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4ª parte – Cap. 03. LE FAMOSE ‘CONTRADDIZIONI’ NEI VANGELI SUI DIVERSI RACCONTI DELLE DISCEPOLE IN MERITO ALLA RESURREZIONE.

3.1 Le versioni diverse dei quattro evangelisti sulla Resurrezione.

Come avete già appreso, la Resurrezione di Gesù è contestata non solo dai modernisti già condannati da San Pio X – persino inquadrati oggi in alcune alte gerarchie della Chiesa cattolica senza che nessuno li abbia mai estromessi, fatto che desta non poco stupore - ma aggiungerò anche dai loro antesignani dell’Ottocento/Novecento, come - a parte gli ‘storici’ Rousseau e Voltaire, padri dell’Illuminismo - Alfred Loisy e Ernst Renan, oltre il più recente Rudolf Bultmann.1
Uno degli argomenti sui quali si basava e continua a basarsi una certa critica è quello delle contraddizioni che si riscontrano nel racconto della Resurrezione da parte di ciascuno dei quattro evangelisti rispetto agli altri, con riferimento alle testimonianze difformi fornite sulle varie donne che si erano recate al Sepolcro.
Insomma – secondo costoro - gli evangelisti si sarebbero inventati il racconto della Resurrezione ma – non avendo ben prima concordato fra di loro le rispettive versioni – sarebbero caduti in contraddizione, come fanno certi delinquenti quando vengono interrogati separatamente l’uno dall’altro dalla polizia.
Secondo questi critici - il più delle volte atei – andrebbe ritorto contro gli evangelisti il detto che ‘il diavolo fa le pentole ma non i coperchi…’.
Si tratta in realtà di una argomentazione risibile.  
Quella cristiana era alle origini una comunità ristretta in cui tutti conoscevano tutto.
I vangeli – a parte quello redatto in tarda età da Giovanni - furono scritti (e lo spiegano non solo gli studi e le scoperte scientifiche più recenti ma anzi lo stesso Gesù valtortiano che li ‘data’ con precisione uno per uno) poco tempo dopo gli avvenimenti, quando gli evangelisti, gli apostoli e i discepoli, tutti testimoni oculari, erano ancora vivi.
Poiché le discordanze dei racconti delle ‘donne’ le avevano ben viste anche gli evangelisti che non erano certo sciocchi, non sarebbe costato nulla correggere i tre testi dei ‘sinottici’ Matteo, Marco e Luca e farli combaciare, come cercano di fare tutti i delinquenti che vogliono concordare in anticipo la medesima versione dei fatti, oppure per Giovanni – l’ultimo a scrivere il suo Vangelo parecchi decenni dopo – a fornire una versione che in qualche modo rimediasse alle presunte incongruenze delle precedenti.
Anzi, sovente la polizia diffida proprio di quelle versioni che combaciano perfettamente nei particolari, perché esse appunto sanno di ‘concordato’.
Se questo lavoro di ‘aggiustamento’, peraltro su aspetti marginali, non venne fatto è perché si vollero riportare testualmente le varie testimonianze delle donne, senza osare modificare quanto ciascuna di esse ebbe a riferire di aver visto.
Di fatto è da duemila anni che queste contraddizioni nei testi sono rimaste un mistero ma ora – grazie alle visioni di Maria Valtorta – scopriamo come sono andate effettivamente le cose e le apparenti contraddizioni cessano di essere tali o quantomeno trovano una logica spiegazione.
Il racconto del Vangelo di Giovanni lo abbiamo già letto.
Vediamo ora cosa narrano gli evangelisti Matteo, Marco e Luca, tenendo magari davanti agli occhi la preziosa Sinossi valtortiana dei quattro Vangeli edita dal Centro Editoriale Valtortiano, strumento di studio molto prezioso.
Tuttavia – come forse avrete notato – io uso una mia Bibbia delle Edizioni Paoline del 1968 perché ho trovato le sue traduzioni in molti casi migliori di altri testi più moderni e … blasonati.
Se può però cambiare la traduzione di qualche singola parola non cambia in nulla la sostanza.
Matteo (28,1-10):
Maria Maddalena e Maria d’Alfeo (che era la madre dei due apostoli Giacomo e Giuda, cugini di Gesù) vanno al sepolcro, all’alba.
Terremoto. Trovano le guardie tramortite. Vedono un solo angelo che aveva ribaltato la pietra d’ingresso e ci si era seduto sopra.
L’angelo dice ad esse che Gesù è risorto, fa loro vedere il sepolcro vuoto. Dice infine di avvisare i discepoli che Gesù li avrebbe preceduti in Galilea.
Le due corrono per andare a dare la notizia dell’Angelo e della Resurrezione agli apostoli.
Ma ecco che Gesù appare loro di persona andandogli incontro (cioè a Maria Maddalena e Maria d’Alfeo), le saluta e dice anch’Egli di avvisare i discepoli e di andare in Galilea dove essi lo vedranno.
 
Marco (16, 1-10):
Maria Maddalena, Maria d’Alfeo e Salome (che è la moglie di Zebedeo e la madre degli altri due apostoli: Giacomo e Giovanni, cioè l’evangelista) vanno al sepolcro con unguenti per imbalsamare Gesù, di buon mattino, quando il sole è già sorto.
Le tre donne vedono la pietra di ingresso ribaltata, non trovano le guardie tramortite e dentro, seduto a destra sulla pietra tombale, vedono anche loro un solo angelo.
Questi dice ad esse che Gesù è risorto, e fa loro vedere che non c’è più.  
Dice anche di avvisare i discepoli che Gesù li avrebbe preceduti in Galilea, dove sarebbe loro apparso.
Le tre rimangono però terrorizzate dalla apparizione dell’angelo e – fuori di sé dallo spavento – non capiscono più niente e anzi – vai a capire la loro logica - decidono di non dir niente a nessuno.

Luca
(14, 1-12):
Egli narra che ‘le donne che erano venute dalla Galilea e che avevano deposto Gesù al sepolcro’ il venerdì precedente (per chi non lo sapesse, qui – in quanto venute dalla Galilea - andrebbero individuate almeno nelle due già menzionate Maria d’Alfeo e Salome) vanno al sepolcro di buon mattino.
Vedono la pietra di ingresso ribaltata, non vedono però le guardie tramortite a terra, e nella tomba non trovano Gesù. Mentre, nella tomba, esse sono lì che non sanno cosa pensare, gli appaiono non uno ma due angeli risplendenti che anche a loro dicono che ‘Gesù è risorto, al terzo giorno, dopo esser stato dato in mano ai peccatori e crocifisso come egli stesso aveva a suo tempo già profetizzato quando parlava loro in Galilea’.
Queste ritornano dagli apostoli e raccontano tutto agli apostoli e agli altri.
Ma nessuno presta loro fede. Dice anzi Luca che le scambiarono per delle allucinate.  
Poi Luca continua dicendo che tuttavia Pietro, alzatosi, corse al sepolcro, lo trovò vuoto e se ne tornò indietro meravigliato.  
Luca precisa dopo che le varie donne che avevano riferito questi fatti agli apostoli erano state Maria di Magdala, Giovanna, Maria d’Alfeo e anche altre che erano con loro.
In effetti i conti non quadrano.
Era buio? O l’alba? O il sole era già sorto? O invece era di buon mattino? C’era un angelo oppure erano due? C’erano o non c’erano le guardie tramortite a terra? Chi erano e quante erano in realtà queste donne? Parlano o non parlano delle apparizioni?  
Infatti Marco dice che Maria Maddalena, Maria d’Alfeo e Salome decidono di non dir niente a nessuno, mentre Giovanni dice invece che Maria Maddalena parla, eccome, mentre il fatto che Maria d’Alfeo e Salome parlino lo afferma anche Luca, tanto che aggiunge che gli apostoli non credettero loro e le scambiarono per allucinate.  
E Gesù?  
Giovanni dice che Egli era apparso a Maria di Magdala.  
Matteo dice che a vederlo - insieme a Maria di Magdala - c’era anche Maria d’Alfeo.  
Marco dice invece che Maria di Magdala e Maria d’Alfeo – e secondo Marco con loro due c’era anche Salome -  non avevano visto Gesù ma solo un angelo.
E quella ‘Giovanna’, la donna di cui parla alla fine Luca, da dove salta fuori? E le ‘altre’ donne che egli dice che c’erano state?  
Chi erano, quante erano queste donne?  
Ecco anche perché – forse - gli apostoli non credettero alla resurrezione!
Per loro quelle donne erano delle ‘isteriche’ visionarie. La loro testimonianza – in quanto ‘donne’: pregiudizio maschilista conforme alla mentalità ebraica di allora - non era ‘valida’, esse dovevano aver veduto solo fantasmi, avevano avuto delle allucinazioni.

3.2 La giusta ‘quadratura’ delle diverse versioni evangeliche grazie alla visione della mistica Valtorta.

Dall’Opera della Valtorta emerge tuttavia una situazione ben diversa e molto articolata che offre una risposta coerente a queste contraddizioni.
Non vi trascrivo l'integrale visione valtortiana, che è splendida ma anche lunga che tuttavia è per chiunque disponibile consultando l’Opera della mistica.2
Tuttavia ve ne sintetizzo qui gli aspetti principali che ne emergono, riferiti alle presunte contraddizioni, facendovene un riepilogo a modo mio.
Le ‘pie’ donne escono dal Cenacolo all’alba, quando è ancora molto buio.  
Chi sono?  
Quante sono?  
In un primo momento le donne che escono dal Cenacolo sono cinque: Maria Maddalena, sua sorella Marta, Maria d’Alfeo, Salome e Susanna.  
Susanna era galilea come Maria d’Alfeo e Salome.  
Per inciso, Lei era la sposa delle nozze di Cana che - ammalatasi successivamente in maniera molto grave ma miracolata da Gesù - aveva deciso con l’accordo del marito di diventare sua discepola.
Susanna aveva la segreta aspirazione di diventare una sua discepola ma - da sposa quale era - non aveva potuto seguirlo né tantomeno avrebbe potuto, antesignana delle suore moderne, far sacrificio della sua sessualità matrimoniale per offrirlo sull’altare del Signore, per la redenzione degli uomini.
Ad un certo punto si era però tanto gravemente ammalata che umanamente non c’era più speranza di poterla salvare.
Gesù – che leggeva nei cuori e sapeva della segreta aspirazione di Susanna – chiede al marito se egli – pur di vederla salva - sarebbe stato disposto a lasciarla diventare una sua discepola rinunciando - lui - alla sua sessualità.
Questi aveva risposto positivamente perché amava la moglie veramente e avrebbe sopportato anche la castità pur di continuare ad averla vicina…, viva.
Gesù opera il miracolo!
Ritornando però alle cinque donne uscite dal Cenacolo per andare al Sepolcro, la Maddalena vorrebbe passare dalla strada più diretta, dalla Porta Giudiziaria.
Le altre obiettano che da lì transita poca gente e le guardie romane le noterebbero subito. Insomma esse hanno paura, con tutto quel pandemonio e turbativa dell’ordine pubblico che era successo due giorni prima in occasione del processo e della crocifissione di Gesù.
Le quattro – anche se avrebbero allungato di un bel po’ il percorso - vorrebbero dunque passare da altre porte più sguarnite.  
In definitiva esse decidono per il percorso più lungo, approfittandone per prelevare – visto che sarebbero passate proprio davanti al suo palazzo – anche Giovanna la moglie di Cusa, quel sovrintendente di Erode, discepolo di Gesù, che in buona fede aveva organizzato quel segreto convito – del quale c’è un breve accenno del Vangelo di Giovanni - in cui i ‘congiurati’ avrebbero voluto fare Gesù ‘re’.
Le quattro donne pensano anche che – già che ci sono - potrebbero passare a prendere lo stesso padrone del sepolcro, Giuseppe d’Arimatea, che era pur sempre un uomo e che, con la sua autorità di membro del Sinedrio, avrebbe saputo cavarsela meglio con le guardie.
Maddalena – la sorella di Marta e Lazzaro, quella di cui non per niente Marco (Mc 16,9) aveva detto che Gesù le aveva cacciato via sette demoni - è invece un tipo tosto, deciso e caustico. Lei risponde alle altre di non esagerare perché a quel punto, con Giovanna e per di più se avessero prelevato anche Giuseppe, il loro gruppetto iniziale - che non avrebbe dovuto dar nell’occhio alle guardie - sarebbe sembrato un ‘corteo’.
Lei dice di non aver paura delle guardie romane e – con il piglio di una che gli uomini sa come giostrarseli - indica un argomento efficace: le monete d’oro che con molto senso pratico si è portata dietro in un borsello, nascondendoselo nel seno: il posto più ovvio per una donna perché più difficilmente perquisibile da un soldato romano, a meno che questi – a quei tempi - non volesse rischiare di farsi lapidare.
Finalmente, tutte d’accordo, le cinque si dividono.
Maria Maddalena si dirige da sola a passo spedito verso la Porta Giudiziaria, cioè per la strada più breve.
Marta e Maria d’Alfeo vanno verso la casa di Giovanna, seguite da Salome e Susanna le quali ultime – lasciate le prime due davanti al portone di Giovanna - proseguono la loro strada con l’intesa di fermarsi fuori delle mura ad aspettare Marta, Maria d’Alfeo e Giovanna.
Tutte e cinque insieme avrebbero poi raggiunto al sepolcro Maria Maddalena che si era incamminata da tempo.
La Maddalena è intanto già passata …, senza neanche tirar fuori una moneta, anzi è praticamente quasi arrivata all’orto del Sepolcro che era vicino alla porta di guardia.
Salome e Susanna, sono per via, ma sulla strada più lunga dirette ad una porta secondaria.
Marta e Maria d’Alfeo hanno perso del tempo per prelevare Giovanna, e sono appena uscite dal portone.
È in quel momento che tutti avvertono una grande scossa di terremoto: è quello della Resurrezione di cui parla anche il Vangelo.3
Le tre si fanno prendere dal panico e anziché scappare fuori per mettersi in salvo all’aperto si rintanano nell’atrio del palazzo.
In quel momento Maria Maddalena era già arrivata vicino al viottolo che conduceva al sepolcro.  
Sente un boato, armonico e potente, vede una sorta di ‘meteora’ che - come un fulmine globulare - saetta giù dal cielo verso l’orto, sente la scossa tellurica, non capisce cosa stia succedendo, si spinge di corsa al sepolcro, vede il sepolcro con la pietra d’ingresso già scardinata, non entra, vede all’esterno le guardie immobili a terra, deduce che il corpo di Gesù è stato sottratto con violenza e anche che le guardie a terra sono state fulminate da Dio per la profanazione.  
Lei corre allora indietro da Pietro e Giovanni – che sono al Cenacolo - per gridare quel che Giovanni poi scriverà a sua volta nel suo Vangelo: ‘Il Signore è stato rubato!’

Susanna e Salome
– superata la Porta la Porta delle Acque – al sentire la scossa di terremoto si erano precipitate sotto l’albero più vicino fuori mura. Poi - fattesi coraggio ma ancora scombussolate dall’accaduto - per lo spavento subìto si dimenticano che avrebbero dovuto aspettare le altre tre e riprendono per conto loro la strada verso il Sepolcro.
Quando vi giungono, Susanna e Salome non vedono Maria Maddalena, perché questa nel frattempo e per l’altra strada più breve della Porta Giudiziaria era già scappata via rapida al Cenacolo a riferire a Pietro e Giovanni del trafugamento.
Esse non vedono nemmeno le altre tre donne che erano rimaste attardate nell’atrio del palazzo di Giovanna a causa del terremoto, ma vedono le guardie ancora a terra come morte e, pavide come sono, si spaventano ancora di più quando – affacciatesi alla soglia davanti al buio del sepolcro – esse si vedono comparire all’improvviso la figura luminosa di un angelo.  
È Gabriele, l’Angelo del Dolore, quello che era apparso a Gesù nel Getsemani per consolarlo e che ora annuncia loro che il Cristo, vittorioso, è risorto.
Che lo vadano a dire agli apostoli, insieme all’invito a ritrovarsi successivamente in Galilea, etc. etc. come raccontano i Vangeli.
Le due (Susanna e Salome) – anziché rinfrancarsi per la bella notizia - scappano via terrorizzate temendo di morire per aver osato guardare l’Angelo del Signore e temendo inoltre di essere accusate della uccisione di tutte le guardie, che esse credono infatti morte.  
Esse corrono a rifugiarsi al Cenacolo ma ritengono sia meglio tener la bocca chiusa persino con Pietro e Giovanni perché concludono che quello che hanno visto altro non deve essere stata che una falsa visione provocata dal… demonio, e non vogliono essere prese in giro.
Dunque – ricapitolando - quelle che erano scappate decidendo poi di non dire niente a nessuno di quel che avevano visto non erano state Maria Maddalena, Maria d’Alfeo e Salome – come racconta l’evangelista Marco -  ma invece Susanna e Salome, che erano arrivate dopo la Maddalena e prima delle altre tre e avevano trovato lì le guardie ancora stese per terra come morte.
Le altre tre donne (Marta, Maria d’Alfeo e Giovanna) escono intanto nuovamente in strada, dove per il terremoto si erano riversati tutti gli abitanti di Gerusalemme, e nella confusione generale – sia pur per una strada più lunga – si avviano verso le porte delle mura per raggiungere, anche se a questo punto con molto ritardo, le altre due (Susanna e Salome) che avrebbero dovuto aspettarle al di fuori della porta ma che invece avevano proseguito verso il sepolcro.
Ma attenzione al concatenarsi delle varie azioni:
mentre le tre si dirigono con un forte ritardo verso il Sepolcro, Maddalena era già tornata indietro di corsa e per la via più breve della Porta Giudiziaria.  
Salome e Susanna erano arrivate a loro volta ed erano scappate per tornare al Cenacolo per la strada più lunga.
Maddalena – che era arrivata al Cenacolo e aveva avvisato i due apostoli – ritorna insieme ad essi nel vicino sepolcro per la strada più breve, trovandolo vuoto ma questa volta senza nessuna guardia ‘fulminata’ a terra.
Le guardie infatti – dopo che Susanna e Salome erano scappate ma prima che arrivassero le altre tre – rinvengono e si ricordano di aver visto quella meteora che piombava su di loro scoppiando sulla porta del sepolcro.
Si ricordano di quel boato armonico e solenne che veniva dal Creato, e della pietra del sepolcro scardinata, mentre loro rimanevano tramortite dalla violenza della scossa tellurica e dallo shock.
Esse danno allora un’occhiata al sepolcro, lo vedono vuoto e – dai fatti straordinari ai quali hanno assistito - intuiscono al volo che quella è proprio la famosa Resurrezione per la quale i sacerdoti le avevano messe lì a guardia, non perché i sacerdoti ci credessero realmente ma perché essi volevano evitare – come avevano detto a Pilato – che i discepoli trafugassero il cadavere facendo credere che Gesù era risorto.
Le guardie corrono tutte al Tempio, a dar la notizia della Resurrezione ai sacerdoti.
Solo dopo che loro sono partite arrivano di corsa Giovanni e Pietro, trafelati, seguiti con distacco da Maria Maddalena.
Quindi Pietro e Giovanni, vista la tomba vuota, tornano da soli al Cenacolo per dirlo a Maria SS..
Le tre donne Marta, Maria d’Alfeo e Giovanna sono ancora lontane, per strada.
La Maddalena – che non ha seguito i due apostoli – allontanatisi Pietro e Giovanni, non si sa staccare dal sepolcro dove era stato il suo Gesù e se ne rimane lì singhiozzando accasciata e disperata, come racconta il successivo brano del Vangelo di Giovanni.4 È a quel punto che Maddalena alza il capo verso la porta del sepolcro e guarda dentro perché vede una luminosità sempre più intensa, cioè due angeli.  
Questi fanno finta di non sapere perché lei piange e glielo chiedono, lei glielo dice: le hanno rapito Gesù!
Loro si guardano l’un l’altro, ammiccano fra di loro in uno sfavillìo più luminoso, sorridono e alzano lo sguardo oltre la Maddalena.  
Lei – che li stava guardando – si volta d’istinto seguendone lo sguardo e vede un ortolano, bellissimo.  
Gesù – non si fa riconoscere subito - ma fa finta anche lui di non sapere perché lei piange, glielo chiede e lei glielo dice. Lui allora le si manifesta raggiante nel suo splendore e lei - radiosa – corre un’altra volta al Cenacolo a dirlo a Pietro e Giovanni: Gesù è risorto!  
Insomma mi sembra che il Vangelo di Giovanni quadri con quello della Valtorta.
Giovanni - come ho già accennato - lo ha scritto vari decenni dopo e – deduco io -  si deve essere ben guardato dal contraddire gli altri tre, perché Giovanni – oltre che umile - era praticamente perfetto: l’apostolo dell’amore!
Lui che – dei quattro evangelisti - era stato l’unico testimone diretto di quegli avvenimenti, ha forse voluto discretamente raccontare solo la storia della prima apparizione di Gesù alla Maddalena: quella che lui – unico vero testimone con Pietro – avevo vissuto di persona.
Il ‘piccolo Giovanni’, cioè Maria Valtorta, ha completato poi il resto, raccontando nei minimi particolari l’esatto svolgimento dei fatti ai quali nemmeno Giovanni aveva assistito.
Mattino movimentato dunque, quello della Resurrezione.  
Ma ora attenzione, ancora, e ritorniamo dove eravamo prima della apparizione di Gesù alla Madonna, e cioè alle ultime tre donne.
Le ultime tre donne: Marta, Maria d’Alfeo e Giovanna – molto in ritardo per via di quella scossa di terremoto e della successiva confusione in città – arrivano nel frattempo al sepolcro convinte che le altre loro due compagne (Susanna e Salome) fossero là ad attenderle. Non le trovano, non vedono nemmeno le guardie, che infatti erano già andate dai sacerdoti, e non vedono neanche Pietro e Giovanni che erano già venuti e se ne erano subito ritornati indietro shoccati, mentre la stessa Maria Maddalena che era rimasta lì da sola e aveva visto Gesù risorto era nuovamente corsa al Cenacolo per dar la notizia della resurrezione ai due apostoli.
Le tre non vedono Gesù ma vedono invece i due bellissimi angeli i quali ricordano alle donne la profezia di Gesù in merito alla sua resurrezione nel terzo giorno, come Gesù aveva già preannunziato a loro in Galilea.
Questa è infatti la versione degli avvenimenti raccontata da Luca.
D’altra parte che le donne fossero tante, Luca lo dice poco dopo (Lc 24, 10-12): ‘Le donne che riferirono agli apostoli questi fatti erano: Maria di Magdala, Giovanna, Maria Madre di Giacomo, ed anche le altre che erano con loro. Ma ad essi questi discorsi parvero delle allucinazioni e non prestarono fede alle donne…’.
Fatto quest’ultimo che conferma quanto vi avevo già detto: gli apostoli – tranne Giovanni che però aveva taciuto per rispetto a Pietro - non avevano creduto alla Resurrezione.
Beh…, riflettendoci a posteriori dopo aver visto le visioni della Valtorta – i vari elementi del ‘puzzle’, e cioè le varie discordanze,5 vanno a posto e tutto trova una sua logica spiegazione, anche se i critici razionalisti diranno che comunque non si può dar retta alle visioni di una Valtorta…, insomma alle visioni di una… ‘visionaria’!
Ogni gruppo di donne - tornate al Cenacolo - ha raccontato quello che esse e solo esse avevano visto. Da qui la diversità dei racconti e le apparenti contraddizioni, a parte la confusione che – in tanta confusione – ci devono aver messo di proprio anche i tre evangelisti ‘sinottici’ i quali hanno riportato i racconti forse non sapendo più a quale delle varie donne poter credere di più.
Il racconto della visione valtortiana – nella versione integrale dell’Opera – è comunque un pezzo da antologia.  


NOTE al Capitolo 03
1 N.d.A.: Il loro pensiero è appunto quello delle correnti positiviste e moderniste di cui essi furono precursori e fondatori. Il positivismo dell’ottocento era un indirizzo che sosteneva che unica fonte di verità e di certezza è il mondo fenomenico. Nell’esaltazione del sapere sperimentale il positivismo è irriducibilmente antimetafisico e agnostico.
Il modernismo è un complesso di dottrine sorte nell’ottocento-novecento per influsso delle moderne filosofie dell’immanenza, cioè della ‘non trascendenza’. Esso cerca di ‘interpretare’ il Cristianesimo e renderlo accessibile alla cultura contemporanea. Il modernismo fu condannato da S. Pio X come demolitore di ogni religione positiva essendo caratterizzato da agnosticismo, immanentismo, relativismo ed evoluzionismo.
Il razionalismo illuminista, ai fini di questo nostro discorso, consiste in una esagerata valutazione della ragione umana che nega la trascendenza dell’essere rispetto al pensiero, esclude il mistero e la Rivelazione, il Cristianesimo, ecc.
Enest Renan (1823-1892), francese, ex seminarista, fu storico, filosofo e scrittore. Esponente del positivismo scrisse la Vita di Gesù che ebbe enorme risonanza. L’influsso del suo pensiero e della sua personalità nella cultura e nella letteratura francese, e non solo, fu vasto e profondo.
Alfred Loisy (1857-1940), francese, sacerdote, fu l’iniziatore del modernismo. Le sue pubblicazioni di esegesi biblica furono condannate dal Santo Uffizio e nel 1908 fu scomunicato. Negò il concetto di ispirazione e quello del soprannaturale in genere, e applicò alla Sacra Scrittura le teorie più spinte del razionalismo tedesco, fino a presentare la Chiesa come un travisamento cosciente del Regno di Dio.
Rudolf Bultmann (1884-1976), tedesco, teologo protestante, diede grande contributo scientifico allo sviluppo della scuola della ‘Formgeschichte’, ma il suo nome è legato soprattutto alla ‘demitizzazione’, concetto che presume ricondurre a livello naturale e a dimensioni umane fatti e persone del testo biblico a cui l’ignoranza ed il fanatismo religioso avrebbero attribuito caratteri soprannaturali in un contesto ‘mitico’.
Vittorio Messori - il noto storico, scrittore e giornalista al quale non ha mai fatto difetto la chiarezza di idee - nel suo ‘Pensare la storia’(Ed. San Paolo, 1999) non ha nascosto la propria tagliente opinione sui nostri tre, liquidando Renan come ‘prete mancato e scomunicato, idolo della borghesia positivista dell’ottocento che gli era grata e che infatti lo ricolmò di onori…’, scrivendo poi di Loisy…dal suo sogno di un cristianesimo rinnovato attraverso la lettura ‘scientifica’ della Bibbia, finisce, in vecchiaia, per rinnegare ‘tout court’ il Vangelo e vagheggiare un’indistinta ‘religione dell’Umanità’ di stampo massonico, attribuendo un carattere di ‘Chiesa’ nientemeno che all’impotente e un po’ grottesco carrozzone della Società delle Nazioni…’, ed infine paragonando Bultmann a certi studiosi ‘da tavolino’, di cui ‘il caso più clamoroso è quello del veneratissimo maestro della ‘demitizzazione’ della Scrittura, il biblista tedesco Rudolf Bultmann, il quale pretese di sezionare il testo del Nuovo Testamento (mettendone nel ghetto del ‘mito’ quasi tutti i versetti e proclamando che i vangeli non avevano nulla a che fare con la storia) senza mai, alla lettera, uscire dalla biblioteca dell’Università di Marburgo dove aveva la cattedra. E rifiutando sempre, sino all’ultimo, di recarsi in Israele: nel suo schema libresco, da professore teutonico, Bultmann aveva deciso una volta per tutte che nel Nuovo Testamento non c’era nulla che avesse a che fare con la storia, che tutto era leggenda inaccettabile da un professore ‘moderno’ come lui. Perché dunque sprecare tempo andando a dare almeno un’occhiata ai luoghi dove gli oscuri redattori evangelici avevano ambientato il loro ‘mito’ di Gesù? Meglio stare fra i libri della sua biblioteca: chissà, oltretutto, che gli scavi di Palestina non potessero mettere in pericolo lo schema della ‘mitizzazione’ – con conseguente necessità di ‘demitizzare’ - grazie al quale era non solo preso sul serio ma ossequiatissimo dai colleghi di tutto il mondo? Cattolici compresi, s’intende, sempre in soggezione davanti ad un professore protestante e tedesco...’.
2 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. X – Cap. 619 – C.E.V.
3 Mt 28, 1-2
4 Gv 20, 11-18
5 N.d.A: Ed è con sarcasmo che Voltaire critica religione e vangeli andando anche alla ricerca delle incongruenze o discordanze che si possono notare nei loro testi, utilizzandole per demolirne l’attendibilità e quindi la realtà storica di quanto i Vangeli raccontano.
Al riguardo lo stesso Messori (in Ipotesi su Gesù – S.E.I., 1987) osserva che il disagio per queste discordanze è continuato fino ai giorni nostri e costringe talvolta gli apologeti cristiani a cercare di risolvere le questioni ricorrendo a funambolismi maldestri.
Ma se i vangeli fossero stati realmente frutto di una elaborazione ‘mitologica’ dei primi cristiani, questi si sarebbero ben guardati dall’introdurre passi destinati a suscitare perplessità, o li avrebbero quantomeno emendati.
Dice dunque Messori: ‘Pur avvertendo il disagio e pur sapendo di compromettere la sua stessa azione missionaria, questa comunità che avrebbe inventato tutto non vuole percorrere l'ultima tappa dell'invenzione, ma conserva contro ogni logica testi pieni di varianti.
Questa difesa su una linea altrimenti assurda è spiegabile solo se si accetta un'ipotesi che pare l'unica plausibile.
L'ipotesi, cioè, di una comunità primitiva obbligata ad accettare quei quattro testi. E quelli soltanto, anche se imbarazzanti e scomodi. Un obbligo che poteva discendere solo dalla convinzione motivata che in quei testi erano conservati i ricordi dei testimoni più attendibili. Ricordi talvolta contrastanti, persino confusi in molti punti (la liberazione di due indemoniati è avvenuta presso la città di Gadara come vuole Matteo o presso Gerasa come scrivono Luca e Marco?) ma, tra tutti, i più aderenti a una vicenda di cui molti erano stati testimoni.
Siamo al contrario di ciò che pensa Voltaire, che manifestamente non sa nulla né del vangelo di Pietro, né del Diatessaron di Tazíano, né dell'eresia marcionita né del millenario disagio dei credenti per quelle discordanze che egli, il brillante filosofo illuminista, crede di notare per primo.
Sono cioè proprio le varianti nei quattro racconti "ufficiali" su Gesù che fanno pensare che all'origine ci sia una storia realmente accaduta, per ricostruire la quale occorreva cercare e difendere le testimonianze più attendibili, quelle che si avvicinavano ai fatti con la maggiore approssimazione.  E quelle testimonianze erano evidentemente considerate intoccabili.
Se all'inizio non c'è una storia ma una materia da plasmare come si crede, il comportamento della chiesa primitiva è inspiegabile.  Se non era neppure in grado di darsi delle leggende attendibili, questa comunità mancava più che mai dei titoli per aspirare al suo già improbabile successo.
Proveremo del resto come questo genere di osservazioni possa continuare, vedendo come i vangeli dicano troppo e troppo poco rispetto a ciò che sarebbe stato auspicabile secondo logica per il buon esito della predicazione.  
La conclusione non potrà essere che una: l'assurdità di presentarsi al giudizio del mondo con testi che si prestano all'immediata obiezione degli avversari può spiegarsi soltanto se si ammette che all'inizio c'è un messaggio che non è manipolabile a piacere dalla comunità primitiva, come pensano invece critici e mitologi.  La comunità appare anzi impegnata ad accertare al meglio quanto sia veramente successo.  A raccogliere, predicare, conservare per quanto possibile intatto il messaggio’.
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