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5ª parte – Cap. 03. IL GIUDIZIO DI CONDANNA ALL’INFERNO.

3.1  Il Giudizio particolare e le quattro dimore dell’Aldilà: Paradiso, Purgatorio, Inferno e… Limbo. Il Limbo dei ‘giusti’ e dei bimbi non battezzati. Le quattro dimore dopo il Giudizio universale diverranno due.

Abbiamo fino ad ora parlato del Giudizio particolare.
Dopo aver meditato nel precedente capitolo del giudizio dei ‘pagani giusti ma non battezzati’ - che nelle parole dello Spirito Santo che parla alla mistica appaiono situati nel Limbo - sorge però spontanea una domanda: quante sono le dimore dell’aldilà? Tre o quattro?
La Dottrina cristiana - allo stato attuale delle cose e dal punto di vista del Dogma – ammette 'ufficialmente', almeno per ora, tre sole dimore dell'Aldilà: l'Inferno, il Purgatorio e il Paradiso.
Ma della necessità ed opportunità che debba esiste una quarta dimora, che viene detta Limbo, se ne sta discutendo da parecchi secoli e anche con importanti documenti della Chiesa che – pur non avendo valore dogmatico – godono comunque di grande autorevolezza.
La Dottrina cristiana insegna che per accedere al Paradiso dopo la morte del corpo bisogna essere battezzati, ma quale sarebbe allora la sorte dei giusti pagani non battezzati, o dei bambini morti in tenera età senza essere battezzati ma comunque incolpevoli, o addirittura di quelli morti nel grembo materno prima ancora della nascita che sono pur dotati di anima spirituale sin dal concepimento, oppure dei bimbi volutamente abortiti?
Se questo – almeno dal punto di vista del riconoscimento dogmatico – è un problema per la teologia, non lo è però per le rivelazioni ‘private’ dell’Opera valtortiana.
Il Limbo di cui si parla nell'Opera valtortiana esiste ed è il Limbo dei giusti 'non battezzati'.
Le 'dimore' dell’Aldilà – nell’Opera - risulterebbero essere dunque quattro: Inferno, Purgatorio, Paradiso e Limbo.
Delle quattro dimore solo due rimarranno però eterne dopo il Giudizio Universale, e cioè il Paradiso e l'Inferno, perché i purganti che avranno a quel punto terminato la purificazione ed i ‘giusti’ pagani non battezzati ma in attesa nel Limbo saliranno a quel punto in Paradiso.1
Sempre a proposito del Giudizio di Dio, nell'Opera di Maria Valtorta: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’, fra i tanti brani concernenti il Limbo vi è un episodio ed una spiegazione di Gesù agli apostoli che è al riguardo illuminante.
La mistica vede Gesù in visione. Egli è in cammino e - come era spesso solito fare, prendendo anche lo spunto da episodi giornalieri - impartisce degli insegnamenti agli apostoli che Egli andava 'formando' per prepararli alla loro futura missione.
Egli spiega loro che Dio è Carità, la quale è il suo attributo principale.
Dopo la fine del mondo - Egli continua - non sopravvivrà altra virtù che la Carità, ossia l'unione con il Creatore di tutte le creature che hanno vissuto con giustizia: non vi saranno tanti Cieli, uno per gli ebrei, uno per i cristiani, uno per i cattolici, uno per i Gentili e i pagani, ma vi sarà un solo Cielo e un solo premio: Dio, il Creatore che si ricongiunge ai suoi creati che si sono comportati da giusti.
Dunque un solo Signore, non un Dio per ogni religione.
Aggiunge però ancora - Gesù - agli apostoli (i 'grassetti' sono i miei): 2
'Ora vi rivelo una grande verità. Ricordatevela. Trasmettetela ai vostri successori. Non attendete sempre che lo Spirito Santo rischiari le verità dopo anni o secoli di oscurità.
Udite.
Voi forse direte: 'Ma allora che giustizia c'è ad essere della religione santa, se saremo alla fine del mondo ugualmente trattati, come lo saranno i Gentili?'
Vi rispondo: la stessa giustizia che c'è, ed è vera giustizia, per coloro che, pur essendo della religione santa, non saranno beati perché non saranno vissuti da santi.
Un pagano virtuoso, soltanto perché visse con virtù eletta, convinto che la sua religione era buona, avrà alla fine il Cielo.
Ma quando? Alla fine del mondo, quando delle quattro dimore dei trapassati due sole sussisteranno, ossia il Paradiso e l'Inferno. Perché la Giustizia, in quel momento, non potrà che conservare e dare i due regni eterni a chi dall'albero del libero arbitrio scelse i frutti buoni o volle i frutti malvagi.
Ma quanta attesa prima che un pagano virtuoso giunga a quel premio...
Non ve lo pensate? E questa attesa, specie dal momento in cui la Redenzione, con tutti i suoi conseguenti prodigi, si sarà verificata, e l'Evangelo sarà predicato nel mondo, sarà la purgazione delle anime che vissero da giuste in altre religioni ma non poterono entrare nella Fede vera dopo averla conosciuta come esistente e di provata realtà.
Ad essi il limbo per i secoli e secoli sino alla fine del mondo.
Ai credenti del Dio vero che non seppero essere eroicamente santi, il lungo Purgatorio; e per alcuni potrà avere termine alla fine del mondo.
Ma dopo l'espiazione e l'attesa, i buoni, quale che sia la loro provenienza, saranno tutti alla destra di Dio; i malvagi, quale che sia la loro provenienza, alla sinistra e poi nell'Inferno orrendo, mentre il Salvatore entrerà con i buoni nel Regno eterno'.
Ecco dunque perché il vero cristiano deve – non solo essere un ‘buon cristiano’ ma anche evangelizzare come aveva raccomandato ancora una volta da Gesù prima di ascendere al Cielo: per far sì che i 'giusti pagani' - se battezzati - possano più facilmente salvarsi divenendo 'giusti cristiani' e possano così anch’essi accedere al Cielo senza attendere nel Limbo fino alla fine del mondo.
Sento a questo punto sorgere spontanea in voi un’altra domanda: 'Che ne è allora di tutti i bimbi non nati, o di quelli nati ma non battezzati? Per non dire dei bimbi volutamente abortiti?'
Tutti salvi nel Limbo, spiega Gesù in un altro brano.
Essi infatti non sono 'chiesa' nel senso stretto della parola ma lo sono avendo ricevuto da Dio l'anima ed essendo morti incolpevoli se non addirittura in una sorta di ‘martirio di sangue’.
Ecco perché - spiega sempre Gesù - sarà grave e severissimo il Giudizio di Dio nei confronti di quelli che sopprimono una vita, anche embrionale, o appena venuta alla luce, vietandole così di ricevere il Sacramento del Battesimo che leva la Colpa di origine.
Il rigore divino3 è giustificato dal fatto che per secoli e millenni quelle anime vengono separate da Dio, in uno stato non di pena, ma neppure di vero gaudio.

3.2 Il Giudizio di condanna e la natura delle pene dell’Inferno.

Sempre a proposito del Giudizio divino ricorderò ancora due altri versetti della lettera di Paolo ai romani. 4
San Paolo dice che gli uomini che fanno il male - siano essi giudei o ‘greci' (cioè pagani) - saranno afflitti da angoscia e tribolazione e Dio – nel Suo Giudizio - impartirà loro condanna, come invece darà premio a chi avrà fatto il bene, a qualunque religione essi appartengano, come del resto spiegato in precedenza.
Lo Spirito Santo valtortiano ci illustra alcuni aspetti.5
Egli conferma il pensiero di Paolo sottolineando che l'uomo che fa il male sarà sempre affetto da angoscia e tribolazione.
Tale uomo - anche se non vorrà ammetterlo di fronte a se stesso – sarà, infatti, vittima del rimorso per le cattive azioni compiute.
Tale rimorso può essere suscitato da Dio allo scopo di aiutarlo a ravvedersi e tornare sulla buona strada, oppure da Satana che - dopo averlo fuorviato - si diverte a torturarlo con i sensi di colpa.
In tale situazione il colpevole, anziché prendersela con il suo padrone Satana, dà la colpa del rimorso e della propria sofferenza a Dio e - per dimostrargli allora spavaldamente che non lo teme - si butta ancora di più nel peccato.
Egli agisce così per rimuovere, per dimenticare e per soffocare la voce della propria coscienza che dal di dentro grida.
Il peccatore, si comporta dunque come quell'alcolizzato che, amando il vino che gli procura piacere e pur sapendo che esso fa male, ne beve ancora di più e se ne inebria anche per dimenticare i propri problemi.
Tuttavia il rimorso e l'angoscia per il senso di peccato non abbandonano mai il colpevole renitente se non talvolta - e questo sarebbe ancora il caso più fortunato - in punto di morte quando egli sa di doversi presentare al cospetto di Dio ed allora si pente in maniera 'perfetta', cosa che lo salva, sia pur lasciandolo poi soggetto a lunga espiazione.
Questa eventualità - continua lo Spirito Santo - è però molto difficile a realizzarsi per l'incallito peccatore perché questi o si pente solo parzialmente o non si pente affatto neppure in punto di morte, senza contare che la morte lo può cogliere all'improvviso senza che egli abbia avuto il tempo di pentirsi.
Comunque - dice ancora lo Spirito Santo - tale angoscia e tribolazione sono niente rispetto a quelle che il peccatore impenitente – giudicato da Dio - dovrà sopportare nell'Aldilà.
Nell'Inferno le sofferenze sono umanamente inimmaginabili, al punto che neanche se le descrivesse Dio riusciremmo a concepirle, così come gli uomini non riuscirebbero a concepire la gioia infinita che si prova in Paradiso.
L'estasi paradisiaca e la sofferenza infernale ci vengono oscurate perché esse sono tali che la mente umana non riuscirebbe a contenerle e l'uomo - fatto ancora di 'carne' - morrebbe d'amore o di orrore.
Dio – ribadisce poi lo Spirito Santo ricollegandosi ai versetti della ‘Lettera ai romani’ di Paolo - premierà o castigherà in misura giusta sia chi crede nella religione vera, sia chi crede in buona fede in altre religioni da lui ritenute vere, sia chi non ne abbia alcuna.
Ogni uomo è stato, infatti, dotato da Dio di anima spirituale e di ragione che gli suggeriscono come comportarsi.
Dio – nel Suo Giudizio - premierà dunque o castigherà a seconda del grado di conoscenza, di ragione e di ‘coscienza’ che l'uomo ha avuto e a seconda della fede che costui avrà riposto nella propria religione considerata 'vera'.
È la sua Fede che, infatti, lo 'assolve' se egli ha operato il bene per fare la volontà del 'suo' Dio.
Se l'uomo è pagano - e non conosce quindi la religione vera - Dio nel giudizio sarà anzi più benevolo con lui rispetto a dei cattolici che hanno conosciuto la religione vera ma poi non l'hanno ben praticata o nient'affatto praticata.
Dio - rispetto ai cattolici - sarà più benevolo con i pagani perché terrà conto di quale sforzo maggiore essi - separati dal Corpo mistico - hanno dovuto affrontare per mantenersi sulla giusta via, non avendo essi ricevuto la Grazia che deriva dal Battesimo, né conosciuto la Dottrina di Gesù che è Vita, né ottenuto tutti gli altri doni come i Sacramenti lasciatici da Gesù e le virtù che da tali doni scaturiscono.
Come dice dunque San Paolo - conclude lo Spirito Santo - Dio non fa distinzioni di uomini, razze o religioni, ma giudicherà veramente gli uomini non per le loro origini umane ma per le loro azioni.
Succederà così che molti cattolici - credendosi 'eletti' perché appartenenti alla religione 'vera' - scopriranno un giorno di essere stati preceduti da molti altri che, pur senza conoscere il Dio vero, lo hanno però seguito, obbedendo alla legge di giustizia che Dio ha inciso nella loro anima da Lui creata.
Vediamo comunque cosa dice Gesù - a proposito del Suo Giudizio di condanna all’Inferno - in un Dettato alla mistica (dove le sottolineature in grassetto sono mie):6
15 - 1 - 1944.
Dice Gesù:
«Una volta ti ho fatto vedere il Mostro d’abisso. Oggi ti parlerò del suo regno.
Non ti posso sempre tenere in paradiso. Ricordati che tu hai la missione di richiamare delle verità ai fratelli che troppo le hanno dimenticate. E da queste dimenticanze, che sono in realtà sprezzi per delle verità eterne, provengono tanti mali agli uomini.
Scrivi dunque questa pagina dolorosa. Dopo sarai confortata. È la notte del venerdì.
Scrivi guardando al tuo Gesù che è morto sulla croce fra tormenti tali che sono paragonabili a quelli dell’inferno, e che l’ha voluta, tale morte, per salvare gli uomini dalla Morte.
Gli uomini di questo tempo non credono più all’esistenza dell’inferno.
Si sono congegnati un al di là a loro gusto e tale da essere meno terrorizzante alla loro coscienza meritevole di molto castigo.   
Discepoli più o meno fedeli dello Spirito del Male, sanno che la loro coscienza arretrerebbe da certi misfatti, se realmente credesse all’inferno così come la Fede insegna che sia; sanno che la loro coscienza, a misfatto compiuto, avrebbe dei ritorni in se stessa e nel rimorso troverebbe il pentimento, nella paura troverebbe il pentimento e col pentimento la via per tornare a Me.
La loro malizia, istruita da Satana, al quale sono servi o schiavi (a seconda della loro aderenza ai voleri e alle suggestioni del Maligno) non vuole questi arretramenti e questi ritorni.
Annulla perciò la fede nell’inferno quale realmente è, e ne fabbrica un altro, se pure se lo fabbrica, il quale non è altro che una sosta per prendere lo slancio ad altre, future elevazioni.
Spinge questa sua opinione sino a credere sacrilegamente che il più grande di tutti i peccatori dell’umanità, il figlio diletto di Satana, colui che era ladro come è detto nel Vangelo, che era concupiscente e ansioso di gloria umana come dico io, l’iscariota, che per fame della triplice concupiscenza si è fatto mercante del Figlio di Dio e per trenta monete e col segno di un bacio - un valore monetario irrisorio e un valore affettivo infinito - mi ha messo nelle mani dei carnefici, possa redimersi e giungere a Me passando per fasi successive.
No. Se egli fu il sacrilego per eccellenza, io non lo sono. Se egli fu l’ingiusto per eccellenza, io non lo sono. Se egli fu colui che sparse con sprezzo il mio Sangue, io non lo sono. E perdonare a Giuda sarebbe sacrilegio alla mia Divinità da lui tradita, sarebbe ingiustizia verso tutti gli altri uomini, sempre meno colpevoli di lui e che pure sono puniti per i loro peccati, sarebbe sprezzo al mio Sangue, sarebbe infine venire meno alle mie leggi.
Ho detto, io Dio Uno e Trino, che ciò che è destinato all’inferno dura in esso per l’eternità, perché da quella morte non si esce a nuova resurrezione.
Ho detto che quel fuoco è eterno e che in esso saranno accolti tutti gli operatori di scandali e di iniquità. Né crediate che ciò sia sino al momento della fine del mondo.
No, ché anzi, dopo la tremenda rassegna, più spietata si farà quella dimora di pianto e tormento, poiché ciò che ancora è concesso ai suoi ospiti di avere per loro infernale sollazzo - il poter nuocere ai viventi e il veder nuovi dannati precipitare nell’abisso - più non sarà, e la porta del regno nefando di Satana sarà ribattuta, inchiavardata dai miei angeli, per sempre, per sempre, per sempre, un sempre il cui numero di anni non ha numero e rispetto al quale, se anni divenissero i granelli di rena di tutti gli oceani della terra, sarebbero meno di un giorno di questa mia eternità immisurabile, fatta di luce e di gloria nell’alto per i benedetti, fatta di tenebre e orrore per i maledetti nel profondo.
Ti ho detto che il Purgatorio è fuoco di amore. L’Inferno è fuoco di rigore.
Il Purgatorio è luogo in cui, pensando a Dio, la cui Essenza vi è brillata nell’attimo del particolare giudizio e vi ha riempito di desiderio di possederla, voi espiate le mancanze di amore per il Signore Dio vostro.
Attraverso l’amore conquistate l’Amore, e per gradi di carità sempre più accesa lavate la vostra veste sino a renderla candida e lucente per entrare nel regno della Luce i cui fulgori ti ho mostrato giorni sono.
L’inferno è luogo in cui il pensiero di Dio, il ricordo del Dio intravveduto nel particolare giudizio non è, come per i purganti, santo desiderio, nostalgia accorata ma piena di speranza, speranza piena di tranquilla attesa, di sicura pace che raggiungerà la perfezione quando diverrà conquista di Dio, ma che già dà allo spirito purgante un’ilare attività purgativa perché ogni pena, ogni attimo di pena, li avvicina a Dio, loro amore; ma è rimorso, è rovello, è dannazione, è odio. Odio verso Satana, odio verso gli uomini, odio verso se stessi.
Dopo averlo adorato, Satana, nella vita, al posto mio, ora che lo posseggono e ne vedono il vero aspetto, non più celato sotto il maliardo sorriso della carne, sotto il lucente brillio dell’oro, sotto il potente segno della supremazia, lo odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere, dimenticando la loro dignità di figli di Dio, adorato gli uomini sino a farsi degli assassini, dei ladri, dei barattieri, dei mercanti di immondezze per loro, adesso che ritrovano i loro padroni per i quali hanno ucciso, rubato, truffato, venduto il proprio onore e l’onore di tante creature infelici, deboli, indifese, facendone strumento al vizio che le bestie non conoscono - alla lussuria, attributo dell’uomo avvelenato da Satana - adesso li odiano perché causa del loro tormento.
Dopo avere adorato se stessi dando alla carne, al sangue, ai sette appetiti della loro carne e del loro sangue tutte le soddisfazioni, calpestando la Legge di Dio e la legge della moralità, ora si odiano perché si vedono causa del loro tormento.
La parola “Odio” tappezza quel regno smisurato; rugge in quelle fiamme; urla nei chachinni dei demoni; singhiozza e latra nei lamenti dei dannati; suona, suona, suona come una eterna campana a martello; squilla come una eterna buccina di morte; empie di sé i recessi di quella carcere; è, di suo, tormento, perché rinnovella ad ogni suo suono il ricordo dell’Amore per sempre perduto, il rimorso di averlo voluto perdere, il rovello di non poterlo mai più rivedere.
L’anima morta, fra quelle fiamme, come quei corpi gettati nei roghi o in un forno crematorio, si contorce e stride come animata di nuovo da un movimento vitale e si risveglia per comprendere il suo errore, e muore e rinasce ad ogni momento con sofferenze atroci, perché il rimorso la uccide in una bestemmia e l’uccisione la riporta al rivivere per un nuovo tormento.
Tutto il delitto di aver tradito Dio nel tempo sta di fronte all’anima nell’eternità; tutto l’errore di aver ricusato Dio nel tempo sta per suo tormento presente ad essa per l’eternità.
Nel fuoco le fiamme simulano le larve di ciò che adorarono in vita, le passioni si dipingono in roventi pennellate coi più appetitosi aspetti, e stridono, stridono il loro memento: “Hai voluto il fuoco delle passioni. Ora abbiti il fuoco acceso da Dio il cui santo Fuoco hai deriso”.
Fuoco risponde a fuoco.
In Paradiso è fuoco di amore perfetto.
In Purgatorio è fuoco di amore purificatore.
In Inferno è fuoco di amore offeso.
Poiché gli eletti amarono alla perfezione, l’Amore a loro si dona nella sua Perfezione.
Poiché i purganti amarono tiepidamente, l’Amore si fa fiamma per portarli alla Perfezione.
Poiché i maledetti arsero di tutti i fuochi, men che del Fuoco di Dio, il Fuoco dell’ira di Dio li arde in eterno. E nel fuoco è gelo.
Oh! che sia l’Inferno non potete immaginare.
Prendete tutto quanto è tormento dell’uomo sulla terra: fuoco, fiamma, gelo, acque che sommergono, fame, sonno, sete, ferite, malattie, piaghe, morte, e fatene una unica somma e moltiplicatela milioni di volte. Non avrete che una larva di quella tremenda verità.
Nell’ardore insostenibile sarà commisto il gelo siderale. I dannati arsero di tutti i fuochi umani avendo unicamente gelo spirituale per il Signore Iddio loro. E gelo li attende per congelarli dopo che il fuoco li avrà salati come pesci messi ad arrostire su una fiamma.
Tormento nel tormento questo passare dall’ardore che scioglie al gelo che condensa.
Oh! non è un linguaggio metaforico, poiché Dio può fare che le anime, pesanti delle colpe commesse, abbiano sensibilità uguali a quelle di una carne, anche prima che quella carne rivestano.
Voi non sapete e non credete. Ma in verità vi dico che vi converrebbe di più subire tutti i tormenti dei miei martiri anziché un’ora di quelle torture infernali.
L’oscurità sarà il terzo tormento. Oscurità materiale e oscurità spirituale.
Esser per sempre nelle tenebre dopo aver visto la luce del paradiso ed esser nell’abbraccio della Tenebra dopo aver visto la Luce che è Dio!
Dibattersi in quell’orrore tenebroso in cui si illumina solo, al riverbero dello spirito arso, il nome del peccato per cui sono in esso orrore confitti! Non trovare appiglio, in quel rimestio di spiriti che si odiano e nuocciono a vicenda, altro che nella disperazione che li rende folli e sempre più maledetti. Nutrirsi di essa, appoggiarsi ad essa, uccidersi con essa.
La morte nutrirà la morte, è detto. La disperazione è morte e nutrirà questi morti per l’eternità.
Io ve lo dico, io che pur l’ho creato quel luogo: quando sono sceso in esso per trarre dal Limbo coloro che attendevano la mia venuta, ho avuto orrore, io, Dio, di quell’orrore; e, se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce, perché sono l’Amore e di quell’orrore ho avuto dolore.
E voi ci volete andare.
Meditate, o figli, questa mia parola. Ai malati viene data amara medicina, agli affetti da cancri viene cauterizzato e reciso il male. Questa è per voi, malati e cancerosi, medicina e cauterio di chirurgo. Non rifiutatela. Usatela per guarirvi.
La vita non dura per questi pochi giorni della terra. La vita incomincia quando vi pare finisca, e non ha più termine.
Fate che per voi scorra là dove la luce e la gioia di Dio fanno bella l’eternità e non dove Satana è l’eterno Suppliziatore.» 7
La prossima riflessione sulla nostra quinta affermazione del Credo sarà dedicata a:
4. UN PADRE DI MOLTI FIGLI DETTE AD OGNUNO DI ESSI, DIVENUTI ADULTI, LE STESSE COSE, DUE MONETE DI GRAN VALORE: IL TEMPO ED IL LIBERO ARBITRIO.


NOTE al Capitolo 03
1  N.d.A.: Per maggiori ragguagli sul Limbo come inteso nell'Opera della grande mistica, vedere fra i tanti brani - da 'L'Evangelo come mi        è stato rivelato' di Maria Valtorta - i seguenti: Capp. 157.4, 208.2, 300.4, 305.5, 406.7, 406.8, 406.9, 406.10, 406.11, 406.12, 444.6,             520.7, 534.4, 550.4
2  M.V.: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' in 10 volumi, Vol. VII, Cap. 444.6 - Centro Ed. Valtortiano
3  N.d.A.: Giudizio di Dio che terrà ovviamente conto anche del sempre possibile ‘pentimento perfetto’
4  Rm 2, 9-10-11: 9 Tribolazione ed angoscia sopra ogni anima d’uomo che fa il male, del Giudeo prima, poi del Greco; 10 gloria e onore e pace a chiunque fa il bene, al Giudeo prima, poi al Greco; 11 perché non v’è accettazione di persone avanti a Dio.
5  M.V.: 'Lezioni sull'Epistola di Paolo ai Romani' - 14.01.48 - Centro Ed. Valtortiano
6  M.V.: 'L'Evangelo come mi è stato rivelato' - 'I Quaderni del 1944' -  Dettato 15.01.44 - C.E.V.
7  N.d.A.: con riferimento alla precedente frase di Gesù: ‘Io ve lo dico, io che pur l’ho creato quel luogo: quando sono sceso in esso per trarre dal Limbo coloro che attendevano la mia venuta, ho avuto orrore, io, Dio, di quell’orrore; e, se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce, perché sono l’Amore e di quell’orrore ho avuto dolore…’, frase che sembra fare intendere che Gesù dopo la sua Morte sarebbe disceso all’Inferno, ritengo opportuno richiamare qui per la seconda volta l’attenzione sulla spiegazione data dallo stesso Gesù valtortiano riportata nel precedente paragrafo 4.2 del ‘Capitolo 4. Cattura di Gesù al Getsemani, processo, morte, sepoltura e discesa agli Inferi’, di cui alla precedente riflessione sul Credo:
‘3. PATÌ SOTTO PONZIO PILATO, FU CROCIFISSO, MORÌ E FU SEPOLTO; DISCESE AGLI INFERI’:
In data 31.1.47 (Quaderni 1945/1950) la mistica chiede, infatti, a Gesù se Egli voglia soddisfare una domanda che le era stata fatta tempo addietro da un Padre Servita, forse G.P. Berti, per propria iniziativa o suggerimento di altri, circa la discesa di Gesù all’Inferno, termine quest’ultimo contenuto in un precedente dettato e che lei pensava avesse ‘urtato’ qualcuno, parola che lei incidentalmente aveva appunto ritrovato accennata in un Dettato di Gesù del 15.1.44.
Scrive Maria Valtorta (i grassetti sono sempre i mei):
31-1-47.
(…)
Mi permetto anche di ripetere a Gesù, presente e buonissimo, una domanda che mi fu fatta da qualche Padre Servita, non so di preciso chi, ma mi sembra P. Berti, non so se per propria iniziativa o per suggerimento di altri, circa la discesa di Gesù all’inferno, e che incidentalmente ho ritrovata accennata in data 15.1.44 e che sembra abbia urtato qualcuno.
Mi risponde...
Giunge ora la lettera di P. Berti che mi chiede di fare un pro-memoria da presentarsi al S. Padre.
E Gesù sorridendo, tutto luminoso, mi dice appena mi viene portata la lettera: “Aprila e leggila”.
Cosa che faccio, rimanendo sbalordita come tutte le volte che c’è rispondenza fra le parole di Gesù e ciò che succede.
Gesù, sempre sorridendo, dice: “Ecco perché proprio ora, dopo quattro mesi, ti accontento e per questo Padre, al quale ti ho detto già che potevi comunicare questo punto.
Per gli altri punti, sai a chi devi e quando e come notificarli. E ora ascolta, ché ripeto il principio”.
Dice Gesù: «Darai queste parole a P. Berti, ormai sai che è lui che te ne chiese: Quando alla mia Maria ho dettato il dettato del 15.1.44 e ho detto: “quando sono sceso in esso per trarre dal limbo coloro che attendevano la mia venuta ho avuto orrore di quell’orrore e, se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce perché sono l’Amore e di quell’orrore ho avuto dolore”, ho voluto parlare dei diversi luoghi d’oltre tomba, dove erano i trapassati, presi in generale, e detti “inferno” per opposizione al Paradiso dove è Dio.
Quando, nel sovrabbondare del mio gaudio dopo la consumazione del Sacrificio, io ho potuto aprire il Limbo ai giusti e trarre dal Purgatorio moltissimi spiriti, ho fremuto di orrore contemplando nel mio pensiero che solo per il luogo di dannazione non c’era redenzione né mutazione di orrore. Ma non entrai in esso. Non era giusto e utile farlo.
Vi stupisce che abbia tratto anche dal Purgatorio molte anime?
Pensate: se una S. Messa può liberare un penante, e sempre serve ad abbreviare e addolcire la purgazione, cosa non sarà stato il reale Sacrificio dell’Agnello divino per i purganti?
Io, Sacerdote e Vittima, ho ad essi applicato i miei meriti e il mio Sangue, ed Esso ha fatto bianche le stole non ancor totalmente fatte candide dal bianco fuoco della carità purgativa. Mandagli questo e la mia benedizione.»
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