

Voce narrante • SIMONA SERAFINI
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8ª parte - Cap. 02. GESÙ: «… LA CARNE RISORGERÀ E SI RIUNIRÀ ALL'ANIMA IMMORTALE RIFORMANDO UN TUTTO, VIVO COME E MEGLIO CHE NON SIA VIVA LA MIA E LA VOSTRA PERSONA ORA, MA NON PIÙ SOGGETTO ALLE LEGGI E SOPRATTUTTO AGLI STIMOLI E ABUSI CHE VIGONO ORA…»
2.1 La donna alla risurrezione, di chi sarà dunque moglie?
Quello della resurrezione finale dei morti è un tema che mi ha molto affascinato ed ha molto stuzzicato la mia immaginazione.
Nelle mie fantasticherie di tanti anni fa mi ero chiesto come una cosa del genere fosse possibile.
Certamente sbagliando – perché la realtà di Dio supera sempre ogni umana immaginazione – mi ero allora detto che forse la nostra Anima nell’Aldilà, oltre a conservare i propri ricordi, come ad esempio l’immagine dei propri cari ed amici, conservasse dentro di sé – come succede appunto con il software di un computer – una sorta di memoria storica del suo ormai dissolto corpo umano.
Una memoria – per rimanere nel linguaggio elettronico del software di un computer - fatta di ‘bit’ (cioè di impalpabili particelle di ‘informazione’) concernenti organi, e ‘forme’ per cui al clik di Dio sulla ‘icona’ di quell’anima, ecco che da essa ed intorno ad essa – come dal clik sull’icona di un computer - si materializza il corpo antico di quell’anima, anzi non l’invecchiato corpo fisico antico ma quello dell’età più bella vissuta nel corso della vita terrena, tuttavia un corpo con marcate caratteristiche spirituali, pur essendo costituito materialmente da atomi, molecole, cellule e carne ‘piena’ rivestita di pelle e colore degli occhi come quello di una volta.
I sadducei che vivevano al tempo di Gesù – al pari degli epicurei materialisti e degli stoici greci - non credevano affatto, contrariamente ai farisei, ad una vita dell’anima dell’aldilà. Quindi non potevano credere ad una resurrezione dei corpi.
Eppure il nostro Catechismo (Catechismo di San Pio X) che deriva dalla Dottrina cristiana – contro ogni logica materialistica umana - li sfida sostenendo testualmente (i grassetti sono miei):
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CAPO XII.
Dell'undecimo articolo.
- L' undecimo articolo del Credo c'insegna che tutti gli uomini risusciteranno, ripigliando ogni anima il corpo che ebbe in questa Vita.
- La risurrezione dei morti avverrà per virtù di Dio onnipotente, a cui nulla è impossibile.
- La risurrezione di tutti i morti avverrà alla fine del mondo, e allora seguirà il giudizio universale. 1
- Dio vuole la risurrezione dei corpi, perché, avendo l'anima operato il bene o il male unita al corpo, sia ancora insieme con esso premiata o punita.
- Vi sarà grandissima differenza tra i corpi degli eletti e i corpi dei dannati, perché i soli corpi degli eletti, avranno a somiglianza di Gesù Cristo risorto le doti dei corpi gloriosi.
- Le doti che adorneranno i corpi gloriosi degli eletti sono: 1.° la impassibilità, per cui non potranno più essere soggetti a mali, a dolori di veruna sorta, né a bisogno di cibo, di riposo o d'altro; 2.° la chiarezza, per cui risplenderanno a guisa del sole e d'altrettante stelle; 3.° l'agilità per cui potranno passare in un momento e senza fatica da un luogo all' altro e dalla terra al cielo; 4.° la sottigliezza, per cui senza ostacolo potranno penetrare qualunque corpo, come fece Gesù Cristo risorto.
- I corpi dei dannati saranno privi delle doti dei corpi gloriosi dei Beati, e porteranno l'orribile marchio dell'eterna riprovazione.
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Gesù nella sua predicazione ha peraltro affermato più volte l’esistenza dell’Aldilà con i suoi premi o pene e, quanto alla resurrezione della carne, la confermava con assoluta sicurezza come si evince anche dai seguenti versetti del Vangelo di Luca2:
27Gli si avvicinarono alcuni sadducei - i quali dicono che non c'è risurrezione - e gli posero questa domanda: 28«Maestro, Mosè ci ha prescritto: Se muore il fratello di qualcuno che ha moglie, ma è senza figli, suo fratello prenda la moglie e dia una discendenza al proprio fratello.
29C'erano dunque sette fratelli: il primo, dopo aver preso moglie, morì senza figli.
30Allora la prese il secondo
31e poi il terzo e così tutti e sette morirono senza lasciare figli.
32Da ultimo morì anche la donna.
33La donna dunque, alla risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie».
34Gesù rispose loro: «I figli di questo mondo prendono moglie e prendono marito;
35ma quelli che sono giudicati degni della vita futura e della risurrezione dai morti, non prendono né moglie né marito:
36infatti non possono più morire, perché sono uguali agli angeli e, poiché sono figli della risurrezione, sono figli di Dio.
37Che poi i morti risorgano, lo ha indicato anche Mosè a proposito del roveto, quando dice: Il Signore è il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe. 38Dio non è dei morti, ma dei viventi; perché tutti vivono per lui»
La spiegazione di Gesù – schematizzando - parrebbe chiara anche nelle conseguenti mie deduzioni che vi si possono collegare:
1) le regole di questo mondo sono diverse da quelle dell’aldilà;
2) coloro che vivono in questo mondo terrestre hanno evidentemente una ‘sessualità’ finalizzata al matrimonio per generare figli destinati in prospettiva e nel limite del possibile a divenire ‘figli di Dio in Cielo’;
3) una volta nell’aldilà cade quindi l’esigenza di avere figli, e conseguentemente quella di sposarsi, e pertanto nei nostri corpi non vi saranno neanche più gli stimoli della ‘carne’, come non c’erano d’altronde in Adamo ed Eva (prima del Peccato Originale) o in Gesù e Maria SS.;
4) inoltre i risorti non possono più morire in quanto, dopo la loro resurrezione, divengono ‘dèi’, immortali come Dio;
5) non deve stupire che gli uomini muoiano ma rimangano vivi in spirito e poi risorgano anche con il corpo, perché Dio a Mosè disse di essere un ‘Dio dei ‘viventi’ e non di morti e perché l’anima creata da Dio è immortale.
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La mistica Valtorta ha tuttavia avuto in visione l’episodio evangelico di Luca sopra trascritto.
Vediamo dunque se dal suo racconto potremo ricavare qualche ulteriore elemento di valutazione rispetto alle poche stringate parole forniteci dal Vangelo.
Gesù – nel corso di questo episodio dell’Opera valtortiana - è giunto a Gerusalemme dalla Samaria poco prima della sua ultima Pasqua seguendo la strada di Gerico - per partecipare alle solenni festività ebraiche che duravano vari giorni.
Egli fa ‘tappa’ a Betania, ospite di Lazzaro, e nei giorni successivi vi sarà l’ingresso trionfale di Gesù in Gerusalemme in quella che noi chiamiamo ‘Domenica delle palme’.
Dopo di questa prende avvio la cosiddetta ‘Settimana Santa’ che – dopo l’Ultima Cena del Giovedì Santo – si concretizzerà nel Venerdì di Passione e nella finale domenica di Resurrezione.
Nel corso della Settimana Santa, e più precisamente il Martedì secondo l’Opera della mistica, Gesù è con gli apostoli nel Tempio dove di norma Egli ‘predica’ alla presenza di moltissime persone ansiose di ascoltare la sua sapiente parola e dove poi Egli non manca mai di risanare malati nel corpo e nello spirito che sempre accorrono nella speranza di essere guariti.
Ogni occasione è però buona – da parte della Casta – per cercare di metterlo in difficoltà.
Infatti gli si avvicinano dei saforim3, dei dottori della legge e degli erodiani4, i quali ipocritamente lo salutano con finto ossequio e – dicendogli che essi ben apprezzano la sua sapienza – gli chiedono se sia lecito pagare il tributo a Cesare.
La perspicace risposta di Gesù - nel farsi dare una moneta e poi nel renderla loro, lasciandoli di sasso - la conoscete.
Nel pomeriggio è invece la volta dei sadducei ad avvicinarglisi, dicendo (i grassetti sono miei):5
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(…)
«Maestro, hai risposto così sapientemente agli erodiani che ci è venuto desiderio di avere noi pure un raggio della tua luce.
Senti. Mosè ha detto: "Se uno muore senza figli, il suo fratello sposi la vedova, dando discendenza al fratello". Ora c'erano fra noi sette fratelli. Il primo, presa in moglie una vergine, morì senza lasciar prole e perciò lasciò la moglie al fratello. Anche il secondo morì senza lasciar prole, e così il terzo che sposò la vedova dei due che lo precederono, e così sempre, sino al settimo. In ultimo, dopo aver sposato tutti i sette fratelli, morì la donna. Di' a noi: alla risurrezione dei corpi, se è pur vero che gli uomini risorgono e che a noi sopravviva l'anima e si ricongiunga al corpo all'ultimo giorno riformando i viventi, quale dei sette fratelli avrà la donna, posto che l'ebbero sulla Terra tutti e sette?».
«Voi sbagliate. Non sapete comprendere né le Scritture né la potenza di Dio. Molto diversa sarà l'altra vita da questa, e nel Regno eterno non saranno le necessità della carne come in questo. Perché, in verità, dopo il Giudizio finale la carne risorgerà e si riunirà all'anima immortale riformando un tutto, vivo come e meglio che non sia viva la mia e la vostra persona ora, ma non più soggetto alle leggi e soprattutto agli stimoli e abusi che vigono ora.
Nella risurrezione, gli uomini e le donne non si ammoglieranno né si mariteranno, ma saranno simili agli angeli di Dio in Cielo, i quali non si ammogliano né si maritano, pur vivendo nell'amore perfetto che è quello divino e spirituale.
In quanto poi alla risurrezione dei morti, non avete letto come Dio dal roveto parlò a Mosè? Che disse l'Altissimo allora? "Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco, il Dio di Giacobbe".
Non disse: "Io fui", facendo capire che Abramo, Isacco e Giacobbe erano stati ma non erano più.
Disse: "Io sono". Perché Abramo, Isacco e Giacobbe sono. Immortali. Come tutti gli uomini nella parte immortale, sino a che i secoli durano, e poi, anche con la carne risorta per l'eternità.
Sono, come lo è Mosè, i profeti, i giusti, come sventuratamente è Caino e sono quelli del diluvio, e i sodomiti, e tutti coloro morti in colpa mortale. Dio non è il Dio dei morti, ma dei vivi».
«Anche Tu morrai e poi sarai vivente?», lo tentano. Sono già stanchi di essere miti.
L'astio è tale che non sanno contenersi.
«Io sono il Vivente e la mia Carne non conoscerà sfacimento. L'arca ci fu levata e l'attuale sarà levata anche come simbolo.
Il Tabernacolo ci fu tolto e sarà distrutto. Ma il vero Tempio di Dio non potrà essere levato e distrutto. Quando i suoi avversari crederanno di averlo fatto, allora sarà l'ora che si stabilirà nella vera Gerusalemme, in tutta la sua gloria. Addio».
E si affretta verso il cortile degli Israeliti, perché le tube d'argento chiamano al sacrificio della sera.
2.2 La morte dell’Universo e la Resurrezione dei corpi.
È interessante – quanto alla resurrezione dei morti - una famosa visione del Profeta Ezechiele, quella delle ‘ossa inaridite’.6
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1 La mano del Signore fu sopra di me e il Signore mi portò fuori in spirito e mi depose nella pianura che era piena di ossa; 2mi fece passare accanto a esse da ogni parte. Vidi che erano in grandissima quantità nella distesa della valle e tutte inaridite.
3Mi disse: «Figlio dell'uomo, potranno queste ossa rivivere?».
Io risposi: «Signore Dio, tu lo sai».
4Egli mi replicò: «Profetizza su queste ossa e annuncia loro:
«Ossa inaridite, udite la parola del Signore. 5Così dice il Signore Dio a queste ossa: Ecco, io faccio entrare in voi lo spirito e rivivrete.
6Metterò su di voi i nervi e farò crescere su di voi la carne, su di voi stenderò la pelle e infonderò in voi lo spirito e rivivrete. Saprete che io sono il Signore»».
7Io profetizzai come mi era stato ordinato; mentre profetizzavo, sentii un rumore e vidi un movimento fra le ossa, che si accostavano l'uno all'altro, ciascuno al suo corrispondente.
8Guardai, ed ecco apparire sopra di esse i nervi; la carne cresceva e la pelle le ricopriva, ma non c'era spirito in loro.
9Egli aggiunse: «Profetizza allo spirito, profetizza, figlio dell'uomo, e annuncia allo spirito:
«Così dice il Signore Dio: Spirito, vieni dai quattro venti e soffia su questi morti, perché rivivano».
10Io profetizzai come mi aveva comandato e lo spirito entrò in essi e ritornarono in vita e si alzarono in piedi; erano un esercito grande, sterminato.
11Mi disse: «Figlio dell'uomo, queste ossa sono tutta la casa d'Israele. Ecco, essi vanno dicendo: «Le nostre ossa sono inaridite, la nostra speranza è svanita, noi siamo perduti».
12Perciò profetizza e annuncia loro: «Così dice il Signore Dio: Ecco, io apro i vostri sepolcri, vi faccio uscire dalle vostre tombe, o popolo mio, e vi riconduco nella terra d'Israele. 13Riconoscerete che io sono il Signore, quando aprirò le vostre tombe e vi farò uscire dai vostri sepolcri, o popolo mio. 14Farò entrare in voi il mio spirito e rivivrete; vi farò riposare nella vostra terra. Saprete che io sono il Signore. L'ho detto e lo farò».
Oracolo del Signore Dio.
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È parimenti ancor più interessante il commento che Gesù fa alla nostra mistica su questo passo di Ezechiele:7
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15 aprile 1945.
Ezechiele, cap. 37, v. dal 1° al 14°.
Dice Gesù: “io ti domando come domandò il Signore ad Ezechiele: ‘Pensi tu che queste ossa rivivranno?’ ”.
Io, come Ezechiele, rispondo: “Tu lo sai, Signore Iddio”, perché capisco quale è il senso della parola “ossa” usata per dire “uomini”. Comprendo cioè che Gesù non mi chiede se risorgeranno i morti all’ultimo Giorno. Questo è fede, e non v’è dubbio su questo. Ma Egli dà nome di “ossa” a questa povera umanità attuale, così tutta materia e niente spirito.
Lo comprendo perché, come le ho spiegato già tante volte, quando Dio mi prende perché io sia il suo portavoce, la mia intelligenza si amplifica e si eleva a una potenza che è molto superiore a quella consentita agli umani. E io “vedo”, “odo”, “comprendo” secondo lo spirito.
Gesù sorride perché vede che ho compreso la sua domanda, e spiega:
«Così è. Ora l’Umanità non è che ossa, che ruderi calcinati, pesanti, morti, sprofondati nei solchi fetidi dei vizi e delle eresie. Lo spirito non è più. Lo spirito che è vita nella carne e vita nell’eternità. Lo spirito che è quello che differenzia l’uomo dall’animale. L’uomo ha ucciso se stesso nella parte migliore.
È una macchina? È un bruto? È un cadavere? Si. È tutto questo.
Macchina, perché compie la sua giornata con la meccanicità di un congegno che opera perché deve operare per forza delle sue parti messe in moto. Ma che lo fa senza comprendere il bello di ciò che fa. Anche l’uomo si alza, si corica, dopo avere mangiato, lavorato, passeggiato, parlato, senza mai comprendere quello che fa nel suo bello o nel suo brutto. Semplicemente perché, privo come è di spirito, non distingue più il bello dal brutto, il bene dal male.
È bruto perché si appaga di dormire, di mangiare, di accumulare grasso sul corpo e riserve nella tana, né più né meno di come fa il bruto che di queste operazioni fa lo scopo della sua vita e la gioia della sua esistenza, e tutto giustifica, egoismi e ferocie, per questa legge bassa e brutale della necessità di predare per essere satollo.
È cadavere perché ciò che fa dire di un uomo che è vivo è la presenza nella carne dello spirito. Quando l’anima si esala, l’uomo diviene il cadavere. In verità l’uomo attuale è un cadavere tenuto ritto e in moto per un sortilegio della meccanica o del demonio. Ma è un cadavere.
Orbene Io dico: “Ecco che Io infonderò in voi, aride ossa, lo spirito, e rivivrete.
Farò risalire su voi i nervi e ricrescere le carni e distendere su voi la pelle e vi darò lo spirito e rivivrete e conoscerete che io sono il Signore”. Sì, che questo io farò. Verrà il tempo in cui io riavrò un popolo di “vivi” e non di cadaveri.
Intanto ecco che Io, ai migliori, non morti, ma scheletriti per mancanza del cibo spirituale, do il nutrimento della mia parola. Non voglio la vostra morte per consunzione.
Questa è la sostanziosa manna che con dolcezza vi dà vigore. Oh! nutritevene, figli del mio amore e del mio sacrificio! E perché devo vedere che tanti hanno fame, e tanto cibo è per essi preparato dal Salvatore, e ad esso non è attinto per coloro che hanno fame? Nutritevi, rizzatevi in piedi, uscite dai sepolcri.
Uscite dall’inerzia, uscite dai vizi del secolo, venite alla conoscenza, venite a “riconoscere” il Signore Iddio vostro.
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Gesù ha tuttavia mostrato alla mistica una visione della morte dell’Universo seguita dalla Resurrezione finale dei corpi che ha molti punti di analogia con quella del Profeta Ezechiele, una visione più completa e per di più commentata dal Gesù valtortiano (i grassetti sono miei):8
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29 - 1 - 44.
Avrei qui da dirle9 due cose che la interessano certo e che avevo deciso di scrivere non appena tornata dal sopore. Ma siccome c’è dell’altro più pressante, scriverò poi.
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Ciò che io vedo questa sera:
Una immensa estensione di terra. Un mare, tanto è senza confini.
Dico “terra” perché vi è della terra come nei campi e nelle vie. Ma non vi è un albero, non uno stelo, non un filo d’erba. Polvere, polvere e polvere.
Vedo questo ad una luce che non è luce. Un chiarore appena disegnato, livido, di una tinta verde-viola quale si nota in tempo di fortissimo temporale o di eclissi totale. Una luce, che fa paura, di astri spenti.
Ecco. Il cielo è privo di astri. Non ci sono stelle, non luna, non sole. Il cielo è vuoto come è vuota la terra.
Spogliato l’uno dei suoi fiori di luce, l’altra della sua vita vegetale e animale. Sono due immense spoglie di ciò che fu.
Ho tutto l’agio di vedere questa desolata visione della morte dell’universo, che penso sarà dello stesso aspetto dell’attimo primo, quando era già cielo e terra ma spopolato il primo d’astri e la seconda nuda di vita, globo già solidificato ma ancora inabitato, trasvolante per gli spazi in attesa che il dito del Creatore le donasse erbe e animali.
Perché io comprendo che è la visione della morte dell’universo?
Per una di quelle “seconde voci” che non so da chi vengano, ma che fanno in me ciò che fa il coro nelle tragedie antiche: la parte di indicatrici di speciali aspetti che i protagonisti non illustrano di loro. È proprio quello che le voglio dire e che le dirò dopo.
Mentre giro lo sguardo su questa desolata scena di cui non comprendo la necessità, vedo, sbucata non so da dove, ritta nel mezzo della piana sconfinata, la Morte.
Uno scheletro che ride con i suoi denti scoperti e le sue orbite vuote, regina di quel mondo morto, avvolta nel suo sudario come in un manto. Non ha falce. Ha già tutto falciato. Gira il suo sguardo vuoto sulla sua messe e ghigna.
Ha le braccia congiunte sul petto. Poi le disserra, queste scheletriche braccia, e apre le mani senza più altro che ossa nude e, poiché è figura gigante e onnipresente - o meglio detto: onnivicina - mi appoggia un dito, l’indice della destra, sulla fronte. Sento il ghiaccio dell’osso pontuto che pare perforarmi la fronte ed entrare come ago di ghiaccio nella testa. Ma comprendo che ciò non ha altro significato che quello di voler richiamare la mia attenzione a ciò che sta avvenendo.
Infatti col braccio sinistro fa un gesto indicandomi la desolata distesa su cui ci ergiamo essa, regina, ed io unica vivente.
Al suo muto comando, dato con le dita scheletriche della mano sinistra e col volgere a destra e a manca ritmicamente il capo, la terra si fende in mille e mille crepe e nel fondo di questi solchi scuri biancheggiano bianche cose sparse che non comprendo che siano.
Mentre mi sforzo di pensare che sono, la Morte continua ad arare col suo sguardo e il suo comando, come con un vomere, le glebe, e quelle sempre più si aprono fino all’orizzonte lontano; e solca le onde dei mari privi di vele, e le acque si aprono in voragini liquide.
E poi da solchi di terra e da solchi di mare sorgono, ricomponendosi, le bianche cose che ho visto sparse e slegate. Sono milioni e milioni e milioni di scheletri che affiorano dagli oceani, che si drizzano su dal suolo.
Scheletri di tutte le altezze. Da quelli minuscoli degli infanti dalle manine simili a piccoli ragni polverosi, a quelli di uomini adulti, e anche giganteschi10, la cui mole fa pensare a qualche essere antidiluviano. E stanno stupiti e come tremanti, simili a coloro che sono svegliati di soprassalto da un profondo sonno e non si raccapezzano del dove si trovano.
La vista di tutti quei corpi scheletriti, biancheggianti in quella “non luce” da Apocalisse, è tremenda.
E poi intorno a quegli scheletri si condensa lentamente una nebulosità simile a nebbia sorgente dal suolo aperto, dagli aperti mari, prende forma e opacità, si fa carne, corpo simile a quello di noi vivi; gli occhi, anzi le occhiaie, si riempiono d’iridi, gli zigomi si coprono di guance, sulle mandibole scoperte si stendono le gengive e le labbra si riformano e i capelli tornano sui crani e le braccia si fanno tornite e le dita agili e tutto il corpo torna vivo, uguale a come è il nostro.
Uguale, ma diverso nell’aspetto.
Vi sono corpi bellissimi, di una perfezione di forme e di colori che li fanno simili a capolavori d’arte.
Ve ne sono altri orridi, non per sciancature o deformazioni vere e proprie, ma per l’aspetto generale che è più da bruto che da uomo.
Occhi torvi, viso contratto, aspetto belluino e, ciò che più mi colpisce, una cupezza che si emana dal corpo aumentando il lividore dell’aria che li circonda.
Mentre i bellissimi hanno occhi ridenti, viso sereno, aspetto soave, e emanano una luminosità che fa aureola intorno al loro essere dal capo ai piedi e si irradia all’intorno.
Se tutti fossero come i primi, l’oscurità diverrebbe totale al punto di celare ogni cosa.
Ma in virtù dei secondi la luminosità non solo perdura ma aumenta, tanto che posso notare tutto per bene.
I brutti, sul cui destino di maledizione non ho dubbi poiché portano questa maledizione segnata in fronte, tacciono gettando sguardi spauriti e torvi, da sotto in su intorno a sé, e si aggruppano da un lato ad un intimo comando che non intendo ma che deve esser dato da qualcuno e percepito dai risorti.
I bellissimi pure si questi bellissimi, cantano un coro lento e soave di benedizione a Dio.
Non vedo altro. Comprendo di aver visto la risurrezione finale.
•
Quello che le volevo dire all’inizio è questa cosa.
Lei oggi mi diceva come avevo potuto sapere i nomi di Hillel e Gamaliele e quello di Sciammai.
È la voce che io chiamo “seconda voce”, quella che mi dice queste cose. Una voce ancor meno sensibile di quella del mio Gesù e degli altri che dettano.
Queste sono voci - glie l’ho detto e glie lo ripeto - che il mio udito spirituale percepisce uguali a voci umane.
Le sento dolci o irate, forti o leggere, ridenti o meste. Come se uno parlasse proprio vicino a me. Mentre questa “seconda voce” è come una luce, una intuizione che parla nel mio spirito. “Nel”, non “al” mio spirito. È una indicazione.
Così, mentre io mi avvicinavo al gruppo dei disputanti e non sapevo chi era quell’illustre personaggio che a fianco di un vecchio disputava con tanto calore, questo “che” interno mi disse: “Gamaliele - Hillel”.
Si. Prima Gamaliele e poi Hillel. Non ho dubbi. Mentre pensavo chi erano costoro, questo indicatore interno mi indicò il terzo antipatico individuo proprio mentre Gamaliele lo chiamava a nome. E così ho potuto sapere chi era costui dal farisaico aspetto.
Oggi questo indicatore interno mi fa comprendere che io vedevo l’universo dopo la sua morte.
E così molte volte nelle visioni. È quello che mi fa capire certi particolari che da me non afferrerei e che sono necessari di capirsi.
Non so se mi sono spiegata bene. Ma smetto perché comincia a parlare Gesù.
•
Dice Gesù:
Quando il tempo sarà finito e la vita dovrà essere unicamente Vita nei cieli, il mondo universo tornerà, come hai pensato, ad essere quale era all’inizio, prima d’esser dissolto completamente.
Il che avverrà quando io avrò giudicato.
Molti pensano che dal momento della fine al Giudizio universale vi sarà un attimo solo. Ma Dio sarà buono sino alla fine, o figlia. Buono e giusto.
Non tutti i viventi dell’ora estrema saranno santi e non tutti dannati.
Vi saranno fra quei primi coloro che sono destinati al Cielo ma che hanno un che da espiare.
Ingiusto sarei se annullassi ad essi l’espiazione che pure ho comminata a tutti coloro che li hanno preceduti trovandosi nelle loro medesime condizioni alla loro morte.
Perciò, mentre la giustizia e la fine verranno per altri pianeti, e come faci su cui uno soffia si spegneranno uno ad uno gli astri del cielo, e oscurità e gelo andranno aumentando, nelle mie ore che sono i vostri secoli - e già si è iniziata l’ora dell’oscurità, nei firmamenti come nei cuori - i viventi dell’ultima ora, morti nell’ultima ora, meritevoli di Cielo ma bisognosi di mondarsi ancora, andranno nel fuoco purificatore.
Aumenterò gli ardori di quel fuoco perché più sollecita sia la purificazione e non troppo attendano i beati di portare alla glorificazione la loro carne santa e di far gioire anche la stessa vedendo il suo Dio, il suo Gesù nella sua perfezione e nel suo trionfo.
Ecco perché hai visto la terra priva di erbe e alberi, di animali, di uomini, di vita, e gli oceani privi di vele, distesa ferma di acque ferme poiché non sarà più necessario ad esse il moto per dar vita ai pesci delle acque, come non più necessario calore alla terra per dar vita alle biade e agli esseri.
Ecco perché hai visto il firmamento vuoto dei suoi luminari, senza più fuochi e senza più luci. Luce e calore non saranno più necessari alla terra, ormai enorme cadavere portante in sé i cadaveri di tutti i viventi da Adamo all’ultimo figlio di Adamo.
La Morte, mia ultima ancella sulla Terra, compirà il suo ultimo incarico e poi cesserà d’essere essa pure. Non vi sarà più Morte. Ma solo Vita eterna.
Nella beatitudine o nell’orrore.
Vita in Dio o vita in Satana per il vostro io ricomposto in anima e corpo.
Ora basta. Riposa e pensa a Me.»
•
E anche questa sera, che non volevo scrivere perché ero sfinita, ho dovuto scrivere l2 facciate!...
Senza commenti.
Dimenticavo dirle che i corpi erano tutti nudi ma che non faceva senso, come se la malizia fosse morta essa pure: in loro e in me. E poi, ai corpi dei dannati faceva schermo la loro oscurità e a quello dei beati faceva veste la loro stessa luce.
Perciò, ciò che è animalità in noi scompariva sotto l’emanazione dello spirito interno, signore ben lieto o ben disperato della carne.
2.3 Maria SS.: ‘…Ma che la bontà dell'Eterno avesse riserbato alla sua ancella il gaudio di risentire sulle sue membra il tocco della mano del Figlio mio, il suo abbraccio, il suo bacio, e di riudire con le mie orecchie la sua voce, di vedere col mio occhio il suo volto, questo non potevo pensare che mi venisse concesso, né lo desideravo...’.
Avevamo dunque detto - fin dall’inizio di questa riflessione - che il Catechismo della Chiesa cattolica di S. Pio X, ci assicura che gli uomini risusciteranno, con l’anima ed il corpo che avevano avuto in vita e che gli ‘eletti’ – con il loro corpo glorioso - potranno anche attraversare qualsiasi corpo solido come fece il Gesù risorto e spostarsi da un luogo all’altro e dalla Terra al Cielo.
Già, ma quale ‘luogo’ e quale ‘Terra’, se questa attuale morirà riducendosi nuda ed deserta come all’inizio con la morte anche dell’attuale Universo?
Quale è il significato dei famosi ‘Nuovi Cieli e Nuova Terra’ di cui i testi sacri tanto parlano? Significato allegorico o reale?
Può avere senso l’idea di una Terra tornata immota come primo pianeta all’inizio, senza astri, ma destinata poi ad essere ritrasformata per essere nuovamente abitata?
Sono solo domande, è vero, ma non è illecito e privo di senso porsele.
Nulla è d’altronde impossibile a Dio che ha l’abitudine di creare dal Nulla.
Una cosa che può colpire di più l’immaginazione è forse quella della corporeità e della solidità tattile dei corpi dei risorti destinati ad essere assunti nel Paradiso.
Quale sarà mai la natura del Corpo fisico di Gesù asceso al Cielo? I Vangeli e la Dottrina della Chiesa ci confermano che Egli è asceso in Cielo con il proprio Corpo glorioso salvo poi sparire alla vista degli astanti.
E sempre con riferimento al nostro corpo in Paradiso, che dire poi dell’altro Dogma del corpo di Maria SS., anch’essa assunta in Cielo in anima e corpo?
Gioverà a questo proposito – per cercare di trovare almeno alcune risposte ai suddetti vari quesiti - leggere come Lei stessa, nell’Opera valtortiana, descrive la sua ‘Assunzione’ e come a sua volta la commenta lo stesso Gesù (i grassetti sono i miei):11
♦
651. Sul transito, sull'assunzione e sulla regalità di Maria Ss.12
18 aprile 1948.
Dice Maria:
«Io morii?
Sì, se si vuol chiamare morte la separazione della parte eletta dello spirito dal corpo.
No, se per morte si intende la separazione dell'anima vivificante dal corpo, la corruzione della materia non più vivificata dall'anima e, prima, la lugubrità del sepolcro e, per prima tra tutte queste cose, lo spasimo della morte.
Come morii, o meglio, come trapassai dalla Terra al Cielo, prima con la parte immortale, poscia con quella peribile?
Come era giusto per Colei che non conobbe macchia di colpa.
Quella sera, già s'era iniziato il riposo sabatico, parlavo con Giovanni. Di Gesù. Delle cose sue. L'ora vespertina era piena di pace. Il sabato aveva spento ogni rumore di opere umane.
E l'ora spegneva ogni voce d'uomo o di uccello. Soltanto gli ulivi intorno alla casa frusciavano al vento della sera, e sembrava che un volo d'angeli sfiorasse le mura della casetta solitaria.
Parlavamo di Gesù, del Padre, del Regno dei Cieli.
Parlare della Carità e del Regno della Carità è accendersi del fuoco vivo, consumare i serrami della materia per liberare lo spirito ai suoi voli mistici. E se il fuoco è contenuto nei limiti che Dio mette per conservare le creature sulla Terra, al suo servizio, vivere ed ardere si può, trovando nell'ardore non consumazione ma completamento di vita.
Ma quando Dio toglie i limiti e lascia libertà al Fuoco divino di investire e attirare a Sé lo spirito senza più misura, allora lo spirito, a sua volta rispondendo senza misura all'Amore, si stacca dalla materia e vola là dove l'Amore lo sprona ed invita. Ed è la fine dell'esilio e il ritorno alla Patria.
Quella sera, all'ardore incontenibile, alla vitalità senza misura del mio spirito, si unì un dolce languore, un misterioso senso di allontanamento della materia da quanto la circondava, come se il corpo si addormentasse, stanco, mentre l'intelletto, ancor più vivo nel suo ragionare, si inabissava nei divini splendori.
Giovanni, amoroso e prudente testimone di ogni mio atto da quando mi era divenuto figlio d'adozione, secondo il volere del mio Unigenito, dolcemente mi persuase a trovare riposo sul lettuccio e mi vegliò pregando.
L'ultimo suono che sentii sulla Terra fu il mormorio delle parole del vergine Giovanni.
Mi furono come la ninna-nanna di una madre presso la cuna. E accompagnarono il mio spirito nell'ultima estasi, troppo sublime per esser detta. Me lo accompagnarono sino al Cielo.
Giovanni, unico testimone di questo mistero soave, da solo mi compose, avvolgendomi nel manto bianco, senza mutarmi veste e velo, senza lavacri e imbalsamazioni.
Lo spirito di Giovanni, come appare chiaro dalle sue parole del secondo episodio di questo ciclo che va dalla Pentecoste alla mia Assunzione, già sapeva che non mi sarei corrotta, ed istruì l'apostolo sul da farsi.
Ed egli, casto, amoroso, prudente verso i misteri di Dio e i compagni lontani, pensò di custodire il segreto e di attendere gli altri servi di Dio, perché mi vedessero ancora e, da quella vista, trarre conforto e aiuto per le pene e le fatiche della loro missione. Attese, come fosse sicuro della loro venuta.
Ma diverso era il decreto di Dio.
Buono come sempre per il Prediletto. Giusto come sempre per tutti i credenti.
Appesantì al primo le palpebre, perché il sonno gli risparmiasse lo strazio di vedersi rapire anche il mio corpo.
Donò ai credenti una verità di più che li confortasse a credere nella risurrezione della carne, nel premio di una vita eterna e beata concessa ai giusti, nelle verità più potenti e dolci del Nuovo Testamento: la mia immacolata Concezione, la mia divina Maternità verginale, nella Natura divina e umana del Figlio mio, vero Dio e vero Uomo, nato non per voler carnale ma per sponsale divino e per divino seme deposto nel mio seno; e infine perché credessero che nel Cielo è il mio Cuore di Madre degli uomini, palpitante di trepido amore per tutti, giusti e peccatori, desideroso di avervi tutti seco nella Patria beata, per l'eternità.
Quando dagli angeli fui tratta dalla casetta, già il mio spirito era tornato in me?
No. Lo spirito non doveva più ridiscendere sulla Terra.
Era, adorante, davanti al trono di Dio.
Ma quando la Terra, l'esilio, il tempo e il luogo della separazione dal mio Uno e Trino Signore furono per sempre lasciati, lo spirito mi tornò a splendere al centro dell'anima, traendo la carne dalla sua dormizione, onde è giusto dire che fui assunta in Cielo in anima e corpo, non per capacità mia propria, come avvenne per Gesù, ma per aiuto angelico.
Mi destai da quella misteriosa e mistica dormizione, sorsi, volai infine, perché ormai la mia carne aveva conseguito la perfezione dei corpi glorificati. E amai.
Amai il mio ritrovato Figlio e mio Signore, Uno e Trino, lo amai come è destino di tutti gli eterni viventi».
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5 gennaio 1944.
Dice Gesù:
«Venuta la sua ultima ora, come un giglio stanco che, dopo aver esalato tutti i suoi profumi, si curva sotto le stelle e chiude il suo calice di candore, Maria, mia Madre, si raccolse sul suo giaciglio e chiuse gli occhi a tutto quanto la circondava per raccogliersi in un'ultima serena contemplazione di Dio.
Curvo sul suo riposo, l'angelo di Maria attendeva trepido che l'urgere dell'estasi separasse quello spirito dalla carne, per il tempo segnato dal decreto di Dio, e lo separasse per sempre dalla Terra, mentre già dai Cieli scendeva il dolce e invitante comando di Dio.
Curvo, a sua volta, su quel misterioso riposo, Giovanni, angelo terreno, vegliava a sua volta la Madre che stava per lasciarlo. E quando la vide spenta vegliò ancora, perché inviolata da sguardi profani e curiosi rimanesse, anche oltre la morte, l'immacolata Sposa e Madre di Dio, che dormiva così placida e bella.
Una tradizione dice che nell'urna di Maria, riaperta da Tommaso, vi furono trovati solo dei fiori.
Pura leggenda. Nessun sepolcro inghiottì la salma di Maria, perché non vi fu mai una salma di Maria, secondo il senso umano, dato che Maria non morì come muore chiunque ebbe vita.
Ella si era soltanto, per decreto divino, separata dallo spirito, e con lo stesso, che l'aveva preceduta, si ricongiunse la sua carne santissima.
Invertendo le leggi abituali, per le quali l'estasi finisce quando cessa il rapimento, ossia quando lo spirito torna allo stato normale, fu il corpo di Maria che tornò a riunirsi allo spirito, dopo la lunga sosta sul letto funebre.
Tutto è possibile a Dio.
Io sono uscito dal Sepolcro senz'altro aiuto che il mio potere.
Maria venne a Me, a Dio, al Cielo, senza conoscere il sepolcro col suo orrore di putredine e di lugubrità.
È uno dei più fulgidi miracoli di Dio.
Non unico, in verità, se si ricordano Enoc ed Elia, che, perché cari al Signore, furono rapiti alla Terra senza conoscere la morte e trasportati altrove, in un luogo noto a Dio solo e ai celesti abitanti dei Cieli.
Giusti erano, ma sempre un nulla rispetto a mia Madre, inferiore, in santità, solo a Dio.
Per questo non ci sono reliquie del corpo e del sepolcro di Maria. Perché Maria non ebbe sepolcro, e il suo corpo fu assunto in Cielo».
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8 e 15 luglio 1944.
Dice Maria:
«Un'estasi fu il concepimento del Figlio mio. Una più grande estasi il darlo alla luce.
L'estasi delle estasi il mio transito dalla Terra al Cielo.
Soltanto durante la Passione nessuna estasi rese sopportabile l'atroce mio soffrire.
La casa, da dove fui assunta al Cielo, era una delle innumerevoli generosità di Lazzaro per Gesù e la Madre sua. La piccola casa del Getsemani, presso il luogo della sua Ascensione.
Inutile cercarne i resti. Nella distruzione di Gerusalemme ad opera dei romani fu devastata e le sue rovine furono disperse nel corso dei secoli».
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18 dicembre 1943.
Dice Maria:
«Come mi fu estasi la nascita del Figlio e, dal rapimento in Dio, che mi prese in quell'ora, tornai presente a me stessa e alla Terra col mio Bambino fra le braccia, così la mia impropriamente detta "morte" fu un rapimento in Dio.
Fidando nella promessa avuta nello splendore del mattino di Pentecoste, io pensavo che l'avvicinarsi del momento della venuta ultima dell'Amore, per rapirmi con Sé, dovesse manifestarsi con un aumento del fuoco d'amore che sempre m'ardeva.
Né feci errore.
Da parte mia, più la vita passava, più aumentava in me il desiderio di fondermi all'eterna Carità.
Mi spronava a ciò il desiderio di riunirmi al Figlio mio e la certezza che mai avrei fatto tanto per gli uomini come quando fossi stata, orante e operante per essi, ai piedi del trono di Dio. E con moto sempre più acceso e accelerato, con tutte le forze dell'anima mia, gridavo al Cielo: "Vieni, Signore Gesù! Vieni, eterno Amore!".
L'Eucarestia, che era per me come una rugiada per un fiore assetato, era, sì, vita, ma più il tempo passava e più diveniva insufficiente a soddisfare l'incontenibile ansia del mio cuore. Non mi bastava più ricevere in me la mia divina Creatura e portarla nel mio interno nelle sacre Specie, come l'avevo portata nella mia carne verginale.
Tutta me stessa voleva il Dio uno e trino, ma non sotto i veli scelti dal mio Gesù per nascondere l'ineffabile mistero della Fede, ma quale era, è e sarà nel centro del Cielo.
Lo stesso mio Figlio, nei suoi trasporti eucaristici, mi ardeva con abbracci di desiderio infinito, e ogni volta che a me veniva, con la potenza del suo amore, quasi svelleva l'anima mia nel primo impeto, poi rimaneva, con tenerezza infinita, chiamandomi “Mamma!” ed io lo sentivo ansioso di avermi con Sé.
Non desideravo più altro. Neppure il desiderio di tutelare la nascente Chiesa era più in me, negli ultimi tempi del mio vivere mortale.
Tutto era annullato nel desiderio di possedere Dio, per la persuasione che avevo di tutto potere quando lo si possiede.
Giungete, o cristiani, a questo totale amore. Tutto quanto è terreno perda valore. Mirate solo Dio. Quando sarete ricchi di questa povertà di desiderio, che è immisurabile ricchezza, Dio si chinerà sul vostro spirito per istruirlo prima, per prenderlo poi, e voi ascenderete con esso al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo, per conoscerli ed amarli per la beata eternità e per possedere le loro ricchezze di grazie per i fratelli.
Non si è mai tanto attivi per i fratelli come quando non si è più tra di essi, ma si è luci ricongiunte alla divina Luce.
L'avvicinarsi dell'Amore eterno ebbe il segno che pensavo.
Tutto perse luce e colore, voce e presenza sotto il fulgore e la Voce che, scendendo dai Cieli, aperti al mio sguardo spirituale, si abbassavano su me per cogliere l'anima mia.
Suol dirsi che io avrei giubilato d'essere assistita, in quell'ora, dal Figlio mio.
Ma il mio dolce Gesù era ben presente col Padre quando l'Amore, ossia lo Spirito Santo, terza Persona della Trinità eterna, mi dette il suo terzo bacio nella mia vita, quel bacio così potentemente divino che in esso l'anima mia si esalò, perdendosi nella contemplazione come goccia di rugiada aspirata dal sole nel calice di un giglio.
Ed io ascesi col mio spirito osannante ai piedi dei Tre che avevo sempre adorato.
Poi, al giusto momento, come perla in castone di fuoco, aiutata prima, seguita poi dalla teoria degli spiriti angelici venuti ad assistermi nel mio eterno celeste natale, attesa già prima delle soglie dei Cieli dal mio Gesù, e sulle soglie di essi dal mio giusto sposo terreno, dai Re e Patriarchi della mia stirpe, dai primi santi e martiri, entrai Regina, dopo tanto dolore e tanta umiltà di povera ancella di Dio, nel regno del gaudio senza limite.
E il Cielo si rinchiuse sulla gioia di avermi, di avere la sua Regina, la cui carne, unica tra tutte le carni mortali, conosceva la glorificazione avanti la risurrezione finale e l'ultimo giudizio».
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Dicembre 1943.
Dice Maria:
«La mia umiltà non poteva farmi permettere di pensare che tanta gloria mi fosse riserbata in Cielo.
Nel mio pensiero era la quasi certezza che la mia umana carne, fatta santa dall'aver portato Dio, non avrebbe conosciuto la corruzione, poiché Dio è Vita e, quando di Sé stesso satura ed empie una creatura, questa sua azione è come aroma preservatore da corruzione di morte.
Io non soltanto ero rimasta immacolata, non solo ero stata unita a Dio con un casto e fecondo abbraccio, ma m'ero saturata, sin nelle mie più profonde latebre, delle emanazioni della Divinità nascosta nel mio seno e intenta a velarsi di carni mortali.
Ma che la bontà dell'Eterno avesse riserbato alla sua ancella il gaudio di risentire sulle sue membra il tocco della mano del Figlio mio, il suo abbraccio, il suo bacio, e di riudire con le mie orecchie la sua voce, di vedere col mio occhio il suo volto, questo non potevo pensare che mi venisse concesso, né lo desideravo.
Mi sarebbe bastato che queste beatitudini venissero concesse al mio spirito, e di ciò sarebbe stato già pieno di felicità beata il mio io.
Ma, a testimonianza del suo primo pensiero creativo a riguardo dell'uomo, da Lui, Creatore, destinato a vivere, trapassando senza morte dal Paradiso terrestre a quello celeste, nel Regno eterno, Dio volle me, Immacolata, in Cielo in anima e corpo. Subito che fosse cessata la mia vita terrena.
Io sono la testimonianza certa di ciò che Dio aveva pensato e voluto per l'uomo: una vita innocente e ignara di colpe, un placido passaggio da questa vita alla Vita eterna, per cui, come uno che passa la soglia di una casa per entrare in un reggia, l'uomo, col suo essere completo, fatto di corpo materiale e di anima spirituale, sarebbe passato dalla Terra al Paradiso, aumentando la perfezione del suo io, a lui data da Dio, con la perfezione completa, e della carne e dello spirito, che era, nel pensiero divino, destinata ad ogni creatura che fosse rimasta fedele a Dio e alla Grazia.
Perfezione che sarebbe stata raggiunta nella luce piena che è nei Cieli, e li empie, venendo da Dio, Sole eterno che li illumina.
Davanti ai Patriarchi, Profeti e Santi, davanti agli Angeli e ai Martiri, Dio pose Me, assunta in anima e corpo alla gloria del Cielo, e disse:
Ecco l'opera perfetta del Creatore.
Ecco ciò che Io creai a mia più vera immagine e somiglianza fra tutti i figli dell'uomo, frutto di un capolavoro divino e creativo, meraviglia dell'universo, che vede chiuso in un solo essere il divino nello spirito eterno come Dio e come Lui spirituale, intelligente, libero, santo, e la creatura materiale nella più innocente e santa delle carni, alla quale ogni altro vivente, nei tre regni del creato, è costretto ad inchinarsi.
Ecco la testimonianza del mio amore per l'uomo, per il quale volli un organismo perfetto e una beata sorte di eterna vita nel mio Regno.
Ecco la testimonianza del mio perdono all'uomo al quale, per la volontà di un Trino Amore, ho concesso riabilitazione e ricreazione agli occhi miei.
Questa è la mistica pietra di paragone, questa è l'anello di congiunzione tra l'uomo e Dio, questa è Colei che riporta i tempi ai giorni primi e dà ai miei occhi divini la gioia di contemplare un'Eva quale Io la creai, ed ora fatta ancor più bella e santa, perché Madre del mio Verbo e perché Martire del più gran perdono.
Per il suo Cuore immacolato che non conobbe mai macchia alcuna, neanche la più lieve, Io apro i tesori del Cielo, e per il suo Capo che mai conobbe superbia, del mio fulgore faccio un serto e l'incorono, poiché mi è santissima, perché sia vostra Regina.
Nel Cielo non vi sono lacrime. Ma in luogo del gioioso pianto, che avrebbero avuto gli spiriti se ad essi fosse concesso il pianto - umore che stilla spremuto da un'emozione - vi fu, dopo queste divine parole, uno sfavillare di luci, un trascolorare di splendori in più vividi splendori, un ardere di incendi caritativi in un più ardente fuoco, un insuperabile ed indescrivibile suonare di celesti armonie, alle quali si unì la voce del Figlio mio, in laude a Dio Padre e alla sua Ancella in eterno beata».
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1 maggio 1946.
Dice Gesù:
«Vi è differenza tra la separazione dell'anima dal corpo per morte vera, e momentanea separazione dello spirito dal corpo e dall'anima vivificante per estasi o rapimento contemplativo.
Mentre il distacco dell'anima dal corpo provoca la vera morte, la contemplazione estatica, ossia la temporanea evasione dello spirito fuor dalle barriere dei sensi e della materia, non provoca la morte.
E questo perché l'anima non si distacca e separa totalmente dal corpo, ma lo fa solo con la sua parte migliore, che si immerge nei fuochi della contemplazione.
Tutti gli uomini, finché sono in vita, hanno in sé l'anima, morta o viva che sia, per peccato o per giustizia; ma soltanto i grandi amanti di Dio raggiungono la contemplazione vera.
Questo sta a dimostrare che l'anima, conservante l'esistenza sinché è unita al corpo - e questa particolarità è in tutti gli uomini uguale - ha in se stessa una parte più eletta: l'anima dell'anima, o spirito dello spirito, che nei giusti sono fortissimi, mentre in coloro che disamano Dio e la sua Legge, anche solo con la loro tiepidezza e i peccati veniali, si fanno deboli, privando la creatura della capacità di contemplare e conoscere, per quanto lo può fare un'umana creatura, a seconda del grado di perfezione raggiunta, Dio ed i suoi eterni veri.
Più la creatura ama e serve Dio con tutte le sue forze e possibilità, e più la parte più eletta del suo spirito aumenta la sua capacità di conoscere, di contemplare, di penetrare le eterne verità.
L'uomo, dotato d’anima razionale, è una capacità che Dio empie di Sé.
Maria, essendo la più santa d'ogni creatura dopo il Cristo, fu una capacità colma - sino a traboccare sui fratelli in Cristo di tutti i secoli, e per i secoli dei secoli - di Dio, delle sue grazie, carità e misericordie.
Trapassò sommersa dalle onde dell'amore.
Ora, nel Cielo, fatta oceano d'amore, trabocca sui figli a Lei fedeli, e anche sui figli prodighi, le sue onde di carità per la salvezza universale, Lei che è Madre universale di tutti gli uomini».
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Ebbene, se avete letto e meditato con attenzione, avrete rilevato che – secondo le rivelazioni valtortiane - non vi è alcun contrasto con le verità del Catechismo.
In Cielo, o Paradiso che si voglia chiamarlo, dopo il Giudizio Universale ci si andrà (se saremo dalla parte giusta) con un corpo glorificato.
Si tratta di un corpo solido che dispone dei propri sensi, con la sensibilità tattile dell’abbraccio, con l’udito delle proprie orecchie che odono in viva voce, con la vista dei propri occhi, perché Maria SS. addirittura precisa:
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«…Ma che la bontà dell'Eterno avesse riserbato alla sua ancella il gaudio di risentire sulle sue membra il tocco della mano del Figlio mio, il suo abbraccio, il suo bacio, e di riudire con le mie orecchie la sua voce, di vedere col mio occhio il suo volto, questo non potevo pensare che mi venisse concesso, né lo desideravo…».
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Pur senza voler fare da parte mia affermazioni certe, mi pare anche di capire che il ‘Paradiso’ più che uno ‘stato’ sia un ‘luogo’ del Regno eterno – laddove Maria SS. dice:
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«…Ma, a testimonianza del suo primo pensiero creativo a riguardo dell'uomo, da Lui, Creatore, destinato a vivere, trapassando senza morte dal Paradiso terrestre a quello celeste, nel Regno eterno, Dio volle me, Immacolata, in Cielo in anima e corpo. Subito che fosse cessata la mia vita terrena.
Io sono la testimonianza certa di ciò che Dio aveva pensato e voluto per l'uomo: una vita innocente e ignara di colpe, un placido passaggio da questa vita alla Vita eterna, per cui, come uno che passa la soglia di una casa per entrare in un reggia, l'uomo, col suo essere completo, fatto di corpo materiale e di anima spirituale, sarebbe passato dalla Terra al Paradiso, aumentando la perfezione del suo io, a lui data da Dio, con la perfezione completa, e della carne e dello spirito, che era, nel pensiero divino, destinata ad ogni creatura che fosse rimasta fedele a Dio e alla Grazia...».
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Maria SS. – altra cosa importante - conferma qui che se Adamo ed Eva non avessero compiuto il Peccato originale essi – e tutti i loro discendenti – erano destinati a vivere sani e felici per un periodo lunghissimo sulla terra, salvo essere assunti senza morire ma in una sorta di estatica dormizione, nel Paradiso celeste quando Dio Padre lo avesse ritenuto opportuno.
2.4 Un luogo ‘misterioso’! Dove se ne stanno Enoc ed Elia?
Gesù, nel commentare l’Assunzione in Cielo di Maria SS., precisava:
«Tutto è possibile a Dio. Io sono uscito dal Sepolcro senz'altro aiuto che il mio potere. Maria venne a Me, a Dio, al Cielo, senza conoscere il sepolcro col suo orrore di putredine e di lugubrità. E’ uno dei più fulgidi miracoli di Dio.
Non unico, in verità, se si ricordano Enoc ed Elia, che, perché cari al Signore, furono rapiti alla Terra senza conoscere la morte e trasportati altrove, in un luogo noto a Dio solo e ai celesti abitanti dei Cieli».
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Se l’Opera valtortiana testimonia – e noi lo sappiamo bene poiché la studiamo da decenni – la assoluta credibilità di quanto dice Gesù, che valore e significato dovremmo dare in merito al ‘miracolo’ concernente i famosi e misteriosamente scomparsi Enoc ed Elia che furono rapiti alla Terra, senza conoscere la morte, per essere trasportati altrove, in un luogo noto a Dio solo e ai celesti abitanti dei Cieli?
Enoc – discendente di Adamo lungo la linea di Set – era stato padre di Matusalemme e nonno di Noè. Narra la Genesi (Gn 5, 21-23) che Enoch all’età di 65 anni generò Matusalemme, camminò con Dio ancora 300 anni e generò figli e figlie. Visse in tutto 365 anni continuando a camminare con Dio finché non fu più veduto, perché Iddio lo prese. Nella lettera agli Ebrei (Ebrei 11,5) è poi scritto che ‘Per la sua fede Enoc fu tolto senza che vedesse la morte, non fu più trovato, perché Dio lo aveva portato via. Infatti, prima della sua scomparsa aveva ricevuto l’attestazione che egli era accetto a Lui…’.
Quanto ad Elia, nel secondo libro dei Re (Re 2, 11) si dice di lui che ‘Or, mentre continuavano a camminare e a discorrere insieme, ecco un carro di fuoco e dei cavalli pure di fuoco separarli l’uno dall’altro. Elia salì al cielo in un turbine mentre Eliseo stava a guardare e gridava…’.
A prima vista sembrerebbero ‘figure’, racconti allegorici per fare intendere che i due erano morti senza che se ne sapesse più nulla, ma il Gesù valtortiano precisa qui invece, ‘autenticando’ il racconto sia di San Paolo nella lettera agli Ebrei che quello dei Re, che essi furono rapiti senza conoscere la morte e trasportati ‘altrove’ in anima e corpo ma che soprattutto – continua oggi il Gesù valtortiano nel suo Dettato di questi tempi moderni – ‘in un luogo noto a Dio solo ed ai celesti abitanti dei Cieli’.
Ora, di quale ‘luogo’ misterioso si tratta, visto anche che essi ci andarono con anima e corpo?
Quante cose non sappiamo, a cominciare dalle leggi della natura nella quale viviamo e ci muoviamo.
Possibile che il Gesù che per migliaia e migliaia di pagine ha parlato senza mai sbagliare a Maria Valtorta, si sia ‘sbagliato’ ora riguardo ad Enoc ed Elia?
Possibile poi che si sia sbagliato anche lo Spirito Santo che – riguardo ad Enoc ed Elia – nella sue ‘Lezioni sull’Epistola ai Romani’ conferma quanto ha detto sopra Gesù? (i grassetti sono miei):13
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Lezione 46ª – 2. 11. 1950 - C. XI v. 25‑36.
Uno dei segni della venuta finale di Dio e del Giudizio che seguirà alla fine del mondo, è la conversione d’Israele, che sarà l’estrema conversione del mondo a Dio.
Perché loro gli ultimi, essi che furono i primi ad esser popolo di Dio? Per decreto eterno e per decreto umano.
Né paia ingiusto il decreto eterno. Essi, che già primi ‑ anzi: unici ‑ erano nel conoscere le verità soprannaturali, avrebbero dovuto essere i primissimi nel nuovo popolo di Dio: il popolo dei cristiani; così come Adamo e la sua compagna avrebbero dovuto essere i primissimi del popolo celeste. Ma la volontà non buona fece dei primi gli ultimi. E mentre è detto nella Scrittura14 che Enoc ed Elia furono, viventi, rapiti da Dio fuor dal mondo, in un altro mondo migliore, per tornare, al giusto tempo, a predicare penitenza e combattere l’Anticristo quando il mondo sarà fatto Babilonia e Anticristo15 ‑ e ciò per la loro giustizia straordinaria ‑ altrettanto nella Scrittura è detto che per i suoi peccati Israele sarà riprovato da Dio e da primo diverrà ultimo ad entrare nel Regno di Cristo16.
Adamo è ben figura di ciò che vuol dire cadere nella riprovazione di Dio. Ben egli dovette attendere secoli e millenni negli inferi, nonostante avesse già lungamente espiato sulla Terra il suo peccato, avanti di rientrare nel Paradiso almeno terrestre, dove Enoc ed Elia già da secoli godevano della letificante amicizia di Dio.
Anche per il popolo ebreo, pur non essendo per esso inesorabilmente chiuso il Regno di Dio per averlo respinto quando poteva accoglierlo, dovranno passare secoli e millenni prima che Israele torni amico di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo. Prima diverranno “popolo di Dio” gli altri popoli. Ultimi essi: i giudei. Ultimi, anche se sempre da Sion verranno coloro che saranno salvezza.
Sion sta qui per dire Israele, e Israele sta qui per dire “popolo dei figli di Dio”.
Da Israele venne Gesù.
Da Israele vennero Enoc ed Elia, e torneranno. A preparare, questi, il ritorno del Figlio di Dio: il Cristo, perché alla sua venuta l’empietà o l’abominio della desolazione17, secondo la parola evangelica, non siano come palude corrotta su tutta la Terra e in tutti i luoghi di essa, e perché tutti, anche quelli che per secoli furono protervi, tutti i predestinati alla Vita, l’abbiano prima che il tempo non sia più.
La nostra lunga riflessione è terminata.
Lascio a voi il compito di almanaccare e cercare di trovare le risposte che io non ho trovato.
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La prossima riflessione della nostra ottava affermazione del Credo sarà dedicata a:
3. LA VITA ETERNA, PRIMA PARTE. IN PARADISO: ‘… ALLA RESURREZIONE DEI CORPI, COLUI CHE ERA ALTO SARÀ ALTO, COLUI CHE ERA ESILE SARÀ ESILE, COLUI CHE ERA ROBUSTO SARÀ ROBUSTO, E IL BIONDO, BIONDO, E IL BRUNO, BRUNO, E COSÌ VIA. SPARIRANNO PERÒ LE IMPERFEZIONI, PERCHÉ NEL REGNO DI DIO TUTTO È BELLEZZA, PUREZZA, SALUTE E VITA, COSÌ COME ERA STABILITO CHE FOSSE ANCHE NEL PARADISO TERRESTRE, SE L’UOMO NON VI AVESSE PORTATO PECCATO, MORTE E DOLORI D’OGNI SPECIE, DALLE MALATTIE AGLI ODI, TRA UOMO E UOMO… DUNQUE NESSUNA IMPERFEZIONE DELLO SPIRITO E DELL’INTELLETTO SUSSISTERÀ PIÙ. E ANCHE LE IMPERFEZIONI FISICHE, CHE FURONO CROCE E TORMENTO, MERITATO SE VENUTE DA VITA IMMONDA, O IMMERITATO SE VENUTE DA EREDITÀ DEI PADRI O DA FEROCIA D’UOMINI, SPARIRANNO. I CORPI GLORIFICATI DEI FIGLI DI DIO SARANNO QUALI SAREBBERO STATI SE L’UOMO FOSSE RIMASTO, IN TUTTO, INTEGRO QUALE DIO L’AVEVA CREATO, PERFETTO NELLE TRE PARTI CHE LO COMPONGONO, COME PERFETTO ERA STATO FATTO DA DIO...’.
NOTE al Capitolo 02
1 Secondo i testi valtortiani sappiamo però che prima della Risurrezione dei morti ed il conseguente Giudizio Universale passerà ancora diverso tempo per dar modo alle anime degli ultimi uomini morti in Grazia di purificarsi nel Purgatorio Ultimo.
2 Lc 20, 27-37.
3 N.d.R.: Saforim. Di costoro non si sa molto ma sembra fossero allievi di scribi e/o dottori della legge.
4 N.d.R.: membri del partito politico dominante di Erode, che si appoggiava ai Romani per il mantenimento del potere locale.
5 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Cap. 596 – Centro Ed. Valtortiano.
6 Ez 37, 1-14
7 M.V.: ‘I Quaderni del 1945-1950’ – 15.4.45 – Centro Ed. Valtortiano.
8 M.V.: ‘I Quaderni del 1944’ – 29.1.44 – C.E.V.
9 N.d.R.: Qui Maria Valtorta si rivolge al suo Direttore spirituale
10 N.d.A.: A proposito della esistenza antidiluviana di ‘giganti’, vedere Genesi: 6, 1-12
11 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. X, Cap. 651 – Centro Editoriale Valtortiano
12 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. X, Cap. 651 – Centro Edit. Valtortiano
13 M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola di Paolo ai Romani’ – Lezione 46a – 2.11.50 – Centro Ed. Valtortiano.
14 Genesi 5, 21‑24; 2 Re (volgata: 4 Re) 2, 11‑12; Ebrei 11, 5.
15 Apocalisse 17‑18.
16 Isaia 27, 6‑13.
17 Daniele 9, 27; 11, 31; 12, 11; Matteo 24, 15; Marco 13, 14.