VoceALTA-058 - ilCATECUMENO.it

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VOCE NARRANTE ♫ SILVIA CANEPARO
22.2.2016
058. Un prossimo sacco di Roma?

Tempo addietro mi è capitato sott’occhio su Gloria.tv uno scritto di Roberto De Mattei nel quale si evoca una storia lontana, quella del ‘sacco di Roma’ del Cinquecento.
Sotto Papa Clemente VII, in pieno scisma luterano e guerre di religione, Carlo V°mandò il suo esercito contro Roma che venne distrutta e saccheggiata dai Lanzichenecchi.
Mi permetto di rimandarvi alla lettura del testo di De Mattei trascritto in calce, per richiamare però l’attenzione sulla analogia di certe situazioni storiche che si ripetono in  quelli che io ho già chiamato i corsi e ricorsi delle ‘punizioni divine’ nei confronti dei popoli che troppo a lungo si ribellano a Dio.
Questa pedagogia divina, e cioè punire per fare espiare i peccati, ma anche conseguentemente salvare, caratterizza tutta la storia dell’Antico Testamento e del popolo ebraico.
Gerusalemme - che si era allontanata da Dio come successivamente la Chiesa di Roma del tempo dello scisma luterano - era stata saccheggiata da Nabucodonosor subendo un ‘sacco’ con la distruzione del tempio di Salomone.
Nella pedagogia dell’Antico Testamento – ma è pedagogia sempre valida anche ora – Dio può servirsi di un popolo per punirne un secondo, salvo punire anche il primo nel caso in cui questo dovesse superare i limiti posti da Dio.
La cosa ebbe a ripetersi nel caso della Crocifissione di Gesù: l’Uomo-Dio - materialmente eseguita da Roma ma avendo come mandante – nel racconto dei Vangeli - la Classe sacerdotale e rabbinica di allora.
Essa - non disponendo dello ‘jus sanguinis’, cioè del ‘potere di morte’ spettante solo a ‘Roma’ imperiale - fece in modo di far condannare Gesù dal Procuratore romano Ponzio Pilato che di suo – come noto – avrebbe invece preferito ‘lavarsene le mani’…
Ed ecco ancora la ‘Pedagogia’ divina.
Tale condanna a morte - per antica tradizione cristiana, anche sulla base della profezia di Gesù sulla futura rovina di Gerusalemme – condusse qualche decennio dopo (in occasione di una ribellione giudaica a Roma) all’assedio della città da parte dell’esercito romano guidato da Tito Flavio Vespasiano (il futuro imperatore Tito).
Ne seguì la sua conquista nel 70 d.C., quindi il ‘sacco’ con la distruzione del Tempio e l’eliminazione dell’intera classe sacerdotale ebraica – da allora mai più ricostituitasi - e infine la diaspora, cioè la dispersione del popolo ebraico come nel caso di Nabucodonosor, ma questa volta decretata da Roma.
Dispersione durata quasi duemila anni, cioè fino al 1948 quando finalmente – in forza della precedente famosa ‘Dichiarazione Balfour’ del 1917, verso la fine della prima guerra mondiale -  poté essere ricostituito lo Stato di Israele, dopo la fine della seconda guerra mondiale.
A me interessa però particolarmente il sacco di Roma del 1529, quando il 6 maggio le truppe di Carlo V, ed in particolare le soldataglie lanzichenecche tedesche, conquistarono la città trucidando, depredando e distruggendo tutto il possibile.
Il mio interesse deriva - dal punto di vista della corruzione religiosa e della perdita della fede - dal ‘parallelismo’ fra l’epoca di allora e quella nostra attuale.
Anche allora – e da qui la ribellione e lo scisma di Martin Lutero – regnavano nella Chiesa gerarchica corruzione, sessualismo, sodomia e simonia.
I fatti recenti del Vaticano sono sotto gli occhi di tutti sia per gli aspetti finanziari connessi agli scandali emersi dai cosiddetti Vatileaks 1 e 2 che per le perversioni pedofile o sessuali così ben evidenziate anche in televisione mondiale dall’alto prelato vaticano Monsignor Charamsa (‘Sono gay e ho un compagno…’), caso che costituisce solo la punta dell’iceberg:
Ma la cosa ancora più preoccupante – quanto alla Chiesa cattolica odierna - è costituita dalla diffusa Apostasia che contraddistingue eminenti rappresentanti delle gerarchie vaticane romane come quelli di importanti Chiese cattoliche estere.
Anche nel ‘500 c’erano guerre - perfino con i sempre presenti islamici turchi di allora - e non mancarono terribili epidemie di peste.
Il sacco di Roma rappresentò dunque la ‘ciliegina’ sulla torta che se da un lato coronò un periodo tremendo di corruzione, dall’altro costituì una sorta di purificazione che permise alla Chiesa, con il successivo Concilio di Trento, di rinascere a vita nuova ritornando alla fede delle origini.
Il già citato Roberto de Mattei ha anche dedicato l’Editoriale della Rivista Radici cristiane dell’ottobre 2015 alla qui trascritta riflessione dal seguente titolo e sottotitolo:
LA TERZA GUERRA MONDIALE
«Siamo già entrati nella Terza guerra mondiale, solo che si combatte a pezzetti’, ha detto Papa Francesco. Una guerra, di cui la prima, benché non unica espressione, è l’Islam. È già dentro l’Europa e si propone la conquista del nostro Continente o col terrorismo o con l’immigrazione e la finanza. Ma il suo vero obbiettivo è Roma, cuore della Cristianità, perché da lì ieri giunse la forza morale che lo sconfisse e solo lì oggi l’Occidente può trovare la via della vittoria.
Lascio al lettore che voglia saperne di più il compito di procurarsi una copia della rivista e leggersene il contenuto. A me interessa qui solo lo spunto offertomi dal suddetto Titolo e sottotitolo.
Nei miei libri ho dedicato molti capitoli e persino libri interi (‘Viaggio nell’Apocalisse verso l’Anticristo prossimo venturo’, Edizioni Segno 2007, ma gratuitamente scaricabile dal mio sito internet) al tema della apostasia da parte dei cristiani e delle stesse gerarchie ecclesiastiche degli ultimi decenni, il tutto legato a profezie ed apparizioni della Madonna riconosciute dalla Chiesa.
Una apostasia tanto più grave in quanto intervenuta dopo duemila anni di cristianesimo e giunta al punto di rinnegare – da parte dei governanti dell’Unione europea – persino  le sue radici cristiane, con divieti di presentare simboli religiosi, come i crocefissi, nelle scuole, negli ospedali e mettendo in discussione recentemente persino la tradizione del Presepe per non ‘offendere’ la ‘sensibilità’ di islamici e… ‘laici’.
Ormai non si contano più – fatta eccezione per la stampa laica e laicista – gli articoli di riviste specializzate cattoliche che, anche fuori dalle ‘righe’, parlano ormai apertamente di un prossimo avvento di un Anticristo Antipapa ai vertici del Vaticano, in ciò aiutati anche da rivelazioni profetiche riconosciute ufficialmente dalla Chiesa.
In un libro del giornalista e scrittore Antonio Socci (Il quarto segreto di Fatima, pag. 222/223 Rizzoli, 2006), l’autore raccontava che - nel pieno dello scisma protestante luterano contro la Chiesa di Roma - il Papa Adriano VI (papa dal 1522 al 1523), rivolgendosi ai delegati della Dieta imperiale, riunita a Norimberga, disse (i grassetti sono i miei):
«Noi riconosciamo liberamente che Dio ha permesso questa persecuzione della Chiesa a causa dei peccati degli uomini e particolarmente dei sacerdoti e dei prelati.
La mano di Dio, infatti, non si è ritirata, egli potrebbe salvarci, ma il peccato ci separa da Lui e gli impedisce di ascoltarci.
Tutta la Sacra Scrittura ci insegna che gli errori del popolo hanno la loro sorgente negli errori del Clero
Sappiamo che, da molti anni, anche nella Santa Sede sono stati commessi molti abomini: traffico di cose sacre, trasgressione dei comandamenti in tale misura che tutto si è trasformato in scandalo. Non ci si può meravigliare cha la malattia sia scesa dalla testa alle membra, dai papi ai prelati.
Noi tutti, prelati ed ecclesiastici, ci siamo sviati dalla via della giustizia. Da molto tempo più nessuno fa il bene. Per questo tutti noi dobbiamo onorare Dio e umiliarci di fronte a Lui. Ciascuno di noi deve esaminarsi molto più severamente di quanto non lo sarà da Dio nel giorno della sua ira. Noi ci consideriamo tanto più impegnati a farlo perché il mondo intero ha sete di riforma».
Antonio Socci commentava che il suo pontificato durò solo due anni e che gli eventi successivi confermarono la diagnosi di Adriano VI.
Roma venne infatti devastata nel 1527 da ventimila mercenari di Carlo V: saccheggi, assassini, incendi, distruzioni.
Scoppiarono le guerre di religione mentre lo scisma luterano ed altri scismi inflissero al Cristianesimo la più grave ferita della sua storia mettendo una parte importante della Cristianità contro Roma, fino ancora al giorno d’oggi.
Socci sembra dunque fare un parallelismo – quanto alle conseguenze sul piano storico e religioso – fra quei fatti storici del Cinquecento, che precedettero il Concilio di Trento che dette nuovo impulso spirituale alla Chiesa cattolica, e quelli storici del Novecento successivi a Fatima.
Il suo parallelismo potrebbe non essere infondato perché a mio avviso - dopo il Concilio Vaticano II dei primi anni sessanta – si è a livello mondiale diffusa l’Apostasia, cioè l’abbandono della Fede autentica in tanti membri della Chiesa e fra gli stessi cristiani, e ciò fa pensare ad un futuro ancora peggiore che non si è ancora realizzato.
I movimenti eretici protestanti derivati dallo scandalo di quella Chiesa del Cinquecento sono infatti meno gravi della situazione di Apostasia scaturita nella Chiesa universale degli ultimi cinquanta anni.
L’eresia infatti è un errore, ma è un errore di chi pur mantiene in linea di massima una Fede.
L’Apostasia è invece l’abbandono completo della Fede, e le conseguenze per la Chiesa e la Cristianità potrebbero dunque essere molto più gravi e tali veramente da giustificare le ‘tribolazioni’ e l’epoca dell’Anticristo di cui tanto parlano l’Apocalisse e le già citate rivelazioni.
Mi domando allora – e qui concludo - se i ‘fondamentalisti’ islamici tagliatori di teste chiamati ISIS - che nel corso di una loro guerra ideologica, civile e religiosa minacciano apertamente Roma e il Vaticano come centro di quella Cristianità che nella Storia li ha respinti e vinti più volte - non debbano essere i ‘lanzichenecchi’ di un prossimo futuro, oppure se questo titolo truce non debba spettare alle soldataglie di qualche altro esercito calato su Roma in quella che davvero potrebbe essere la Terza guerra, non quella a pezzetti – come dice Papa Francesco – ma quella veramente ‘mondiale’ di cui quella degli anni ’40 sarebbe solo una pallidissima idea.
Ecco comunque qui di seguito un altro articolo di Roberto de Mattei pubblicato su gloria.tv e dedicato appunto al ‘sacco’ di Roma: .......................
Il sacco di Roma: un castigo misericordioso
Articolo di Roberto de Mattei
La Chiesa vive un’epoca di sbandamento dottrinale e morale. Lo scisma è deflagrato in Germania, ma il Papa non sembra rendersi conto della portata del dramma. Un gruppo di cardinali e di vescovi propugna la necessità di un accordo con gli eretici.
Come sempre accade nelle ore più gravi della storia, gli eventi si succedono con estrema rapidità. Domenica 5 maggio 1527, un esercito calato dalla Lombardia giunse sul Gianicolo.
L’imperatore Carlo V, irato per l’alleanza politica del papa Clemente VII con il suo avversario, il re di Francia Francesco I, aveva mosso un esercito contro la capitale della Cristianità.
Quella sera il sole tramontò per l’ultima volta sulle bellezze abbaglianti della Roma rinascimentale. Circa 20 mila uomini, italiani, spagnoli e tedeschi, tra i quali i mercenari Lanzichenecchi, di fede luterana, si apprestavano a dare l’attacco alla Città Eterna. Il loro comandante aveva concesso loro licenza di saccheggio.
Tutta la notte la campana del Campidoglio suonò a storno per chiamare i romani alle armi, ma era ormai troppo tardi per improvvisare una difesa efficace. All’alba del 6 maggio, favoriti da una fitta nebbia, i Lanzichenecchi mossero all’assalto delle mura, tra Sant’Onofrio e Santo Spirito.
Le Guardie svizzere si schierarono attorno all’Obelisco del Vaticano, decise a rimanere fedeli fino alla morte al loro giuramento. Gli ultimi di loro si immolarono presso l’altar maggiore della Basilica di San Pietro. La loro resistenza permise al Papa di riuscire a mettersi in fuga, con alcuni cardinali.
Attraverso il Passetto del Borgo, via di collegamento tra il Vaticano e Castel Sant’Angelo, Clemente VII raggiunse la fortezza, unico baluardo rimasto contro il nemico. Dall’alto degli spalti il Papa assisté alla terribile strage che cominciò con il massacro di coloro che si erano accalcati alle porte del castello per trovarvi riparo, mentre i malati dell’ospedale di Santo Spirito in Saxia venivano trucidati a colpi di lancia e di spada.
La licenza illimitata di rubare e di uccidere durò otto giorni e l’occupazione della città nove mesi.
«L’inferno è nulla in confronto colla veste che Roma adesso presenta», si legge in una relazione veneta del 10 maggio 1527, riportata da Ludwig von Pastor (Storia dei Papi, Desclée, Roma 1942, vol. IV, 2, p. 261).
I religiosi furono le principali vittime della furia dei Lanzichenecchi. I palazzi dei cardinali furono depredati, le chiese profanate, i preti e i monaci uccisi o fatti schiavi, le monache stuprate e vendute sui mercati.
Si videro oscene parodie di cerimonie religiose, calici da Messa usati per ubriacarsi tra le bestemmie, ostie sacre arrostite in padella e date in pasto ad animali, tombe di santi violate, teste degli apostoli, come quella di sant’Andrea, usate per giocare a palla nelle strade.
Un asino fu rivestito di abiti ecclesiastici e condotto all’altare di una chiesa. Il sacerdote che rifiutò di dargli la comunione fu fatto a pezzi.
La città venne oltraggiata nei suoi simboli religiosi e nelle sue memorie più sacre (si veda anche André Chastel, Il Sacco di Roma, Einaudi, Torino 1983; Umberto Roberto, Roma capta. Il Sacco della città dai Galli ai Lanzichenecchi, Laterza, Bari 2012).
Clemente VII, della famiglia dei Medici non aveva raccolto l’appello del suo predecessore Adriano VI ad una riforma radicale della Chiesa.
Martin Lutero diffondeva da dieci anni le sue eresie, ma la Roma dei Papi continuava ad essere immersa nel relativismo e nell’edonismo.
Non tutti i romani però erano corrotti ed effeminati, come sembra credere lo storico Gregorovius.
Non lo erano quei nobili, come Giulio Vallati, Giambattista Savelli e Pierpaolo Tebaldi, che inalberando uno stendardo con l’insegna “Pro Fide et Patria”, opposero l’ultima eroica resistenza a Ponte Sisto, né lo erano gli alunni del Collegio Capranica, che accorsero e morirono a Santo Spirito per difendere il Papa in pericolo.
A quella ecatombe l’istituto ecclesiastico romano deve il titolo di “Almo”.
Clemente VII si salvò e governò la Chiesa fino al 1534, affrontando dopo lo scisma luterano quello anglicano, ma assistere al saccheggio della città, senza nulla poter fare, fu per lui più duro della morte stessa.
Il 17 ottobre 1528 le truppe imperiali abbandonarono una città in rovina.
Un testimone oculare, spagnolo, ci dà un quadro terrificante della città un mese dopo il Sacco: «A Roma, capitale della cristianità, non si suona campana alcuna, non sì apre chiesa non si dice una Messa, non c’è domenica né giorno di festa. Le ricche botteghe dei mercanti servono per stalle per i cavalli, i più splendidi palazzi sono devastati, molte case incendiate, di altre spezzate e portate via le porte e finestre, le strade trasformate in concimaie. È orribile il fetore dei cadaveri: uomini e bestie hanno la medesima sepoltura; nelle chiese ho visto cadaveri rosi da cani. Io non so con che altro confrontare questo, fuorché con la distruzione di Gerusalemme. Ora riconosco la giustizia di Dio, che non dimentica anche se viene tardi. A Roma si commettevano apertissimamente tutti i peccati: sodomia, simonia, idolatria ipocrisia, inganno; perciò non possiamo credere che questo non sia avvenuto per caso. Ma per giudizio divino» (L. von Pastor, Storia dei Papi, cit., p. 278).
Papa Clemente VII commissionò a Michelangelo il Giudizio universale nella Cappella Sistina quasi per immortalare il dramma o che subì, in quegli anni, la Chiesa di Roma.
Tutti compresero che si trattava di un castigo del Cielo. Non erano mancati gli avvisi premonitori, come un fulmine che cadde in Vaticano e la comparsa di un eremita, Brandano da Petroio, venerato dalle folle come “il pazzo di Cristo”, che nel giorno di giovedì santo del 1527, mentre Clemente VII benediceva in San Pietro la folla, gridò: «bastardo sodomita, per i tuoi peccati Roma sarà distrutta. Confessati e convertiti, perché tra 14 giorni l’ira di Dio si abbatterà su di te e sulla città».
L’anno prima, alla fine di agosto, le armate cristiane erano state disfatte dagli Ottomani sul campo di Mohacs.
Il re d’Ungheria Luigi II Jagellone morì in battaglia e l’esercito di Solimano il Magnifico occupò Buda. L’ondata islamica sembrava inarrestabile in Europa.
Eppure l’ora del castigo fu, come sempre l’ora della misericordia. Gli uomini di Chiesa compresero quanto stoltamente avessero inseguito le lusinghe dei piaceri e del potere. Dopo il terribile Sacco la vita cambiò profondamente.
La Roma gaudente del Rinascimento si trasformò nella Roma austera e penitente della Contro-Riforma.
Tra coloro che soffrirono nel Sacco di Roma, fu Gian Matteo Giberti, vescovo di Verona, ma che allora risiedeva a Roma. Imprigionato dagli assedianti giurò che non avrebbe mai abbandonato la sua residenza episcopale, se fosse stato liberato. Mantenne la parola, tornò a Verona e si dedicò con tutte le sue energie alla riforma della sua diocesi, fino alla morte nel 1543.
San Carlo Borromeo, che sarà poi il modello dei vescovi della Riforma cattolica si ispirerà al suo esempio. Erano a Roma anche Carlo Carafa e san Gaetano di Thiene che, nel 1524, avevano fondato l’ordine dei Teatini, un istituto religioso irriso per la sua posizione dottrinale intransigente e per l’abbandono alla Divina Provvidenza spinto al punto di aspettare l’elemosina, senza mai chiederla. I due cofondatori dell’ordine furono imprigionati e torturati dai Lanzichenecchi e scamparono miracolosamente alla morte.
Quando Carafa divenne cardinale e presidente del primo tribunale della Sacra romana e universale Inquisizione volle accanto a sé un altro santo, il padre Michele Ghislieri, domenicano. I due uomini, Carafa e Ghislieri, con i nomi di Paolo IV e di Pio V, saranno i due Papi per eccellenza della Contro-Riforma cattolica del XVI secolo.
Il Concilio di Trento (1545-1563) e la vittoria di Lepanto contro i Turchi (1571) dimostrarono che, anche nelle ore più buie della storia, con l’aiuto di Dio è possibile la rinascita: ma alle origini di questa rinascita ci fu il castigo purificatore del Sacco di Roma.


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