
VOCE NARRANTE ♫ SILVIA CANEPARO
19.4.2016
065. La Resurrezione: ‘Papa Francesco…, anziché convertire il giornalista Scalfari converta il Card. Kasper…’.
(Parlando di Renan, Loisy, Bultmann fino al Cardinale Walter Kasper e…) - (2ª parte di due)
Nella prima parte di questa nostra trattazione abbiamo parlato del Positivismo ottocentesco, del Razionalismo e del Modernismo.
Quest’ultimo – di fronte al principio bimillenario per cui la Verità della Dottrina di Gesù essendo divina è immutabile per l’Eternità – sostiene invece che la Verità e le sue formulazioni concettuali sono una funzione del tempo, come se la Verità variasse, con il tempo, adeguandosi al mutamento dei costumi.
Il ‘Moderno’ comporta in nuce un disprezzo della Tradizione intesa come oscurantismo oppressivo.
Adolf von Harnack è stato un teologo e storico delle religioni tedesco, uno dei più importanti teologi protestanti di fine XIX ed inizio del XX secolo.
A proposito del soprannaturale egli aveva scritto1: ‘È per noi fuori discussione che tutto ciò che avviene nello spazio e nel tempo obbedisce alle leggi naturali del movimento, e che conseguentemente i miracoli, intesi come infrazioni all’ordine naturale, non sono possibili… Che una procella sia stata sedata con una parola, è cosa che non crediamo e non crederemo mai’.
Del suo pensiero si legge che alle origini la Fede cristiana e la filosofia greca si erano così intrecciate che molti elementi non essenziali al cristianesimo penetrarono nella dottrina cristiana per cui i protestanti non erano soltanto liberi di criticare i dogmi ma dovevano anche criticare ogni concezione dogmatica.
Il Modernismo è dunque contrario alla Dogmatica.
Il Modernismo contro il quale si era scagliato San Pio X con l’Enciclica Pascendi Dominici gregis (1907) definendolo ‘sintesi di tutte le eresie’ è tuttavia acqua di rose rispetto al neo-modernismo odierno che sembra – come ai tempi dell’apostata vescovo Ario – avere invaso la mente di una buona parte delle attuali alte gerarchie ecclesiastiche.
Non è una ideologia attiva solo nel Protestantesimo ma lo è ora diventata anche nel Cattolicesimo.
Se fino a qualche decennio fa lo era solo nel cattolicesimo d’avanguardia oggi il Modernismo pare essere diventato il ‘pensiero dominante’.
Benché esso neghi di volerlo fare, in realtà – di fatto – tende a rovinare la fede cristiana svuotandola gradualmente di contenuti ‘forti’ riducendola ad un sistema di semplici ancorché apprezzabili norme morali senza alcuna valenza spirituale divina in rapporto ad una salvezza futura dell’anima che viene peraltro anche messa in dubbio.
Come abbiamo letto nella nostra prima parte di questa riflessione, la trascendenza divina – secondo positivisti e modernisti - ‘non sarebbe altro che la proiezione mitica di un certo timore mitico collettivo provato dall’uomo’.
Seguendo questa nuova filosofia si finisce dunque – pur dichiarandosi ‘cristiani’ – per negare Gesù Cristo come Uomo-Dio, cioè la sua doppia natura, divina per parte di Dio ed umana per parte di Maria, e conseguentemente anche tutto il suo Progetto di Redenzione dell’Umanità.
Se Gesù non era infatti Dio, non può essere stato il Verbo incarnato. Se il Peccato originale dei Primi due - che ha escluso l’Umanità dalla possibilità di essere riammessa al Paradiso celeste a causa della Macchia d’origine - è solo un Mito, allora il ‘mitico’ Verbo non può essersi poi incarnato per sacrificarsi sulla terra e redimere l’Umanità da un inesistente Peccato originale.
In questo quadro l'Eucarestia non è più il Sacramento che - per transustanziazione - contiene il Corpo, il Sangue, l’Anima e la Divinità di Gesù, ma è solo un 'simbolo' di farina che ricorda il pane dell'Ultima Cena.
La Messa non rinnova più il Sacrificio redentivo del Signore: siamo dunque in pieno Protestantesimo, che lo si dica o non lo si dica.
La Confessione sacramentale non è più necessaria come neppure – alla fin fine – l’istituzione del Sacerdozio (che la 'amministra') quale è stato sempre considerato nella Chiesa di Pietro fin dalle origini e come lo abbiamo conosciuto fino ad oggi in ambiente cattolico.
Gesù – quale uomo - non può essere risorto, perché il miracolo non è ‘contemplato’ dai modernisti, come aveva detto Adolf von Harnack.
Infatti a loro avviso non si possono forzare le leggi di natura, e conseguentemente Gesù Cristo non è effettivamente risorto e quindi non è neppure asceso al Cielo essendo questo racconto una mitizzazione della sua figura umana che in seguito sarebbe stata ‘divinizzata’ dai suoi discepoli.
La Resurrezione non è avvenuta? Il Signore non è 'asceso' a Cielo? Il miracolo non è ‘contemplato’?
Ma allora, come si spiegano ad esempio tutte le celebri guarigioni miracolose accertate come tali perché hanno ‘forzato le leggi di natura’, fatto ammesso persino dalla Scienza non credente?
Essendo dunque Gesù considerato meramente un uomo, non ha anche alcun senso secondo i modernisti la venerazione della Madonna quale ‘Madre di un Dio’, culto che taluni teologi persino cattolici hanno sprezzantemente definito ‘Madonnismo’.
Insomma - per quanto riguarda i modernisti 'cattolici' - siamo di fronte ad una vera e propria apostasia, cioè all’abbandono della Fede, fatta presagire dalla Madonna nelle apparizioni di Fatima (con quel Sole rotante di fronte a 70.000 persone atterrite) quando – nel profetizzare nel 1917 i futuri disastri per l’Umanità e per la stessa Chiesa qualora questa non avesse consacrato la Russia al suo Cuore Immacolato così come voluto da Dio – ella aveva detto che il Portogallo avrebbe conservato la Fede…, come a far capire che le altre nazioni… forse no o non del tutto.
Quanti saranno i sacerdoti che recitando oggi il Credo apostolico sono ancora intimamente convinti delle affermazioni ivi contenute?
Come potrebbe infatti - un ‘Gesù-uomo’ - sedere alla destra di Dio Padre onnipotente?
E come potrebbe Gesù venire a giudicare alla fine del mondo i vivi e i morti che risorgeranno visto che negano la resurrezione stessa di Gesù?
In questo quadro positivista, razionalista e modernista crollano anche i principi morali e spirituali della Legge naturale. Una Legge incisa a caratteri indelebili da Dio nell’anima che Egli crea per ogni uomo appena concepito, affinché sappia come umanamente condursi in vita anche senza conoscere la religione ‘giusta’.
Con il Modernismo non esisterebbe più una Verità assoluta divina ma solo verità soggettive umane, relative, secondo la propria personale ‘coscienza’, per cui sarebbe ‘verità’ ogni cosa alla quale ciascuno ‘in coscienza’ crede.
Lo stesso peccato non è più peccato se uno ‘in coscienza’ non pensa che sia un peccato.
Ma quanti sono quelli che possono oggi affermare di avere una ‘coscienza cristianamente retta’, visto che questa si può formare solo non restando lontani dalla Verità di Dio?
Ogni individuo ha dunque una sua propria ‘coscienza’ che spesso confligge con la coscienza altrui. Quel che vale per me non vale per te… per cui le verità - come già detto - sarebbero tutte ‘relative’.
Si è così arrivati oggi a quella che Papa Benedetto XVI ha definito ‘Dittatura del relativismo’.
L’unica Verità riconosciuta sarebbe in definitiva quella della Scienza che studia il sensibile materiale e non ammette il Trascendente invisibile perché non osservabile sotto un microscopio.
Ma anche l’amore è invisibile e immateriale, eppure esiste! Anche il pensiero è invisibile e immateriale, eppure esiste! Anche i sogni sono invisibili e immateriali, eppure esistono!
Ecco perché ormai il secolarismo si è diffuso nella società e nella stessa Chiesa dove in molti Seminari - me lo ha confermato personalmente un sacerdote ma lo hanno detto in tanti - vengono sovente insegnate da decenni queste ‘moderne’ filosofie.
Infatti le ordinazioni sacerdotali e religiose negli ultimi cinquant’anni sono calate in maniera vertiginosa. Nel mondo occidentale, impregnato di cultura positivista ed illuminista, le chiese vengono ormai chiuse una dopo l’altra non solo per mancanza di sacerdoti e religiosi in genere ma anche per mancanza di fedeli.
La Chiesa è oggi contraria ai ‘carismi’ ed al profetismo, essa ritiene ‘impossibile’ che Dio possa ancora parlare agli uomini avendolo già fatto nella Bibbia, ma niente può impedire a Dio anche oggi di rivelarsi ai ‘piccoli’ anche se noi siamo tenuti per fede a credere solo alla rivelazione cosiddetta ‘pubblica’: Antico e Nuovo Testamento.
Eppure – a proposito di rivelazioni - sono state riconosciute dalla Chiesa oltre alle apparizioni e rivelazioni di Lourdes, anche quelle di La Salette e di Fatima che parlano di un tremendo futuro per la Chiesa e per l’Umanità peccatrice che paiono decisamente orientate ai tempi nostri, come del resto le visioni della Beata Caterina Emmerich che vedeva per i nostri tempi due Chiese, una minoritaria: giusta ma perseguitata, ed una seconda maggioritaria con grande seguito da parte del mondo ma eretica.
Non solo la Beata Katherina Emmerich ma anche la grande mistica Maria Valtorta ricevette il 20 agosto 19432 una tremenda rivelazione sui futuri tempi dell'Anticristo del quali Gesù le diceva: ‘Sarà persona molto in alto, in alto come un astro. Non un astro umano che brilli in un cielo umano. Ma un astro di una sfera soprannaturale, il quale, cedendo alla lusinga del Nemico, conoscerà la superbia dopo l’umiltà, l’ateismo dopo la fede, la lussuria dopo la castità, la fame dell’oro dopo l’evangelica povertà, la sete degli onori dopo il nascondimento’.
E poi ancora: ‘… A premio della sua abiura, che scrollerà i cieli sotto un brivido di orrore e farà tremare le colonne della mia Chiesa nello sgomento che susciterà il suo precipitare, otterrà l’aiuto completo di Satana, il quale darà ad esso le chiavi del pozzo dell’abisso3 perché lo apra...
E infine: ‘Non vi resta che pregare. Del resto a voi non tocca gustare quell’orrore e perciò... per coloro che lo dovranno subire, perché la forza non naufraghi in essi e non passino a far parte della turba di coloro che sotto la sferza del flagello non conosceranno penitenza e bestemmieranno Iddio in luogo di chiamarlo in loro aiuto. Molti di questi sono già sulla terra e il loro seme sarà sette volte sette più demoniaco di essi..’..
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Un 'astro'?
Dall’Apocalisse di San Giovanni – una Rivelazione di duemila anni fa ma che riguardava i tempi dei secoli futuri – non si potrebbe escludere che ci si trovi allora oggi nella fase della quinta ‘tromba’ suonata dall’Angelo di Dio al cui squillo4 un astro precipiterà dal ‘cielo’ sulla Terra e si apriranno le porte dell’inferno.
L’astro che precipita sulla superficie terrestre, al di là del termine che potrebbe essere simbolico, potrebbe forse allegoricamente rappresentare – in chiave non materiale ma spirituale - l’impatto tremendo per l’Umanità e per la Chiesa costituito proprio dalla manifestazione dell’Anticristo.5
L’apertura delle porte dell’Inferno significherebbe l’uscita di legioni di demoni pronti a sostenerlo e sarebbe il segnale d’inizio della grande battaglia di Armagheddon.
Le cose, però, difficilmente succedono di colpo, le stesse guerre umane vanno preparate e pianificate a lungo dagli strateghi, dunque l’Anticristo-uomo potrebbe già essere oggi all’opera in nascondimento in attesa di scatenarsi solo successivamente in una maniera che sarà poi ad un certo punto manifesta a tutti.
Gesù nel 1943 diceva che erano allora molti gli uomini, già sulla terra, che avrebbero vissuto questi tempi dell’Anticristo e ciò – calcolando la durata media di una vita umana – potrebbe far pensare che potremmo aver già cominciato a viverli, specie gettando uno sguardo sulla attuale situazione della società e del mondo intero caratterizzato da guerre che non si contano più e da persecuzioni di massa ed eccidi nei confronti dei cristiani.
Negli ultimi sessanta anni vengono calcolati in oltre sessanta milioni i profughi che hanno dovuto lasciare le loro terre a causa delle guerre, come ancor più oggi sta succedendo anche a causa della fame con emigrazioni bibliche verso l’Europa dal Nord Africa e dal Medio oriente.
Dal 1917 in poi sono stati conteggiati oltre 100 milioni di morti in guerre varie.
I dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità dicono che ogni anno in tutto il pianeta si fanno circa 50 milioni di aborti (cioè un miliardo negli ultimi venti anni), laddove la seconda guerra mondiale in sei anni fece 50 milioni di vittime.
Quando parliamo dell’Anticristo-uomo (in Ap è simbolicamente rappresentato dal numero '666', ivi definito ‘un numero d’uomo’)6 dobbiamo innanzitutto cominciare a pensarlo come ‘spirito dell’Anticristo’ e che quindi, in quanto tale, esso rappresenti una qualche importante ‘entità demoniaca’ che si sprigiona dall’inferno e si diffonde come un gas sulla Terra offuscando le menti ed influenzando la condotta degli uomini come abbiamo sopra visto che sta già da tempo succedendo.
In tale senso sembra infatti di potere interpretare l’Apocalisse quando parla di due potenti spiriti infernali, ‘la Bestia salita dal mare’7 e ‘la Bestia salita dalla terra’8.
Se quindi siamo di fronte a spiriti infernali, non ci é difficile immaginare che essi possano ‘possedere’ degli uomini specialmente in questo particolare frangente della storia dell’Umanità.
È opinione comune che i ‘posseduti’ siano solo quelle persone che – dando in escandescenze – profferiscono terribili bestemmie con voce da cavernicoli ed occhi spiritati.
Queste – tranne i casi di malattie mentali – possono in effetti essere manifestazioni di persone cadute vittime del demonio, non di rado senza una loro specifica volontà ma per un insieme di circostanze interne ed esterne che non vi elenco perché altrimenti finiremmo per scrivere qui un trattatello esorcistico.
Ma i veri posseduti, i più pericolosi, sono gli ‘insospettabili’, quelli dei quali mai più direste – al guardarli e al sentirli – che possano essere ‘anormali’.
Se voi foste al posto dell’astutissimo ed intelligentissimo Satana – ma non ve lo auguro certamente – chi decidereste di asservire per conseguire i vostri fini che sono sempre, sempre, fini di distruzione dell’Umanità in odio a Dio per trasformare i potenziali ‘figli di Dio’ in ‘figli di Satana’?
Se non ci avete ancora pensato ve lo dico io: sono gli ‘opinion leaders’!
Questi personaggi – sia ben chiaro non tutti, ovviamente, ma solo alcuni – hanno di norma una collocazione ai vertici dei propri ambienti culturali, politici e sociali.
Nella loro posizione, se alcuni di essi lo vogliono, sono in condizione di ‘orientare’ – magari anche convinti di seguire 'in coscienza' le ‘proprie’ idee e senza neanche rendersi conto di essere degli ‘strumenti’ teleguidati da entità spirituali – le scelte delle persone che per una ragione o per l’altra dipendono dalle loro decisioni o propendono - per ragioni culturali, di interesse o ideologiche - a seguirne anche in massa le indicazioni.
Quali sono però gli ‘ambienti sociali’ dai quali è più facile influenzare il comportamento degli uomini?
La risposta ce la danno la Storia e l’esperienza di ogni giorno: la politica, la cultura, la religione, e la scienza quando puramente 'umana' e non supportata dalla 'Sapienza'.
Dobbiamo però fare attenzione.
La ‘politica’ non è in sé negativa, anzi è una cosa necessaria alla organizzazione ed allo sviluppo della società, che altrimenti cadrebbe nell’anarchia. La vera politica va intesa come l’arte di organizzare quanto meglio possibile la convivenza fra persone con aspirazioni, interessi e necessità diverse. La ‘politica’ diventa però negativa quando non è indirizzata ai suoi fini corretti ma ad obbiettivi di puro egoismo e potere come espressione dello spirito di potenza e prevaricazione umana.
La ‘cultura’ è positiva, perché è quella che fa crescere intellettualmente e fa progredire gli uomini. Essa diventa però un veleno micidiale quando mina l’integrità morale e spirituale degli uomini - come ad esempio il pansessualismo freudiano - oltre che la la pace dei popoli come le ideologie che hanno sostenuto le due guerre mondiali del Novecento.
Anche la scienza - con la tecnologia - è fonte di progresso ma solo quando essa è orientata verso il Bene e non - ad esempio - alla invenzione di terribili armi di distruzioni di massa come le bombe atomiche o quelle ai neutroni per non parlare delle armi batteriologiche ed altre ancora.
La ‘religione’ – intesa in senso lato come sfera di interessi volti alla ricerca di Dio e del Bene – più che utile è indispensabile, perché coloro che cercano veramente Dio – oltre a salvarsi l’anima - sono un elemento di ordine sociale, politico e familiare.
Niente più del precipitare morale e spirituale dei capi religiosi trascina tuttavia le masse nella loro caduta. Se poi essi interpretano Dio nel modo sbagliato o lo asservono a propri inconfessabili interessi, magari economici e anche politici, ecco che il disastro diventa completo.
Quando politica di potenza e religione vanno entrambe a braccetto, quando nemmeno la religione controbilancia gli effetti negativi della politica, allora è il principio della fine.
Ecco l'importanza di quel famoso evangelico 'Date a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio'. Non si tratta di stabilire se sia lecito o meno pagare le tasse a 'Cesare', quanto sostenere la separatezza dei due piani, affinché la teologia non divenga teocrazia.
Se la religione deve dunque svolgere il ruolo di barriera contro il Male, è innanzitutto ad essa che dobbiamo guardare per vedere se essa possiede gli anticorpi per resistere al virus micidiale del Nemico.
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Quale è allora oggi la situazione degli ‘anticorpi’, e cioè della Fede nella Chiesa?
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La Chiesa, pur fatta di ‘uomini’, è sempre stata impegnata in passato con i suoi rappresentanti migliori nella difesa - oltre del diritto alla Vita della Persona dal concepimento in poi – di valori quali la Famiglia - cellula base della società umana nella quale i genitori cominciano il lavoro sulla formazione morale, civile e spirituale dei figli - e conseguentemente dell’istituto matrimoniale, per citare solo alcuni dei temi oggetto dei due recenti Sinodi sulla Famiglia.
Questi principi – come è emerso piuttosto chiaramente a seguito dei conflitti all’interno delle Commissioni che nei mesi scorsi hanno lavorato sulle problematiche della Famiglia – hanno cominciato ad essere messi in discussione.
La famiglia - nella cultura mediatica e sociale - viene ad esempio intesa non più come quella naturale fra uomo e donna, ma anche fra uomo e uomo e fra donna e donna, gli ‘embrioni’ possono essere prodotti utilizzando in laboratorio gameti esterni di genitori 'altri', salvo poi essere impiantati in uteri in affitto, e mi fermo qui.
La maggioranza delle unioni è costituita oggi da coppie divorziate o comunque non sposate ma semplicemente conviventi.
Molte di esse aspirerebbero tuttavia ad una loro ‘legittimazione’ sociale e religiosa con accesso all’Eucarestia per sentirsi pienamente ‘figlie della Chiesa’.
Ecco allora, per venire incontro a queste situazioni problematiche, farsi strada nella Chiesa l’idea di rimettere in discussione il principio evangelico della indissolubilità del Matrimonio e del concetto di adulterio.
In sostanza si ipotizza ora un matrimonio un pochino ‘meno indissolubile’ ed un adulterio che è un pochino ‘meno adulterio’, per cui chi si trova in queste situazioni potrebbe accedere – in virtù della Misericordia divina – anche al Sacramento dell’Eucarestia, grazie anche ad un ‘alleggerimento’ dell’Istituto della Penitenza confessionale.
La parola d’ordine sembra infatti quella che occorre essere vicini ai ‘bisogni’ della ‘gente’ che va 'amorevolmente accompagnata' verso un percorso di fede.
È una delle tante sfaccettature del Modernismo antidogmatico: la Chiesa per essere ‘politicamente corretta’ non dovrebbe tanto sostenere l’immutabilità dei principi spirituali che vengono da Dio e dalla Legge naturale scolpita da Dio stesso nell’anima dell’uomo nell’attimo creativo, quanto adeguarsi invece a quello che è il ‘sentire comune’ della società, appunto della ‘gente’, in una situazione peraltro dove i ‘valori’ sono da decenni in caduta libera e comunque si modificano in negativo con il cosiddetto ‘progresso’.
Sono posizioni - appoggiate oggi da illustri ed influenti uomini di Chiesa – che, oltre al fatto di 'correggere' i Vangeli e le parole di Gesù, tendono ad imprimere una svolta determinante alla storia e tradizione bimillenaria della Chiesa: non quindi solo una caduta ma una disfatta della Fede.
A quest’ultimo riguardo – quello della Fede - il Sito internet di ‘Storia libera’9 riportava nuovamente nel 2007 un interessante articolo - firmato dal noto scrittore e giornalista cattolico Antonio Socci - il cui contenuto, per un credente che non abbia famigliarità con una certa teologia, è per molti aspetti disarmante.
L’articolo risale addirittura al 1992, molto anni prima, dunque, che la situazione degenerasse del tutto come oggi.
Avrei voluto sintetizzarvelo per ragioni di spazio ma è bene che vi rendiate conto voi stessi di quale aria tiri… quanto alla fede di molti illustri teologi.
Leggiamolo dunque insieme, sapendo che sottolineature e ‘neretti’ sono miei.
Scrive Socci:
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IL TEOLOGO NON VEDE E NON TOCCA
(Drewermann e la storicità della risurrezione) .
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È il 1970.
Paolo VI, dopo la grande testimonianza data alla Chiesa e al mondo con il 'Credo del popolo di Dio' del 30 giugno '68, in parecchi drammatici discorsi parla dell'«ora inquieta della Chiesa», vede su di essa «nuvole, tempesta, buio», denuncia la penetrazione dentro le sue volte del «fumo di Satana».
Proprio in questi mesi Paolo VI riesce a realizzare un suo grande desiderio per confermare il fondamento della fede: «Et resurrexit tertia die», un grande simposio internazionale sulla resurrezione di Gesù.
Il titolo fu proprio «Resurrexit». Alla fine gli studiosi furono ricevuti dal Papa.
«Ricordo che Paolo VI parlava in francese» dice il padre Ignace de la Potterie «e sottolineò i due capisaldi storici della testimonianza degli apostoli: la tomba vuota e le apparizioni di Gesù risorto. Il come e il quando della resurrezione è un mistero, ma resta il 'fatto' e qui Paolo VI scandì bene queste parole: "Il fatto empirico e sensibile delle apparizioni pasquali". Ed aggiunse un monito che colpì molti di noi: "Se non manteniamo la fede in questo fatto empirico e sensibile trasformiamo il cristianesimo in una gnosi”».
Era anche un grido di allarme... Poi accadde un piccolo incidente.
Racconta padre De La Potterie: «Quando, nel 1974, uscirono gli Atti del simposio con l'allocuzione pontificia, pubblicati dalla Libreria editrice vaticana, quella frase - essendo stata pronunciata a braccio - non c'era».
Una metafora di ciò che doveva avvenire nella Chiesa. Nelle scorse settimane alcuni giornali hanno avanzato delle conclusioni: nella Chiesa si è tacitamente smesso di credere al fatto storico della resurrezione ed alla prova costituita dalle apparizioni «empiriche e sensibili» di Gesù.
NUOVI LUTERO?
A Pasqua il settimanale francese L'Express dedica la copertina a Eugen Drewermann.
Il teologo tedesco, autore di veri best seller, che vuol trasformare Gesù Cristo in una favola/terapia psicanalitica, è al centro di un grande battage giornalistico in tutta Europa.
All'Express rivela che i Vangeli non vanno presi alla lettera, il loro carattere infatti è «simbolico».
La resurrezione di Gesù? «È la sua persona che è resuscitata, non il suo corpo».
Infatti «la sua resurrezione ha avuto luogo nel corso della sua vita».
In che consiste questa strana resurrezione?
«Egli si è liberato da un "io" che trae i suoi strumenti dal dominio, dal potere, dal denaro, dalla pretesa di possedere la verità».
Così, ridotto a simbolo, l'avvenimento di Gesù Cristo non ha più niente di «unico»: «Anche altre religioni, per esempio l'antica religione egiziana, conoscono l'idea della divinità che, in forma umana, muore e risorge».
Ad un'agenzia cattolica (la vecchia Informations catholiques) dice: «Bisogna innanzitutto comprendere che la resurrezione non si applica in particolare alla persona di Cristo. Gesù stesso è cresciuto in questa credenza che ha almeno duemila anni più del cristianesimo».
Grazie alle edizioni du Cerf, dei padri domenicani, che hanno invitato il teologo tedesco a Parigi alla veglia di Pasqua, adesso i francesi potranno trovare in libreria tre delle maggiori opere di Drewermann.
Ma c'è di più. L'Express pubblica anche un sondaggio sulla fede dei cattolici francesi.
Ne viene fuori che il 25% dei praticanti non crede alla resurrezione di Gesù ed il 48% non crede alla resurrezione dei morti che professa nel Credo.
Per i teologi le cose vanno anche peggio.
Drewermann in una precedente intervista a Der Spiegel aveva dichiarato: «Quello che dico, lo dice la maggior parte dei teologi che trattano la medesima questione. Solo che non lo fanno se non servendosi di proposizioni subordinate limitative che dovrebbero garantire da una eventuale persecuzione dall’alto».
Un'accusa sconcertante? È vero che gran parte dei teologi contemporanei - come Drewermann - non credono che i resoconti evangelici sulla resurrezione vadano presi alla lettera?
È vero che non credono alla presenza «empirica e sensibile» di Gesù quando tornò fra i suoi dopo la resurrezione?
Ed è vero che nei loro libri dicono con complicate perifrasi ciò che Drewermann scrive apertamente?
«Purtroppo penso di sì» risponde amaramente padre De la Potterie, «e mi sembra che la tendenza a negare la storicità dei Vangeli sia oggi molto diffusa».
Sul fronte opposto sentiamo Rosino Gibellini, che ha appena pubblicato il volume ‘La teologia del XX secolo’ (Queriniana): «Drewermann vuole sottolineare soprattutto il valore simbolico della resurrezione. È la sua idea. Ma è vero che la maggior parte dei teologi cattolici oggi afferma la 'realtà' della resurrezione, non la 'storicità'».
Sofismi o necessarie distinzioni, ricerca teologica o eresie travestite da astrusi giochi di parole?
Per la verità lo stesso presidente della Conferenza episcopale tedesca, il vescovo Karl Lehmann, uno dei vicepresidenti del Sinodo sull'Europa, ha usato questa distinzione in un'intervista rilasciata il 16 aprile all'agenzia Kna: «Quanto alla 'fattualità storica' della resurrezione di Gesù Cristo, la cosa è complessa. Comunque è un evento reale. La resurrezione di Gesù Cristo da parte di Dio Padre è, strettamente intesa, un avvenimento nella sfera di Dio, che nel suo nucleo non appartiene alla nostra storia. Ma essa si ripercuote in quanto evento nello spazio e nel tempo».
Lehmann, che è stato l'assistente di Karl Rahner, parla difficile per i semplici cristiani.
Non così il cardinale Camillo Ruini che, negli stessi giorni, nell'articolo di Pasqua, comparso sul Messaggero, usava la semplicità di san Pietro e san Paolo: «È anzitutto una questione di fatto: Gesù è o no risorto? Le testimonianze sono molte, ed alcune sono arrivate a noi in forma diretta e personale da parte dei protagonisti, come ad esempio, e incontestabilmente, quella dell'apostolo Paolo nelle sue lettere. Su questo piano dei dati di fatto nulla di altrettanto attendibile, o anche solo di paragonabile, può essere addotto per negare la resurrezione di Gesù».
LE PROVE.
Perché la teologia è oggi così fumosa e astrusa sulla resurrezione? Ha forse ragione Drewermann?
Come vengono trattati i due capisaldi storici della testimonianza degli apostoli indicati da Paolo VI: il Sepolcro vuoto e le apparizioni del Risorto?
«Sì» ammette Gibellini «è vero che i racconti delle apparizioni di Gesù sono contestati. Ma è chiarissimo, è ormai assodato che le apparizioni sono racconti credenti della comunità cristiana che presuppongono la fede e non resoconti cronachistici. Perciò hanno tutto un tessuto simbolico».
La prova? «Non sono concordabili fra loro: i racconti delle tre donne, poi la Maddalena, poi Pietro, Giacomo, Gesù in Galilea o a Gerusalemme...»
Ma è corretta questa liquidazione?
Erich Stier, uno storico tedesco dell'antichità, risponde così ai teologi: «Come esperto in storia antica devo dichiarare che le fonti sulla resurrezione di Gesù, con la loro notevole relativa contraddittorietà nel dettaglio, rappresentano per lo storico addirittura un criterio di straordinaria credibilità. Perché se fossero state costruite ad arte da una comunità o da un qualsiasi altro gruppo, formerebbero un blocco completo, chiaro e privo di lacune. Qualsiasi storico, infatti, è particolarmente scettico proprio quando un evento straordinario viene riferito mediante resoconti assolutamente privi di contraddizioni».
Ma Gibellini, e con lui i teologi, è irremovibile: «Con il progresso degli studi biblici questi resoconti non si possono più accogliere come racconti cronachistici: presuppongono la fede».
Ed è questo che si trova scritto nei testi di teologia?
Facciamo una rapida carrellata. Karl Rahner scrive: «Possiamo ammettere tranquillamente che i resoconti, che ci si presentano a prima vista come dettagli storici (historische) degli eventi della resurrezione e rispettivamente degli eventi delle apparizioni, non si lasciano totalmente armonizzare: quindi vanno interpretati piuttosto come rivestimenti plastici e drammatizzanti (di tipo secondario) dell'esperienza originaria "Gesù vive", e non come descrizione di questa stessa nella sua autentica essenza originaria», insomma non vanno interpretati «come esperienza quasi grossolanamente sensibile».
Gli apostoli vedrebbero la resurrezione soprattutto in riferimento al destino di Cristo, «questo destino (e non semplicemente una persona esistente cui in antecedenza è capitato questo e quello) viene sperimentato come valido e salvato» (Corso fondamentale sulla fede, Edizioni Paoline, pag. 357).
Rahner è un simbolo.
Quando fu sottoposta ai 1007 studenti della Gregoriana - la più prestigiosa università pontificia - la domanda «quale teologo antico o moderno ha avuto o ha maggiore influenza?» quasi la metà (501) rispose: Karl Rahner (a san Tommaso andarono 203 voti, a sant'Agostino ancora meno).
«Gli antichi, non noi, potevano accettare sic et simpliciter quei racconti» ci spiega ancora Gibellini.
«È ciò che va sotto il nome di "innocenza narrativa". Oggi sappiamo come sono nati quei testi, dove sono nati - nella comunità - e ci guardiamo bene dal prenderli alla lettera come resoconti storici: così salviamo quel nocciolo di realtà che pur vi è dietro. Chiamiamo la nostra "seconda innocenza narrativa"».
Ma quando Paolo VI parlava di presenza «empirica e sensibile» di Gesù risorto non prendeva alla lettera quei resoconti?
Lo stesso Giovanni Paolo II, in un memorabile discorso nel mercoledì, il 25 gennaio 1989, affermava: «Il Risorto "in persona" apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!" Essi infatti "credevano di vedere un fantasma". In quella occasione Gesù stesso dovette vincere i loro dubbi e il loro timore e convincerli che "era lui": "Toccatemi e convincetevi: un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho". E poiché loro "ancora non credevano ed erano stupefatti", Gesù chiese loro di dargli qualcosa da mangiare e "lo mangiò davanti a loro"». Insomma «egli stabilisce con loro rapporti diretti, proprio mediante il tatto. Così nel caso di Tommaso... Li invita a constatare che il corpo risorto, col quale si presenta a loro, è lo stesso che è stato martoriato e crocifisso».
C'è dunque un insegnamento pubblico, ufficiale della Chiesa per il popolo ed un altro, una sapienza nascosta per i dotti, che disprezza la «rozza grossolanità» dei resoconti apostolici? E c'è ancora qualcuno che prende alla lettera la testimonianza oculare degli apostoli?
«Sì, la manualistica cattolica, ufficiale e scolastica, è la vecchia apologetica. Ma questa posizione che direi "massimalista" oggi non ha più nessun seguito fra i teologi» risponde Gibellini.
«Vi è poi l'estremo opposto, rappresentato da Schillebeeckx, per cui la resurrezione sarebbe il prodotto dell'esperienza di commozione profonda che hanno avuto gli apostoli. E infine vi è una via media che si può identificare con Walter Kasper».
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LA VIA MEDIA, CIOÈ I MODERATI.
Su questa via media conviene gran parte della teologia cattolica?
«Sì, la cristologia di Kasper (Gesù il Cristo, Queriniana) ha avuto enorme circolazione, è un testo tradotto in tutte le lingue, che raggiunge una sintesi eccezionale. Direi è un'opera che fa testo, che rappresenta il modo in cui la teologia cattolica oggi riflette sulla resurrezione».
Gibellini si riconosce anche lui nella «via media».
Cosa dice Kasper? Sui racconti del sepolcro vuoto, per esempio: che non sono «racconti storici», ma «testimonianze della fede». Inoltre: «Gli enunciati della tradizione neotestamentaria della resurrezione di Gesù non sono affatto neutrali: sono confessioni e testimonianze prodotte da gente che crede».
«Le testimonianze sulla resurrezione parlano di un avvenimento che trascende la sfera di tutto ciò che si può storicamente constatare... ciò che è storicamente accertabile non è la resurrezione, ma soltanto la fede che i primi testimoni ebbero in essa».
E Gesù che appare fisicamente ai suoi?
«Questi racconti vanno dunque interpretati alla luce di quanto essi vogliono esprimere, nel loro carattere cioè di legittimazione della fede pasquale... Le apparizioni non sono eventi riducibili ad un piano puramente oggettivo. Chi ne fa esperienza non è l'osservatore distaccato e neutrale... questo loro "vedere" è stato reso possibile dalla fede».
C'è anche in Kasper un'istintiva ripugnanza al materialismo dei racconti evangelici «dove si parla di un Risorto che viene toccato con le mani e che consuma pasti coi discepoli... A prima vista potrebbero sembrare affermazioni piuttosto grossolane, che rasentano il limite delle possibilità teologiche e che corrono il pericolo di giustificare una fede pasquale troppo "rozza"».
Sono accettabili solo se si va oltre la lettera, per ciò che i loro autori volevano esprimere... Anche nel Catechismo per adulti dei vescovi tedeschi, redatto appunto da Kasper, si legge: «Ogni racconto testimonia la comune fede pasquale delle comunità... Sia le narrazioni, talvolta un pò drastiche, dei pasti consumati con il Risorto, sia i racconti a riguardo della tomba vuota, intendono esprimere simbolicamente la corporeità della resurrezione di Gesù».
È questa la «seconda innocenza» sopravvenuta dopo venti secoli cristiani.
Ma c'è chi parla di truffa intellettuale. Padre Daniel Ols, dell'Angelicum, segretario della Società San Tommaso, ci dice: «Non ha senso dire che la resurrezione non è un fatto storico. Un fatto che non sia storico non è un fatto anche se, chiaramente, la resurrezione è un mistero che oltrepassa la storia».
Con un pò d'ironia e un pò di amarezza conclude: «E poi non c'è niente di nuovo: i protestanti-liberali già un secolo fa sostenevano queste idee. È merce trita e ritrita. Deriva dall'errore idealista per cui il cristianesimo è una dottrina: tutto il resto è solo un rivestimento mitico che ha per scopo di far capire verità intemporali o norme di azione. L'importante sarebbe comprendere i significati. Dei fatti che ne sono veicoli possiamo anche fare a meno».
Infatti per Drewermann la resurrezione è un'immagine che c'insegna a confidare «nell'amore di Dio più forte della morte».
«Ma sono i fatti che sono opera di Dio!», ribatte Ols.
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Lo smarrimento dei cristiani semplici è grande, perché purtroppo anche ai preti nei seminari e nei corsi di aggiornamento vengono insegnate tali teorie e quindi la predicazione domenicale ne risente.
Peggio però se si tratta di cattolici impegnati, più a contatto con i dottori. Qualche tempo fa su una rivista dei padri passionisti del santuario di San Gabriele fu pubblicata una lettera firmata B.Z., da Napoli: «Sto frequentando un corso di teologia per laici» diceva il lettore. «Arrivati a studiare la resurrezione di Cristo, mi si sono confuse le idee. Il professore, un teologo abbastanza noto tra noi, ha cominciato a distinguere tra fatti storici e fatti di fede, tra dati oggettivi ed esperienza personale degli apostoli. Non ci capisco più niente e sento distrutta la mia fede... Insomma, è vero o non è vero che Gesù è risorto?».
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Dopo aver fatto questo ‘excursus’ nell'articolo di Socci, cosa potrei ancora dire, io, per concludere?
Un Gibellini definisce ‘massimalista’ la tradizionale visione cristiana tramandata da 2000 anni – quasi come se gli autentici credenti fossero una sorta di categoria di ‘fondamentalisti’ - per cui ‘queste posizioni non avrebbero oggi più alcun seguito fra i teologi’.
Un personaggio di grande rilievo come il Vescovo Karl Lehmann, a suo tempo presidente della Conferenza episcopale tedesca e uno dei vice-presidenti del Sinodo sull’Europa, ha detto quel che ha detto negando la realtà storica della Resurrezione, a parte tutte le implicazioni che vi sono legate per cui – come disse San Paolo, che tuttavia non aveva dubbi – ‘se Cristo non fosse risorto vana sarebbe la nostra fede’.
I famosi Rahner e Kasper, per citarne solo alcuni, ma ce ne sono molti altri, vengono insegnati nei seminari cattolici, dove raccolgono grande consenso e hanno formato gli attuali sacerdoti.
Mi domando… chi stabilisce i programmi di studio nei seminari? Chi designa i nomi dei ‘cattedratici’ che vi insegnano le loro teorie? I vertici della Chiesa, naturalmente.
Giovanni Paolo II è sopravvissuto alle pallottole di Alì Agka, ed è stato un grande miracolo della Madonna: ma se è sopravvissuto a questi teologi ed eminenti personaggi della sua Chiesa, questo deve essere stato un miracolo ancora più grande di cui nessuno ha mai parlato.
Siamo in piena apostasia e nel pieno dell’eresia, ormai non c’è più alcun dubbio.
Tutto questo mi fa concludere che i tempi dell’Anticristo – di cui scriveva San Paolo quando parlava del futuro uomo iniquo - potrebbero davvero non essere troppo lontani.
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Dunque - come dice il teologo Gibellini – fra la posizione definita ‘massimalista’ della vecchia Apologetica che non aveva già allora, nel 1992 quando Socci scriveva, alcun seguito fra i teologi e la posizione dell’estremo opposto rappresentato da Schillebeeckx vi sarebbe una ‘via media’, identificabile con Walter Kasper, sulla quale conviene gran parte della teologia cattolica.
E cosa si diceva – rileggiamo ancora quanto sopra detto dal ‘binomio’ Socci/Gibellini – a proposito del Cardinale Kasper, cioè di colui che ha virtualmente ‘coordinato’ e ‘teleguidato’ i lavori dei due ultimi Sinodi sulla Famiglia, sul Matrimonio, sulla Confessione, sull’Eucarestia, etc. i cui esiti stanno provocando accese polemiche e divisioni all’interno della Chiesa Cattolica a livello mondiale che non si sono placate ma sembrano invece accentuarsi?
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Per concludere: il Cardinale Kasper non crede nella Resurrezione di Gesù, ritiene che sia una affermazione grossolana parlare di apostoli che hanno ‘toccato’ Gesù ‘risorto’ avendo poi consumato con lui dei pasti, che questa è una fede pasquale ‘rozza’, che i racconti evangelici della tradizione neotestamentaria sulla Resurrezione di Gesù sono solo confessioni e testimonianze ‘non neutrali’ prodotte da gente ‘che crede’.
Evidentemente Papa Francesco, nell’esordio del suo primo ‘Angelus’ a Piazza San Pietro, non conosceva quanto precedentemente scritto dal Cardinale Walter Kasper nel suo libro ‘Gesù il Cristo’ se, parlando del suo nuovo libro ‘La misericordia’, dopo l’abituale ‘Fratelli e sorelle, buon giorno!’ – ebbe a dire le seguenti parole facilmente ascoltabili ancor oggi sul Web: ‘In questi giorni ho potuto leggere un libro di un cardinale - il cardinale Kasper…, un teologo in gamba, eh?..., un buon teologo - sulla ‘Misericordia’ e mi ha fatto tanto bene quel libro, ma non credete che faccia pubblicità ai libri dei miei cardinali…, non è così…’.
Chissà – mi domando fra me e me - se a Papa Francesco avrebbe fatto altrettanto ‘bene’ leggere l’altro libro di Kasper, quello precedente...
Se poi - secondo Gibellini - quella di Walter Kasper è un’opera che fa testo, studiata ed apprezzata nei Seminari e che rappresenta il modo in cui la teologia cattolica oggi riflette sulla Resurrezione, cosa rimarrebbe mai della Rivelazione di Gesù?
1 ‘L’essenza del cristianesimo’, Torino, Bocca 1903 e successivamente Edizioni Bastogi, Foggia 1982
2 Maria Valtorta: 'I Quaderni del 1943' - Dettato 20.8.43 - Centro Editoriale Valtortiano
3 pozzo dell’abisso, di cui si parla in Apocalisse 9, 1-2.
4 Ap 9, 1-12
5 Guido Landolina: ‘Viaggio nell’Apocalisse verso l’Anticristo prossimo venturo’ – Cap. 12 – Ed. Segno
6 Ap 13, 16-18
7 Ap 13, 1-10
8 Ap 13, 11-18
9 http://Storialibera.it, del 02.03.07. Riporta un articolo dello scrittore e giornalista Antonio Socci tratto dal n° 20 della nota Rivista ‘Il Sabato’ del 16 maggio 1992, pagg. 50/53