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Voce narrante • SIMONA SERAFINI


7ª parte – Cap. 03. COMUNIONE DEI SANTI: CIELO, TERRA E PURGATORIO SI AIUTANO E SI COMPLETANO VICENDEVOLMENTE, E NELLO STESSO MODO I MEMBRI DELLA CHIESA MILITANTE DEVONO AIUTARSI E COMPLETARSI VICENDEVOLMENTE…

3.1 Le preghiere dei giusti salvano il mondo dalla distruzione: Dio è pronto ad usare misericordia anche ai peccatori e salvarli dalla punizione, se fra essi vi sono giusti che pregano.

Nelle due riflessioni precedenti abbiamo approfondito l’argomento ‘Chiesa’ spiegando che essa è ‘santa’ perché è a Lei che Gesù ha affidato la missione di prendersi cura e di fare crescere spiritualmente i suoi ‘figli’.
Ciò grazie alla Redenzione ed ai ‘tesori’ spirituali che Egli le ha lasciato prima di ascendere al Cielo: più in particolare i sette Sacramenti che la Chiesa – quale una sorta di tutore ‘legale’ - avrebbe dovuto in seguito distribuire per aiutare l’uomo ‘fanciullo’ a divenire un ‘adulto spirituale’.
La Chiesa è in sostanza un corpo spirituale il cui ‘Capo Mistico’ invisibile è Gesù, mentre il Romano Pontefice ne è invece il Capo visibile.
Parlando di Chiesa abbiamo poi spinto uno sguardo nel suo futuro – così come si può evincere dalle rivelazioni dell’Opera della mistica - con particolare riferimento ai tempi escatologici di cui parla anche l’Apocalisse di San Giovanni.
Lo stesso Gesù valtortiano ha assicurato che la Chiesa – pur sempre fatta di uomini imperfetti e molto fallibili – nonostante tutte le future traversie non perirà e le porte dell’Inferno non prevarranno su di essa perché essa è sostenuta direttamente da Dio.
Per far comprendere meglio il concetto con una immagine figurata dirò che quanto più Satana dovesse cercare di spingerla a fondo tanto più essa – come una palla immersa sott’acqua e poi lasciata improvvisamente libera – per una spinta contraria balzerebbe fuori con forza come a voler respirare aria pura.
Scrivono i teologi che la Chiesa è un ‘Corpo mistico’, cioè un organismo soprannaturale che completa la realtà umano-divina del Cristo-Capo, in virtù dell’influenza animatrice del suo Spirito, risultandone la ‘Persona Mistica’ di un Cristo-totale, che nell’eminenza della sua perfezione salva e potenzia l’autonomia personale di ciascuno dei suoi membri. Mentre le membra del corpo umano sono congiunte e ‘contemporaneamente’ coesistono, quelle del Corpo mistico sono disperse nello spazio, si succedono nel tempo e appartengono al Cristo-Capo nei modi più diversi, secondo la loro corrispondenza alla grazia...’
Non è che il modo di scrivere dei teologi sia poi tanto chiaro… ma per farla semplice potremmo allora dire che il ‘Corpo mistico’ è come una ‘Società di santi’, e che quest’ultima potremmo anche chiamarla ‘Comunione dei Santi’.
Chiesa, Corpo mistico e Comunione dei Santi sono quindi delle realtà interconnesse talché parlare di una di queste tre significa parlare anche in parte delle altre due.
Perdonerete pertanto se nel parlare di ‘Comunione dei Santi’ mi sentirete parlare anche nuovamente di Chiesa o di ‘Corpo mistico’.
Come fare tuttavia – esprimendoci con un linguaggio semplice - a capire un poco meglio cosa sia e come ‘funzioni’ la ‘Comunione dei santi’?
Quest’ultima - sempre parlando fra di noi terra-terra - la potreste immaginare come una delle tante ‘Società’ di diritto commerciale appartenenti al mondo economico in cui viviamo.
Più in particolare potremmo assimilarla ad una sorta di ‘cooperativa’ i cui ‘soci’ lavorino insieme mettendo in comune il frutto del loro lavoro che poi viene ridistribuito a vantaggio di tutti.
Oppure potreste immaginare la ‘Comunione dei Santi’ come una ‘grande unita famiglia patriarcale’ di lavoratori della terra - composta da capo famiglia, madre e tanti figli – dove a seconda della fertilità dei terreni in cui si ara e si getta seme o delle forze che ciascun socio/lavoratore riesce a dedicarvi, vi è chi produce di più, chi di meno e infine chi niente per cui l’ultimo – se non aiutato dagli altri – sarebbe condannato a morire di fame.
Ma per carità paterna - perché si tratta di una stessa famiglia i cui membri condividono ideali e portano amore l’un verso l’altro – i frutti del ‘lavoro’ in campagna di ciascuno vengono messi ‘in comune’ fra tutti, cucinati e trasformati alla sera in un saporito e nutriente minestrone nel cui pentolone, posto al centro della tavola, la ‘Madre’ che ‘amministra’ la famiglia affonda un bel mestolo per riempire il piatto a tutti, specie ai più ‘affamati’ che avevano ‘prodotto’ poco o niente.
La ‘Comunione dei santi’ dobbiamo quindi considerarla come una delle più belle ed importanti ‘invenzioni’ di Dio perché essa è sinonimo di Carità: infatti in essa non si distribuisce a tutti per una sorta di ‘giustizia sociale’ - sempre imperfetta perché nel nostro mondo imperfetto e viziato dal Peccato originale non di rado quel che viene dato ad uno viene tolto con violenza ad un altro - ma per un ben superiore senso, attivo e volontario, di Amore.  
Chi sarebbero però i ‘santi’ che ne fanno parte?
Sono le anime della Chiesa Militante, di quella Purgante e i membri della Trionfante.
La Chiesa militante è l’insieme di tutti gli uomini1 che vivono sulla terra in perenne combattimento contro le forze del male e del proprio stesso ‘io’.
La Chiesa purgante è quella costituita da quelle anime che – salve, non avendo meritato l’inferno ma nemmeno ancora il Paradiso - devono tuttavia espiare e purificarsi nel Purgatorio.  
La Chiesa trionfante è invece quella costituita da chi è in Paradiso e può godere della visione beatifica di Dio e della gloria eterna nonché aiutare i membri della chiesa militante e purgante.
Ora – se non volete invece saperne molto di più consultando il Catechismo attraverso il link in nota – ne sappiamo almeno quanto basta per continuare il nostro discorso sulla ‘Comunione dei santi’.2
Il Gesù valtortiano aveva una volta detto (i grassetti sono miei)3:
‘Io ho fondato una società vera in cui i membri sono, nel mio pensiero, uno per l’altro, uno di sostegno all’altro.
Dal più grande al più piccolo avete tutti la vostra ragione di essere nella stupenda compagine della mia Chiesa, una nell’essenza e trina nella forma, come il Suo Re e Pontefice divino che è Uno e Trino col Padre e lo Spirito.
La Comunione dei santi unisce i cattolici che furono con quelli che sono i cattolici che penano con quelli che lottano e con quelli che godono.
Cielo, terra e purgatorio si aiutano e si completano vicendevolmente, e nello stesso modo i membri della Chiesa militante devono aiutarsi e completarsi vicendevolmente…’.
Abbiamo dunque appreso che nella suddetta ‘cooperativa’ tutti ‘lavorano’ pregando o sacrificandosi l’uno per l’altro.
In particolare i membri della Chiesa militante pregano non solo per gli altri ‘militanti’ in terra che fossero bisognosi di sostegno ma anche per coloro che sono in Purgatorio.
Questi ultimi possono a loro volta anch’essi pregare per la Chiesa militante, mentre i membri della Chiesa Trionfante possono pregare per quelli della Purgante e Militante.
Per potere appartenere alla Comunione dei ‘Santi’ bisogna però essere dei ‘giusti’.
A quest’ultimo riguardo ricordo un brano di una ‘lezione’ che Azaria – l’Angelo custode della nostra mistica Valtorta – le aveva tenuto4, lezione breve ma potente nella forma, nella dialettica, e poeticamente.  
17 novembre 1946
Dice Azaria:
« Le colpe dei popoli sono tali e tante che se non fosse infinita la benignità di Dio e la sua divina pazienza, da tempo il mondo sarebbe distrutto come orrore dell'Universo, orrore che va tolto, perché nella creazione perfetta non devono sussistere cose obbrobriose.
Ma nel mondo, che è veramente ormai il vestibolo dell'Inferno e il feudo di Satana, sono sempre dei giusti.
Rari come stelle in una notte di tempesta, come palme nella vastità arida dei deserti. E come già si comprende dall'episodio di Abramo5, Dio è pronto ad usare misericordia anche ai peccatori e salvarli dalla punizione, se fra essi sono giusti che pregano.
Salvarli dalle sventure materiali e morali finché dura il loro giorno, lasciando tempo sino alla loro sera di tornare al Signore.
Non salvarli oltre la vita, se hanno meritato castigo, perché nel Giorno di Dio6 non servono più le intercessioni dei giusti a rendere salute ai morti alla Grazia.
La Giustizia vuole il suo corso. E se anche con ira e ribellione essi urlano al Giudice Eterno: "Tu ci odi e ci defraudi della nostra parte di bene", Egli risponderà loro con giustizia: "No. Vi ho dato la vostra parte. Volevate godere. Godere ricchezze, potenze, lussurie, gozzoviglie, ottenute con ogni mezzo. Le avete avute. Vi ho lasciato godere come volevate. Voi avete scelto. Io rispetto la vostra scelta e ve la lascio in eterno7. Nel mio Regno entrano quelli che hanno vissuto casti, temperanti, giusti, misericordiosi, quelli che hanno sofferto e pianto anche per causa vostra, e che hanno amato Dio, il prossimo, e anche voi che li angustiavate8. Andate. Non dicevate forse che era stoltezza rimettere al futuro la gioia e che era saggio godere del certo presente9? Così vi concedo. Avete goduto nel piccolo presente; ora soffrite nell'eterno presente"10.
I giusti pregano per i peccatori. Guai se così non fosse!
Al lavacro quotidiano e perpetuo del Sangue Divino si mescono le preghiere e le lacrime dei giusti11. E questa rugiada di carità deterge il mondo da quel soprappiù di lordura che l'Infinita Misericordia non potrebbe sopportare12. Onde il mondo può durare benché l'Occhio di Dio lo guardi con una severità che impressiona noi angeli.
Se per un caso passasse un solo giorno senza che neppure un'opera di giustizia venisse compiuta in tutto l'Orbe, se per un caso venisse un giorno nel quale i giusti divenissero peccatori, la luce non tornerebbe ad illuminare la Terra, perché essa non sarebbe più.
La Giustizia, nella notte, l'avrebbe cancellata di fra le opere creative. (…)
Riflettiamo ora insieme su alcune cose che ci ha detto l’Angelo Azaria facendone noi una sintesi:
1) I ‘giusti’ pregano per i peccatori - anche se sono di religione diversa dalla nostra o addirittura pagani - e guai se così non fosse perché il mondo si è ormai ridotto tanto male da apparire come una anticamera dell’Inferno e Dio lo avrebbe già distrutto se non fosse per quei pochi giusti che intercedono presso di Lui, come aveva fatto - ai suoi tempi - Abramo.
2) In virtù della preghiera dei giusti Dio può infatti usare misericordia salvando dalle punizioni materiali e morali i peccatori impenitenti finché dura la loro vita in terra.
3) Dio può anche concedere ai peccatori maggior tempo di vita per pentirsi ma, in difetto di ciò, dopo la loro morte giunge inesorabile la punizione eterna: come essi hanno infatti disprezzato l’opportunità di salvezza offerta loro da Dio e voluto godere – nonostante gli aiuti divini - del loro ‘piccolo presente’, così essi dovranno ‘godere’, all’Inferno, del loro ‘eterno presente’.
Fra i concetti espressi dall’Angelo Azaria ve ne è però uno che mi ha particolarmente colpito, quando dice che Dio avrebbe già distrutto il mondo attuale, considerato un vestibolo dell’Inferno, se non fosse per quei pochi giusti che intercedono presso di Lui, come aveva fatto Abramo ai suoi tempi.
Cosa aveva dunque fatto Abramo?
Se non ve ne scandalizzate, ve lo racconto sempre alla buona, con parole mie.
È un episodio narrato in Genesi.13
Il Signore si manifesta - sotto sembianze materiali umane - ad Abramo mentre questi se ne sta seduto all’ombra davanti alla sua tenda in una calda giornata.
Si tratta di tre uomini, che tuttavia lo spirito di Abramo intuisce trattarsi di entità soprannaturali, dove uno di costoro è il Signore e gli altri sono i due angeli che lo accompagnano e che poi proseguiranno per Sodoma.  
Abramo si prostra ed invita i tre personaggi a fermarsi presso la sua tenda per riposarsi e rifocillarsi all’ombra dell’albero presso il quale egli stava.
I tre accettano ed Abramo - rientrato nella tenda dove sua moglie Sara occhieggiava verso l’esterno, ‘orecchiando’ quanto i tre e suo marito dicevano fra loro - le ordina di darsi alla svelta una ‘mossa’ e preparare il necessario per il pranzo perché sono giunti tre ospiti inattesi e quello dell’ospitalità verso i pellegrini era un dovere ‘sacro’ del mondo di allora.
Il pranzo viene servito dalla donna e, mentre i tre personaggi mangiano, Abramo se ne sta ritto, un poco discosto, in atteggiamento reverenziale.
Quelli con noncuranza gli chiedono dove fosse andata sua moglie ed Abramo risponde che lei è là nella tenda.
Non so se lei a quei tempi avesse il chador e nemmeno il bourka, ma è certo che - anche se non era abitudine che le donne si mostrassero agli estranei se il marito non lo diceva loro - certo anche da dietro la tenda lei non perdeva una sillaba.
Uno dei tre, quello che pareva il più autorevole, dice allora ad Abramo che sarebbe tornato fra un anno, aggiungendo che a quell’epoca sua moglie Sara avrebbe già avuto un figlio.
Dice la Genesi che Sara e Abramo in quel momento erano molto vecchi, l’uomo aveva circa cento anni e la donna una novantina.
Logico pertanto che lei – da dietro la tenda – fosse rimasta scettica e in certo qual modo se la ridesse sulla battuta dei tre forestieri e facesse magari in cuor suo anche qualche auto-ironico commento.
Ma i loro Ospiti non sono ospiti comuni perché - anche se Sara è nascosta dentro la tenda il Signore le legge nel cuore. Ed Infatti l’Ospite si rivolge ad Abramo domandandogli con aria severa come mai Sara avesse riso fra sé e sé, chiedendosi come avrebbe lei potuto – così vecchia ed in menopausa e con Abramo pure vecchio – avere dei figli.
Nulla è impossibile a Dio! Sara avrebbe invece avuto un figlio!
Non so se Abramo, che doveva essere molto imbarazzato, abbia dato di voce a Sara dicendole di uscire fuori da là dentro. Fatto sta che quella esce, vede la faccia dell’Ospite, prova paura e cerca di negare di avere riso. Ma l’Ospite la guarda penetrante nel profondo degli occhi e di rimando le dice severo: ‘No! Tu hai riso’.
Tutte uguali le donne? Non credo, ma anche Eva interrogata da Dio nel Paradiso terrestre aveva cercato di negare l’evidenza di aver voluto disubbidire, cogliendo il frutto dell’Albero della Conoscenza del Bene e del Male, e – interrogata da Dio – aveva respinto la propria responsabilità attribuendone la colpa al ‘Serpente’ che l’aveva ingannata.
Chiuso l’incidente con Sara, i tre forestieri si incamminano verso Sodoma, mentre Abramo li segue deferentemente per un tratto per accomiatarsi da loro, anche se forse si domandava fra sé e sé cosa mai andassero a fare a Sodoma.
Considerata la sua predilezione verso quel giusto che era appunto Abramo  - al quale proprio per questo, in precedenza, Dio già aveva promesso una sterminata discendenza dicendogli che da sua moglie Sara gli sarebbe nato un figlio al quale avrebbe posto il nome di Isacco -  il Signore (mentre i due Angeli proseguono per Sòdoma e Gomorra) decide di renderlo compartecipe delle sue intenzioni: Il clamore delle colpe di quelle popolazioni – con una diffusa sodomia - era giunto sino in Cielo ed il Signore era dunque sceso in terra per constatare di persona e distruggere quei popoli.
Abramo, ormai lo sapete anche voi, era un giusto e come giusto e come ci insegna Azaria egli amava anche i peccatori.
Allora – dimenticando per un attimo di essere, lui povero uomo, nientemeno che davanti al Signore - si permette di pregare insistentemente per quei peccatori.
Dice infatti la Genesi:14
« Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sodoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l'empio? Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?».
Rispose il Signore: «Se a Sodoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città».
Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere... Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?».
Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque».
Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta».
Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta».
Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta».
Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta».
Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti».
Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti».
Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci».
Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».
Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione».
Insomma - ‘Il Signore rispose’…, ‘Abramo riprese’…‘Il Signore rispose’…, ‘Abramo riprese’ e via continuando - possiamo noi concludere che Abramo oltre che un giusto era un testardo nella preghiera ma che la pazienza e soprattutto l’amore di Dio verso i giusti è davvero grande se a Dio sarebbero bastati solo dieci giusti per salvare l’intero popolo di Sodoma e Gomorra, dove però – evidentemente, tenendo conto del fatto che le due città furono poi distrutte - non c’erano nemmeno quei pochi.15

3.2 I ‘santi’ ed il nostro stesso Angelo Custode intercedono per noi presso Dio presentandoGli le nostre buone azioni e prospettando le nostre possibili ‘attenuanti’ e Dio – per amor loro – misericordiosamente finisce per accondiscendere.

Sono davvero tanti i punti dell’Opera valtortiana dove si parla più o meno indirettamente di aspetti che concernono la ‘Comunione dei Santi’.
Un altro esempio di ‘Comunione dei santi’ è quello di sopportare le offese che riceviamo per offrire la nostra sofferenza a Dio per la redenzione di chi ci offende.
È una grande offerta perché il dominarsi quando ci si sente feriti nel proprio orgoglio e dignità significa infliggersi una autoviolenza e ciò talvolta è davvero impresa ‘eroica’.
Oltretutto anche noi pecchiamo e, se non perdonassimo e fossimo troppo intransigenti con gli altri, Dio potrebbe essere a sua volta intransigente con noi.
Dobbiamo dunque essere misericordiosi verso gli altri per poter avere a nostra volta misericordia da Dio per i nostri peccati.
Quindi… anche il perdono è un atto che appartiene alla ‘comunione dei santi’.
Indipendentemente dalla Comunione dei Santi, molti non sanno che l’Angelo Custode - che vive nella perfetta aderenza alla volontà di Dio ed ha avuto l’incarico di proteggerci sin dal concepimento amando il suo custodito come una madre che veglia sul figlio - – perora la nostra ‘causa’ presso Dio presentandogli nel modo migliore possibile le nostre buone azioni o comunque gli ‘sforzi’ che facciamo per tendere al bene.
Il fatto è che l’uomo – che sopporta in terra le conseguenze del Peccato originale, anche dopo la Redenzione, e le sopporterà fino alla fine della storia umana con il Giudizio universale – non è in condizione di ‘difendersi’ da sé, cioè di non peccare, pentirsi e salvarsi, e ciò perché il peccato ha reso debole il suo spirito. Allora c’è Dio che lo aiuta - e lo aiuta anche attraverso il ‘tesoro’ ammassato grazie alla Comunione dei Santi - infondendogli forze soprannaturali che lo rendono capace di comprendere, pentirsi, agire e salvarsi.
Quindi Terra e Cielo sono uniti da una sorta di catena di mutuo soccorso.
La Comunione dei santi è davvero una cosa poco conosciuta nella sua essenza e ‘funzionamento’ ed ha per scopo di favorire la salvezza non solo dei viventi ma anche dare aiuto ai purganti per aumentare il fuoco dello Spirito Santo a bruciare le loro imperfezioni e insegnare loro ad amare quel Dio che in terra non hanno amato in maniera giusta.
Anche le Messe di suffragio per i defunti sono infatti uno strumento potente di aiuto: chi fa celebrare la S. Messa offre i meriti infiniti del Sacrificio Eucaristico di Gesù Cristo che si compie sull’Altare a favore della persona in Purgatorio che si vorrebbe fosse aiutata.
Tali meriti – attraverso l’offerta della S. Messa – possono essere però offerti anche per persone viventi che abbiamo bisogno di sostegno spirituale o anche di guarigione fisica.
Meglio se l’offerta è fatta dopo una Confessione e comunione per rendere la nostra richiesta almeno degna di ascolto da parte di Dio.
È peraltro dalla Comunione dei Santi che vengono tratte le Indulgenze, e se i meriti del ‘forziere delle grazie’ non si rivelasse in ipotesi sufficiente ci penserebbe Gesù a reintegrarlo fondendo i meriti ‘finiti’ dei santi con quelli del Suo Sangue che sono infiniti. Insomma si tratta di una ‘fonte’ di grazie praticamente inesauribile.
Anche se in pura ipotesi la Gerarchia ecclesiastica – che di norma nelle questioni di culto è divinamente guidata ma che è pur sempre ‘umana’- applicasse erratamente una certa indulgenza ad una determinata pratica o festività per cui la cosa non dovesse essere giusta, Gesù non permetterebbe mai che le anime fossero ingannate nella loro fiducia.
Gesù onora sempre – per ritornare ai paragoni con il nostro mondo economico – le ‘cambiali’ o gli ‘assegni’ firmati dai suoi ‘ministri’, anche se per accidente o per errore fossero stati emessi ‘a vuoto’, cioè senza ‘copertura di fondi’
Ciò perché Gesù premia immancabilmente il merito e la fede delle persone che vi credono.16
Bisogna tuttavia tener conto del fatto che Gesù corrisponde alle richieste di chi intercede per altri anche in proporzione alla ‘condizione di giustizia’ di chi le chiede.
In buona sostanza quando si chiede a Dio una grazia per qualcuno bisogna non solo essere di norma dei ‘giusti’ ma – in occasione della richiesta - bisogna preoccuparsi di indossare il ‘vestito della festa’: cioè essere confessati ed in grazia, meglio ancora se ‘comunicati’.
Nelle faccende umane, un vestito ‘decoroso’ ed un aspetto lindo ed ordinato sono il minimo che si possa pretendere da qualcuno che ad esempio si presenta ad un ‘superiore’ per perorare una causa o ad un datore di lavoro per farsi assumere. Se è così fra gli uomini perché non molto di più con Dio?
Ricordo una volta due persone, marito e moglie, che avevano una casa infestata da spiriti, più precisamente anime dei genitori di lui che si erano anche manifestate in sogno numerose volte alla figlia dei due, cioè alla loro nipote.
Quelle due persone temevano che la figlia, prossima al matrimonio, fosse lei stessa ‘infestata’ - visto che era soprattutto la sua personale camera da letto a subire devastazioni - e che il futuro marito, dopo averla sposata, ne potesse rimanere impressionato e la potesse poi abbandonare.  
Avevano chiamato degli esorcisti e fatto anche dire delle Messe di liberazione ma senza alcun risultato. Erano talmente spaventati ed esasperati che stavano persino pensando di vendere, anzi praticamente svendere, la loro villa in un bellissimo parco naturale per trasferirsi in un’altra casa in città.
Mi chiesero una opinione e – ascoltando la loro storia e quella dei genitori di lui – mi feci l’idea che quelle potessero essere anime che volessero richiamare l’attenzione per ricevere preghiere ed aiuto.
Alla mia domanda: ‘Ma voi, prima di far fare gli esorcismi avete scelto un sacerdote ‘santo’? E avete offerto delle Sante Messe? E prima di chiedere l’esorcismo e offrire Sante Messe, vi siete ben confessati dei peccati di una vita ed avete partecipato a quegli esorcismi e offerto quelle Messe facendo preventivamente anche la Comunione?’.
Mi guardarono molto imbarazzati facendomi segno assolutamente di no con la testa, non erano dei ‘praticanti’, non ci avevano neanche pensato né alcuno glielo aveva detto: avevano solo chiesto gli esorcismi, pagato un obolo per l’esorcismo e un altro per far dire la Messa e via.
‘Allora provate a confessarvi molto bene, a fare dei seri proponimenti per il futuro e a comunicarvi, suggerii loro, perché - quando si chiede una grande grazia al Signore, grande poiché ne va della felicità vostra, di vostra figlia e per di più dei vostri stessi interessi economici - bisogna almeno presentarsi al Signore con le carte ben in regola, con la veste pulita e con l’intenzione di sforzarsi di mantenerla tale anche per il futuro’.
Seppi incidentalmente - anni dopo - che essi avevano seguito il consiglio: i disturbi in casa erano cessati, la figlia si era sposata ed essi abitano ancora nella loro bella villa.
La famosa frase di Gesù di porgere l’altra guancia a chi ti colpisce, non va banalizzata come se fosse solo una ‘battuta’ o una ‘iperbole’. Essa non sottintende solo il superamento della ‘legge del taglione’ e non è solo il consiglio evangelico di ‘non reagire’ per ‘mansuetudine’, ma sottintende anche il suggerimento di esercitare piuttosto una violenza contro se stessi, fatto che potrebbe anche stupire e far riflettere l’offensore il quale - di fronte alla mancanza di reazione violenta da parte dell’offeso - potrebbe essere indotto a pentirsi del proprio atto, magari dovuto a spontaneismo non premeditato. E se eventualmente l’offensore non arrivasse a pensarci da solo ci potrebbe pensare Dio – grazie all’autosacrificio dell’offeso - a farlo riflettere su questo aspetto.
Anche una cosa del genere, se fatta in questo spirito di amore, è dunque ‘comunione dei santi’.
Nel fare una elemosina, avere cura di farla con il sorriso non distogliendo lo sguardo come infastiditi ed umiliando così il postulante ma guardando anzi negli occhi quel ‘poveraccio’ malvestito che ci si avvicina, che è sempre un ‘uomo’, facendogli capire che comprendete la sua situazione di difficoltà, anche se dentro di voi poi immaginate che egli sia ‘sfruttato’ da altri a quello scopo o che lui stesso ‘ci marci’.
È un poveretto che soffre di questa situazione, ed il vostro sorriso farà bene alla sua anima perché per una volta sentirà di non essere disprezzato ma di essere compreso: e la sua anima potrebbe trarne un principio di beneficio. Anche questa è ‘comunione dei santi’ e per quel vostro sorriso, che è come una sorta di bicchiere d’acqua all’assetato, il Signore un giorno disseterà voi, ma molto di più.
L’Angelo custode vostro e l’Angelo suo, riconoscente per il vostro atto nei confronti del suo assistito, saranno infatti presenti – comprenderanno il vostro agire nelle implicazioni nascoste - e lo scriveranno sul vostro Libro della Vita in Cielo.
Aiutare con il nostro sacrificio di offerta a far divenire buono il prossimo significa dare amore a Dio che è sempre – come avevo letto una volta in un colorito brano valtortiano – come un ‘Dio affamato’ che ha bisogno di anime da salvare e da amare: Dio cerca amore e non lo trova per cui dobbiamo provare a tendere alla perfezione quanto più le nostre capacità e forze ce lo consentono, perché coloro che non lo fanno è come se levassero tanti ‘pani’ alla fame spirituale di Gesù, che è Amore.
Avevamo sopra accennato al fatto – parlando della Comunione dei Santi alla quale partecipano la Chiesa Militante, Penante e Trionfante – che i defunti in Cielo pregano per la Chiesa militante in terra.
Essi infatti – pur vivendo in una sfera ormai soprannaturale dove non si hanno più le ‘passioni’ dell’umanità - non si disinteressano né ignorano quanto avviene ai propri cari che hanno lasciato sulla terra.
Ormai ‘santi’ in Cielo, ed amando quelli della terra di amore non più ‘sentimentalmente umano’ ma caritativamente spirituale, essi intercedono presso Dio prospettandoGli amorevolmente le possibili attenuanti dei loro cari, e Dio – per amor di questi santi –finisce misericordiosamente per accondiscendere.
Per capire meglio questo modo di operare – ma anche per farvi ‘rilassare’ allentando la vostra concentrazione - vi racconterò un bellissimo, toccante e anche divertente, episodio de ‘L’Evangelo’ che riguarda anche l’apostolo Pietro, dove vediamo – una delle rare volte – Gesù sorridere apertamente.
Era il secondo anno della vita pubblica di Gesù ed Egli aveva raccolto un orfanello, di nome Jabè, nome poi cambiato in Marziam dalla stessa Maria SS..
Aveva perso i genitori, aveva dodici anni ma proprio non li dimostrava perché le sofferenze e la fame lo avevano reso gracile e piccolino, anche se molto buono e intelligente.
Era stato lo stesso nonno, malato e morto anch’egli qualche tempo dopo, ad affidare il fanciullo a Gesù per il viaggio a Gerusalemme per la prossima Pasqua, visto che il ‘dodicenne’ avrebbe potuto partecipare presso il Tempio all’esame ‘scolastico’ ed alla cerimonia della maggiore età, divenendo così adulto e socialmente responsabile in proprio a tutti gli effetti legali.
Il fanciullo era diventato la ‘mascotte’ del Gruppo apostolico sempre in cammino e Pietro – che con sua moglie Porfirea (detta anche ‘Porpora’) non aveva potuto avere figli - stravedeva per lui al punto che avrebbe voluto adottarlo come figlio e ne aveva fatto richiesta a Gesù sicuro che anche sua moglie ne sarebbe stata felice.
Gesù – che sapeva nelle questioni di spirito essere anche inflessibile - glielo aveva però negato perché voleva che Pietro fosse libero da qualsiasi attaccamento famigliare che gli avesse potuto impedire la sua futura missione di Capo della Chiesa nascente.
Per inciso, questa è una delle varie ragioni per cui la Chiesa cattolica romana pretende il celibato dai suoi sacerdoti che non dovrebbero avere altro interesse che quello di Dio: il celibato sacerdotale deriva dalla Tradizione apostolica, e nell’Opera valtortiana, c’è un breve brano in cui Gesù stesso suggerisce ‘caldamente’ ai suoi apostoli di non sposarsi per il futuro se volevano essere perfetti, anche se alcuni di essi lo erano già ed avevano anche dei figli.
Pietro aveva umilmente accettato il ‘no’ all’adozione da parte di Gesù ma ne era rimasto profondamente addolorato.
Il Gruppo apostolico era dunque in marcia verso Gerusalemme per poi proseguire fino a Betania dove c’era ad attenderlo Lazzaro - con le sorelle Maria Maddalena e Marta -  nella sua sontuosa magione di campagna accanto alla quale c’era confinante anche la casa di Simone lo Zelote, compagno di Lazzaro fin dalla giovinezza, che vi ospitava sovente l’intero Gruppo e – talvolta - anche discepoli e discepole.
Arrivato e ripartito da Gerusalemme, il Gruppo giunge finalmente nella pace di Betania.
Durante una conversazione intima fra Gesù e sua Mamma, Lei si confida con il Figlio e si rammarica con sofferenza di come Giuda Iscariota non fosse un ‘buono’ e che offendesse persino Pietro che – secondo Lei – era invece ‘degno di ogni rispetto’.
Gesù conferma l’opinione di Maria su Pietro e le risponde:17
(...) 8«Sì. Pietro è molto buono. Per lui farei qualunque cosa, perché lo merita».
«Se ti sentisse direbbe col suo buon sorriso schietto: "Ah! Signore, ciò non è vero!". E avrebbe ragione».
«Perché, Madre?». Ma Gesù sorride già perché ha capito.
«Perché Tu non lo accontenti dandogli un figlio. Mi ha detto tutte le sue speranze, i suoi desideri... e le tue ripulse».
«E non ti ha detto le ragioni con cui le ho giustificate?».
«Sì. Me le ha dette ed ha aggiunto: "È vero... ma io sono un uomo, un povero uomo.
Gesù si ostina a vedere in me un grande uomo. Ma io so di essere ben meschino, e perciò... mi potrebbe dare un bambino. Mi ero sposato per averne... muoio senza averne".
E ha detto - accennando al bambino che, felice della bella veste comperata da Pietro, lo aveva baciato dicendogli: "Padre amato" - ha detto: "Vedi, quando questo esserino, che  solo dieci giorni sono non conoscevo ancora, mi dice così, io mi sento diventare più morbido del burro e più dolce del miele, e piango perché... ogni giorno che passa me lo porta via questo bambino..."
Maria tace osservando Gesù, studiandolo in volto, aspettando una parola...
Ma Gesù ha messo il gomito sul ginocchio, la testa sulla mano, e tace guardando la distesa verde del frutteto.
Maria gli prende la mano e la carezza e dice: «Simone ha questo grande desiderio...
Mentre andavo con lui non ha fatto che parlarmene, e con ragioni così giuste che... non ho potuto dire nulla per farlo tacere. Erano le stesse ragioni che pensiamo tutte noi, donne e madri.
Il bambino non è robusto. Fosse stato come eri Tu... oh! allora avrebbe potuto andare incontro alla vita del discepolo senza paura. Ma è così esile!... Molto intelligente, molto buono... ma nulla di più.
Quando un tortorino è delicato non si può lanciarlo a volo presto, come si fa con i forti.
I pastori sono buoni... ma sempre uomini. I bambini hanno bisogno delle donne.
Perché non lo lasci a Simone? Finché gli neghi una creatura proprio nata da lui, comprendo il motivo. Un piccino nostro è come un’àncora. E Simone, destinato a tanta sorte, non può avere àncore che lo trattengano. Ma però, devi convenire che egli deve essere il "padre” di tutti i figli che Tu gli lascerai.
Come può essere padre se non ha fatto scuola con un bambino? Dolce deve essere un padre. Simone è buono, ma dolce no.
È impulsivo e intransigente. Non c'è che una creaturina che gli possa insegnare l'arte sottile del compatimento per chi è debole...
Considera questa sorte di Simone... È bene il tuo successore! Oh! che la devo pur dire questa atroce parola!
Ma per tutto il dolore che mi costa a dirla, ascoltami. Mai ti consiglierei cosa che non fosse buona.
Marjziam... Tu ne vuoi fare un perfetto discepolo... Ma è ancora bambino. Tu... te ne andrai prima che lui sia uomo. A chi allora darlo, per completarne la formazione, meglio che a Simone?
Infine, povero Simone, Tu sai come è stato tribolato, anche per causa di Te, dalla suocera sua; eppure non ha ripreso un granello del suo passato, della sua libertà di or è un anno, per essere lasciato in pace dalla suocera, che neppur Tu hai potuto mutare.
E, quella povera creatura di sua moglie? Oh! ha un tale desiderio di amare e di essere amata.
La madre... oh!... Il marito? Un caro prepotente...
Mai un affetto che le si sia dato senza troppo esigere... Povera donna!... Lasciale il bambino.
Ascolta, Figlio. Per ora lo portiamo con noi. Verrò anche io in Giudea. Mi porterai con Te da una mia compagna nel Tempio, e quasi parente, perché da Davide viene. Sta a Betsur. La vedrò volentieri, se ancora vive. Poi, al ritorno in Galilea, lo daremo a Porpora.
Quando saremo nei pressi di Betsaida Pietro lo prenderà. Quando verremo qui, lontano, il bambino starà con lei.
Ah! ma Tu sorridi ora! Allora fai contenta la tua Mamma. Grazie, mio Gesù».
«Sì, sia fatto come tu vuoi».
9Gesù si alza e chiama forte: «Simone di Giona, vieni qui».
Pietro ha uno scatto e fa di corsa gli scalini: «Che vuoi, Maestro?».
«Vieni qui, uomo usurpatore e corruttore!».
«Io? Perché? Che ho fatto, Signore?».
«Mi hai corrotto la Madre. Per questo volesti essere solo. Che ti devo fare?». Ma Gesù sorride e Pietro si rassicura.
«Oh!» dice «mi hai fatto proprio paura! Ma ora ridi... Che vuoi da me, Maestro? La vita?
Non ho più che quella, perché mi hai preso tutto... Ma se vuoi te la do».
«Non ti voglio prendere. Ma ti voglio dare. Però non approfittartene della vittoria e non dare il segreto agli altri, furbissimo uomo che vinci il Maestro con l'arma della parola materna. Avrai il bambino ma…».
Gesù non può più parlare perché Pietro, che si era inginocchiato, salta in piedi e bacia Gesù con tale impeto che gli mozza la parola.
«Ringrazia Lei, non Me. Ma però ricorda che questo ti deve essere di aiuto, non di ostacolo...»
«Signore, non avrai a pentirti del dono... Oh! Maria! Che tu sia sempre benedetta, santa e buona...».
E Pietro, che è riscivolato in ginocchio, piange proprio, baciando la mano di Maria...
E ora che l’avete vista all’opera, avete capito perché Gesù dice sempre di affidarsi alla Madonna che è la Mediatrice di tutte le grazie?
Avete visto con quale dolce abilità Lei sa perorare la nostra causa presso il Figlio, presentando al meglio le nostre buone ragioni?
Avete visto quante ‘attenuanti’ Lei sa trovare e con quale ferma dolcezza le sa presentare al punto che persino Dio – per amore nei suoi confronti - è costretto ad arrendersi?
Amate Maria e troverete Gesù sul Suo Cuore!
In fin dei conti anche questa è ‘Comunione dei santi’.

3.3 La Comunione dei santi ed i sacrifici fatti per amore: il valore dell’offerta del sacrificio per ottenere grazie dal Signore.

Siamo alla fine del secondo anno di vita pubblica di Gesù e siamo anche in pieno inverno perché si sta avvicinando la festa delle Encenie, nel mese ebraico di Casleu corrispondente al nostro mese di Dicembre.
La festa delle Encenie (detta anche festa dei Lumi, o della Dedicazione del Tempio o della Purificazione) - contrariamente ad altre feste ebraiche che si celebravano con pellegrinaggi al Tempio di Gerusalemme - veniva vissuta per lo più in famiglia forse anche per la rigida stagione invernale che rendeva disagevoli i viaggi a piedi.
Nelle case si faceva festa in intimità e si accendevano tanti lumi, ed era per questo che veniva anche chiamata Festa delle Luci.
Gesù – poiché, come appena detto, la stagione invernale e le piogge rendevano troppo difficile la predicazione all’aperto ed i viaggi a piedi per strade fangose – aveva dato libertà agli apostoli di rientrare presso le loro famiglie per un meritato riposo, pronti però a riprendere le loro peregrinazioni di evangelizzazione, sempre a piedi, non appena le rigide condizioni metereologiche del periodo si fossero attenuate e lo avessero in seguito permesso.
L’anno precedente Gesù e gli apostoli non avevano trascorso la Festa in famiglia ma nella magnifica ed accogliente residenza di Lazzaro, insieme ai pastori della Natività che lo avevano nel frattempo ritrovato adulto e … Messia, ed erano stati invitati da Lazzaro, essendo peraltro divenuti ardenti discepoli di Gesù nella evangelizzazione.
In quell’occasione sia i pastori che Gesù avevano rievocato le circostanze di quella sua nascita a Betlemme il 25 del mese di Casleu, Festa appunto delle Luci, giorno in cui – straordinaria circostanza - la ‘Luce del mondo’ era nata... trentadue anni prima.
Gesù però, in questo secondo anno di cui vi parlavo poc’anzi, riesce a trascorrere la Festa delle Luci a Nazareth nella propria casa - finalmente in intimità con la Sua Mamma che era costretto a lasciare per lunghi periodi per via della incessante predicazione - con la vicinanza anche degli altri parenti.
Potrebbe meravigliare il rilevare – nell’Opera valtortiana – lo straordinario amore e tenerezza che legavano vicendevolmente Gesù e Sua Mamma, con manifestazioni affettuose che a noi moderni sembrerebbero del tutto eccessive. Ma non deve stupire: sia Gesù che Sua Mamma erano il Nuovo Adamo e la Nuova Eva, privi entrambi di Macchia originale, e pertanto essi – integri nello spirito, nella affettività e pieni di Grazia - sapevano amare spiritualmente con perfezione, una perfezione di sentimenti e di affetti che a noi oggi è del tutto sconosciuta.
Anche il dolore di Maria in tutta la vita e specialmente nell’imminenza della Passione e nella Passione stessa, proprio per questa ragione, è stato ‘perfetto’ e solo un dolore perfetto per la sorte del Figlio, oltre che un amore perfetto verso Dio, le poteva meritare il ruolo di Corredentrice.
A Nazareth vi erano però ospiti anche alcuni discepoli, oltre al piccolo Marziam, discepolo ‘in erba’: il primo dei discepoli bambini.
Anche l’apostolo Simone lo Zelote, che non aveva famiglia, era quest’anno ospite di Gesù oltre ai due cugini di Gesù, Giacomo e Giuda d’Alfeo, che però avevano casa a Nazareth, dove vivevano gli altri due fratelli (Giuseppe e Simone) e la mamma Maria di Alfeo, quest’ultimo fratello di San Giuseppe.
In un ambiente più famigliare e raccolto – mentre fuori fa freddo e in casa il fuoco è acceso – Gesù non manca le occasioni per perfezionare apostoli e discepoli nella loro formazione, con l’aiuto anche di Maria sempre Maestra di Sapienza, anche se Lei – che pur lo aveva istruito da bambino e da ragazzo - si considerava ora, umilmente, solo la prima ‘discepola’ di Gesù.
Per introdurre però l’argomento sul quale desidero attirare la vostra riflessione, e cioè il valore dell’offerta, vi faccio osservare che talvolta basta un piccolo sacrificio per ottenere da Dio una grande grazia, e questo specie se il sacrificio o la preghiera sono di un bambino dall’anima pura nella quale il Signore si riflette e si bea.
Bisogna insegnare ai bambini a pregare il Signore con convinzione e fede, perché è molto più facile che il Signore non resista loro e – per la loro purezza – si intenerisca e li li esaudisca anche per rafforzarli nella fede nella prospettiva delle difficoltà della vita: questo è un ‘insegnamento’ da non dimenticare sia per i genitori che per i … nonni.
Da bambini ci insegnavano a fare i ‘fioretti’, anche se ora molti adulti ci ridono sopra considerandoli un ‘infantilismo’, ma essi sono invece importanti non solo educativamente per i bambini ma soprattutto anche per gli adulti.
Ecco quanto si legge dunque nel seguente brano valtortiano. 18
Il ‘soggetto’ centrale è sempre Marziam che – come avete già letto – era davvero buono e che con Gesù, nel periodo appunto della Festa delle Encenie che durava vari giorni, si reca a far visita ad una anziana di Nazareth: una certa Giovanna.
21 ottobre 1945.
1Li accoglie una povera casa dove è una nonnetta circondata da un bel mucchietto di bambini dai dieci anni ai, sì e no, due anni. La casa è in mezzo a campicelli poco curati, molti tornati a prato, dal quale emergono superstiti piante da frutto.
«La pace a te, Giovanna. Va meglio oggi? Sono venuti a darti aiuto?».
«Sì, Maestro e Gesù. E mi hanno detto che torneranno a seminare. Verrà in ritardo, ma mi dicono che verrà ancora».
«Certo verrà. Ciò che sarebbe miracolo della terra e del seme diventerà miracolo di Dio.
Perciò miracolo perfetto. I tuoi campi saranno i più belli di questa regione, e questi uccellini che ti stanno intorno avranno grani in abbondanza per le loro bocche. Non piangere più.
L'anno che viene andrà di già molto meglio. Ma Io ti aiuterò ancora. O meglio, ti aiuterà una che ha il tuo stesso nome e che non è mai sazia di essere buona. Guarda, questo è per te. Con questo potrai andare avanti fino ai raccolti».
La vecchia prende la borsa e la mano di Gesù insieme, e bacia questa mano piangendo.
Poi chiede: «Dimmi chi è questa creatura buona, che io dica il suo nome al Signore».
«Una discepola mia e sorella tua. Il nome è noto a Me e al Padre dei Cieli».
«Oh! sei Tu!...».
«Io sono povero, Giovanna. Do quanto mi danno. Di mio non posso dare che miracolo. E mi spiace di non avere saputo prima la tua sventura. Sono venuto appena Susanna19 me l'ha detta. Tardi ormai. Ma così splenderà di più l'opera di Dio».
«Tardi! Sì. Tardi! Così rapida fu la morte a falciare qui! E ha preso i giovani. Non me, inutile. Non questi, incapaci. Ma quelli validi al lavoro. Maledetta luna di elul, carica di maligni influssi!».
«Non maledire il pianeta. Non c'entra... 2Sono buoni questi piccoli? Venite qui. Vedete?
Anche questo è un bambino senza padre e senza madre. E neppure può vivere col nonno. Ma Dio non lo abbandona lo stesso. E non lo abbandonerà finché sarà buono. Non è vero, Marziam?».
Marziam assente e parla ai piccoli che gli si sono stretti intorno, piccoli per età più di lui, ma alcuni sono più alti di lui di un bel po'.
Dice: «Oh! davvero che Dio non abbandona. Io lo posso dire. Per me ha pregato il nonno. E certo anche la madre e il padre dall'altra vita. E Dio ha ascoltato quelle preghiere, perché Egli è buonissimo e sempre ascolta le preghiere dei giusti, morti o vivi che siano. Per voi certo hanno pregato i vostri morti e questa nonnina cara. Le volete bene?».
«Sì, sì...». Il pigolio dell'orfana nidiata si alza entusiasta.
Gesù tace per ascoltare il colloquio del suo piccolo discepolo e degli orfanelli.
«Fate bene. I vecchi non bisogna farli piangere. Già non si deve fare piangere nessuno, perché chi dà dolore al prossimo dà dolore a Dio. Ma i vecchi poi! Il Maestro tratta bene tutti. Ma coi vecchi poi è tutto carezze come coi bambini. Perché i bambini sono innocenti e i vecchi sofferenti. Hanno tanto pianto già! Bisogna amarli due volte, tre volte, dieci volte, per tutti quelli che non li amano più. Gesù dice sempre che chi non onora il vecchio è malvagio due volte, come chi maltratta il bambino. Perché vecchi e bambini non si possono difendere. Voi perciò siate buoni con la vecchia madre».
«Io qualche volta non l'aiuto...», dice uno dei grandini.
«Perché? Mangi pure il pane che ella ti porge con la sua fatica! Non ci senti il sapore del pianto quando l'affliggi? 3E tu, donna, (la donna avrà al massimo dieci anni ed è una molto esile e pallida creatura) l'aiuti?».
I fratellini in coro dicono: «Oh! Rachele è buona! Veglia fino a tardi per filare quel poco di lana e stame che abbiamo, e si è presa le febbri per lavorare nel campo per prepararlo al seme mentre il padre moriva».
«Dio te ne compenserà», dice serio Marziam.
«Mi ha già compensato col levare di pena la nonna».
Gesù interviene: «Non chiedi di più?».  
«No, Signore».
«Ma sei guarita?».
«No, Signore. Ma non importa. Ora, anche se muoio, la nonna è sovvenuta. Prima mi spiaceva morire perché l'aiutavo».
«Ma la morte è brutta, bambina...».
«Dio, come mi aiuta in vita, mi aiuterà in morte e andrò dalla mamma... Oh! non piangere, nonna! Voglio bene anche a te, cara. Non lo dirò più se questo ti deve fare piangere. Anzi, se lo vuoi, dirò al Signore di guarirmi... Non piangere, mammetta mia...», e abbraccia la vecchietta desolata.
«Falla guarire, Signore. Mio nonno lo hai fatto felice, per me. Fa' felice questa vecchia, ora».
«Le grazie si ottengono con sacrificio. Tu che sacrificio fai per ottenerla?», chiede serio Gesù.
Marziam pensa... Cerca la cosa più penosa a rinunciarsi... poi sorride: «Non prenderò più miele per tutta una luna».
«Poco! Quella di casleu è già ben avanti...».
«Dico luna per dire quattro fasi. E pensa... che in questi giorni c'è la festa dei Lumi e le focacce di miele...».
«É vero. Ebbene, allora Rachele guarirà per merito tuo. 4Ora andiamo. Addio, Giovanna.
Prima di partire verrò ancora. Addio Rachele, e tu Tobiolo. Sii sempre buono. Addio, tutti voi, piccoli. Resti su voi la mia benedizione e in voi la mia pace».
Escono seguiti dalle benedizioni della vecchia e dei fanciulli.
Marziam, finito di essere «apostolo e vittima», si dà a saltare come un capretto correndo avanti… (…)

3.4 Gesù: la Comunione dei santi è proprio questo operare continuo, come continuamente e con tutti i modi opera Iddio, per dare aiuto ai fratelli, sia nei loro bisogni materiali come nei loro bisogni spirituali o in ambedue.

Quale insegnamento possiamo trarre dal precedente episodio?
Non basta chiedere a Dio favori o grazie – per sé stessi o per altri – per poter ottenere ascolto. Meno che mai quando ricorriamo a Lui solo quando ce ne ricordiamo nel momento del bisogno: potrebbe rinfacciarcelo e accusarci di opportunismo ed ipocrisia.
Il sacrificio – in un modo o nell’altro, fosse anche lo sforzo continuo di vivere da ‘giusti’, che è il vero combattimento spirituale contro il nostro ‘io’ – è molto importante e a volte basta poco per ottenere molto come abbiamo visto sopra nell’episodio con Marziam, anche se quel poco – considerata la sua fanciullezza e la vera passione che egli aveva per il miele e la focaccia con il miele – per lui era un ‘grande’ sacrificio e anche per un lungo periodo di tempo.
Ogni sacrificio va infatti valutato non per se stesso ma per quel che comporta per chi lo fa.
Per taluni è più difficile sacrificare un pranzo, per un altro rinunciare al caffè per tutta una giornata o più giorni, come fare a meno per qualche giorno delle amate sigarette, anche se sul pacchetto è scritto che ‘il fumo uccide’.
Marziam – dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo e alla successiva scuola di Pietro, suo padre adottivo e primo Pontefice - diventerà un vero grande discepolo e poi morirà martire, ma già da fanciullo continua a farci imparare ancora qualcosa.
Nazareth, rispetto a Cafarnao che è sul Lago di Tiberiade, è situata una trentina di chilometri in linea d’aria verso l’interno, equivalenti a circa quattro cinque ore di marcia a buon passo.
È passato appena un giorno dall’episodio precedente quando Pietro, non resistendo più allo star lontano sia da Gesù sia dal suo figlio adottivo Marziam, si presenta all’improvviso a Nazareth alla porta della casa di Maria, carico di ceste e sacchetti con ogni ben di Dio da mangiare ma tanto felice da sentirsi immune dalla fatica del peso e del lungo cammino.
Anche Porfirea – che era rimasta a casa - aveva insistito perché partisse da Cafarnao e portasse dei regali al bambino fra i quali le agognate… focacce al miele ed altre leccornie che lei gli aveva preparato in casa.
Marziam - nell’osservare le cose buone da mangiare che vengono tirate fuori dalle sacche - piange però silenziosamente.
Maria SS. – nel vedere tutto quel ben di Dio – che copre la tavola chiede infatti a Pietro perché mai si è sacrificato tanto, e Simon-Pietro risponde (i grassetti sono miei):20
«Sacrificato? No. Ho pescato molto e con molto utile. Questo per il pesce. Per il resto, roba di casa. Non costa nulla e dà in compenso tanta gioia a portarla. E poi... Sono le Encenie ormai... È uso. No?! Non assaggi il miele?».
«Non posso», dice serio Marziam.
«Perché? Stai male?».
«No. Ma non posso mangiarlo».
«Ma perché?».
Il bambino diventa rosso ma non risponde. Guarda Gesù e tace. Gesù sorride e spiega: «Marziam ha fatto un voto per ottenere una grazia. Non può prendere miele per quattro settimane».
«Ah! bene! Lo mangerai dopo... Prendi il vaso lo stesso... Ma guarda! Non lo credevo così... così...».
«Così generoso, Simone. Chi si inizia alla penitenza da bambino troverà facile il cammino della virtù per tutta la vita», dice Gesù mentre il bambino va via col suo vasetto fra le mani.
Pietro lo guarda andare, ammirato.
La giornata segue comunque il suo corso finché rivediamo il gruppo riunito a cena.21
23 ottobre 1945.
1Non so se sia lo stesso giorno, ma lo suppongo per la presenza di Pietro alla tavola familiare di Nazaret.
Il pasto è quasi ultimato e Sintica22 si alza per mettere sulla tavola delle mele, noci, uva e mandorle che terminano la cena, perché è sera e le lucerne sono già accese.
Sulle lucerne verte proprio il discorso mentre Sintica porta la frutta.
Pietro dice: «Quest'anno noi ne accenderemo una di più, poi sempre di più, per te, figlio mio. Perché la vogliamo accendere noi per te, anche se sei qui. La prima volta che l'accendiamo per un bambino...», e Simone si commuove un poco terminando: «Certo... se c’eri anche tu era più bello...».
«L'anno passato ero io, Simone, che sospiravo così per il Figlio lontano, e con me Maria d'Alfeo e Salome, e anche Maria di Simone, nella sua casa di Keriot, e la madre di Tommaso...».
«Oh! la madre di Giuda! Quest'anno avrà il figlio... ma non credo che sarà più felice...
Lasciamo andare... Noi eravamo da Lazzaro. Quanti lumi!...
Pareva un cielo d'oro e fuoco. Quest'anno Lazzaro ha sua sorella... Ma sono certo di dire il vero dicendo che sospireranno pensando che Tu non ci sei. 2E l'anno che viene? Dove saremo?»
«Io sarò molto lontano...», mormora Giovanni.23
Pietro si volta a guardarlo, perché lo ha di fianco, e sta per chiedere qualche cosa, ma fortunatamente si sa frenare per il richiamo di un'occhiata di Gesù.
Marziam chiede: «Dove sarai?».
«Per la misericordia del Signore spero in seno ad Abramo...».
«Oh! vuoi morire? Non vuoi evangelizzare? Non ti spiace di morire senza averlo fatto?».
«La parola del Signore deve uscire da labbra sante. Molto è se mi ha permesso di udirla e di redimermi per essa. Mi sarebbe piaciuto... Ma è tardi...».
«Eppure tu evangelizzerai. Lo hai già fatto. Tanto da attirare su te l'attenzione. Perciò sarai chiamato ugualmente discepolo evangelizzatore, anche se non peregrinerai spargendo la Buona Novella; ed avrai nell'altra vita il premio riserbato ai miei evangelizzatori».
«La tua promessa mi fa desiderare la morte... Ogni minuto di vita può celare un'insidia, ed io, debole come sono, non potrei forse superarla. Se Dio mi accoglie, pago di ciò che ho compiuto, non è grande bontà che va benedetta?».
«In verità ti dico che la morte sarà somma bontà per molti, che in tal modo conosceranno sino a che punto l'uomo si indemonia da un punto dove la pace li consolerà di questa conoscenza e la muterà in osanna, perché sarà connessa alla inesprimibile gioia della liberazione dal Limbo».
«E gli anni dopo dove saremo, Signore?», chiede attento Simone Zelote.
«Dove all'Eterno piacerà. Vuoi tu prenotare il tempo lontano, quando non siamo sicuri del momento che viviamo e se ci sarà concesso di finirlo? Del resto, qualunque sia il posto dove avvengano le future Encenie, sempre santo sarà se ivi sarete per compiere la volontà di Dio».
«Sarete? E Tu?», chiede Pietro.
«Io sempre sarò dove saranno i miei diletti».
Maria non ha mai parlato. Ma i suoi occhi non hanno lasciato per un momento di scrutare il viso del Figlio...
3La riscuote l'osservazione di Marziam che dice: «Perché, Madre, non hai messo in tavola le focacce col miele? A Gesù piacciono e a Giovanni farebbero bene per la sua gola.
E poi piacciono anche al padre mio...».
«E anche a te», termina Pietro.
«Per me... è come non ci fossero. Ho promesso...».
«È per questo, caro, che non le ho messe...», dice Maria accarezzandolo, perché Marziam è fra Lei e Sintica su un lato della tavola, mentre i quattro uomini sono sul lato opposto.
«No, no. Le puoi portare. Anzi, le devi portare. E le darò io a tutti».
Sintica prende una lucerna, esce, torna con le focacce. E Marziam le prende il vassoio e inizia la distribuzione. La più bella, dorata, sollevata a maestria di pasticciere, la dà a Gesù. Una, seconda in perfezione, a Maria. Poi è la volta di Pietro, poi di Simone, poi di Sintica. Ma per darla a Giovanni il bambino si alza e va al fianco del vecchio e malato pedagogo e gli dice: «A te la tua e la mia, più un bacio, per tutto quello che insegni». Poi torna al suo posto posando risolutamente il vassoio in mezzo alla tavola e incrociando le braccia.
«Mi fai andare per traverso questa delizia», dice Pietro vedendo che Marziam non ne prende proprio. E aggiunge: «Almeno un pezzettino. Toh! della mia, tanto per non morire di voglia. Soffri troppo... Gesù te lo concede».
«Ma se non soffrissi non avrei merito, padre mio. É ben perché sapevo che mi avrebbe fatto soffrire, che ho offerto questo sacrificio... E del resto... Sono così contento da quando l'ho fatto che mi pare di essere pieno di miele. Ne sento il sapore da per tutto, mi pare persino di respirarlo con l'aria...».
«É perché ne muori di voglia».
«No. È perché so che Dio mi dice: "Bene fai, figlio mio».
«Il Maestro ti avrebbe fatto contento anche senza questo sacrificio. Ti ama tanto!».
«Sì. Ma non è giusto che, perché sono amato, me ne approfitti. Egli lo dice, del resto, che grande è la ricompensa in Cielo anche per una coppa d'acqua offerta in suo nome. Penso che, se è grande per un calice dato ad altri in suo nome, lo sarà anche per una focaccia o un poco di miele negato a se stessi per amore di un fratello. 4Dico male, Maestro?».
«Parli con saggezza. Io potevo, infatti, concederti ciò che mi chiedevi per la piccola Rachele anche senza il tuo sacrificio, perché era cosa buona da farsi ed il mio cuore la voleva. Ma con più gioia l'ho fatto perché aiutato da te.
L'amore per i nostri fratelli non si limita a mezzi e limiti umani, ma si alza a ben più alti luoghi. Quando è perfetto tocca assolutamente il trono di Dio e si fonde con la sua infinita carità e bontà.
La comunione dei santi è proprio questo operare continuo, come continuamente e con tutti i modi opera Iddio, per dare aiuto ai fratelli, sia nei loro bisogni materiali come nei loro bisogni spirituali o in ambedue, come lo è nel caso di Marziam che, ottenendo la guarigione di Rachele, la solleva dalla malattia e nello stesso tempo solleva lo spirito abbattuto della vecchia Giovanna e accende una confidenza sempre più grande nel Signore nel cuore di tutti di quella famiglia.
Anche una cucchiaiata di miele sacrificata può servire a riportare pace e speranza ad un afflitto, così come la focaccia, o altro cibo non mangiato per scopo d'amore, può ottenere un pane, miracolosamente offerto, ad un affamato lontano e che sarà per noi sempre sconosciuto; e la parola d'ira, anche se giusta, trattenuta per spirito di sacrificio, può impedire un delitto lontano, così come resistere alla voglia di cogliere un frutto, per amore, può servire a dar pensiero di resipiscenza ad un ladrone e così sventare un ladrocinio.
Nulla va perso nell'economia santa dell'amore universale.
Non l'eroico sacrificio di un bambino davanti ad un piatto di focacce come non l'olocausto di un martire.
Anzi, vi dico che l'olocausto di un martire ha sovente origine dalla educazione eroica che egli si è data fin dall'infanzia per amore di Dio e del prossimo».
5«Allora è proprio bene che io faccia sempre sacrifici. Per il tempo in cui saremo perseguitati», dice convinto Marziam.
«Perseguitati?», chiede Pietro.
«Sì. Non ti ricordi che Egli lo ha detto? "Sarete perseguitati per causa mia". Me lo hai detto tu, quando sei venuto per la prima volta da solo a evangelizzare a Betsaida, nell'estate».
«Si ricorda tutto, questo bambino», commenta Pietro ammirato.
La cena ha termine. Gesù si alza. Prega per tutti e benedice. E poi, mentre le donne vanno ai loro lavori di riordino delle stoviglie, Gesù con gli uomini si mette in un angolo della stanza intagliando un pezzo di legno, che sotto gli sguardi ammirati di Marziam si trasforma in una pecorella...
Gesù diceva che il più povero degli uomini può essere il più ricco e beneficare un numero senza misura di fratelli, se sa amare sino al sacrificio, per cui anche qualora un uomo fosse ridotto in totale miseria egli potrebbe sempre beneficare pregando e soffrendo per i fratelli.
Se un piccolo sacrificio, come un semplice ‘fioretto’ – fatto che è pur sempre una piccola ‘sofferenza’ - può attirare grazie dal Cielo, la vera sofferenza voluta ed offerta per la salvezza degli altri - nella Comunione dei santi - è il gradino più alto dell’amor di prossimo.
Fu infatti l’offerta che per primo offrì Gesù, Uomo-Dio, per il riscatto e la salvezza dell’Umanità.
È anche quella, minore ma sempre molto importante, che offrì a Gesù l’anima-vittima Maria Valtorta e che le valse – oltre che la gloria in cielo - anche il dono dell’Opera che – dopo duemila anni - narra oggi vita, insegnamenti, miracoli, morte e Resurrezione di Gesù, permettendoci così di poterlo conoscere e amare come mai avremmo potuto.
La prossima riflessione sulla nostra settima affermazione del Credo sarà dedicata a:
4. GESÙ: «VEDO IL MIO DOLORE MUTARSI IN GAUDIO ETERNO PER UNA MOLTITUDINE DI CREATURE. E ABBRACCIO IL DOLORE COME LA PIÙ GRANDE FORZA PER RAGGIUNGERE LA FELICITÀ PERFETTA, CHE È QUELLA DI AMARE IL PROSSIMO SINO A SOFFRIRE PER DARGLI LA GIOIA. SINO A MORIRE PER ESSO».


NOTE al Capitolo 03
1  N.d.R.: Nei Quaderni del 1944 di M.V., 12 gennaio, Gesù dice: «La comunione dei santi non è limitata ai fratelli di fede. Essa si effonde su tutti i viventi, poiché il Primo che l'ha stabilita ed esercitata sono Io che per tutti ho effuso il mio Sangue
2  Catechismo della Chiesa cattolica:
3  M.V.: ‘I Quaderni del 1943’ – 14 agosto 1943 – Centro Editoriale Valtortiano
4  M.V.: ‘Libro di Azaria’ – Cap. 40 – 17 novembre 1946 – Centro Editoriale Valtortiano
5  vedi: Genesi 18, 16-33; (Giacomo 5, 16).
6  vedi: Poema VIII, p. 345, n. 6.
7  vedi: Poema IX, p. 159, n. 80; X, p. 99, n. 12.
8  vedi, per esempio: Sapienza 1, 16 - 5, 23 passim; Matteo 5, 1-12; 25, 31-46; Luca 6, 20-23.
9  vedi, per esempio: Sapienza 1, 16 - 2, 9; Isaia 22, 12-14; Ia Corinti 15, 32-34.
10  vedi, per esempio: Salmo 1; Sapienza 5, 14; Luca 16, 19-31.
11  Sulla potenza della preghiera dei buoni, vedi, per esempio: Genesi 18, 16-33; Esodo 32, 11-14; Deuteronomio 9,   
     25-29; Geremia 5, 1-20; Ezechiele 22; Giacomo 5, 13-18.
12  Questa affermazione, alla nostra mentalità latina, giuridica, logica, sembra un colossale errore... Ma non lo è, se la si considera - come di dovere nella luce e nell'armonia biblica.
a) Dio è l'Amore (I Giovanni 4, 7-16) infinito e onnipotente, Creatore, Padre, Sposo (Isaia 54, 4-10): assolutamente parlando «potrebbe sopportare» tutto.
b) Di fatto però non sopporta di essere totalmente abbandonato, e vuole che almeno qualcuno dia prova di buona volontà, di amore (« rugiada di carità »), e lo preghi. Eloquente è il testo di Geremia 5, 1: Percorrete le vie di Gerusalemme ... se scoprirete un uomo che osserva il diritto, che cerca la verità, allora perdonerò a questa città, dichiara il Signore ». Venuta la pienezza dei tempi, prefigurata e preparata attraverso i secoli, (I Corinti 10, 6-11), sarà proprio a causa di Uno, il quale per amore s'immolerà e con amore pregherà (Ebrei 5, 7-10; 9, 1 - 10, 18), che l'Umanità sarà salva (Romani 5, 12-21). A Lui però, al suo sacrificio, alla sua supplica, assecondando l'ispirazione divina, si assoceranno i Santi di tutti i tempi (Colossesi 1, 24). Vedi anche n. 7.
13  Gn 18, 1-15.
14  Gn 18, 1-33
15  N.d.R.: Su questo punto, tuttavia, una volta mi venne detto esistere un commento biblico precisante che - se Abramo avesse insistito a scendere fino a cinque – Sodoma e Gomorra non sarebbero state distrutte perché alcuni giusti c’erano ancora: Lot e la sua famiglia.
16  M.V.: ‘I Quaderni del 1944’ – 4 agosto 1944 – Centro Editoriale Valtortiano
17  M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. III – Cap. 199-8/9 - C.E.V.
18  M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. V, Cap. 309 – Centro Editoriale Valtortiano
19  Susanna: la sposa delle Nozze di Cana, poi diventata discepola, spesso al seguito del Gruppo apostolico
20  M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. V - Cap. 310.3 – Centro Ed. Valtortiano
21  M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. V, Cap. 311 – Centro Editoriale Valtortiano
22  N.d.A.: Sintica, bella e colta giovane schiava greca, pura di sentimenti, fuggita dal suo padrone romano che voleva approfittarsene, incontrata da Gesù e nascosta nel suo Gruppo per portarla successivamente e definitivamente in salvo mandandola in esilio in gran segreto in Siria insieme a Giovanni di Endor. Costui era molto malato ma anche molto colto, un pedagogo - altro interessante personaggio incontrato casualmente da Gesù – tradito dalla moglie e colpevole di un assassinio passionale, incarcerato ma poi evaso, e… convertito da Gesù.
23  Giovanni di Endor, vedi nota precedente
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