
VOCE NARRANTE ♫ SILVIA CANEPARO
30.6.2016
073. il Catto-luteranesimo: una Chiesa ‘cattolica’ a ‘trazione anteriore’ luterana…
‘Questa dottrina è troppo penosa e questo linguaggio è troppo duro!’ - (1ª parte di tre)
Oggi, nel corso del mio abituale esame della Rassegna stampa - non solo quella mainstream del Pensiero dominante della carta stampata laica o laicista ma soprattutto quella internet, di solito meno ‘dipendente’ e molto pluralista - mi imbatto nel seguente articolo del 29.6.2016 trovato nel sito di ‘Corrispondenza romana’ che vedo poi ripreso anche da ‘Riscossa Cristiana’.
Mi ha colpito perché viene nominato il Cardinale Walter Kasper, uno dei più stretti collaboratori di Papa Francesco, da quest’ultimo definito pubblicamente un ‘buon teologo’ (vedi 'Pensieri a voce alta' n. 064 e 065) ma del quale si è saputo che negava la Resurrezione di Gesù Cristo (Walter Kasper: Gesù il Cristo, 1992, Queriniana),
Considerato oggi a torto o a ragione nella categoria dei Modernisti o Neomodernisti, avevo appreso - leggendo appunto un articolo del noto giornalista e scrittore Antonio Socci del 19921 – che, per quanto attiene la Resurrezione, la sua visione teologica, insegnata peraltro nei seminari, era che essa non è stata un avvenimento ‘storico’, cioè realmente avvenuto, ma solo una credenza appartenuta a coloro che ne avevano fede.
Ora, rifletto, non è Walter Kasper il ‘deus ex machina’ che - si dice da più parti molto autorevoli - ha 'gestito' un poco a modo suo i due recenti Sinodi mondiali sulla Famiglia che hanno toccato temi scottanti come quello della indissolubilità del matrimonio sacramentale, della Confessione e dell’Eucarestia, sollevando proteste costernate in tutto il mondo cattolico internazionale da parte di eminentissimi teologi, filosofi della religione, vescovi e cardinali ivi compreso il Card. Gerhard Ludwig Muller, Prefetto della congregazione per la dottrina e la difesa della Fede?
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Che all’interno della Chiesa Cattolica Apostolica Romana, fra le alte gerarchie, si stia diffondendo un ecumenismo ad impronta modernista non è ormai un mistero per gli addetti ai lavori.
L’Ottocento, con Darwin, e poi il Novecento hanno visto sempre più affermarsi la teoria ‘evoluzionista’, cioè il concetto che l’uomo non è stata creato tal quale da Dio, come dice la Genesi, ma è disceso da una scimmia.
Ho dedicato ampli approfondimenti nei miei libri a questo argomento che rappresenta una delle mistificazioni più grandi - presentate e diffuse nelle scuole e poi nelle università ad allievi ignari - come se fosse una teoria scientificamente dimostrata, nonostante gli studi della Genetica dimostrino ormai da decenni esattamente il contrario.
In tale prospettiva l’uomo - che era scimmia ieri - fra qualche decina di migliaia di anni diventerà – attraverso una serie di anelli di passaggio intermedi - un animale diverso che noi uomini odierni non potremmo neppure immaginare.
Inutile dire che per le presunte decine e anche centinaia di migliaia di anni passati non è stato trovato neanche il più piccolo anello intermedio (il cosiddetto anello mancante della catena) che segnalasse il passaggio da una specie all’altra, ma tant’è…
Le varie specie hanno continuato a mantenere la loro ‘fissità’ tranne la modifica di caratteri secondari (cioè microevoluzione: una 'evoluzione' all'interno della stessa specie, da non confondersi come fece Darwin con la macro-evoluzione: il passaggio da una specie ad un'altra) dipendenti da fattori ambientali, come alimentazione, condizioni climatiche e altro ancora.
Tuttavia, la seducente idea, anzi questa ideologia, ha finito per essere applicata ad altri campi, ad esempio politici, sociali, morali ed ora anche religiosi.
Il concetto di fondo è che tutto è destinato a cambiare, basta avere sufficiente tempo, o meglio il 'Dio Tempo' che tutto crea ed aggiusta.
Non vi sarebbero realtà immutabili, e nemmeno Verità immutabili bensì soggettive, secondo la ‘propria coscienza’ (e qui cadiamo nella Dittatura del relativismo di cui tanto ha parlato Papa Benedetto XVI) perché tutto si evolve e quel che era vero ieri non lo è più oggi e sarà diverso anche domani.
Anche il concetto che la Dottrina cristiana si debba anch’essa ‘evolvere’ rientra in questa visione, quando si sostiene che essa deve adattarsi alle mutate condizioni socio-culturali dell’ambiente in senso lato.
Naturalmente il presupposto di questa convinzione è che essa non sia una dottrina divina ma una dottrina immaginata da uomini, valida per i ‘trogloditi’ dell'età della pietra ma non più per il ‘superuomo’ moderno.
Ecco quindi la necessità di adattarla al mutare dei costumi e delle idee politiche della società per mantenerla sempre più moderna e forse più appetibile per le grandi masse che se ne sono allontanate.
Pochi prendono in considerazione il fatto che le masse, guidate da delle élites intellettuali dominanti attraverso i mass-media, si sono allontanate dalla fede cristiana a seguito di ideologie atee sparse a piene mani nel Novecento e dell’incapacità della ‘Chiesa docente’ di proporre – a cominciare da se stessa – dei modelli spirituali da emulare, piuttosto che scandali tutto sommato numericamente limitati ma che i mass-media laici e laicisti si premurano poi di enfatizzare e amplificare voluttuosamente facendo di ogni erba un fascio.
Fatto sta che oggi – mentre le Chiese sono sempre meno frequentate e le vocazioni religiose sono cadute a picco - una notevole maggioranza di cattolici (cattolici di nome ma non di fatto) considerano ormai fuori dalla realtà alcune delle norme dei Dieci Comandamenti, come quella del 'non uccidere' (come nel caso dei milioni di aborti perpetrati ogni anno), il ‘non desiderare la donna d’altri’, quelle sulla purezza, quelle date da Gesù stesso sulla indissolubilità del Matrimonio, quindi sull’adulterio la cui denuncia nei confronti di Erode Antipa costò la testa a San Giovanni Battista e infine sulla stessa Eucarestia che – da molte coppie divorziate e risposate per non dire talvolta da coppie non sposate ma ‘conviventi’ more uxorio - viene in qualche modo ‘pretesa’ come se fosse un ‘diritto’ senza che vi sia alcun pentimento né serio proponimento di cambiare vita.
L’Eucarestia non è un ‘diritto’ ma è un Dio che si dona, come una Medicina, a chi è degno di riceverlo con cuore puro, altrimenti è meglio rinunciarvi.
In buona sostanza si sostiene però oggi che Dio è ‘Misericordia’ e, se è soprattutto misericordioso, non si può negare l’accoglienza… eucaristica a coloro che – pur avendo una fede distorta e mal vissuta – volessero il Sacramento dei Sacramenti.
Ma non è stato sempre detto che chi ‘mangia’ l’Eucarestia senza essere in stato di Grazia ‘mangia’ così anche la sua condanna spirituale perché costringe con la violenza il Verbo-Gesù-Dio, Purissimo Spirito, a scendere in quella che – se potessimo vedere la nostra anima dall’Alto con l’Occhio di Dio – sembrerebbe una sentina di peccati?
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Il ruolo dell’Eucarestia, cioè il suo effettivo valore, diventa quindi un elemento fondamentale per cercare di comprendere dove si stia andando quando ci si propongono dei compromessi in nome di un 'ecumenismo' fra Confessioni cristiane di idee dottrinariamente e spiritualmente molto diverse.
Ecco perché dunque, incuriosito, mi accingo a leggere l’articolo citato all’inizio che parla di ecumenismo ma anche del Cardinale Walter Kasper (i grassetti sono miei):
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29 giugno 2016 - 17:53
Per i 500 anni di Lutero ora è la Chiesa ad autoaccusarsi - (di Mauro Faverzani)
Per l’occasione si è scomodato persino il presidente federale di Germania, Joachim Gauck, che, tra l’altro, è anche un pastore protestante. Proprio lui, lo scorso 18 febbraio, ha incontrato la presidenza del Dekt, Convegno dei protestanti, ed il ZdK, Comitato Centrale dei cattolici, nel corso di un lungo colloquio, durato un paio d’ore.
Si è fatto il punto sullo stato dell’ecumenismo nel Paese, sull’impegno socio-politico dei laici di ambedue le confessioni ed anche sul contributo offerto dai cristiani in generale allo stato di coesione interna della società tedesca. Infine, il discorso è caduto lì e non poteva essere diversamente, ovvero sull’anniversario della Riforma, sulla ricorrenza nel 2017 dei 500 anni dall’affissione delle famose 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittemberg ad opera di Martin Lutero.
Ma non ci si è limitati ad un aggiornamento sui preparativi, si è andati oltre: Gauck ha chiesto espressamente quale fosse il grado di collaborazione ecumenica tra cattolici e protestanti. Se il presidente italiano Mattarella o ancor più quello francese Hollande si fossero spinti a tanto, subito si sarebbe sentito urlare contro lo Stato confessionale.
Immancabile l’intervento del card. Walter Kasper, che non ha mancato di dare alle stampe un libro, Martin Lutero. Una prospettiva ecumenica (Queriniana, Brescia 2016), in cui, nella scia di un iperecumenismo spinto, ha sposato assolutamente la linea del monaco agostiniano, giungendo a definire la sua come un’azione di «nuova evangelizzazione», con toni di feroce biasimo anzi verso la Chiesa cattolica sorda alle sue proposte ed alle sue “innovazioni”.
Il card. Kasper ha collocato anche Lutero nel calderone della misericordia, ormai distribuita a pioggia, ritenendo che il suo «problema esistenziale» di religioso fosse: «Come posso trovare un Dio misericordioso?». E non si capisce come questo possa in alcun modo legittimare l’eresia derivatane, Sua Eminenza non lo spiega, ma tant’è.
Stupiscono anche i toni del comunicato congiunto, licenziato lo scorso primo giugno dalla Federazione luterana mondiale e dal Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani, per confermare il coinvolgimento cattolico nelle celebrazioni dei «doni della Riforma» col culmine, che sarà rappresentato dal viaggio di papa Francesco a Lund, in Svezia, il prossimo 31 ottobre.
Ma proprio del Pontefice è stato l’ulteriore, convinto passo verso l’ecumenismo col discorso da lui rivolto alla delegazione del direttivo della Comunione mondiale delle chiese riformate, ricevuta in Vaticano lo scorso 10 giugno.
Riferendosi alla conclusione della quarta fase del dialogo teologico in corso tra tale organismo ed il Consiglio pontificio per la promozione dell’unità dei cristiani, ha dichiarato: «In questa comunione spirituale, cattolici e riformati possono promuovere una crescita comune per servire meglio il Signore».
Ed ancora: «In base all’accordo sulla dottrina della giustificazione, esistono molti campi in cui riformati e cattolici possono collaborare per testimoniare insieme l’amore misericordioso di Dio, vero antidoto di fronte al senso di smarrimento ed all’indifferenza che sembrano circondarci», smarrimento ed indifferenza pari ad una vera e propria «desertificazione spirituale» di fronte alla quale «le nostre comunità cristiane» sarebbero tenute «ad accogliere e ravvivare la grazia di Dio», evidentemente presente in tutte, indistintamente, al di là di ogni distinzione dottrinale, poiché in quest’ottica basterebbe «la fede in Gesù Cristo».
C’è da chiedersi, se si possa ancora parlare di eretici riformati, di “fratelli separati” da ricondurre nella Chiesa Cattolica, specie di fronte a termini come «comune missione», utilizzato espressamente da papa Francesco: «V’è urgente bisogno di un ecumenismo», che «promuova una comune missione di evangelizzazione e di servizio», esortando tutti a «fare di più, insieme, per offrire una testimonianza viva “a chiunque domandi ragione della speranza che è in noi”: trasmettere l’amore misericordioso del nostro Padre, che gratuitamente riceviamo e generosamente siamo chiamati a ridonare», concetto su cui è più volte tornato.
A mischiare ancor più le carte ha provveduto la conferenza-stampa, tenuta lunedì scorso da papa Francesco durante il volo di ritorno dall’Armenia: «Io credo che le intenzioni di Martin Lutero non fossero sbagliate – ha dichiarato il Pontefice –. In quel tempo la Chiesa non era proprio un modello da imitare: c’era corruzione, c’era mondanità, c’era attaccamento ai soldi e al potere. E per questo lui ha protestato. Poi era intelligente ed ha fatto un passo avanti, giustificando il perché facesse questo. Ed oggi luterani e cattolici, con tutti i protestanti, siamo d’accordo sulla dottrina della giustificazione: su questo punto tanto importante lui non aveva sbagliato. Lui ha fatto una “medicina” per la Chiesa, poi questa medicina si è consolidata in uno stato di cose, in una disciplina, in un modo di credere, in un modo di fare, in modo liturgico. Ma non era lui solo: c’era Zwingli, c’era Calvino… Poi sono andate avanti le cose. Oggi il dialogo è molto buono. La diversità è quello che forse ha fatto tanto male a tutti noi e oggi cerchiamo di riprendere la strada per incontrarci dopo 500 anni».
Non si riesce ad evitare un certo sconcerto, raffrontando queste parole con quelle, che, ad esempio, si possono leggere sul Catechismo Maggiore di San Pio X, a proposito della «grande eresia del Protestantesimo, prodotta e divulgata principalmente da Lutero e da Calvino»: «Questi novatori – è scritto –, demolirono tutti i fondamenti della fede, esposero i Libri Santi alla profanazione della presunzione e dell’ignoranza ed aprirono l’adito a tutti gli errori. Il protestantesimo o religione riformata, come orgogliosamente la chiamarono i suoi fondatori, è la somma di tutte le eresie, che furono prima di esso, che sono state dopo e che potranno nascere ancora a fare strage delle anime» (nn. 128-129).
Ciò che più impressiona in questa nuova, frenetica brama di “dialogo” über alles coi protestanti è l’approccio molto sociale, anzi sociologico. Quel continuo richiamo al «camminare insieme» calpesta il fatto che sia escluso dalla grazia di Dio chiunque ne neghi anche un solo dogma, chiunque viva nella dimensione del peccato contro la fede. Di tutto questo non v’è traccia. Con un problema: che un’evangelizzazione solo sociale non è autentica evangelizzazione.
(Mauro Faverzani)
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Rifletto a lungo su questo articolo e decido che esso meriti – specialmente anche in rapporto al problema dell’Eucarestia - un mio personale approfondimento.
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L’autore dell’articolo suddetto – stigmatizzando una deriva cattolica verso il protestantesimo luterano – chiama in causa espressamente il Card. Walter Kasper, riferendosi al suo recente libro: Martin Lutero. Un prospettiva ecumenica (Queriniana, Brescia 2016), in cui il Card. Kasper - osserva l’autore - “… nella scia di un iperecumenismo spinto, ha sposato assolutamente la linea del monaco agostiniano, giungendo a definire la sua come un’azione di «nuova evangelizzazione», con toni di feroce biasimo anzi verso la Chiesa cattolica sorda alle sue proposte ed alle sue “innovazioni”.
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Ora, un osservatore esterno, come un laico ben informato, non può non avere collegato questa spinta verso siffatto ‘ecumenismo’ alle dimissioni di Papa Benedetto XVI.
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Quest’ultimo, dichiaratosi ‘Papa emerito’ come tutti sanno, ha mantenuto – cosa eccezionale - la veste talare bianca, ha deciso di continuare a risiedere in Vaticano, ha conservato soprattutto il famoso ‘munus petrinum’ facendo capire di essersi semplicemente ‘spostato a lato’ dell’attuale Papa eletto Francesco, come un ‘rimanergli a fianco’, in preghiera per la Chiesa.
Mai vista nella storia bimillenaria della Chiesa una cosa del genere, meditata da Papa Benedetto XVI a lungo e che, di per sé, non può non avere un significato speciale che solo in seguito il Signore ci farà comprendere.
Certamente stiamo oggi vivendo – senza che neanche ce ne accorgiamo – tempi con un profondo significato escatologico.
Che senso abbia tutto ciò se lo chiedono in molti, fatto sta che del ‘munus petrinum’ - che Papa Benedetto XVI ha espressamente voluto conservare – leggendone in internet, i teologi dicono (i grassetti sono miei):
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Lg 22 b e 25 c e il c. 331 del "Codex Iuris Canonici" (Cic) 1983 sanciscono che il Romano Pontefice, come vescovo di Roma, è capo del collegio dei vescovi, vicario di Cristo e pastore qui in terra della Chiesa universale e, «in forza del suo ufficio ("munus")», ha nella Chiesa potestà ordinaria suprema, piena, immediata e universale, che può sempre esercitare liberamente, non soltanto sulla Chiesa universale, ma, come precisa il c. 333, § 1, anche su tutte le Chiese particolari e sui loro raggruppamenti, proprio perché nel vescovo della Chiesa di Roma permane il "munus" concesso dal Signore singolarmente a Pietro, primo degli apostoli, e che deve essere trasmesso ai suoi successori (c. 330).
Il c. 749, § 1 così formula l’infallibilità personale del Romano Pontefice: «Il Sommo Pontefice, in forza del suo ufficio ("munus"), gode dell’infallibilità nel magistero quando, come pastore e dottore supremo di tutti i fedeli, che ha il compito di confermare i suoi fratelli nella fede, con atto definitivo proclama da tenersi una dottrina sulla fede o sui costumi», per cui «le sue definizioni giustamente sono dette irreformabili in se stesse, e non per il consenso della Chiesa» (Lg 25 c).
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Evidentemente – come già accennato, e lo ribadisco - c’è qualcosa che a noi ‘uomini della strada’ (e non solo a noi, ma anche a insigni teologi e canonisti), sfugge.
Cosa succede?
La 'Monarchia' millenaria petrina è diventata bicefala? Come possono - con rispetto parlando ed usando un linguaggio 'ruspante', e mi si scusi il paragone profano - due 'galli' andare d'accordo nello stesso pollaio?
O sono d'accordo a priori - dicono taluni, e questo lo ha detto ufficialmente anche Papa Francesco - oppure in realtà non lo sono o lo sono ora ma potrebbero entrare in seguito in conflitto secondo l'evolversi delle circostanze.
Siamo forse di fronte ad una 'condivisione' di poteri con conseguente indebolimento della Potestas papale monarchica?
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Si tratta di qualcosa di misterioso ed attualmente indecifrabile ma decisamente importantissimo se il Segretario di Benedetto XVI, Georg Ganswein, in una intervista-dichiarazione di qualche tempo fa ha spiegato ufficialmente che la Chiesa nella sua storia bimillenaria sta vivendo - con la presenza di due Papi: uno eletto e l'altro 'Emerito' - una situazione del tutto eccezionale, senza peraltro spiegare esattamente quale, almeno per ora.
Dichiarazione di Georg Ganswein, peraltro - a sentire i teologi e gli specialisti in diritto canonico - molto controversa quanto alla sua portata ed effettivo significato recondito.
Non si tratta di fare ‘dietrologia’, ma è davvero impossibile non pensare – di fronte ad una siffatta situazione epocale - ai misteri dell’Apocalisse con riferimento ai cosiddetti profetici 'ultimi tempi', non quelli della fine del mondo ma del passaggio da una fase all'altra della storia della Chiesa e dell'Umanità.
Fra gli attori ‘operativi’ della suddetta deriva ‘catto-protestante’, appare comunque in prima linea un teologo del calibro del Cardinale tedesco Walter Kasper che, supportato da altri influenti cardinali, occupa oggi un ruolo di assoluto vertice in Vaticano, mentre il ruolo di ‘legittimo oppositore e difensore della Dottrina’, ma ormai pare messo ‘in minoranza’ e sempre meno ascoltato, spetta al Cardinale Gerhard Ludwig Muller, Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede.
Questi, fra l'altro, ha messo coraggiosamente in discussione vari aspetti della Esortazione apostolica di Papa Francesco ‘Amoris Laetitia’ sulla Famiglia, peraltro un documento che ha creato grande confusione e disparità di interpretazioni in tutto il mondo, comunque un testo ritenuto non magisteriale e quindi non avente valore ‘dogmatico’ ma di ‘opinione’ quantunque autorevole.
Quanto al Cardinale Walter Kasper – autore a suo tempo anche di un’opera che ha avuto larga diffusione mondiale e nei Seminari (Walter Kasper: Gesù il Cristo, 1992, Queriniana) Egli – lo avevo detto all'inizio e meglio spiegato nei miei ‘Pensieri a voce alta’, nn. 064 e 065 del 18 e 19 aprile scorso – nega la Resurrezione di Gesù Cristo.
Sempre con tutto il rispetto parlando, possiamo considerare cristiano e addirittura ‘cattolico-apostolico-romano’ un personaggio così influente che dice che non è vero che Gesù è risorto?
Se dunque Gesù non è risorto – osservo invece io ma lo dicono soprattutto i Modernisti – saremmo di fronte ad una clamorosa falsificazione degli eventi da parte degli apostoli.
Possibile - aggiungo - che essi abbiano tutti predicato fino allo stremo e poi accettato in seguito il proprio martirio per un falso storico da essi stessi ordito?
Cosa dire allora di San Paolo, disarcionato dal Gesù risorto, che aveva poi affermato in una Epistola che Gesù era realmente risorto e la cosa poteva essere confermata da circa 500 persone che lo avevano potuto constatare, delle quali molte erano ancora vive per testimoniarlo.
Ma Paolo avrebbe fatto una affermazione del genere sapendo quanto i nemici – in specie i giudei in Israele o quelli che pullulavano nella Roma dei suoi tempi – avrebbero potuto facilmente e ben volentieri smentirlo: cosa che non avvenne?
Potremmo quindi anche ipotizzare, se non altro per logica deduzione, che il Card. Kasper – anche se lui, Principe della Chiesa, magari non può gridarlo dai tetti, forse per non dare ‘scandalo’ al 'gregge' dei piccoli 'fedeli' - non creda nemmeno ad altri dogmi della Fede e della Dottrina cristiana che al fatto storico della Resurrezione e alla divinità di Gesù sono legati.
Ma se un 'cristiano' nega il miracolo della Resurrezione – in quanto impossibile all'uomo-Gesù – come potrebbe mai accettare le altre affermazioni del Credo Apostolico, che sono il Fondamento della nostra Fede, e presuppongono tutte la divinità di Gesù?
Come può credere, per coerenza, al fatto che Gesù sia stato concepito per opera dello Spirito Santo?
Come può credere che un uomo sia nato da una ‘vergine’: vergine prima, durante e dopo il parto?
Come può credere che sia salito al Cielo in carne ed ossa visto che non sarebbe neanche risorto?
Che dire poi della resurrezione futura della ‘carne’ quando – seduto alla destra del Padre – Gesù-Giudice verrà a giudicare i vivi e i morti nello spirito: i reprobi alla sinistra per l’Inferno e i buoni alla destra per il Paradiso?
E cosa dire della aspettativa della Vita eterna?
Non parliamo poi della Madonna, Madre di Dio!
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Non credere alla Resurrezione – a mio avviso e per logica deduzione – comporta dunque il non credere neanche a tutte le altre affermazioni del Credo.
Al contrario – invece - tutto si spiegherebbe alla luce di Gesù ‘Dio-Figlio di Dio’, perché nulla è impossibile a Dio.
Del resto lo stesso San Paolo non aveva detto che se Gesù non fosse risorto la nostra Fede sarebbe stata vana?
Che dire infine del brano di Vangelo dove Gesù Risorto invita Tommaso a toccare con mano le sue piaghe e a non essere incredulo ma credente?
E i due viandanti di Emmaus?
E le varie altre apparizioni? Tutto falso? Tutto allucinazione collettiva?
Affermare che la Resurrezione non è mai avvenuta ma che è solo una credenza dei primi cristiani significa quindi portare un attacco al cuore della Fede cristiana e della Chiesa.
Oggi la Chiesa - prima attraversata da ‘spifferi d’aria’ (il famoso ‘fumo di Satana’ a sua tempo denunciato da un Paolo VI preoccupatissimo) e poi da qualche decennio scossa da venti impetuosi di contestazione - pare sconvolta da un turbine: sull’orlo dello scisma, come appunto ai tempi di Lutero, anzi peggio.
A quei tempi l’attacco veniva dall’esterno e si potevano alzare i ponti levatoi, ora è invece molto più insidioso perché quale ‘cavallo di Troia’, un ‘manipolo’ di uomini rischia di aprire dall’interno le porte al Nemico, mentre tutti dormono.
Già nel quarto secolo dopo Cristo era stata negata la natura divina di Gesù dal vescovo Ario, al punto che questi ne aveva convinto tutti gli altri vescovi e lo stesso Papa di allora caduto anch’egli in eresia.
Fu necessaria la battaglia di un altro vescovo, Sant’Atanasio, per ricondurre le pecorelle all’ovile, Papa compreso.
La tesi della mera natura umana di Gesù è dunque quanto sostiene il Modernismo, eresia quest’ultima che ora come allora è tornata a diffondersi molto nella Chiesa grazie alle opere di teologi i cui testi da decenni sono stati proposti e studiati nei Seminari e nelle università pontificie nelle quali si sono formati molti sacerdoti e vescovi di oggi.
Non è dunque difficile trovare una spiegazione alla caduta verticale delle vocazioni religiose…
Come si può infatti sacrificare una vita intera di vero sacerdozio o missione religiosa, che comporta una rinuncia severa a tutto ciò che è ‘mondo’, per un ‘qualcuno’ che non è risorto e quindi non è ‘Dio’, e la cui 'morale' è meramente umana, come tante altre con meno pretese?
Ecco dunque la ragione per cui il Modernismo, in qualunque modo mimetizzato all’interno della Chiesa, è la più perniciosa delle eresie in quanto - come aveva detto San Pio X - 'riassume in sé tutte le peggiori eresie del passato'.
1 http://Storialibera.it, del 02.03.07. Riporta un articolo dello scrittore e giornalista Antonio Socci tratto dal n° 20 della nota Rivista ‘Il Sabato’ del 16 maggio 1992, pagg. 50/53