

Voce narrante • SIMONA SERAFINI
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6ª parte – Cap. 01. «IN PRINCIPIO DIO CREÒ IL CIELO E LA TERRA. LA TERRA ERA DESERTA E VUOTA; LE TENEBRE RICOPRIVANO L'ABISSO E SULLE ACQUE ALEGGIAVA LO SPIRITO DI DIO...»
1.1 Lo Spirito Santo secondo il Catechismo Maggiore di San Pio X.
Chi sia lo Spirito Santo ce lo spiega – in maniera chiara e molto semplice il Catechismo Maggiore di San Pio X, attraverso una serie di domande e risposte:1
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131 D. Che cosa c'insegna l'ottavo articolo: Io credo nello Spirito Santo?
R. L'ottavo articolo del Credo c'insegna che vi è lo Spirito Santo, terza Persona della santissima Trinità, che Egli è Dio eterno, infinito, onnipotente, Creatore e Signore di tutte le cose, come il Padre e il Figliuolo.
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132 D. Da chi procede lo Spirito Santo?
R. Lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliuolo per via di volontà e di amore, come da un solo principio.
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133 D. Se il Figliuolo procede dal Padre, e lo Spirito Santo procede dal Padre e dal Figliuolo, pare che il Padre e il Figliuolo siano prima dello Spirito Santo: come dunque si dice che sono eterne tutte e tre le Persone?
R. Si dice che sono eterne tutte e tre le Persone, perché il Padre ab eterno ha generato il Figliuolo; e dal Padre e dal Figliuolo ab eterno procede lo Spirito Santo.
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134 D. Perché la terza Persona della santissima Trinità si chiama particolarmente col nome di Spirito Santo?
R. La terza Persona della santissima Trinità si chiama particolarmente col nome di Spirito Santo perché Essa procede dal Padre e dal Figliuolo per modo di spirazione e d'amore.
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135 D. Quale opera viene attribuita specialmente allo Spirito Santo?
R. Allo Spirito Santo viene attribuita specialmente la santificazione delle anime.
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136 D. Il Padre e il Figliuolo ci santificano egualmente che lo Spirito Santo?
R. Sì, tutte e tre le divine Persone ci santificano egualmente.
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137 D. Se così è, perché la santificazione delle anime si attribuisce in particolare allo Spirito Santo?
R. La santificazione delle anime si attribuisce in particolare allo Spirito Santo perché essa è opera d'amore, e le opere d'amore si attribuiscono allo Spirito Santo.
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138 D. Quando discese lo Spirito Santo sopra gli Apostoli?
R. Lo Spirito Santo discese sopra gli Apostoli nel giorno della Pentecoste, cioè cinquanta giorni dopo la Risurrezione di Gesù Cristo, e dieci dopo la sua Ascensione.
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139 D. Dov'erano gli Apostoli nei dieci giorni prima della Pentecoste?
R. Gli Apostoli erano riuniti nel cenacolo in compagnia di Maria Vergine e degli altri discepoli, e perseveravano nell'orazione, aspettando lo Spirito Santo, che Gesù Cristo aveva loro promesso.
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140 D. Quali effetti produsse lo Spirito Santo negli Apostoli?
R. Lo Spirito Santo confermò nella fede gli Apostoli, li riempi di lumi, di forza, di carità e dell'abbondanza di tutti i suoi doni.
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141 D. Lo Spirito Santo è egli stato mandato per i soli Apostoli?
R. Lo Spirito Santo è stato mandato per tutta la Chiesa, e per ogni anima fedele.
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142 D. Che cosa opera lo Spirito Santo nella Chiesa?
R. Lo Spirito Santo, come l'anima nel corpo, vivifica la Chiesa con la sua grazia e coi suoi doni; vi stabilisce il regno della verità e dell'amore; e l'assiste perché conduca sicuramente i suoi figliuoli per la via del cielo.
1.2 Lo Spirito Santo secondo la mia ‘immaginazione’.
Il Credo dice dunque che lo Spirito Santo è la terza Persona della Santissima Trinità che ‘procede dal Padre e dal Figlio per modo di spirazione d’amore’ e che ‘Egli è Dio eterno, infinito, onnipotente, Creatore e Signore di tutte le cose, come il Padre e il Figliuolo’.
Ove si pensi che queste tre 'Persone' sono purissimo Spirito - di più: tre Spiriti in uno - la mente vacilla.
Il 'Padre' in qualche modo possiamo riuscire a raffigurarcelo, se non altro come ce lo ha dipinto in maniera eccelsa Michelangelo nella Cappella Sistina con il famoso affresco sulla ‘creazione’ di Adamo:
Un ‘Padre’ contornato da Angeli che gli fanno corona, che protende il ‘Dito di Dio’ verso la sua prima creatura, solenne ed austero, con chioma folta e barba bianca, sopracciglia folte e forse un poco aggrondate, fronte spaziosa, sguardo lucido e penetrante, imponente nella sua maestà.
Il 'Figlio'…, beh!, qui è più facile immaginarselo. I dipinti certo non mancano fin dalle più antiche tradizioni pittografiche orientali, e poi ci sono tanti 'film' di vita evangelica.
L’immagine di Gesù è quella della iconografia classica mentre dal negativo della Sindone - attraverso speciali apparecchiature – sono riusciti a fare delle ricostruzioni ‘fotografiche’ quasi credibili.
Una raffigurazione di Gesù oggi molto nota è ad esempio quella raffigurata dal dipinto fatto fare su indicazione di Santa Faustina Kowalska:
Quello della Kowalska, un ‘Gesù Risorto’ con il Suo Corpo Glorificato, sembra che assomigli a quello che ci descrive Maria Valtorta in certe sue visioni: ad esempio il Gesù della Trasfigurazione sul Tabor o, meglio ancora, il Gesù appena risorto che si mostra alla Sua Mamma la quale – come descritto nell’Opera valtortiana – vede all’improvviso materializzarsi davanti a Lei nella sua camera il Figlio ‘…raggiante, bello, infinitamente più bello di quando ancora non aveva patito, sorridente, vivo, luminoso più del sole, vestito di un bianco che par luce tessuta e che si avanza verso di Lei…’.
Maria SS. – descrive ancora Maria Valtorta – sta in ginocchio di fronte a Lui come una serva ma Gesù non la vuole vedere così, la sua Mamma, ‘… e la chiama, tendendole le Mani dalle cui ferite escono raggi che fanno ancor più luminosa la sua Carne gloriosa: «Mamma!»…’.2
Io – da parte mia – mi immagino il Figlio umanamente come un Uomo-Dio, alto, snello, con una barba appena accennata, due sottili baffetti che si fondono con la barba, capelli lunghi di un biondo ramato, fisicamente 'bello', occhi azzurri, uno sguardo a volte dolce, a volte magnetico e imperioso, a volte sognante e ispirato, in una tunica color avorio a maniche larghe, lunga fino ai piedi, con un cordone che gli cinge la vita.
La SS. Trinità – e lo Spirito Santo in essa – è tuttavia un mistero ‘ineffabile’, cioè ‘indicibile’.
Per questo Dio Padre, attraverso i suoi profeti, attraverso il Verbo Suo Figlio, mandato in mezzo a noi, ha voluto spiegarci semplicemente che Egli ci è 'Padre', che il Suo Verbo è 'Figlio', e che lo Spirito Santo è 'Amore', che li unisce.
Ma lo Spirito Santo? Chi è, Lui, personalmente? Come possiamo immaginarcelo per avere con lui un ‘rapporto’ più umano?
Non è il ‘Padre’, non è Gesù-Verbo incarnato, ma come si fa – potrebbe dire qualcuno - ad immaginarselo come una 'colomba' ?
Ne parla infatti il Vangelo nell’episodio del Battesimo di Gesù da parte di Giovanni Battista al guado del Giordano3.
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" Giovanni rese testimonianza dicendo: 'Ho visto lo Spirito scendere come una colomba dal cielo e posarsi su di lui. Io non lo conoscevo, ma chi mi ha inviato a battezzare con acqua, mi aveva detto: L'uomo sul quale vedrai scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo. E io ho visto e ho reso testimonianza che questi è il Figlio di Dio'..."
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Se lo Spirito Santo voleva manifestarsi spiritualmente ma in qualche forma percepibile dai sensi umani di coloro che erano presenti al Giordano, potremmo in effetti ben pensare che avesse scelto di materializzarsi ai loro occhi come una leggiadra, aerea, bianca e pura colomba sul capo di Gesù, mentre il Padre tuonava dal Cielo: ‘Tu sei il mio Figlio diletto, in te mi sono compiaciuto’.4
Tuttavia - quale purissimo Spirito che sfugge alla nostra capacità immaginativa, non vedendo in Lui né un riferimento concreto come la figura di un ‘Padre’ né di quella storica di Gesù - non è facile, per noi uomini carnali, ‘concretizzare’ antropologicamente un rapporto con Lui, fatto che rende a molti più difficile pregarlo ed ‘umanizzare’ la nostra relazione nei Suoi confronti nonostante il nostro corpo, o meglio il nostro spirito, dovrebbe in teoria essere il Suo ‘tempio’, se solo glielo permettessimo.
Possiamo anzi dire senza tema di sbagliare che non ama perfettamente Dio chi non lo ama in tutte le sue tre Persone.
Dello Spirito Santo ne parla fin dal principio la Genesi biblica dove - a proposito della Creazione - si legge5:
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'In principio Dio creò il cielo e la terra. La terra era deserta e vuota; le tenebre ricoprivano l'abisso e sulle acque aleggiava lo Spirito di Dio...'
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Noi sappiamo poi che il Verbo si è incarnato in Maria SS. per opera dello Spirito Santo.
Sappiamo inoltre che per ‘trasformare’ e preparare alla Evangelizzazione gli apostoli dopo la Ascensione di Gesù al Cielo è stata necessaria la ‘discesa’ su di essi dello Spirito Santo nel Cenacolo dove essi lo attendevano in preghiera.
Sappiamo infine che nella Santa Messa il Sacerdote consacra l’Ostia chiedendo al Padre di mandare il Suo Spirito per trasformare la particola in Gesù-Dio.
Non ci deve dunque meravigliare che – come si legge in Genesi - lo Spirito Santo dovesse ‘aleggiare’ sulle acque che ricoprivano la terra ancora informe e nuda per operare quelle misteriose trasformazioni che l’hanno progressivamente fatta divenire quella meravigliosa realtà attuale fatta di monti, mari, laghi, fiumi, foreste per non parlare della vita animale e vegetale.
1.3 Lo Spirito Santo secondo Maria Valtorta…
A proposito dello Spirito Santo che si librava sulle acque e sulla terra primordiale ritrascrivo quanto - in una delle mie precedenti ‘riflessioni’ - lo stesso Spirito Santo aveva detto di Sé alla mistica Valtorta:6
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2 febbraio 1948
Dice il Divinissimo Autore:7
«[…] ‘Lo Spirito di Dio si librava sulle acque’, è detto, ed è una delle prime parole della meravigliosa storia della Creazione. Già era Dio. Sempre Egli fu. E per il suo Essere poté creare dal nulla il tutto; dal disordine l’ordine; dall’incompleto - più: dall’informe - il completo, il formato con legge di sapienza potentissima. Dal caos sorse l’universo. Dai vapori carichi di molecole confuse, dalla anarchia degli elementi, ‘creò il cielo e la terra’ e subito il suo Spirito ‘si librò sopra le acque’.
E mano a mano che le successive opere della creazione si compievano, ‘lo Spirito del Signore’ si librava su esse con le sue leggi e provvidenze. Successive opere e sempre più potenti. Dal caos che si separa e ordina per, dirò, famiglie – parti solide con parti solide per formare il globo del pianeta Terra, parti umide con parti umide per formare successivamente i mari, laghi, fiumi, ruscelli – alla luce, la prima delle cose non solo ordinate con elementi già esistenti nel caos, ma creata, con potere proprio, dal nulla.
Poiché la luce non era, ‘le tenebre coprivano la faccia dell’abisso’, ossia del caos nel quale confusamente si urtavano masse di vapori, carichi di umidità, di gas, di molecole.
E Dio creò la luce. La sua luce. Egli concesse al mondo, che sorgeva dal nulla per suo volere, l’attributo, uno degli attributi suoi: la luce.
In ogni caso – anche con la suddetta spiegazione - potremmo dire che lo Spirito Santo rimarrebbe per noi un Grande Sconosciuto se la mistica Valtorta, rapita in estasi, non ci spiegasse qualche cosa di più.
È il 15 agosto del 1946, giorno dell’Assunta, quando in Cielo si fa festa e si concedono anche grandi grazie a noi che viviamo sulla Terra.
La Valtorta - come al solito, inferma nel suo letto - contempla in visione il gruppo apostolico in marcia in una delle sue tappe di trasferimento da un villaggio all’altro per evangelizzare. Siamo verso la fine dell’estate del terzo anno della vita pubblica di Gesù il quale – in quel momento - proveniva con gli apostoli da una cittadina dove Egli aveva operato un grande miracolo.
Una donna, sul punto di essere ripudiata dal marito Daniele, si era messa in cerca di Gesù - venendo dalla diaspora, dalla lontana città di Sidone – affinché Egli guarisse il suo figlioletto infermo.
Il marito, un ricco mercante ebreo, la voleva cacciare perché – oltre ad avergli dato un maschio cieco, gli aveva poi dato tre femmine, rimanendo infine anche sterile.
Egli voleva dunque dare ‘libello’ alla moglie a favore di un’altra donna che gli desse un discendente maschio sano che potesse ereditare e condurre gli affari di famiglia.
La moglie – che amava il figlioletto, il marito e l’unità della sua famiglia – lo aveva implorato di aspettare, nella speranza che il Messia, di cui le avevano parlato come dell’Uomo dei miracoli, potesse appunto guarire il bambino. L’uomo aveva allora accettato che lei partisse per cercarlo e promesso di attendere il suo ritorno.
La donna riesce dunque ad incrociare finalmente la strada di Gesù che vede attorniato dalla folla. Il piccolo, un bimbetto dagli occhi tristi e dalle palpebre abbassate – richiesto dalla madre – alza una sorta di lamento: ‘Pietà di me, Gesù’.
Gesù lo ode e gli si avvicina.
La donna – che aveva tanta fede in Lui – gli chiede miracolo, e Gesù dona al piccolo la vista o meglio due splendidi occhi azzurro cupo come quelli dello stesso Gesù. Infatti il bimbo era nato privo dei bulbi oculari, con due cavità sotto le palpebre abbassate che coprivano il vuoto.
Il Gruppo apostolico riprende dunque il cammino, ed ecco - con particolare riferimento anche allo Spirito Santo – cosa scrive Maria Valtorta (i grassetti sono miei)8:
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474. Una visione che si perde in un rapimento d'amore.
15 agosto 1946.
Come sovente fanno mentre camminano, forse per alleggerire con questa distrazione la monotonia del continuo camminare, gli apostoli parlano fra loro, riepilogando e commentando gli ultimi avvenimenti, interrogando ogni tanto il Maestro, che generalmente parla poco, tanto per non essere scortese, riserbando questa fatica solo quando è il caso di ammaestrare la gente o i suoi apostoli, correggendo idee storte, confortando degli infelici.
Gesù era la «Parola», ma non era certo la «chiacchiera»!
Paziente e gentile come nessuno, senza mostrare mai di aver noia per dovere ripetere un concetto una, due, dieci, cento volte, per farlo entrare nelle teste corazzate dai precetti farisaici e rabbinici, incurante della sua stanchezza, che talora è tanta da essere certo anche sofferenza, pur di levare la sofferenza morale o fisica ad una creatura.
Ma è palese come preferisca tacere, isolarsi in un silenzio meditativo capace di durare molte ore, se non ne viene strappato da qualcuno che lo interroga.
Generalmente è sempre un poco più avanti dei suoi apostoli, va allora a testa un poco china, alzandola di tanto in tanto a guardare il cielo, la campagna, le persone, gli animali.
Guardare ho detto. Ma ho detto male. Devo dire: amare. Perché è sorriso, sorriso di Dio, quello che da quelle pupille si riversa a carezzare il mondo e le creature, sorriso-amore.
Perché è amore che traluce, che si espande, che benedice, che purifica la luce del suo sguardo, sempre intenso, ma intensissimo quando esce da un raccoglimento...
Cosa saranno i suoi raccoglimenti? Io penso - e sono certa di non sbagliare, perché basta osservare l'espressione del suo viso per vedere ciò che sono - io penso che sono ben più delle nostre estasi, nelle quali la creatura già vive in Cielo. Sono la «riunione sensibile di Dio con Dio».
Sempre presente e unita la Divinità al Cristo, che era Dio come il Padre. In Terra come in Cielo il Padre è nel Figlio e il Figlio è nel Padre, che si amano e amandosi generano la Terza Persona.
La potenza del Padre è la generazione del Figlio, e l'atto di generare e di essere generato crea il Fuoco, ossia lo Spirito dello Spirito di Dio.
La Potenza si volge alla Sapienza che ha generata, e questa si volge alla Potenza nella gioia di essere l'Uno per l'Altro e di conoscersi per ciò che sono. E, posto che ogni conoscenza buona reciproca crea amore - anche le nostre conoscenze imperfette - ecco lo Spirito Santo...
Ecco Quello che, se fosse possibile mettere una perfezione nelle perfezioni divine, sarebbe da chiamarsi la Perfezione della Perfezione. Lo Spirito Santo!
Colui che al solo pensarlo empie di luce, di gioia, di pace...
Nelle estasi del Cristo, quando l'incomprensibile mistero dell'Unità e Trinità di Dio si rinnovava nel Ss. Cuore di Gesù, quale completa, perfetta, incandescente, santificante, gaudiosa, pacifica produzione di amore doveva generarsi ed effondersi come calore da una ardente fornace, come incenso da ardente turibolo, a baciare col bacio di Dio le cose create dal Padre, fatte per mezzo del Figlio-Verbo, fatte per l'amore, per il solo Amore, ché tutte le operazioni di Dio sono Amore?
E questo è lo sguardo dell'Uomo-Dio quando, da Uomo e da Dio, alza gli occhi, che hanno contemplato in Sé il Padre, Se stesso e l'Amore, a guardare l'Universo, ammirando la potenza creativa di Dio, come Uomo; giubilando di poterla salvare nelle creature regali di essa creazione, gli uomini, come Dio. Oh! non si può, nessuno potrà, né poeta, né artista, né pittore, rendere visibile alle folle quello sguardo di Gesù uscente dall'abbraccio, dalla riunione sensibile con la Divinità, unita ipostaticamente all'Uomo sempre, ma non sempre così profondamente sensibile all'Uomo che era Redentore e che perciò ai suoi molti dolori, ai suoi molti annichilimenti doveva aggiungere anche questo, grandissimo, di non poter più essere sempre nel Padre, nel gran vortice dell'Amore come era in Cielo: onnipotente... libero... gioioso.
Splendida la potenza del suo sguardo di miracolo, dolcissima l'espressione del suo sguardo d'uomo, mestissima la luce di dolore nelle ore di dolore... Ma sono sguardi ancora umani, sebbene perfetti d'espressione. Questo, questo sguardo di Dio che si è contemplato e amato nella Triniforme Unità, non è più paragonabile, non c'è aggettivo per esso...
E l'anima gli si prostra davanti, adorando, resa "nulla" nella conoscenza di Dio, resa beata dal contemplare il suo infinito amore. I torrenti di delizie si versano nell'anima mia...
Io sono beata! Ogni dolore, ogni ricordo si annulla sotto le onde dell'amore di Gesù Dio... e queste onde mi alzano al Cielo, al Cielo, a Te!...
Grazie, mio adorabile Amore!... Grazie!...
Ora ti servo ancora... La creatura è tornata donna, è tornata "il portavoce" dopo essere stata per un attimo "serafino". Torna donna, torna creatura-martire, forse un altro tormento le è già alle spalle... Ma nel mio spirito brilla la luce che Tu mi hai data, la beatifica luce di averti contemplato; né torrenti di lacrime, né torture crudeli potranno spegnerla. Grazie, mio Benedetto! Tu solo mi ami!
Comprendo Paolo come mai finora!
«Chi potrà separarci dall'amore di Cristo?... Di queste cose siamo vincitori in virtù di Colui che ci ha amati... Io sono sicuro che né la morte, né la vita, né gli angeli, né i principati, né le virtù, né le cose presenti né le future, né la potenza, né l'altezza, né la profondità, né altra cosa creata potrà separarci dalla carità di Dio che è in Gesù Cristo Signor nostro».
È il peana vittorioso, giubilante, che squilla dalle schiere dei vittoriosi, degli amatori, dei salvati dall'amore, perché questa è la santità: la salvezza avuta perché si è stati amati e si è amato. Che già squilla! E lo spirito, ancor qui, prigioniero sulla Terra, lo sente e canta la sua gioia, la sua fiducia, la sua certezza... E luce, più ancora luce viene, e le parole luminose dell'Apostolo si illuminano ancor più, ancor più... «... la carità di Dio che è in Gesù Cristo Signor nostro».
Ecco, ora comprendo le parole di Azaria, di questo inverno: «Gesù è il compendio dell'amore dei Tre».
Ecco! Tutto l'Amore è in Lui.
Noi possiamo trovare questo Amore di Dio, noi uomini, senza attendere il ritorno a Dio, senza attendere il Cielo, amando Gesù.
Ecco! A chi crede si aprono dentro fonti d'acqua viva, fonti di luce, fonti di amore, perché chi crede va a Gesù, perché chi crede, crede che Gesù è nell'Eucarestia con il suo Corpo, Sangue, Anima, Divinità, come era in Terra, come è in Cielo, col suo Cuore, col suo Cuore! E nel Cuore di Gesù è la carità di Dio. E quando l'uomo riceve il Corpo Ss. di Gesù accoglie in sé il Cuore di Gesù. Ha perciò in sé non solo Gesù, ma ha la Carità di Dio, ossia ha Dio Padre, Figlio, Spirito Santo, perché la Carità di Dio è la Ss. Trinità che è un'unica cosa: l'Amore.
L'Amore che si spartisce in tre fiamme per farci triplicemente felici.
Felici di avere un Padre, un Fratello, un Amico. Felici di avere chi provvede, chi ammaestra, chi ama.
Felici di avere Dio! Oh! non posso più!... Signore, troppo grande è il tuo dono!
Chi me lo ottiene dai Cieli? Sei tu, Beatissima Madre, contemplata nel tuo fulgore di Assunta Regina del Cielo? Sei tu, amoroso di Cristo, dolce Giovanni di Betsaida, amico mio? Sei tu, amabile Patriarca protettore dei perseguitati, sollecito provveditore di conforti, Giuseppe veneratissimo? Sei tu, mia grande sorellina Teresa del B. G., che mi ottieni ciò che da ventuno anni chiedo: che trabocchino nell'anima mia le onde dell'Amore? Oh! se tu sei, compi l'opera. Ottienimi di morire non in uno di questi assalti d'amore. Sono anche io una piccola anima e non desidero cose straordinarie. Ma di morire dopo uno di questi assalti d'amore, quando sono tornata "piccola anima, piccolissima", fatta ancor più piccola dalla conoscenza di ciò che è l'Infinito Amore, dopo uno di questi assalti, perché dopo si è come ribattezzati dall'amore e non restano ombre di macchie in noi.
L'amore arde... O sei tu, Azaria, buon amico, che per tutte le lacrime che hai raccolte dal mio ciglio e portate in Cielo mi hai ottenuta quest'ora di beatitudine? Se tu sei, che tu ne sia benedetto! Però a te, a Teresa, a Giuseppe, a Giovanni e Maria Ss., io non chiedo che questa estasi mi torni ancora, ad empirmi di gaudio e di fuoco. Ma vi chiedo, vi supplico, che vada ad altri cuori, e specie a quelli che voi sapete, a quei cuori che torturano il mio e dispiacciono a Dio, che non sanno sentire e non sanno ubbidire. Se quei cuori avranno anche un attimo solo di questi assalti d'amore, si convertiranno all'Amore, al vero Amore. Ameranno. Con tutti se stessi. Con l'intelletto soprattutto, dal quale cadranno le muraglie del razionalismo, della scienza umana, che negano e che ostacolano la fede semplice e buona e mettono confini al potere di Dio. E col cuore dove si fonderanno, come cera al fuoco, le croste dell'egoismo, dell'invidia, dell'astio...
Fatelo, miei carissimi. Io accetto di non porre mai più le labbra sul calice ristoratore dell'amore, accetto di bere sempre, sino al ritorno a Dio, al calice amaro di tutte le rinunzie, ma che essi tornino sul sentiero luminoso, che essi si santifichino in ogni loro azione per meritare lo sguardo di Gesù-Dio, così come mi fu concesso di goderlo oggi.
Meritarlo qui, possederlo per sempre in Cielo, così come, sperando nel mio Signore, confido possederlo io pure...
Alle 12 dello stesso giorno. Rileggo. Penso ai teologi che leggeranno queste pagine. Forse troveranno degli errori nel mio parlare sull'estasi, sui raccoglimenti di Gesù.
Ricordino che io sono una povera ignorante, che non so di teologia né di termini teologici, e che mi sforzo di dire ciò che vedo così come posso e con quelle frasi che la mia povera mente può formare...
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16 agosto 1946.
Dico a Gesù: «Signore, ieri Tu mi hai travolta e tutto si è smarrito in Te. La visione...».
Sorride con dolce e divina letizia e risponde accarezzandomi: «Hai cantato invece che raccontato. Hai cantato. Tutto il Paradiso cantava ieri le glorie di mia Madre, e tu hai cantato insieme al Paradiso, e il Paradiso ha ascoltato ad un certo momento il tuo "a solo".
Sai quando?
Quando tu hai chiesto di non godere, ma che "essi" siano invasi dall'amore per essere salvati.
Il Cielo amante ha ascoltato te, perché rinunciare alla beatitudine perché altri abbiano la Vita è concesso solo a chi è sulla Terra essendo già cittadino dei Cieli. I Santi per il tuo canto si sono ricordati di quando essi erano i cantori sulla Terra. Gli Angeli hanno ascoltato guardando con fraterno compiacimento il tuo Azaria. Maria ha sorriso offrendo il tuo canto all'Amore. E l'Amore, oh! mia Maria! e l'Amore ti ha baciata... e ti bacia ancora. Sta' nel gaudio. Tu hai compreso l'Amore. Io sono in te, e in Me c'è Dio Uno e Trino come hai compreso. Percorri le vie della gioia soprannaturale oggi, invece delle strade di Palestina incontro al dolore di Gesù...
Maria, non sei felice di essere nelle condizioni che erano le mie nell'ultimo mio anno?
È un dono anche questo, e una luce per capirmi. Senza un'esperienza propria, e proporzionata, la creatura non potrebbe capire ciò che fu la mia lunga Passione. Ma oggi, come ieri, percorri le vie della gioia celeste. Dio è con te. Sta' in pace».
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E così, i discorsi degli apostoli sull'episodio di Giscala, sul miracolo del bambino cieco, su Tolemaide alla quale sono diretti, sulla strada a gradini tagliati nella roccia, dove si sono spinti per giungere all'ultimo paese di confine fra la Siro-Fenicia e la Galilea - e deve essere quella vista da me quando andavano ad Alessandroscene - su Gamaliele ecc., se ne sono andati. Ossia sono rimasti, per quanto ne ho sentito, nel mio cuore.
Dico solo che volevo dire questo. Che gli apostoli, che nei primi tempi, meno spiritualmente formati, disturbavano il Maestro facilmente, ora, più spiritualmente evoluti, rispettano i suoi isolamenti e preferiscono parlare fra loro, più indietro di due o tre metri. Soltanto quando necessita loro un'informazione, un giudizio, oppure diventa imperioso il loro amore per il Maestro, allora si accostano a Lui.
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Bene, credo che onestamente – noi che l’estasi non sappiamo cosa sia - non potremmo dire di aver capito ‘cosa’ sia lo Spirito Santo, anche perché – per noi ‘umani’ - non è ‘cosa’ che si capisce ma che semmai si ‘sente’.
Spero tuttavia di rendervene meglio l’idea in seguito.
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La prossima riflessione sulla nostra sesta affermazione del Credo sarà dedicata a:
2. IO SONO L’AMORE. NON HO VOCE MIA PROPRIA PERCHÈ LA MIA VOCE È IN TUTTO IL CREATO ED OLTRE IL CREATO.
NOTE al Capitolo 01
1 Il Credo, da il Catechismo Maggiore di San Pio X, Capo IX, dell’ottavo articolo.
2 M.V,: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. X – Cap. 618 1-2, ed. CEV.
3 Gv 1,32
4 Lc 3, 21-22
5 Gn 1, 1-2
6 G. Landolina: Della presente trattazione sul Credo vedere la ‘riflessione’: “Credo: 1) io credo in Dio padre onnipotente, creatore del cielo e della terra…”: Cap. 4.2
7 M.V.: ‘Lezioni sull’Epistola ai romani’ – Lezione 15a - Dettato 12 febbraio 1948 – ed. CEV.
8 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. VII, Cap. 474 – ed. CEV.