04_cap_4 - ilCATECUMENO.it

Vai ai contenuti
4ª parte – Cap. 04. SULLA VIA DI EMMAUS… .

4.1 Gli apostoli continuavano a non credere al racconto delle donne sulla Resurrezione… .

Ritorniamo ora agli avvenimenti di quel giorno di Resurrezione dei quali abbiamo parlato nella ‘riflessione’ precedente.
Nella sua prima apparizione mattutina alla Madonna (di cui i Vangeli non parlano perché, come avevamo detto, era avvenuta nel segreto della sua stanza) Gesù le aveva detto che avrebbe voluto manifestarsi poi alla Maddalena per salire quindi al Padre con la sua nuova veste gloriosa di Dio-Uomo e infine nuovamente ridiscendere per riconfermare nella fede i discepoli più deboli, riconfermarli cioè nella fede in Lui – Dio Risorto - con delle ulteriori apparizioni.
Vi avevo anche detto che Giovanni, pur avendo creduto alla Resurrezione di Gesù, aveva preferito tacere per non mettere in difficoltà Pietro che invece non aveva avuto la stessa fede.
Del resto Giovanni era ben presente – nel corso della preparazione balsamica del corpo di Gesù da parte di Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea – alle fermissime dichiarazioni di Maria SS. sul fatto che Gesù al terzo giorno sarebbe senz’altro risorto.1
Nel seguito di quella giornata, gli altri apostoli che si erano dispersi ma poi si erano riuniti - non avendo creduto al racconto delle donne sulle apparizioni di Gesù e degli Angeli – dovevano invece avere concluso, come aveva pensato all’inizio la Maddalena, che il corpo di Gesù fosse stato loro sottratto in spregio, per privarli di un ‘oggetto’ di venerazione e distruggerne più facilmente la memoria e la fede.   
Che essi non credessero ce lo conferma ad esempio Marco nel suo Vangelo:2  
Essendo risorto al mattino del primo giorno della settimana, apparve prima a Maria di Magdala, dalla quale aveva cacciato sette demoni.
Ella andò ad annunziarlo a quelli che erano stati con lui, i quali erano in lutto e in pianto.
Ma essi, sentendo dire che era vivo ed era stato veduto da lei, non credettero.
Noterete che Marco scrive che la Maddalena era andata ad annunziarlo ‘a quelli che erano stati con lui’ senza che essi però le credessero.
Coloro ai quali la Maddalena era corsa ad annunciarlo, come dice Giovanni nel suo Vangelo, erano appunto Pietro ed egli stesso: quindi Marco afferma che entrambi non avevano creduto, indizio del fatto che Giovanni aveva continuato a tacere sulla propria convinzione che Gesù fosse invece risorto.  
Nella domenica della Resurrezione gli altri apostoli – che dalla cattura di Gesù nella notte del Giovedì santo si erano dati alla macchia temendo di essere arrestati anch’essi – riacquistano però il sangue freddo e si rendono conto della gravità del loro abbandono.
Ancora timorosi - si apprende sempre dall’Opera valtortiana - essi, meno Tommaso che non si trova, rientrano tutti al Cenacolo richiamati dai messaggeri inviati a Betania da Pietro, il quale in un secondo tempo si è forzatamente convinto della Risurrezione perché è Maria SS. stessa che la conferma e perché – si apprenderà - Gesù è apparso nel frattempo anche a Lazzaro, che viene invitato a rimandare gli Apostoli al Cenacolo.
Tuttavia è proprio nel pomeriggio di questa domenica che i Vangeli collocano una apparizione di Gesù molto particolare, prima ancora che agli apostoli: quella ai due discepoli sulla strada di Emmaus.
Infatti Marco continua il suo racconto, riportato poco sopra, aggiungendo:3
In seguito apparve, sotto altro aspetto, a due di costoro che erano in cammino per andare nella campagna. Ed essi tornarono indietro a dirlo agli altri, ma non credettero neppure a loro.
Nel dire ‘In seguito…’, Marco si riferisce appunto ad un episodio capitato in quella stessa giornata della domenica di Resurrezione, episodio che ci viene invece dettagliatamente raccontato da Luca così (i grassetti sono sempre miei):4
In quel medesimo giorno, due discepoli se ne andavano verso un villaggio, detto Emmaus, distante sessanta stadi da Gerusalemme, e discorrevano fra di loro di tutti questi avvenimenti.
Mentre parlavano e discutevano insieme, Gesù si avvicinò e si unì ad essi.
Ma i loro occhi erano impediti di riconoscerlo.
Egli domandò loro: «Di che cosa state parlando fra di voi cammin facendo?»
Si soffermarono allora rattristati, e uno di loro, chiamato Cleofa, gli rispose: «Sei tu l’unico pellegrino in Gerusalemme, a non conoscere gli avvenimenti che vi sono accaduti in questi giorni?».
Domandò loro: «Quali?».
«Il fatto di Gesù di Nazaret, gli risposero, uomo che fu un profeta, potente nelle opere e nelle parole, davanti a Dio e a tutto il popolo, e come i Gran Sacerdoti e i nostri magistrati lo hanno consegnato, per essere condannato a morte, e l’hanno crocifisso.  
Noi speravamo che fosse lui a liberare Israele, invece siamo già al terzo giorno dacché sono avvenuti questi fatti.  
Alcune donne, che sono fra noi, ci hanno sconvolto, perché essendo andate di buon mattino al sepolcro, non hanno trovato il suo corpo, e sono tornate a dire di avere avuto una visione di Angeli i quali annunziarono che egli è vivo. Alcuni dei nostri si sono recati al sepolcro ed hanno constatato che le cose stavano bensì come avevano detto le donne, ma lui non l’hanno veduto».
Allora Gesù disse loro: «O insensati e tardi di cuore a credere tutto quello che i Profeti hanno predetto! Non era necessario forse che il Cristo patisse tutto questo ed entrasse così nella sua gloria?».
Poi, cominciando da Mosè e da tutti i Profeti, spiegò loro quanto lo riguardava in tutte le scritture.
E quando furono vicini al villaggio, al quale erano diretti, egli fece finta di andare più avanti. Ma essi lo costrinsero a rimanere dicendo: «Rimani con noi, perché si fa sera e il giorno sta per finire».
Egli entrò per restare con loro.
Or, mentre si trovava a tavola con essi, prese il pane, lo benedisse e, spezzandolo, lo porse ai due.
I loro occhi allora si aprirono e lo riconobbero; ma egli disparve ai loro sguardi.
Ed essi si dissero l’un l’altro: «Non ci sentivamo forse ardere il cuore in petto, mentre ci parlava per via e ci spiegava le Scritture?».
E subito si alzarono e tornarono a Gerusalemme e trovarono gli undici riuniti con i loro compagni, i quali dissero: «Il Signore è veramente risorto ed è apparso a Simone».
Essi pure raccontarono quanto era accaduto loro per via e come lo avevano riconosciuto quando egli spezzò il pane.

4.2 In viaggio verso Emmaus. Cleofa: ‘O Signore, già la sera si appressa e il sole si curva al suo declino. Stanco sei, e assetato. Entra. Resta con noi’.

L’episodio evangelico raccontato da Luca è famoso e nello stesso tempo scarno.  
Sarebbe bello saperne un poco di più, non solo su quel dialogo in viaggio verso Emmaus e sul fatto del come mai gli occhi dei due ‘erano impediti di riconoscerlo’ ma anche su chi era quel Simone (che non poteva essere né Simone di Giona né Simone lo Zelote che non avevano ancora visto il Gesù risorto che sarebbe invece apparso a loro e agli apostoli in quella serata ma più tardi) al quale Luca appena accenna, e soprattutto per sentirci spiegare meglio da Gesù quanto di Lui avevano detto i Profeti.  
Perché – per capire - non approfittare allora della visione di Maria Valtorta? (I grassetti sono miei).5
625. Apparizione ai discepoli di Emmaus.
5 aprile 1945.  
Per una strada montuosa due uomini, di media età, vanno lesti volgendo le spalle a Gerusalemme, le cui alture scompaiono sempre più dietro le altre che si susseguono con ondulazioni di cime e di valli continue.  
Parlano fra di loro. E il più anziano dice all'altro, che avrà un trentacinque anni al massimo:  
«Credi che è stato meglio fare così. Io ho famiglia e tu ce l'hai. Il Tempio non scherza. Vuole proprio farla finita. Avrà ragione? Avrà torto? Non lo so. So che in esso è chiaro il pensiero di finirla per sempre con tutto questo».  
«Con questo delitto, Simone. Dàgli il nome giusto. Perché almeno delitto lo è».  
«Secondo. In noi l'amore fa lievito contro il Sinedrio. Ma forse... chissà!».  
«Niente. L'amore illumina. Non porta all'errore».  
«Anche il Sinedrio, anche i sacerdoti e i capi amano. Loro amano Jeovè, Colui che tutto Israele ha amato da quando il patto fu stretto fra Dio e i Patriarchi. Allora pure ad essi l'amore è luce e non porta errore!».  
«Non è amore per il Signore il loro. Sì. Israele da secoli è in quella Fede. Ma dimmi. Puoi dire che è ancora una fede quella che ci dànno i capi del Tempio, i farisei, gli scribi, i sacerdoti? Tu lo vedi. Con l'oro sacro al Signore - già si sapeva, o almeno si sospettava che ciò avvenisse - con l'oro sacro al Signore essi hanno pagato il Traditore e ora pagano le guardie. Il primo perché tradisse il Cristo, le seconde perché mentano. Oh! Io non so come la Potenza eterna si sia limitata a scardinare le muraglie e a lacerare il Velo! Ti dico che io avrei voluto che sotto le macerie seppellisse i nuovi filistei. Tutti! »
«Cleofa! Tu saresti tutto vendetta».  
«Vendetta sarei. Perché, ammettiamo che Egli fosse solo un profeta, è egli lecito uccidere un innocente? Perché innocente era! Lo hai mai visto fare uno dei delitti di cui fu accusato per ucciderlo?».  
«No. Nessuno. Però un errore lo ha fatto».  
«Quale, Simone?».  
«Quello di non sprigionare potenza dall'alto della sua Croce. Per confermare la nostra fede e per punire gli increduli sacrileghi. Egli doveva raccogliere la sfida e scendere di Croce».
«Ha fatto di più. É risorto».  
«Sarà poi vero? Risorto come? Con lo Spirito solo o con lo spirito e la Carne?».  
«Ma lo spirito è eterno! Non ha bisogno di risorgere!», esclama Cleofa.  
«Lo so anche io. Volevo dire: se è risorto con la sua unica natura di Dio, superiore ad ogni insidia dell'uomo. Perché ora il suo spirito fu insidiato col terrore dall'uomo. Hai sentito, eh? Marco ha detto che nel Getsemani, dove Egli andava a pregare contro un masso, è tutto sangue. E Giovanni, che ha parlato con Marco, gli ha detto: "Non far calpestare quel luogo, perché è sangue sudato dall'Uomo Dio". Se ha sudato sangue prima della tortura, deve ben avere avuto terrore di essa!».  
«Nostro povero Maestro! ...»  
Tacciono afflitti.  
Li raggiunge Gesù e chiede:  
«Di chi parlavate? Sentivo nel silenzio le vostre parole a intervalli. Chi fu ucciso?».  
È un Gesù velato sotto una apparenza modesta di povero viandante frettoloso. I due non lo ravvisano.  
«Sei d'altri luoghi, uomo? Non sostasti in Gerusalemme? La tua veste polverosa ed i sandali così ridotti ci paiono di instancabile pellegrino».  
«Lo sono. Vengo da molto lontano...».  
«Stanco sarai, allora. E vai lontano?»  
«Molto, ancora più di quanto Io ne venga».  
«Hai commerci da fare? Mercati?».  
«Ho da acquistare un numero sterminato di greggi per il più grande Signore. Tutto il mondo devo girare per scegliere pecore e agnelli, e scendere anche fra greggi selvatiche che pure, quando saranno rese domestiche, saranno migliori di quelle che selvatiche ora non sono».  
«Difficile lavoro. E hai proseguito senza sostare in Gerusalemme?».  
«Perché lo chiedete?».  
«Perché tu solo sembri ignorare quanto in essa è accaduto in questi giorni».  
«Che vi è accaduto?».  
«Tu vieni da lontano e perciò forse non sai. Ma la tua parlata è pure galilea. Perciò, anche se servo di un re straniero o figlio di galilei espatriati, saprai, se sei circonciso, che da tre anni nella patria nostra era sorto un grande profeta di nome Gesù di Nazaret, potente in opere e in parole davanti a Dio e agli uomini, che andava predicando per tutto il Paese. E si diceva il Messia. Le sue parole e le sue opere erano realmente da Figlio di Dio, come Egli si diceva. Ma solo da Figlio di Dio. Tutto Cielo... Ora tu sai perché... Ma sei circonciso?».  
«Primogenito sono e sacro al Signore».  
«Allora sai la nostra Religione?».
«Non ne ignoro una sillaba. Conosco i precetti e gli usi. L'halascia, il midrascia e l'aggada mi sono note come gli elementi dell'aria, dell'acqua, del fuoco e della luce, che sono i primi a cui tende l'intelligenza, l'istinto, il bisogno dell'uomo che da poco è nato da seno».  
«Orbene, allora tu sai che Israele ebbe promesso il Messia, ma come re potente che avrebbe riunito Israele. Questo invece così non era...».  
«Come, dunque?»
«Egli non mirava a terreno potere. Ma di un regno eterno e spirituale si diceva re. Egli non ha riunito, ma anzi ha scisso Israele, perché ora esso è diviso fra coloro che in Lui credono e coloro che malfattore lo dicono. In verità, di re non aveva stoffa, perché voleva solo mitezza e perdono. E come soggiogare e vincere con queste armi?...».  
«E allora?».  
«E allora i capi dei Sacerdoti e gli Anziani d'Israele lo presero e lo hanno giudicato reo di morte... accusandolo, per verità, di colpe non vere. Sua colpa era essere troppo buono e troppo severo...».  
«Come poteva, se era l'uno, essere l'altro?».  
«Poteva, perché era troppo severo nel dire le verità ai Capi d'Israele e troppo buono nel non fare su essi miracolo di morte, fulminando i suoi ingiusti nemici».  
«Severo come il Battista era?».  
«Ecco... non saprei. Duramente rimproverava, specie negli ultimi tempi, scribi e farisei, e minacciava quelli del Tempio come segnati dall'ira di Dio. Ma poi, se uno era peccatore e si pentiva, ed Egli vedeva nel suo cuore vero pentimento, perché il Nazareno leggeva nei cuori meglio che uno scriba nel testo, allora era più dolce di una madre».  
«E Roma ha permesso fosse ucciso un innocente?».  
«Lo ha condannato Pilato... Ma non voleva e lo diceva "Giusto". Ma di accusarlo a Cesare lo minacciarono ed ebbe paura. Si insomma fu condannato alla croce e vi morì. E questo, insieme al timore dei sinedristi, ci ha molto avviliti. Perché io sono Clofé figlio di Clofé e questo è Simone, ambedue di Emmaus, e parenti, perché io sono lo sposo della sua prima figlia, e discepoli del Profeta eravamo».  
«E ora più non lo siete?».  
«Noi speravamo che sarebbe Lui che libererebbe Israele e anche che, con un prodigio, confermasse le sue parole. Invece!...»  
«Che parole aveva dette?».  
«Te lo abbiamo detto: "Io sono venuto al Regno di Davide. Io sono il Re pacifico" e così via. E diceva: "Venite al Regno", ma poi non ci ha dato il regno. E diceva: "Il terzo giorno risorgerò".
Ora è il terzo giorno che è morto. Anzi è già compiuto, perché l'ora di nona è già trascorsa, e Lui non è risorto. Delle donne e delle guardie dicono che sì, è risorto. Ma noi non lo abbiamo visto. Dicono le guardie, ora, che così hanno detto per giustificare il furto del cadavere fatto dai discepoli del Nazareno. Ma i discepoli!... Noi lo abbiamo tutti lasciato per paura mentre era vivo... e non certo lo abbiamo rapito ora che è morto. E le donne... chi ci crede ad esse? Noi ragionavamo di questo. E volevamo sapere se Egli si è inteso di risorgere solo con lo Spirito tornato divino, o se anche con la Carne. Le donne dicono che gli angeli - perché dicono di avere visto anche gli angeli dopo il terremoto, e può essere, perché già il venerdì sono apparsi i giusti fuori dai sepolcri - dicono che gli angeli hanno detto che Egli è come uno che non è mai morto. E tale infatti alle donne parve di vederlo. Ma però due di noi, due capi, sono andati al Sepolcro. E, se lo hanno visto vuoto, come le donne hanno detto, non hanno visto Lui, né li, né altrove. Ed è una grande desolazione, perché non sappiamo più che pensare!».  
«Oh! come siete stolti e duri nel comprendere! e come lenti nel credere alle parole dei profeti!
E non era ciò stato detto?  
L'errore di Israele è questo: dell'avere male interpretato la regalità del Cristo. Per questo Egli non fu creduto. Per questo Egli fu temuto. Per questo ora voi dubitate.
In alto, in basso, nel Tempio e nei villaggi, ovunque si pensava ad un re secondo l'umana natura.  
La ricostruzione del regno d'Israele non era limitata, nel pensiero di Dio, nel tempo, nello spazio e nel mezzo, come fu in voi.  
Non nel tempo: ogni regalità, anche la più potente, non è eterna. Ricordate i potenti Faraoni che oppressero gli ebrei ai tempi di Mosè. Quante dinastie non sono finite, e di esse restano mummie senz’anima in fondo ad ipogei secreti! E resta un ricordo, se pur resta quello, del loro potere di un'ora, e anche meno, se misuriamo i loro secoli sul Tempo eterno. Questo Regno è eterno.  
Nello spazio. Era detto: regno di Israele. Perché da Israele è venuto il ceppo della razza umana; perché in Israele è, dirò così, il seme di Dio, e perciò, dicendo Israele, volevasi dire: il regno dei creati da Dio. Ma la regalità del Re Messia non è limitata al piccolo spazio della Palestina, ma si estende da settentrione a meridione, da oriente a occidente, dovunque è un essere che nella carne abbia uno spirito, ossia dovunque è un uomo. Come avrebbe potuto uno solo accentrare in sé tutti i popoli fra loro nemici e farne un unico regno senza spargere a fiumi il sangue e tenere tutti soggetti con crudeli oppressioni d'armati? E come allora avrebbe potuto essere il re pacifico di cui parlano i profeti?  
Nel mezzo: il mezzo umano, ho detto, è l'oppressione. Il mezzo sovrumano è l'amore. Il primo è sempre limitato, perché i popoli ben si rivoltano all'oppressore. Il secondo è illimitato, perché l'amore è amato o, se amato non è, è deriso. Ma, essendo cosa spirituale, non può mai essere direttamente aggredito. E Dio, l'Infinito, vuole mezzi che come Lui siano. Vuole ciò che finito non è perché eterno è: lo spirito; ciò che è dello spirito; ciò che porta allo Spirito.  
Questo è stato l'errore: di avere concepito nella mente un'idea messianica sbagliata nei mezzi e nella forma. Quale è la regalità più alta? Quella di Dio. Non è vero? Or dunque, questo Ammirabile, questo Emmanuele, questo Santo, questo Germe sublime, questo Forte, questo Padre del secolo futuro, questo Principe della pace, questo Dio come Colui dal quale Egli viene, perché tale è detto e tale è il Messia, non avrà una regalità simile a quella di Colui che lo ha generato?  
Si, che l'avrà. Una regalità tutta spirituale ed eterna, pura da rapine e sangue, ignara di tradimenti e soprusi. La sua Regalità! Quella che la Bontà eterna concede anche ai poveri uomini, per dare onore e gioia al suo Verbo.  
Ma non è detto da Davide che questo Re potente ha avuto messa sotto i suoi piedi ogni cosa a fargli da sgabello?  
Non è detta da Isaia tutta la sua Passione e da Davide numerate, potrebbesi dire, anche le torture?  
E non è detto che Egli è il Salvatore e Redentore, che col suo olocausto salverà l'uomo peccatore?  
E non è precisato, e Giona ne è segno, che per tre giorni sarebbe ingoiato dal ventre insaziabile della Terra e poi ne sarebbe espulso come il profeta dalla balena?  
E non è stato detto da Lui: "Il Tempio mio, ossia il mio Corpo, il terzo dì dopo essere stato distrutto, sarà da Me (ossia da Dio) ricostruito"?
E che pensavate? Che per magia Egli rialzasse le mura del Tempio? No. Non le mura. Ma Se stesso. E solo Dio poteva far sorgere Se stesso.  
Egli ha rialzato il Tempio vero: il suo Corpo di Agnello. Immolato, così come ne ebbe l'ordine e la profezia Mosè, per preparare il "passaggio" da morte a Vita, da schiavitù a libertà, degli uomini figli di Dio e schiavi di Satana.  
"Come è risorto?", vi chiedete.  
Io rispondo: É risorto con la sua vera Carne e col suo divino Spirito che l'abita, come in ogni carne mortale è l'anima abitante regina nel cuore.  
Così è risorto dopo avere tutto patito per tutto espiare, e riparare all'Offesa primigenia e alle infinite che ogni giorno dall'Umanità vengono compite. È risorto come era detto sotto il velo delle profezie. Venuto al suo tempo, vi ricordo Daniele, al suo tempo fu immolato.  
E, udite e ricordate, al tempo predetto dopo la sua morte la città deicida sarà distrutta.  
Io ve ne consiglio: leggete con l'anima, non con la mente superba, i profeti, dal principio del Libro alle parole del Verbo immolato; ricordate il Precursore che lo indicava Agnello; risovvenitevi quale era il destino del simbolico agnello mosaico. Per quel sangue furono salvati i primogeniti d'Israele.  
Per questo Sangue saranno salvati i primogeniti di Dio, ossia quelli che con la buona volontà si saranno fatti sacri al Signore. Ricordate e comprendete il messianico salmo di Davide e il messianico profeta Isaia. Ricordate Daniele, riportatevi alla memoria, ma alzando questa dal fango all'azzurro celeste, ogni parola sulla regalità del Santo di Dio, e comprenderete che altro segno più giusto non vi poteva essere dato più forte di questa vittoria sulla Morte, di questa Risurrezione da Se stesso compiuta.  
Ricordatevi che disforme alla sua misericordia e alla sua missione sarebbe stato il punire dall'alto della Croce coloro che su essa lo avevano messo. Ancora Egli era il Salvatore, anche se era il Crocifisso schernito e inchiodato ad un patibolo! Crocifisse le membra, ma libero lo spirito e il volere. E con questi volle ancora attendere, per dare tempo ai peccatori di credere e di invocare, non con urlo blasfemo, ma con gemito di contrizione, il suo Sangue su loro.  
Ora è risorto. Tutto ha compiuto. Glorioso era avanti la sua incarnazione. Tre volte glorioso lo è ora che, dopo essersi annichilito per tanti anni in una carne, ha immolato Se stesso, portando l'Ubbidienza alla perfezione del saper morire sulla croce per compiere la Volontà di Dio.  
Gloriosissimo, in un con la Carne glorificata, adesso che Egli ascende al Cielo ed entra nella Gloria eterna, iniziando il Regno che Israele non ha compreso.  
Ad esso Regno Egli, più che mai pressantemente, con l'amore e l'autorità di cui è pieno, chiama le tribù del mondo. Tutti, come videro e previdero i giusti di Israele ed i profeti, tutti i popoli verranno al Salvatore. E non vi saranno più Giudei o Romani, Sciti o Africani, Iberi o Celti, Egizi o Frigi. L'oltre Eufrate si unirà alle sorgenti del Fiume perenne. Gli iperborei a fianco dei numidi verranno al suo Regno, e cadranno razze e idiomi. Costumi e colori di pelle e capelli non avranno più luogo. Ma sarà uno sterminato popolo fulgido e candido, un unico linguaggio, un solo amore. Sarà il Regno di Dio. Il Regno dei Cieli. Monarca eterno: l'Immolato Risorto. Sudditi eterni: i credenti nella sua Fede. Vogliate credere per essere di esso. Ecco Emmaus, amici. Io vado oltre. Non è concessa sosta al Viandante che tanta strada ha da fare».  
«Signore, tu sei istruito più di un rabbi. Se Egli non fosse morto, diremmo che Egli ci ha parlato. Ancora vorremmo udire da te altre e più estese verità. Perché ora, noi pecore senza pastore, turbate dalla bufera dell'odio d'Israele, più non sappiamo comprendere le parole del Libro. Vuoi che veniamo con te? Vedi, ci istruiresti ancora, compiendo l'opera del Maestro che ci fu tolto».  
«L'avete avuto per tanto e non vi poté fare completi? Non è questa una sinagoga?».  
«Sì. Io sono Cleofa, figlio di Cleofa il sinagogo, morto nella sua gioia di avere conosciuto il Messia».  
«E ancora non sei giunto a credere senza nube? Ma non è colpa vostra. Ancora dopo il Sangue manca il Fuoco. E poi crederete, perché comprenderete. Addio».  
«O Signore, già la sera si appressa e il sole si curva al suo declino. Stanco sei, e assetato. Entra. Resta con noi. Ci parlerai di Dio mentre divideremo il pane e il sale».  
Gesù entra e viene servito, con la solita ospitalità ebraica, di bevande e acque per i piedi stanchi. Poi si mettono a tavola e i due lo pregano di offrire per loro il cibo.  
Gesù si alza tenendo sulle palme il pane e, alzati gli occhi al cielo rosso della sera, rende grazie del cibo e si siede.  
Spezza il pane e ne dà ai suoi due ospiti. E nel farlo si disvela per quello che Egli è: il Risorto.
Non è il fulgido Risorto apparso agli altri a Lui più cari. Ma è un Gesù pieno di maestà, dalle piaghe ben nette nelle lunghe Mani: rose rosse sull'avorio della pelle.  
Un Gesù ben vivo nella sua Carne ricomposta. Ma anche ben Dio nella imponenza degli sguardi e di tutto l'aspetto.  
I due lo riconoscono e cadono in ginocchio... Ma, quando osano alzare il viso, di Lui non resta che il pane spezzato. Lo prendono e lo baciano. Ognuno prende il proprio pezzo e se lo mette, come reliquia, avvolto in un lino sul petto.  
Piangono dicendo: «Egli era! E non lo conoscemmo. Eppure non sentivi tu arderti il cuore nel petto mentre ci parlava e ci accennava le Scritture?».  
«Sì. E ora mi pare di vederle di nuovo. E nella luce che dal Cielo viene. La luce di Dio. E vedo che Egli è il Salvatore».  
«Andiamo. Io non sento più stanchezza e fame. Andiamo a dirlo a quelli di Gesù, in Gerusalemme».  
«Andiamo. Oh! se il vecchio padre mio avesse potuto godere quest'ora!».  
«Ma non lo dire! Egli più di noi ne ha goduto. Senza il velo usato per pietà della nostra debolezza carnale, egli, il giusto Clofé, ha visto col suo spirito il Figlio di Dio rientrare nel Cielo. Andiamo! Andiamo! Giungeremo a notte alta. Ma, se Egli lo vuole, ci darà maniera di passare. Se ha aperto le porte di morte, ben potrà aprire le porte delle mura! Andiamo».  
E nel tramonto tutto porpureo vanno solleciti verso Gerusalemme.

4.3 I due di Emmaus. Simone a Cleofa: «Egli era! E non lo conoscemmo. Eppure non sentivi tu arderti il cuore nel petto mentre ci parlava e ci accennava le Scritture?».

Ho voluto farvi conoscere questo brano perché - a ben valutarlo - lì dentro c’è quasi ‘tutto’ sulla figura di Gesù… spiegato da Gesù.
Va però meditato attentamente, parola per parola, perché davvero – in nuce - c’è tutta la dottrina del Progetto di Dio sull’uomo, del Peccato originale, dell’Incarnazione, della Redenzione.  
Proviamo a ragionarci sopra.
I due di Emmaus erano un certo Simone, più anziano, ed un secondo, di nome Cleofa, più giovane, sui 35 anni.
Fin dalle prime battute si comprende che il più convinto e amante di Gesù era Cleofa che non usa mezzi termini per definire un vero delitto quello ordito dai sacerdoti del Tempio, confermando tra l’altro una cosa abominevole: e cioè che il Tradimento era stato commissionato a Giuda utilizzando l’oro sacro del Tempio, e anche per pagare le guardie al sepolcro perché si rimangiassero le loro prime dichiarazioni sulla avvenuta resurrezione e dicessero invece il falso e cioè che il corpo era stato sottratto dai discepoli di Gesù.
Vi è la conferma che all’atto della morte di Gesù vi fu un terremoto che danneggiò le muraglie del Tempio lacerandone il sacro velo interno coprente il Santo dei Santi.
Simone, l’anziano, probabilmente meno ‘formato’ di Cleofa e più ‘umano’ dice che Gesù avrebbe dovuto raccogliere la ‘sfida’ dei suoi nemici e scendere dalla Croce. Cleofa – più credente – gli risponde che Gesù ha fatto di più perché è risorto. Cleofa mostra dunque – contrariamente a Simone ed agli apostoli – di credere nella avvenuta resurrezione.
Vi è la conferma del trasudamento di Sangue al masso del Getsemani nella sera della Passione.
Vi si accenna ripetutamente, con riferimento al Getsemani ed alla casa ospitale che era appartenente a Lazzaro, ad un certo Marco. Dall’Opera si comprende che si trattava dei figlio giovanetto dei due custodi. Vi è mai venuto in mente il sospetto che si tratti del Marco futuro Evangelista? Cosa ce lo può far pensare? Solo alcuni indizi ma significativi.  
Nell’Opera infatti6 si tratta di alcuni particolari come il fatto che prima egli lascia il Getsemani per seguire i discepoli e – successivamente, sempre nella famosa notte del Getsemani, la sua presenza e la fuga alla cattura di Gesù lasciando la veste a chi lo voleva afferrare
Nei Vangeli, invece, ce lo fa pensare l’episodio raccontato solo dall’Evangelista Marco in merito alla cattura di Gesù e alla fuga degli apostoli: ‘…Allora abbandonatolo tutti fuggirono. Vi fu però un giovanetto che lo seguiva, avvolto in un lenzuolo sul corpo nudo, e lo presero. Ma lui, lasciato il lenzuolo, scappò via nudo’ (Mc 14, 50-52). Forse l’Evangelista faceva come Giovanni: parlava di sé anonimamente in terza persona.
Gesù sopraggiunge, li affianca e – pur sapendo perfettamente tutto dei loro discorsi - con finta noncuranza chiede loro di che stessero parlando giacché nel silenzio – dice Lui – ‘sentiva a tratti le loro parole’. Bello!
Vi è la spiegazione del perché – come aveva scritto Luca – era stato impedito agli occhi dei due di riconoscerlo: Gesù appare loro materialmente ma con gli abiti modesti di un povero viandante qualsiasi, per giunta frettoloso, abiti impolverati come di chi viene da un lungo viaggio su quelle strade di campagna e con i sandali mal ridotti.
Gesù, sempre con noncuranza e giocando sulle parole, dice loro che in effetti lui viene ‘da molto lontano’: non per niente dopo la Resurrezione era salito al Cielo e poi ridisceso in Terra dopo essersi presentato al Padre con la sua veste di carne umana gloriosa e che sarebbe andato ancora ‘molto lontano’ forse con ciò intendendo dire che – mistico ‘pellegrino’ - avrebbe affiancato l’uomo sino alla fine della storia umana.
Alla domanda dei due che chiedono se si occupi di ‘commerci’ Lui risponde sibillinamente che, sì, in effetti, lui deve acquistare un numero sterminato di ‘greggi’, vale a dire i suoi futuri credenti, per un più grande Signore, cioè per Dio Padre. Pecore ‘selvatiche’ – sottintendendo con ciò i pagani – che tuttavia quando saranno rese domestiche diventeranno migliori di quelle che ora non erano selvatiche, sottintendendo quelle di Israele che erano state allevate nella fede del Dio vero.
I due mostrano di individuare in lui una parlata ‘galilea’: quindi Gesù, vissuto a Nazareth, aveva un accento galileo, e lo aveva mantenuto anche da Risorto.
Alla loro domanda se lui è un circonciso, Egli risponde affermativamente dicendo sempre con noncuranza una grande verità di fede e cioè che Egli è ‘Primogenito e sacro al Signore’.  
Alla domanda se dunque non ignora, in quanto circonciso, la loro religione, Gesù risponde (forse con un sorriso interiore, essendo - Egli Dio – il vero Fondatore della loro religione) che non ne ignora neanche una sillaba…, anche se - umanamente parlando - fin da bambino gliela aveva insegnata tutta sua Madre.
Alle loro aspettative di un re umano che avrebbe dovuto dare potenza ad Israele, Simone aggiunge che però Gesù ‘di re non aveva la stoffa’ perché si diceva re di un regno spirituale ed eterno e anziché riunire sotto il suo scettro Israele lo aveva diviso mettendo gli uni contro gli altri. Ricordate la Presentazione di Gesù al Tempio, quando il vecchio ed ispirato Simeone profetizzò a Maria: ‘Ecco, egli è posto per la caduta e la resurrezione di molti in Israele, come segno di contraddizione… così si sveleranno i pensieri di molti cuori’? (Lc 2, 34-35)
Simone – decisamente il più pragmatico e un poco cinico, forse perché anziano - rimprovera al Messia di essere stato troppo buono nei confronti dei suoi ingiusti nemici non avendo su di essi fatto miracolo di morte, fulminandoli in anticipo.
Viene confermato il fatto che Pilato non avrebbe voluto condannarlo ma alla fine lo fece temendo che i Capi Giudei lo avrebbero denunciato all’Imperatore per non aver condannato uno che – proclamatosi Messia e Re – era per forza di cose un nemico di Roma.
I due si presentano ufficialmente come due abitanti di Emmaus: Cleofa come figlio di un altro ‘Cleofa’ e anche come parenti perché Cleofa ha sposato una figlia di Simone, che dunque è suocero di Cleofa.
Nel momento della apparizione di Gesù ai due, questi dicono che è l’ora di nona: quindi l’incontro all’andata si è svolto il pomeriggio alle tre della Domenica di Resurrezione, quindi molte ore prima che Gesù si manifestasse la sera agli apostoli, ma già quando era corsa la voce fra i Discepoli che Gesù era risorto anche se ad essi non era ancora apparso. D’altra parte Gesù aveva detto nella apparizione segreta alla Mamma che egli sarebbe ‘ridisceso’ dal Cielo per confortare e confermare nella fede i dubbiosi o i disperati per la sua crocifissione.
I due confermano il pregiudizio verso le donne, dicendo che non era possibile credere a quanto loro avevano detto sulle apparizioni…
Gesù – sempre viandante in incognito ma che aveva detto di non ignorare una sillaba della religione ebraica - inizia allora la sua ‘catechesi’ e cioé:    
L’errore di Israele è stato quello di avere male interpretato la regalità del Cristo. Per questo Egli non fu creduto e fu anche temuto. Per questo essi stessi in quel momento dubitavano.
La ricostruzione del Regno di Israele non era limitata, nel Pensiero di Dio, né nel tempo, né nello spazio, né nel mezzo.
Nel tempo: perché mentre ogni regalità umana è caduca, quella divina è eterna.
Nello spazio: perché il Regno non sarebbe stato limitato al piccolo spazio della Palestina ma avrebbe abbracciato il mondo intero.
Nel mezzo: perché per costruire un regno umano il mezzo umano è l’oppressione dei popoli, mentre per costruire quello divino il mezzo sovrumano è l’amore.
Infatti la regalità più alta è quella di Dio. Ecco perché i Profeti nel descriverne in anticipo le caratteristiche lo avevano chiamato ‘Ammirabile’, ‘Emmanuele’, ‘Santo’, ‘Germe sublime’, ‘Forte’, ‘Padre’, ‘Principe della pace’, ‘Dio come Colui dal quale viene’ e - come tale – ‘Messia’ che quindi avrà una regalità simile a quella di Colui che lo aveva generato.
Gesù ricorda inoltre le profezie di Davide e quelle di Isaia che aveva descritto la sua Passione e le sue torture.
Gesù ricorda ancora che era stato detto che il Suo Corpo – dopo essere stato distrutto – sarebbe stato da Lui stesso (cioè da Dio) ricostruito, e con la sua vera Carne e con il suo divino spirito che l’abitava come l’anima abita ogni essere mortale ed è regina del suo cuore.
Risorto dopo aver tutto patito per tutto espiare e riparare all’Offesa primigenia, vale a dire quella del Peccato originale, a conferma che il racconto della Genesi sulla Creazione dei Primi due dal nulla da parte di Dio e quello del Peccato originale non è un ‘mito’, come sostenuto dai ‘modernisti’, come pure che l’uomo discende dai primi due capostitipi: Adamo ed Eva e non da una scimmia, come sostengono gli evoluzionisti: le scimmie – animali senz’anima - non fanno peccati!
Aveva anche predetto che a causa del deicidio Gerusalemme sarebbe stata distrutta.
Giovanni Battista lo aveva chiamato ‘Agnello’, simbolo di quello mosaico, che con il Suo Sangue avrebbe salvato quelli di buona volontà.
Il punire i nemici dall’alto della Croce sarebbe stato contrario alla sua Misericordia e Missione d’amore.
Ora, risorto, sarebbe asceso al Cielo dando inizio al Regno che Israele non aveva compreso: un regno costituito da uno sterminato popolo di tutte le razze con un unico linguaggio: quello dell’amore, un solo amore, nel Regno di Dio, dove Egli sarà il Monarca Eterno, l’Immolato Risorto avente come sudditi eterni i credenti nella sua Fede.
Sono giunti ormai ad Emmaus, i due sono estasiati, dicono che se non sapessero che Gesù era morto avrebbero detto che sarebbe stato Lui stesso ad aver così parlato.
Non so se Gesù debba ancora aver sorriso internamente ma Lui – che tutto sa, anche che Egli si sarebbe poco dopo rivelato loro perché per questo era loro apparso – fa finta di voler proseguire ma viene invitato in casa per la cena.
Cleofa dice di essere figlio del vecchio sinagogo di Emmaus che invece aveva creduto che Gesù era veramente il Messia e ne aveva gioito prima di morire.
Gesù dice che essi non sono ancora giunti ad accettare questa verità perché dopo il Sangue (e cioè sottintendendo dopo il Sacrificio di Gesù Redentore in Croce) doveva arrivare il Fuoco, vale a dire lo Spirito Santo che avrebbe fatto loro comprendere tutto quel che ancora essi non avevano capito.
Entrano dunque in casa, si siedono a tavola, Gesù si alza offrendo il pane e levando gli occhi al cielo rosso della sera, rende grazie per il cibo e si siede. Spezza il Pane e ne dà ai due ospiti e nel farlo si disvela loro per chi Egli veramente è: il Risorto, non fulgido come apparso agli altri a Lui più cari ma un Gesù ben vivo e pieno di Maestà sublime ed imponente nell’aspetto, con le sue piaghe in evidenza. Quando però i due osano alzare il viso – avendolo riconosciuto – Egli è ormai scomparso.  
Gesù aveva alzato gli occhi al cielo rosso della sera, e questo spiega perché i due di Emmaus - pur ritornando a Gerusalemme al Cenacolo a passo molto spedito -  sarebbe arrivati solo in tarda serata, ma prima della apparizione di Gesù agli apostoli che per inciso non avrebbero dovuto essere undici – come scrive Luca – ma dieci perché mancavano Giuda, ormai suicida, e Tommaso che avrebbe visto Gesù solo la domenica successiva.
Come possiamo concludere la sintesi di questa apparizione?  
Forse con il dire che Gesù risorto ha quasi celebrato qui una sorta di Santa Messa o forse con il dire anche noi (quando leggiamo i testi valtortiani) come i due: ‘Eppure non sentivi anche tu arderti il Cuore nel petto mentre ci parlava e ci accennava le Scritture?’.
Vogliamo però saperne ancora di più su questi due discepoli ai quali Gesù ha ritenuto opportuno apparire?
È sempre la Valtorta a farci comprendere indirettamente l’arcano, se scorriamo all’indietro le pagine dei dieci volumi del suo Evangelo.
Il paese di Emmaus aveva un vecchio sinagogo di nome Cleofa.
Questi, verso la fine del primo anno di vita pubblica di Gesù, era andato a trovarlo con un gruppo di paesani per ascoltarne la predicazione in una casa di campagna in una località chiamata ‘Acqua speciosa’, una casa distaccata che faceva parte di una fattoria più ampia di Lazzaro dove Gesù si era rifugiato con gli apostoli per sottrarsi per un po’ di tempo alle insidie dei soliti scribi e farisei.
Il sinagogo, rimasto estasiato dai discorsi di Gesù - che in quei giorni spiegava il significato profondo di ognuno dei dieci comandamenti - lo invita a venirlo a trovare nella sua Emmaus.
Poco tempo dopo Gesù si trova a passare nelle vicinanze di quella cittadina ed a sorpresa entra nella stessa casa dove sono entrati – dopo il cammino percorso insieme - Gesù con quei due di Emmaus.  
Il vecchio Cleofa lo accoglie con gioia e organizza una festa, invitando i notabili del paese a cena perché vorrebbe che Gesù, con la sua parola, li facesse convinti che lui è veramente l’atteso Messia.
Egli presenta a Gesù la sua famiglia: la moglie, un figlio di nome anch’egli Cleofa, la moglie di questo figlio, i nipotini, mentre un altro figlio, di nome Erma – come si rammarica il padre - è purtroppo in quel momento assente essendo andato a Gerusalemme con Simone, suocero del figlio Cleofa.
Da Gerusalemme fanno in tempo però ad arrivare di lì a poco Erma con il suocero di Cleofa, Simone, e tutti i famigliari diventeranno discepoli di Gesù.
Qui mi preme però ora sottolineare i nomi di Cleofa e di Simone perché dal racconto della visione che la Valtorta ha avuto sull’episodio dei due di Emmaus si capisce – alla luce del chiarimento che vi ho dato poco sopra - che i due di Emmaus di cui parla Luca nel suo Vangelo sono proprio loro, e cioè il giovane Cleofa figlio del vecchio Sinagogo, proprietario della casa-sinagoga nella quale si erano assisi al desco e il suocero Simone che tutto lascerebbe pensare – salvo errori – essere lo stesso Simone al quale aveva accennato Luca nel suo Vangelo al ritorno nel Cenacolo, la sera tardi, pur senza menzionare il più giovane Cleofa del quale, forse, a tanti anni di distanza a Luca  non ne era stato detto nemmeno il nome.


NOTE al Capitolo 04
1 N.d.A.: Una autorevole studiosa valtortiana, sulla base di una attenta meditazione ed analisi della descrizione fatta in visione dalla mistica, ritiene – ed è una ipotesi verosimile da prendere in seria considerazione – che Giovanni, contrariamente a Pietro, abbia credutoperché – sempre da quanto emerge dalla descrizione valtortiana della visione - egli ha visto che la Sindone era arrotolata dentro il Sudario. Egli – ragionandoci strada facendo – deve aver perciò concluso dentro di sé che non potevano aver trafugato il corpo cadaverico di Gesù, pesante, cosperso di unguenti e davvero malagevole da trasportare, lasciando lì il mezzo più comodo che avevano: mezzo che peraltro era stato utilizzato per trasportare Gesù dalla Croce al sepolcro. Ma il suo “vide e credette” Giovanni lo poté forse scrivere nel suo Vangelo perché nel suo cuore, prima ancora che nella sua mente, era arrivato il ‘messaggio’ ed il significato di quel ‘segno’ lasciato lì da Gesù magari proprio per lui, il suo apostolo prediletto! Giovanni - davvero puro, umile e pieno di carità (tanto che il Gesù valtortiano lo considerava, umanamente parlando, un suo secondo ‘sé’) - dirà però questa sua fede solo quando scriverà il Suo Vangelo e dopo che tutti i testimoni erano ormai morti. Così non avrebbe ferito nessuno!
2 Mc 16, 9-11.
3 Mc 16, 12-13
4 Lc 24, 13-35
5 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. X, Cap. 625 – ed. CEV.  
6 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Cap. 636.4 e Cap. 642.4, ed. CEV.
Torna ai contenuti