconoscerlo», dice Erma.
«Ma come ha fatto a credere che quello era il Cristo? Che faceva quello? Io sono vecchio quanto Gamaliele, ma non ho mai sentito che da noi fossero fatte le cose che il Maestro fa. Se non si persuade di questi miracoli, che vide mai di miracoloso in quel Cristo per potergli credere?».
«Lo vide unto della Sapienza di Dio. Egli dice così», risponde ancora Erma.
«E allora cosa è per Gamaliele questo?».
«Il più grande uomo, maestro e precursore di Israele. Quando potesse dire: “È il Cristo”, sarebbe salva l’anima sapiente e giusta del mio primo maestro», dice Stefano e termina: «Ed io prego perché ciò sia, a qualunque costo».
«E se non lo crede il Cristo, perché vi ha mandati?».
«Noi volevamo venirci. Egli ci ha lasciati venire dicendo che era bene».
«Forse per poter sapere e riferire al Sinedrio…», dice insinuando uno.
«Uomo come parli? Gamaliele è un onesto. Non fa la spia a nessuno, e specie ai nemici di un innocente!», scatta Stefano e pare un arcangelo tanto è sdegnato e quasi raggiante nel suo sdegno santo.
«Gli sarà spiaciuto perdervi, però», dice un altro.
«Sì e no. Come uomo che ci voleva bene, sì. Come spirito molto retto, no. Perché ha detto: “Egli è da più di me e di me più giovane. Perciò io potrò chiudere gli occhi in pace sul vostro futuro sapendovi del ‘Maestro dei maestri’ ”».
«E Gesù di Nazaret che dice del grande rabbi?».
«Oh! non ha che parole elette per lui!».
«Non ne è invidioso?».
«Dio non invidia», dice severo Erma. «Non fare supposizioni sacrileghe».
«Ma per voi allora è Dio? Ne siete certi?».
E i due ad una voce: «Come di essere vivi in questo momento». E Stefano termina: «E vogliate crederlo pure voi per possedere la vera Vita».
5Sono da capo sulla spiaggia che si muta in piazza e la traversano per andare a casa.
Sulla soglia è Gesù che carezza dei bambini.
Discepoli e curiosi si affollano chiedendo: «Maestro, quando sei venuto?».
«Da pochi momenti». Il viso di Gesù ha ancora la maestà solenne, un poco estatica, di quando ha molto pregato.
«Sei stato in orazione, Maestro?» chiede Stefano a voce bassa per riverenza, così come ha curva la persona per lo stesso motivo.
«Sì. Da che lo comprendi, figlio mio?» dice Gesù posandogli la mano sui capelli scuri con una dolce carezza.
«Dal tuo volto d’angelo. Sono un povero uomo, ma è tanto limpido il tuo aspetto che su esso si leggono i palpiti e le azioni del tuo spirito».
«Anche il tuo è limpido. Tu sei uno di quelli che fanciulli restano…».
«E che c’è sul mio viso, Signore?».
«Vieni in disparte e te lo dirò», e lo prende per il polso portandolo in un corridoio oscuro. «Carità, fede, purezza, generosità, sapienza; e queste Dio te le ha date, e tu le hai coltivate e più lo farai. Infine, secondo il tuo nome, hai la corona: d’oro puro, e con una grande gemma che splende sulla fronte. Sull’oro e sulla gemma sono incise due parole: “Predestinazione” e “Primizia”. Sii degno della tua sorte, Stefano. Va’ in pace con la mia benedizione». E gli posa nuovamente la mano sui capelli, mentre Stefano si inginocchia per poi curvarsi a baciargli i piedi.
6Tornano dagli altri.
«Questa gente è venuta per sentirti…» dice Filippo.
«Qui non si può parlare. Andiamo alla sinagoga. Giairo ne sarà contento».
Gesù davanti, dietro il corteo degli altri, vanno alla bella sinagoga di Cafarnao; e Gesù, salutato da Giairo, vi entra, ordinando che tutte le porte restino aperte perché chi non riesce ad entrare possa sentirlo dalla via e dalla piazza che sono a fianco della sinagoga.
Gesù va al suo posto, in questa sinagoga amica, dalla quale oggi, per buona sorte, sono assenti i farisei, forse già partiti pomposamente per Gerusalemme. E inizia a parlare.
«In verità vi dico: voi cercate di Me non per sentirmi e per i miracoli che avete veduto, ma per quel pane che vi ho dato da mangiare a sazietà e senza spesa. I tre quarti di voi per questo mi cercava e per curiosità, venendo da ogni parte della Patria nostra.
Manca perciò nella ricerca lo spirito soprannaturale, e resta dominante lo spirito umano con le sue curiosità malsane, o per lo meno di una imperfezione infantile, non perché semplice come quella dei pargoli, ma perché menomata come l’intelligenza di un ottuso di mente.
E con la curiosità resta la sensualità e il sentimento viziato.
La sensualità che si nasconde, sottile come il demonio di cui è figlia, dietro apparenze e in atti apparentemente buoni, e il sentimento viziato che è semplicemente una deviazione morbosa del sentimento e che, come tutto ciò che è “malattia”, abbisogna e appetisce a droghe che non sono il cibo semplice, il buon pane, la buona acqua, lo schietto olio, il puro latte, sufficienti a vivere e a vivere bene.
Il sentimento viziato vuole le cose straordinarie per essere scosso e per provare il brivido che piace, il brivido malato dei paralizzati, che hanno bisogno di droghe per provare sensazioni che li illudano di essere ancora integri e virili. La sensualità che vuole soddisfare senza fatica la gola, in questo caso, col pane non sudato, avuto per bontà di Dio.
7I doni di Dio non sono consuetudine, sono lo straordinario. Non si possono pretenderli, né impigrirsi dicendo: “Dio me li darà”.
È detto: “Mangerai il pane bagnato col sudore della tua fronte”, ossia il pane guadagnato col lavoro. Ché se Colui che è Misericordia ha detto: “Ho compassione di queste turbe, che mi seguono da tre giorni e non hanno più da mangiare e potrebbero venire meno per via prima di avere raggiunto Ippo sul lago, o Gamala, o altre città”, e ha provveduto, non è però detto che Egli debba essere seguito per questo.
Per molto di più di un po’ di pane, destinato a divenire sterco dopo la digestione, Io vado seguito. Non per il cibo che empie il ventre ma per quello che nutre l’anima. Perché non siete soltanto animali che devono brucare e ruminare, o grufolare e ingrassare. Ma anime siete! Questo siete! La carne è la veste, l’essere è l’anima. È lei che è duratura. La carne, come ogni veste, si logora e finisce, e non merita curarla come fosse una perfezione alla quale va data ogni cura.
Cercate dunque ciò che è giusto procurarsi, non ciò che è ingiusto.
Cercate di procurarvi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna.
Questo, il Figlio dell’uomo ve lo darà sempre, quando voi lo vogliate. Perché il Figlio dell’uomo ha a sua disposizione tutto quanto viene da Dio, e può darlo, Egli padrone, e magnanimo padrone, dei tesori del Padre Dio, che ha impresso su di Lui il suo sigillo perché gli occhi onesti non siano confusi. E se voi avrete in voi il cibo che non perisce, potrete fare opere di Dio essendo nutriti del cibo di Dio».
8«Che cosa dobbiamo fare per fare le opere di Dio? Noi osserviamo la Legge e i Profeti. Perciò già siamo nutriti di Dio e facciamo opere di Dio».
«È vero. Voi osservate la Legge. Meglio ancora: voi “conoscete” la Legge. Ma conoscere non è praticare.
Noi conosciamo, ad esempio, le leggi di Roma, eppure un fedele israelita non le pratica altro che in quelle formule che sono imposte dalla sua condizione di suddito. Per il resto noi, parlo dei fedeli israeliti, non pratichiamo le usanze pagane dei romani pur conoscendole.
La Legge che voi tutti conoscete ed i Profeti dovrebbero, infatti, nutrirvi di Dio e darvi perciò capacità di fare opere di Dio. Ma per fare questo dovrebbero essere divenute un tutt’uno con voi, così come è l’aria che respirate e il cibo che assimilate, che si mutano entrambi in vita e sangue. Mentre essi rimangono estranei, pure essendo di casa vostra, così come può esserlo un oggetto della casa, che vi è noto e utile, ma che, se venisse a mancare, non vi leva l’esistenza. Mentre… oh! provate un poco a non respirare per qualche minuto, provate a stare senza cibo per giorni e giorni… e vedrete che non potete vivere.
Così dovrebbe sentirsi il vostro io nella denutrizione e nell’asfissia della Legge e dei Profeti, conosciuti ma non assimilati e fatti tutt’uno con voi.
Questo Io sono venuto ad insegnare e a dare: il succo, l’aria della Legge e dei Profeti, per ridare sangue e respiro alle vostre anime morenti di inedia e di asfissia.
Voi siete simili a bambini che una malattia rende incapaci di conoscere ciò che è atto a nutrirli. Avete davanti dovizie di cibi, ma non sapete che vanno mangiati per mutarsi in cosa vitale, ossia che vanno veramente fatti nostri, con una fedeltà pura e generosa alla Legge del Signore che ha parlato a Mosè e ai Profeti per voi tutti.
Venire dunque a Me per avere aria e succo di Vita eterna, è dovere. Ma questo dovere presuppone una fede in voi.
Perché se uno non ha fede, non può credere alle parole mie, e se non crede non viene a dirmi: “Dàmmi il vero pane”. E se non ha il vero pane non può fare opere di Dio, non avendo capacità di farle. Perciò per essere nutriti di Dio e per fare opere di Dio è necessario che voi facciate l’opera-base, che è questa: credere in Colui che Dio ha mandato».
9«Ma che miracoli fai Tu dunque perché noi si possa credere in Te come il Mandato da Dio e perché si possa vedere su Te il sigillo di Dio? Che fai Tu che già, sebbene in forma minore, non abbiano fatto i Profeti? Mosè ti ha superato, anzi, perché, non per una volta tanto, ma per quarant’anni, nutrì di meraviglioso cibo i nostri padri. Così è scritto: che i nostri padri per quarant’anni mangiarono la manna del deserto, ed è detto che perciò Mosè diede loro da mangiare pane venuto dal cielo, egli che poteva».
«Siete in errore. Non Mosè ma il Signore poté fare questo. E nell’Esodo si legge: “Ecco: Io farò piovere del pane dal cielo. Esca il popolo e ne raccolga quanto basta giorno per giorno, e così Io provi se il popolo cammina secondo la mia legge. E il sesto giorno ne raccolga il doppio per rispetto al settimo dì che è il sabato”. E gli ebrei videro il deserto ricoprirsi, mattina per mattina, di quella “cosa minuta come ciò che è pestato nel mortaio e simile alla brina della terra, simile al seme di coriandolo, e dal buon sapore di fior di farina incorporata col miele”.
Dunque non Mosè, ma Dio provvide alla manna. Dio che tutto può. Tutto. Punire e benedire. Privare e concedere. Ed Io ve lo dico, delle due cose preferisce sempre benedire e concedere a punire  e privare.
Dio, come dice la Sapienza, per amore di Mosè - detto dall’Ecclesistico “caro a Dio e agli uomini, di benedetta memoria, fatto da Dio simile ai santi nella gloria, grande e terribile per i nemici, capace di suscitare e por fine ai prodigi, glorificato nel cospetto dei re, suo ministro al cospetto del popolo, conoscitore della gloria di Dio e della voce dell’Altissimo, custode dei precetti e della Legge di vita e di scienza” - Dio, dicevo, per amore di questo Mosè, nutrì il suo popolo col pane degli angeli, e dal cielo gli donò un pane bell’e fatto, senza fatica, contenente in sé ogni delizia ed ogni soavità di sapore.
E - ricordate bene ciò che dice la Sapienza - e poiché veniva dal Cielo, da Dio, e mostrava la sua dolcezza ai figli, aveva per ognuno il sapore che ognuno voleva, e dava ad ognuno gli effetti desiderati, essendo utile tanto al pargolo, dallo stomaco ancora imperfetto, come all’adulto, dall’appetito e digestione gagliardi, alla fanciulla delicata come al vecchio cadente. E anche, per testimoniare che non era opera d’uomo, capovolse le leggi degli elementi, onde resisté al fuoco, esso, il misterioso pane che al sorgere del sole si squagliava come brina.
O meglio: il fuoco – è sempre la Sapienza che parla – dimenticò la propria natura per rispetto all’opera di Dio suo Creatore e dei bisogni dei giusti di Dio, di modo che, mentre è solito ad infiammarsi per tormentare, qui si fece dolce per fare del bene a quelli che confidavano nel Signore.
Per questo allora, trasformandosi in ogni maniera, servì alla grazia del Signore, nutrice di tutti, secondo la volontà di chi pregava l’eterno Padre, affinché i figli diletti imparassero che non è il riprodursi dei frutti che nutrisce gli uomini, ma è la parola del Signore quella che conserva chi crede in Dio.
Infatti non consumò, come poteva, la dolce manna, neppure se la fiamma era alta e potente, mentre bastava a scioglierla il dolce sole del mattino, affinché gli uomini ricordassero e imparassero che i doni di Dio vanno ricercati dall’inizio del giorno e della vita, e che per averli occorre anticipare la luce e sorgere, per lodare l’Eterno, dalla prima ora del mattino.
Questo insegnò la manna agli ebrei. Ed Io ve lo ricordo perché è dovere che dura e durerà sino alla fine dei secoli. Cercate il Signore ed i suoi doni celesti senza poltrire fino alle tarde ore del giorno e della vita. Sorgete a lodarlo prima ancora che lo lodi il sorgente sole, e pascetevi della sua parola che conserva e preserva e conduce alla Vita vera.
Non Mosè vi diede il pane del Cielo, ma in verità lo diede il Padre Iddio, e ora, in verità delle verità, è il Padre mio quello che vi dà il vero Pane, il Pane novello, il Pane eterno che dal Cielo discende, il Pane di misericordia, il Pane di Vita, il Pane che dà al mondo la Vita, il Pane che sazia ogni fame e leva ogni languore, il Pane che dà, a chi lo prende, la Vita eterna e l’eterna gioia».
10«Dacci, o Signore, di codesto pane, e noi non morremo più».
«Voi morrete come ogni uomo muore, ma risorgerete a Vita eterna se vi nutrirete santamente di questo Pane, perché esso fa incorruttibile chi lo mangia.
Riguardo a darvelo sarà dato a coloro che lo chiedono al Padre mio con puro cuore, retta intenzione e santa carità. Per questo ho insegnato a dire: “Dàcci il pane quotidiano”.
Ma coloro che si nutriranno indegnamente diverranno brulichìo di vermi infernali, come i gomor di manna conservati contro l’ordine avuto.
E questo Pane di salute e vita diverrà per loro morte e condanna.
Perché il sacrilegio più grande sarà commesso da coloro che metteranno quel Pane su una mensa spirituale corrotta e fetida, o lo profaneranno mescolandolo alla sentina delle loro inguaribili passioni. Meglio per loro sarebbe non averlo mai preso!».
11«Ma dove è questo Pane? Come lo si trova? Che nome ha?».
«Io sono il Pane di Vita. In Me lo si trova. Il suo nome è Gesù. Chi viene a Me non avrà più fame, e chi crede in Me non avrà mai più sete, perché i fiumi celesti si riverseranno in lui estinguendo ogni materiale ardore. Io ve l’ho detto, ormai. Voi mi avete conosciuto, ormai. Eppure non credete. Non potete credere che tutto quanto è in Me. Eppure così è. In Me sono tutti i tesori di Dio. E a Me tutto della terra è dato, onde in Me sono riuniti i gloriosi cieli e la militante terra, e fino la penante e attendente massa dei trapassati in grazia di Dio sono in Me, perché in Me e a Me è ogni potere. Ed Io ve lo dico: tutto quanto il Padre mi dà verrà a Me. Né Io scaccerò chi a Me viene, perché sono disceso dal Cielo non per fare la mia volontà ma quella di Colui che mi ha mandato. E la volontà del Padre mio, del Padre che mi ha mandato, è questa: che Io non perda nemmeno uno di quelli che mi ha dato, ma che Io li risusciti all’ultimo giorno. Ora la volontà del Padre che mi ha mandato è che chiunque conosce il Figlio e crede in Lui abbia la vita Eterna e Io lo possa risuscitare nell’Ultimo Giorno, vedendolo nutrito della fede in Me e segnato del mio sigillo».
12Vi è non poco brusìo nella sinagoga e fuori della stessa per le nuove e ardite parole del Maestro. E questo, dopo avere per un momento preso fiato, volge gli occhi sfavillanti di rapimento là dove più si mormora, e sono precisamente i gruppi in cui sono dei giudei.
Riprende a parlare.
«Perché mormorate fra voi? Sì, di Nazareth Io sono il figlio di Maria figlia di Gioacchino della stirpe di Davide, vergine consacrata nel Tempio e poi sposata a Giuseppe di Giacobbe, della stirpe di Davide. Voi avete conosciuto, in molti, i giusti che dettero vita a Giuseppe, legnaiolo regale, e a Maria, vergine erede della stirpe regale. Ciò vi fa dire: “Come può costui dirsi disceso dal Cielo?», e il dubbio sorge in voi.
Vi ricordo i Profeti nelle loro profezie sull’Incarnazione del Verbo. E vi ricordo come, più per noi israeliti che per qualsiasi altro popolo, è dogmatico che Colui che non osiamo chiamare non potesse darsi una Carne secondo le leggi della umanità, e umanità decaduta per giunta.
Il Purissimo, l’Increato, se si è mortificato a farsi Uomo per amore dell’uomo, non poteva che eleggere un seno di Vergine più pura dei gigli per rivestire di Carne la sua Divinità.
Il pane disceso dal Cielo al tempo di Mosè è stato riposto nell’arca d’oro, coperta dal propiziatorio, vegliata dai cherubini, dietro i veli del Tabernacolo. E col pane era la Parola di Dio. E giusto era che ciò fosse, perché sommo rispetto va dato ai doni di Dio e alle tavole della sua Ss. Parola.
Ma che allora sarà stato preparato da Dio per la sua stessa Parola e per il Pane vero che è venuto dal Cielo? Un’arca più inviolata e preziosa dell’arca d’oro, coperta dal prezioso propiziatorio della sua pura volontà di immolazione, vegliata dai cherubini di Dio, velata dal velo di un candore verginale, di una umiltà perfetta, di una carità sublime e di tutte le virtù più sante.
E allora? Non capite ancora che la mia paternità è in Cielo e che perciò Io di là vengo?
Sì, Io sono disceso dal Cielo per compiere il decreto del Padre mio, il decreto di salvazione degli uomini secondo quanto promise al momento stesso della condanna e ripeté ai Patriarchi e ai Profeti.
Ma questo è fede. E la fede viene data da Dio a chi ha l’animo di buona volontà.
Perciò nessuno può venire a Me se non lo conduce a Me il Padre mio, vedendolo nelle tenebre ma rettamente desideroso di luce. È scritto nei Profeti: “Saranno tutti ammaestrati da Dio”. Ecco. È detto: È Dio che li istruisce dove andare per essere istruiti di Dio. Chiunque, dunque, ha udito in fondo al suo spirito retto parlare Iddio, ha imparato dal Padre a venire a Me».
«E chi vuoi che abbia sentito Iddio o visto il suo Volto?» chiedono in diversi che cominciano a mostrare segni di irritazione e di scandalo. E terminano: «Tu deliri, oppure sei un illuso».
«Nessuno ha veduto Iddio eccetto Colui che è da Dio; questo ha veduto il Padre. E questo Io sono.
13Ed ora udite il “credo” della vita futura, senza il quale non ci si può salvare.
In verità, in verità vi dico che chi crede in Me ha la Vita eterna. In verità, in verità vi dico che Io sono il Pane della Vita eterna.
I vostri padri mangiarono nel deserto la manna e morirono. Perché la manna era un cibo santo ma temporaneo, e dava vita per quanto necessitava a giungere alla terra promessa da Dio al suo popolo. Ma la Manna che Io sono non avrà limitazione di tempo e di potere. È non solo celeste, ma è divina, e produce ciò che è divino: l’incorruttibilità, l’immortalità di quanto Dio ha creato a sua immagine e somiglianza.
Essa non durerà quaranta giorni, quaranta mesi, quaranta anni, quaranta secoli. Ma durerà finché durerà il tempo, e sarà data a tutti coloro che di essa hanno fame santa e gradita al Signore, che giubilerà di darsi senza misura agli uomini per cui si è incarnato, onde abbiamo la Vita che non muore.
Io posso darmi, Io posso transustanziarmi per amore degli uomini, onde il pane divenga Carne e la Carne divenga Pane per la fame spirituale degli uomini, che senza questo Cibo morirebbero di fame e di malattie spirituali.
Ma se uno mangia di questo Pane con giustizia, egli vivrà in eterno.
Il pane che Io darò sarà la mia Carne immolata per la vita del mondo, sarà il mio amore sparso nelle case di Dio, perché alla mensa del Signore vengano tutti coloro che sono amorosi o infelici e trovino ristoro al loro bisogno di fondersi a Dio e di trovare sollievo al loro penare».
14«Ma come puoi darci da mangiare la tua carne? Per chi ci hai presi? Per belve sanguinarie? Per selvaggi? Per omicidi? A noi ripugna il sangue e il delitto».
«In verità, in verità vi dico che molte volte l’uomo è più di una belva, e che il peccato fa più che selvaggi, che l’orgoglio dà sete omicida, e che non a tutti dei presenti ripugnerà il sangue e il delitto. E anche in futuro l’uomo tale sarà, perché Satana, il senso e l’orgoglio lo fanno belluino. E perciò con maggior bisogno che mai dovete e dovrà l’uomo sanare se stesso dai germi terribili con l’infusione del Santo.
In verità, in verità vi dico che se non mangerete la Carne del Figlio dell’uomo e non berrete il suo Sangue, non avrete in voi la  Vita. Chi mangia degnamente la mia carne e beve il mio Sangue ha la Vita eterna ed Io lo risusciterò all’Ultimo Giorno. Perché la mia Carne è veramente Cibo e il mio Sangue è veramente Bevanda. Chi mangia la mia Carne e beve il mio Sangue rimane in Me ed Io in lui.
Come il Padre vivente mi inviò, ed Io vivo per il Padre, così chi mi mangia vivrà anch’egli per Me e anderà dove lo mando, e farà ciò che Io voglio, e vivrà austero come uomo e ardente come serafino, e sarà santo, perché per potersi cibare della mia Carne e del mio Sangue si interdirà le colpe e vivrà ascendendo per finire la sua ascesa ai piedi dell’Eterno
«Ma costui è folle! Chi può vivere in tal modo? Nella nostra religione è solo il sacerdote che deve essere purificato per offrire la vittima. Qui Egli ci vuole fare, di noi, tante vittime della sua follia. Questa dottrina è troppo penosa e questo linguaggio è troppo duro! Chi li può ascoltare e praticare?» sussurrano i presenti, e molti sono discepoli già riputati tali.
15La gente sfolla commentando. E molto assottigliate appaiono le file dei discepoli quando restano solo nella sinagoga il Maestro e i più fedeli. Io non li conto, ma dico che, ad occhio e croce, sì e no si arriva a cento. Perciò ci deve essere stata una bella defezione anche nelle schiere dei vecchi discepoli ormai al servizio di Dio.
Fra i rimasti sono gli apostoli, il sacerdote Giovanni e lo scriba Giovanni, Stefano, Erma, Timoteo, Ermasteo, Agapo, Giuseppe, Salomon, Abele di Betlemme di Galilea e Abele il già lebbroso di Corozim col suo amico Samuele, Elia (quello che lasciò di seppellire il padre per seguire Gesù), Filippo di Arsela, Aser e Ismaele di Nazareth, più altri che non conosco di nome. Questi tutti parlano piano fra loro commentando la defezione degli altri e le parole di Gesù, che pensieroso sta con le braccia conserte appoggiato ad un alto leggìo.
«E vi scandalizzate di ciò che ho detto? E se vi dicessi che vedrete un giorno il Figlio dell’uomo ascendere al Cielo dove era prima e sedersi al fianco del Padre?
E che avete capito, assorbito, creduto fino ad ora? E con che avete udito e assimilato?
Solo con l’umanità? È lo spirito quello che vivifica e ha valore. La carne non giova a niente. Le mie parole sono spirito e vita, e vanno udite e capite con lo spirito per averne vita. Ma ci sono molti fra voi che hanno morto lo spirito perché è senza fede.
Molti di voi non credono con verità. E inutilmente stanno presso Me. Non ne avranno Vita ma Morte. Perché vi stanno, come ho detto in principio, o per curiosità, o per umano diletto, o, peggio, per fini ancora più indegni. Non sono portati qui dal Padre per premio alla loro buona volontà, ma da Satana. Nessuno può venire a Me, in verità, se non gli è concesso dal Padre mio. Andate pure, voi che vi trattenete a fatica perché vi vergognate, umanamente, di abbandonarmi, ma avete ancora maggior vergogna di rimanere al servizio di Uno che vi pare “pazzo e duro”. Andate. Meglio lontani che qui per nuocere».
E molti si ritraggono di fra i discepoli, fra i quali lo scriba Giovanni e Marco, il geraseno indemoniato, guarito mandando i demoni nei porci. I discepoli buoni si consultano e corrono dietro a questi fedifraghi tentando di fermarli.
16Nella sinagoga sono ora Gesù, il sinagogo e gli apostoli…
Gesù si volge ai dodici che, mortificati, stanno in un angolo e dice: «Volete andarvene anche voi?». Lo dice senza acredine e senza mestizia. Ma con molta serietà.
Pietro, con impeto doloroso, gli dice: «Signore, e dove vuoi che si vada? Da chi? Tu sei la nostra vita e il nostro amore. Tu solo hai parole di Vita eterna. Noi abbiamo conosciuto che Tu sei il Cristo, Figlio di Dio. Se vuoi, cacciaci. Ma noi, di nostro, non ti lasceremo neppure… neppure se Tu non ci amassi più…», e Pietro piange senza rumore, con grandi lacrimoni…
Anche Andrea, Giovanni, i due figli di Alfeo, piangono apertamente, e gli altri, pallidi o rossi per l’emozione, non piangono, ma soffrono palesemente.
«Perché vi dovrei cacciare? Non sono stato Io che ho eletto voi dodici?…».
Giairo, prudentemente, si è ritirato per lasciare Gesù libero di confortare o redarguire i suoi apostoli. Gesù, che ne nota la silenziosa ritirata, dice, sedendosi accasciato come se la rivelazione che fa gli costasse uno sforzo superiore a quello che Egli può fare, stanco come è, disgustato, addolorato: «Eppure uno di voi è un demonio».
La parola cade lenta, paurosa, nella sinagoga, nella quale è solo allegra la luce delle molte lampade… e nessuno osa dire nulla. Ma si guardano l’un con l’altro con pauroso ribrezzo e angosciosa indagine e, con una ancor più angosciosa e intima domanda, ognuno esamina se stesso…
Nessuno si muove per qualche tempo. E Gesù resta solo, sul suo sedile, le mani incrociate sui ginocchi, il viso basso. Lo alza infine e dice: «Venite. Non sono già un lebbroso! O mi credete tale?…».
Allora Giovanni corre avanti e gli si avviticchia al collo dicendo: «Con Te, allora, nella lebbra, mio solo amore. Con Te nella condanna, con Te nella morte, se credi che ciò ti attenda…»; e Pietro striscia ai suoi piedi e li prende e se li mette sugli omeri e singhiozza: «Qui, premi, calpesta! Ma non mi fare pensare che Tu diffidi del tuo Simone».
Gli altri, vedendo che Gesù carezza i due primi, si fanno avanti e baciano Gesù sulle vesti, sulle mani, sui capelli… Solo l’Iscariota osa baciarlo sul viso.
Gesù si alza di scatto, e quasi lo respinge bruscamente tanto lo scatto è improvviso, e dice: «Andiamo a casa. Domani sera, di notte, partiremo con le barche per Ippo».
Che dire?
Intanto avete avuto un piccolo esempio della predicazione di Gesù, per di più su un aspetto fondamentale della nostra Fede: la sua presenza in Corpo Sangue Anima e Divinità nell'Ostia Eucaristica che ora qualcuno vorrebbe ‘demitizzare’ elargendola - per 'Misericordia' - anche a chi non ne è degno perché non 'in regola' con Dio.
Sol che si voglia ragionare ed avere un minimo di Fede Cattolica, alla luce del brano del Vangelo di Giovanni e anche della ancor più dettagliata visione della mistica Valtorta, non si può che concludere – ad esempio - che chi nella Chiesa cattolica vorrebbe oggi l’ecumenismo fra le differenti Confessioni cristiane non può farlo appiattendosi, sia pur in maniera ‘soft’ e graduale, sul Luteranesimo che - quanto all’Eucarestia - nega ad esempio la Transustanziazione insegnata da Gesù e dalla Dottrina cattolica per la quale la sostanza del ‘pane’ si converte nella sostanza del corpo e la sostanza del vino nella sostanza del sangue di Cristo, trasformazione che avviene durante la celebrazione della Messa dopo la pronuncia da parte del Sacerdote delle parole della preghiera eucaristica.
La S. Messa - per i cattolici - è per di più anche la ripetizione incruenta del Sacrificio sulla Croce.
E ora una domanda per chi ha letto con attenzione il suddetto brano.
Cosa vi pare di aver capito leggendo il discorso sul Pane del Cielo - cioè sull’Eucarestia - del Gesù valtortiano?
La risposta non è forse che l’Eucarestia è Gesù?
E se Essa è Gesù, non va forse ricevuta con tutto il Rispetto e la Grazia interiore che si deve a un Dio che viene accolto nella nostra anima?
Ecco perché non è accettabile per un vero cattolico la cosiddetta ‘Comunione catto-luterana per tutti’, protestanti e cattolici, della quale si sente parlare sempre di più anche da 'pulpiti' autorevoli.
Quando sono a Messa con la mia nipotina che ha appena fatto la Prima Comunione - ma alla quale mi accorgo che hanno spiegato ben poco, e anche questo è un ‘segno dei tempi’ - arrivato al momento ‘topico’ delle parole della Consacrazione Eucaristica mi piego verso di lei e le mormoro sottovoce piano-piano: ‘Attenta, guarda bene l’Ostia, in questo momento quella sta diventando Gesù in carne ed ossa. Anche se non riesci a vederlo, perché è invisibile come l’aria, sta avvenendo il più grande miracolo di Dio...’.
L’ecumenismo - il vero ecumenismo fra cristiani (e non parlo a maggior ragione dell’altro decantato ecumenismo con altre religioni non cristiane, come quello sostenuto dall’O.N.U. mondialista) - ci sarà, ma solo dopo qualche evento disastroso che coinvolgerà tutta l’Umanità abbandonata da Dio, dopo la manifestazione e sconfitta dell’Anticristo quando essa – una volta ‘incatenato’ Satana3 - piegata dal dolore, si pentirà collettivamente ritornando al Signore, essendosi resa conto che tutto è dipeso dal fatto che ‘essa aveva rinnegato l’idea religiosa cadendo in ‘empietà e ingiustizia’ dopo avere lungamente offeso e deriso Dio’.
In buona sostanza non saranno i cattolici a diventare luterani, come pare voglia tentare di fare oggi una certa ‘Chiesa’ cattolica a trazione anteriore ‘tedesco-luterana’ in nome di un ‘vogliamoci bene’ semplicistico e ‘misericordioso’ che tutto perdona anche senza conversione e pentimento sincero, ma saranno piuttosto i luterani e tanti altri ancora che si convertiranno spontaneamente al Cattolicesimo, quello della Tradizione e non quello del cattoprogressismo evoluzionista-riformista-neomodernista come molti lo vorrebbero fare diventare oggi per adeguarlo a questi tempi dove la Fede è virtualmente morta in troppi perché… 'questa dottrina è troppo penosa e questo linguaggio è troppo duro!…'.
Non saranno insomma gli uomini a realizzare il vero Ecumenismo, ma sarà la Grazia di Dio che - dopo gli orrori del tempo dell'Anticristo ed il Pentimento collettivo – in un gesto di vera Misericordia farà scendere sulla Terra grandi correnti di spiritualità, illuminerà le menti e toccherà i cuori.

Gv 6, 22-71
Il pane della vita
22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall'altra parte del mare, vide che c'era soltanto una barca e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma i suoi discepoli erano partiti da soli. 23Altre barche erano giunte da Tiberìade, vicino al luogo dove avevano mangiato il pane, dopo che il Signore aveva reso grazie. 24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafàrnao alla ricerca di Gesù. 25Lo trovarono di là dal mare e gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?».
26Gesù rispose loro: «In verità, in verità io vi dico: voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Datevi da fare non per il cibo che non dura, ma per il cibo che rimane per la vita eterna e che il Figlio dell'uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo». 28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?». 29Gesù rispose loro: «Questa è l'opera di Dio: che crediate in colui che egli ha mandato».
30Allora gli dissero: «Quale segno tu compi perché vediamo e ti crediamo? Quale opera fai? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità io vi dico: non è Mosè che vi ha dato il pane dal cielo, ma è il Padre mio che vi dà il pane dal cielo, quello vero. 33Infatti il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dà la vita al mondo». 34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose loro: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà fame e chi crede in me non avrà sete, mai! 36Vi ho detto però che voi mi avete visto, eppure non credete. 37Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me: colui che viene a me, io non lo caccerò fuori, 38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato: che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma che lo risusciti nell'ultimo giorno. 40Questa infatti è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno».
41Allora i Giudei si misero a mormorare contro di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come dunque può dire: «Sono disceso dal cielo»?».
43Gesù rispose loro: «Non mormorate tra voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno istruiti da Dio. Chiunque ha ascoltato il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non perché qualcuno abbia visto il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».
52Allora i Giudei si misero a discutere aspramente fra loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse loro: «In verità, in verità io vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell'uomo e non bevete il suo sangue, non avete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell'ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue rimane in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo; non è come quello che mangiarono i padri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

Crisi tra i discepoli
59Gesù disse queste cose, insegnando nella sinagoga a Cafàrnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questa parola è dura! Chi può ascoltarla?». 61Gesù, sapendo dentro di sé che i suoi discepoli mormoravano riguardo a questo, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell'uomo salire là dov'era prima? 63È lo Spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che io vi ho detto sono spirito e sono vita. 64Ma tra voi vi sono alcuni che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E diceva: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre».
66Da quel momento molti dei suoi discepoli tornarono indietro e non andavano più con lui. 67Disse allora Gesù ai Dodici: «Volete andarvene anche voi?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna 69e noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 70Gesù riprese: «Non sono forse io che ho scelto voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». 71Parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: costui infatti stava per tradirlo, ed era uno dei Dodici.

1 Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Cap. 353 - Centro Editoriale Valtortiano
2 Maria Valtorta: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - Vol. I - Cap. 41.1-9 - Centro Editoriale Valtortiano
3 Ap 20, 1-3: 1Poi vidi un Angelo che scendeva dal cielo, tenendo in mano la chiave dell'abisso e una grande catena.2Egli afferrò il dragone, l'antico serpente, che è il diavolo, Satana, e lo incatenò per mille anni: 3e lo precipitò nell'abisso che chiuse e sigillò sopra di lui, perché non potesse più sedurre le nazioni, finché non fossero finiti i mille anni, dopo i quali deve essere sciolto per poco tempo.


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