Introduzione - ilCATECUMENO.it

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INTRODUZIONE
Vi è chi crede e chi non crede.
Quanti aforismi scettici sul credere…, come ad esempio: ‘Si crede soltanto in ciò che piace credere’, ‘ognuno è incline a credere in ciò che desidera, da un biglietto della lotteria a un passaporto per il paradiso’, ‘per credere a qualcosa, ai giorni nostri, bisogna essere allucinati’, ‘nel credere c'è qualcosa che ricorda una leggera demenza, ma la convinzione, credenza raddoppiata, è chiaramente segno di ritardo mentale’, ‘gli uomini credono volentieri ciò che desiderano sia vero’, ‘se non credessimo nelle cose, in noi stessi e negli altri, la nostra vita sarebbe impossibile’.
Non si contano davvero gli aforismi disincantati ed ironici sul ‘credere’, non c’è che l’imbarazzo della scelta, eppure l’uomo nasce con il bisogno interiore di credere, e non solo in una religione ma anche in un uomo, in una ideologia, nel concetto di Patria, nel Potere, nel Denaro, nella ‘Donna’.
E per questo suo ‘credere’ è talvolta persino disposto a morire.
Aforismi scettici a parte, da parte mia ‘credo’ che un uomo il quale ‘non crede’ in niente sia – anche se non se ne rende conto coscientemente - un povero disgraziato, perché non vede più alcuna ragione seria per la quale valga la pena di vivere o di morire, e vive allora ‘soffrendo’ anche se non riesce a mettere a fuoco natura e causa di questa sofferenza.
E’ una ‘sofferenza’ che deriva non da una ragione oggettiva esterna ma da una ‘privazione’ interna.
Un uomo siffatto rischia prima o poi di cadere vittima di una nevrosi, e magari diventa nei casi estremi un potenziale candidato al suicidio, perché finisce nichilisticamente per negare gli aspetti più significativi della vita, per cui questa diviene priva di senso, di scopo, di valori etici e la ‘Verità’ diventa incomprensibile, come la stessa realtà fisica della natura che ci circonda al punto di negarla credendola – come sostengono alcuni ‘pensatori’ - soltanto frutto di una qualche forma di nostra ‘immaginazione’ interiore: il mondo esterno inteso cioè come una mera ‘proiezione mentale’ del nostro cervello, insomma una ‘allucinazione’.
Dicono che l’inferno – ovviamente per chi ci crede - sia popolato di persone, la cui punizione è appunto la ‘mancanza di Dio’, intesa come ‘privazione assoluta’.
Al di là dei tanti aforismi sul credere, nessuno si sarà però mai domandato quale sia la vera ragione per cui l’uomo – inteso in senso generale - ‘crede’ in Dio?
A parte l’ateo dichiarato e orgoglioso di essere tale, che però crede almeno in se stesso, anzi ‘solo’ in se stesso credendosi in tal modo ‘dio’, e anche questo è comunque un ‘credere’, non c’è in realtà al mondo un uomo di qualsiasi razza e latitudine – e soprattutto che sia sano di mente - che non creda in Dio.
Il suo sarà un ‘dio’ diverso da caso a caso, ma sarà in ogni caso una ‘Entità superiore’ in cui egli sente il bisogno ‘istintivo’ di credere per dare un senso alla propria vita.
Da cosa deriva questo bisogno?
Trae origine dal fatto che l’uomo nasce con dentro di sé il desiderio innato di Dio e di volerlo quindi conoscere.
Da dove viene questo ‘bisogno innato’?
Viene dal nostro ‘io interiore’, dal nostro Subconscio che in realtà è un Superconscio, che altro non è che il nostro spirito che è stato creato da Dio al momento del concepimento, per essere appunto infuso nell’essere appena concepito.
Un’anima spirituale nella quale Dio – per Amore - ha impresso il ricordo di Sé, insieme alla ‘Legge naturale’ di buon comportamento che ‘il Dio di Abramo, Isacco e Giacobbe’ fece conoscere nei ‘Dieci comandamenti’.
Una Legge impressa come un ‘software’ spirituale nella nostra anima, affinché l’uomo – di qualsiasi razza e religione, anche senza conoscere la ‘religione giusta’ - sappia come ben condursi nella vita, salvando la propria anima immortale e consentendole così di ritornare alla sua Fonte dopo la morte del corpo.
Questo libro non si propone certo di portare un ateo a credere.
Per costruire una ‘cattedrale’ bisognerebbe infatti prima poter demolire e rimuovere completamente le macerie del tempio pagano preesistente.
Tuttavia bisogna fare distinzione fra ateo e ateo.
Vi è l’ateo che non si pone neanche – nella sua indifferenza – il problema di Dio.
Ciò é grave, sia perché tutta la natura che ci circonda – da quella della Terra all’Universo, composto da miliardi di galassie contenenti ciascuna centinaia di miliardi di stelle e pianeti - è come l’ombra di Dio che è il ‘Sole’ e ne è quindi la ‘Causa prima’, sia perché l’indifferenza è pur sempre una forma di ‘odio’, posto che non è ‘amore’.
L’ateo che si comporta tuttavia bene in vita - magari amando Dio, pur senza rendersene conto, nel suo prossimo nel quale è pure Dio - si può pur salvare, anche se con il rischio di trovarsi in un posto in cui in vita mai avrebbe creduto: il Purgatorio, ma con un piede sul primo gradino (in basso) della Scala lunghissima e dura che un giorno lo porterà in Cielo.
Forse costui, più che ateo sarebbe da definire ‘agnostico’, o meglio quello che in ‘filosofia’ viene definito un ‘ateo-agnostico’, cioè una persona che ‘sospende il suo giudizio’ su Dio considerando inconoscibile il problema della Sua esistenza.
Vi è però anche ‘l’ateo militante’ che non si limita a considerare Dio ‘inconoscibile’, ma anzi ne combatte l’idea, talvolta con furore ‘iconoclasta’ perché ne vuole distruggere persino l’immagine nel cuore e nella mente di chi l’idea di Dio invece ce l’ha.
L’ateo è strano, perché neppure Satana nega Dio, anzi vi crede a tal punto che lo odia incommensurabilmente ritenendolo ‘responsabile’ della sua cacciata dal Cielo e della sua condanna all’Inferno, da dove infatti ha cercato di vendicarsi per distruggere il Primo Uomo in Grazia, il ‘Figlio’ di Dio, il Capolavoro del creato, uno spirito unito a Dio ma abitante in una carne umana.
Quel che caratterizza l’ateo militante è l’attivismo, il suo ‘voler darsi da fare’ per indurre gli uomini a non credere così come nemmeno crede lui.
E’ come se - senza rendersene conto - dicesse un ‘muoia Sansone con tutti i filistei’, trascinando più persone che può nel gorgo della sua autodistruzione.
La sua negazione è ammantata spesso da una cultura filosofica che l’ateo intellettuale scambia per ‘sapienza’, e che altre volte si colora di sarcasmo.
Di atei ve ne sono molte categorie, da quelli che uccidono i corpi di coloro che ‘credono’ per il solo fatto che credono, a quelli che invece ne uccidono sottilmente l’anima, magari utilizzando l’arma subdola ma sferzante dell’ironia, o cercando di chiuderli in una gabbia di discredito ‘sociale’ dalla quale non vorrebbero farli più uscire.
Il famoso scienziato Antonino Zichichi, un grande Fisico, ha scritto vari libri a carattere scientifico-fideistico per dimostrare le ragioni anche scientifiche della sua Fede: uno di questi è il suo ‘IO CREDO IN COLUI CHE HA FATTO IL MONDO’.
Gli ha risposto appunto con ironia – come è facile scoprire sul Web – un altro ‘scienziato’, anzi un ‘matematico’ - il noto ‘ateo dichiarato’ Pier Giorgio Odifreddi il quale, commentando il libro del Prof. Zichichi, pare abbia fra l’altro raccontato la seguente storiella:
Tra i fisici italiani circolano molte barzellette sull'autore di questo libro, una delle quali rilevante in questa sede.
Narra di un suo collega che ad un congresso lo incontra, realizzando il sogno della sua vita. Per l'emozione muore, ma arrivato in Paradiso lo trova deserto: San Pietro non sta alla porta, e fra le nuvole non c'è anima morta. Finalmente passa qualcuno trafelato, che spiega di essere in ritardo per la conferenza del Professor Zichichi. "Ma come, è morto pure lui?'', gli chiede allarmato il nuovo arrivato. "No. In realtà la conferenza la tiene Dio, ma ultimamente si è montato la testa''.
Se avete sorriso, di ‘storiella’ ve ne racconto allora io un’altra che spero possa far sorridere anche un Pier Giorgio Odifreddi, visto che la storiella mostra come Dio sappia accontentare anche gli atei:
Un ateo, stava facendo una passeggiata nella foresta…
‘Che alberi maestosi! Che fiumi impetuosi! Che begli animali!’, si ripeteva.
Mentre camminava lungo il fiume sentì un movimento fra i cespugli dietro di sé. Si voltò per dare un’occhiata e vide un orso di 3 metri che lo caricava.
Si mise a correre più velocemente che poteva su per il sentiero.
Guardò dietro le sue spalle e vide che l’orso si avvicinava sempre più.
Guardò ancora e vide che l’orso era sempre più vicino. Il suo cuore pompava freneticamente e lui cercava di correre ancora più veloce.
Inciampò e cadde a terra.
Rotolò per cercare di tirarsi su ma vide che l’orso era proprio sopra di lui, avendolo raggiunto con la sua zampa sinistra e alzando la destra per colpirlo. In quell’istante l’ateo gridò: ‘Mio Dio’!
Il tempo si fermò. L’orso si congelò. La foresta era silenziosa.
Mentre una Luce abbagliante brillava sull’uomo, una Voce venne fuori dal cielo: ‘Hai negato la mia esistenza per tutti questi anni, insegnato ad altri che non esisto e addirittura attribuito il creato ad un incidente cosmico. Ti aspetti che ti aiuti in questa circostanza? Devo considerarti un credente?’
L’ateo guardò diritto verso la Luce: ‘Sarebbe ipocrita da parte mia chiederti all’improvviso di considerarmi credente ora, ma forse puoi rendere credente l’Orso?’
‘Molto bene!’, rispose la Voce.
La Luce se ne andò. I suoni della foresta ricominciarono. L’orso abbassò la sua zampa destra, accostò insieme entrambe le zampe, abbassò il capo e disse: ‘Signore, benedici questo cibo che sto per ricevere e per il quale ti sono molto grato’.
Ma quanto a me? Quali e quante ragioni ho io – ex agnostico ma non ateo – per credere?
L’ho già detto nella Presentazione, sono 8, come potrete constatare in questo libro.
Lascio eventualmente agli atei, che spero almeno garbatamente ironici come Odifreddi, il compito di coniare - se non un’altra ‘storiella’ a mia misura - almeno un ‘aforisma’ in più su questo mio ‘credere’, non basandosi però – come temo - sul titolo di un libro non letto, ma sul suo contenuto.
Ci sorrideremo sopra insieme.
Guido Landolina
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