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3ª parte - Cap. 04. CATTURA DI GESÙ AL GETSEMANI, PROCESSO, MORTE, SEPOLTURA E DISCESA AGLI INFERI.

4.1 Pilato disse che non voleva assumersi la responsabilità del Sangue di Gesù, considerato da lui un ‘giusto’, ma i Giudei, di rimando: «Il Sangue suo ricada su di noi e sui nostri figli».

Abbiamo dunque conosciuto le sofferenze interiori di Gesù durante la Passione del Getsèmani, raccontate direttamente da Gesù, un brano che abbiamo definito sconvolgente, dove la malizia ed astuzia di Satana che lo tentava alla rinuncia per far fallire il Progetto della Redenzione supera ogni umana immaginazione per la sua luciferina sottigliezza.
Gesù aveva chiuso il suo racconto dicendoci che quel brano, un Dettato, era un grande regalo come a pochi Egli lo aveva concesso.
Se non lo conoscevate è un grande regalo anche per voi che ora lo avete letto.
Se invece lo conoscevate prendetelo come un secondo grande regalo, perché è un Dettato splendido che non dovrebbe assolutamente mancare nelle meditazioni del Giovedì e Venerdì santo, ma anche più sovente, per ricordarci quanto Gesù ha sofferto per la nostra Redenzione.
Gesù, alla fine della sua preghiera e sofferenza notturna nel Getsèmani viene dunque arrestato da una accozzaglia di scherani del Tempio e condotto a forza per essere interrogato dal sommo Sacerdote e condannato.
Giovanni fu l’unico apostolo a seguirlo ‘da vicino’, tutti gli altri essendo fuggiti ed essendosi Pietro unito a lui, al seguito della turba, solo in un secondo tempo.
Pietro – spaventato, come vedremo anche quando rinnegherà Gesù – aveva infatti seguito prudentemente ‘da lontano’ la canea di gentaglia e soldataglia.
Lo racconta infatti l’Evangelista Matteo1: ‘Pietro lo aveva seguito da lontano, fino all’atrio del sommo Sacerdote’, fatto – questo - poi confermato dal Vangelo di Luca e da quello di Marco.
Ciò nonostante Giovanni nel suo Vangelo non vuole porre in cattiva luce il Capo degli apostoli, Pietro, e lo mette in prima posizione mentre mette se stesso nell’anonimato quando - riferendosi al corteo di soldati che conducevano Gesù dal sommo Sacerdote - scrive: ‘Seguivano Gesù Simon Pietro e un altro discepolo’.
Giovanni ci racconta comunque la sequenza degli avvenimenti successivi alla cattura di Gesù in maniera ‘essenziale’:2
Intanto la coorte, il tribuno e le guardie dei Giudei presero Gesù, lo legarono e lo condussero prima da Anna, perché era suocero di Caifa, il Sommo Sacerdote di quell’anno.
Caifa era colui che aveva dato ai Giudei quel consiglio: «È meglio che un uomo solo muoia per il popolo».
Seguivano Gesù Simon Pietro e un altro discepolo. E questo discepolo, essendo noto al Sommo Sacerdote, entrò con Gesù nell’atrio del Sommo Sacerdote; Pietro invece restò fuori, alla porta.
L’altro discepolo, noto al Sommo Sacerdote, uscì, parlò alla portinaia e fece entrare Pietro.
Disse però a Pietro la serva addetta alla porta: «Forse anche tu sei dei discepoli di quest’uomo?».
Egli rispose: «Non lo sono».
Intanto i servi e le guardie, accesi dei carboni, se ne stavano in piedi a scaldarsi, perché era freddo; anche Pietro se ne stava là ritto con loro e si scaldava.
Il Sommo Sacerdote interrogò Gesù intorno ai suoi discepoli e alla sua dottrina.
Gesù gli rispose: «Io ho parlato in pubblico a tutti; ho sempre insegnato in sinagoga e nel Tempio, dove s’adunano tutti i Giudei, e niente ho detto in segreto. Perché interroghi me? Interroga quelli che mi hanno udito, di che cosa ho parlato loro: ecco, essi sanno che cosa ho detto».
A queste parole, una delle guardie presenti diede uno schiaffo a Gesù dicendo: «Così rispondi al Sommo Sacerdote?».
Gesù gli rispose: «Se ho parlato male, mostrami dov’è il male; e se bene, perché mi percuoti?».
Anna allora lo mandò legato a Caifa, Sommo Sacerdote
Frattanto Simon Pietro stava a scaldarsi.  
Gli dissero dunque: «Non sei anche tu dei suoi discepoli?».
Egli negò e disse: «Non lo sono».
Ma uno dei servi del Sommo Sacerdote, parente di quello a cui Pietro aveva tagliato l’orecchio, gli disse: «Non t’ho forse veduto io con lui nell’orto?».
Pietro allora negò di nuovo, e subito il gallo cantò.
Condussero, allora, Gesù dalla casa di Caifa al Pretorio.
Era di mattino presto ed essi non entrarono nel Pretorio per non contaminarsi e poter mangiare la Pasqua.
Pilato, dunque, uscì fuori verso di loro e domandò: «Quale accusa portate contro quest’uomo?».
Gli risposero: «Se non fosse un malfattore, non te lo avremmo consegnato».
Replicò loro Pilato: «Prendetelo voi e giudicatelo secondo la vostra legge».
I Giudei gli risposero: «A noi non è permesso di dar la morte ad alcuno».
Così s’adempivano le parole di Gesù con le quali aveva predetto di qual morte doveva morire.
Allora Pilato rientrò nel Pretorio e, chiamato Gesù, gli domandò: «Sei tu il re dei Giudei?».
Gesù rispose: «Dici questo da te, o altri te l’hanno detto di me?».
Disse Pilato: «Sono forse Giudeo? La tua nazione e i gran Sacerdoti ti hanno messo nelle mie mani: che hai fatto?».
Gesù rispose: «Il mio Regno non è di questo mondo; se fosse di questo mondo il mio regno, la mia gente avrebbe combattuto affinché non fossi dato nelle mani dei Giudei; ma il regno mio non è di quaggiù».
«Dunque, tu sei re?», gli domandò allora Pilato.
Gesù gli rispose: «Tu l’hai detto, io sono re. Per questo sono nato e per questo sono venuto nel mondo, a rendere testimonianza alla verità. Chiunque è dalla verità, ascolta la mia voce».
Gli domandò Pilato: «Che cosa è la verità?».
E detto questo, uscì di nuovo davanti ai Giudei e disse loro: «Io non trovo in lui nessuna colpa. Ma siccome è vostro uso che vi liberi uno per la Pasqua, volete che vi lasci il Re dei Giudei?».
Allora ripresero a gridare: «Non lui, ma Barabba!». Barabba era un assassino.
Allora Pilato prese Gesù e lo fece flagellare.
Intanto i soldati, intrecciata una corona di spine, gliela posero sul capo, lo rivestirono d’un manto di porpora, e andandogli davanti, dicevano: «Salve, o re dei Giudei!», e gli davano schiaffi.
Pilato, uscito di nuovo fuori, disse loro: «Ecco, ve lo conduco fuori, affinché sappiate che non trovo in lui nessuna colpa».
Gesù uscì, portando la corona di spine e il manto di porpora.
Pilato disse loro: «Ecco l’uomo!».
Ma, visto che l’ebbero, i gran Sacerdoti e le guardie gridarono: «Crocifiggilo! Crocifiggilo!».
Disse loro Pilato: «Prendetelo e crocifiggetelo voi, perché io non trovo in lui nessuna colpa».
Gli replicarono i Giudei: «Noi abbiamo una legge secondo la quale deve morire, perché s’è fatto Figlio di Dio».
All’udire queste parole Pilato s’impaurì più che mai, e, rientrato nel Pretorio, domandò a Gesù: «Di dove sei?». Gesù non gli dette risposta.
Gli disse dunque Pilato: «Non mi parli? Non sai che ho potere di rimetterti in libertà e potere di crocifiggerti?».
Rispose Gesù: «Tu non avresti su di me nessun potere, se non ti fosse stato dato dall’alto. Per questo chi mi ha consegnato nelle tue mani è più colpevole di te».
Da quel momento Pilato cercava di liberarlo.
Ma i Giudei gridavano dicendo: «Se lo liberi, non sei amico di Cesare; chi, infatti, si fa re, va contro Cesare».
Pilato, udite queste parole, condusse fuori Gesù e sedette in tribunale nel luogo detto Lastricato, in ebraico Gabbata. Era la vigilia della Pasqua, circa l’ora sesta.
Pilato disse ai Giudei: «Ecco il vostro Re!».
Ma quelli gridarono: «Via, via, crocifiggilo!».
Pilato disse loro: «Dovrò crocifiggere il vostro re?».
Risposero i gran Sacerdoti: «Noi non abbiamo altro re che Cesare».
Allora lo diede nelle loro mani, perché fosse crocifisso
L’evangelista Matteo aggiunge invece altri importanti particolari (i grassetti sono miei):3
Mt 26, 47-75
47Mentre ancora egli parlava, ecco arrivare Giuda, uno dei Dodici, e con lui una grande folla con spade e bastoni, mandata dai capi dei sacerdoti e dagli anziani del popolo. 48Il traditore aveva dato loro un segno, dicendo: «Quello che bacerò, è lui; arrestatelo!». 49Subito si avvicinò a Gesù e disse: «Salve, Rabbì!». E lo baciò. 50E Gesù gli disse: «Amico, per questo sei qui!». Allora si fecero avanti, misero le mani addosso a Gesù e lo arrestarono.  
51Ed ecco, uno di quelli che erano con Gesù impugnò la spada, la estrasse e colpì il servo del sommo sacerdote, staccandogli un orecchio. 52Allora Gesù gli disse: «Rimetti la tua spada al suo posto, perché tutti quelli che prendono la spada, di spada moriranno. 53O credi che io non possa pregare il Padre mio, che metterebbe subito a mia disposizione più di dodici legioni di angeli? 54Ma allora come si compirebbero le Scritture, secondo le quali così deve avvenire?».  
55In quello stesso momento Gesù disse alla folla: «Come se fossi un ladro siete venuti a prendermi con spade e bastoni. Ogni giorno sedevo nel tempio a insegnare, e non mi avete arrestato. 56Ma tutto questo è avvenuto perché si compissero le Scritture dei profeti». Allora tutti i discepoli lo abbandonarono e fuggirono.
57Quelli che avevano arrestato Gesù lo condussero dal sommo sacerdote Caifa, presso il quale si erano riuniti gli scribi e gli anziani. 58Pietro intanto lo aveva seguito, da lontano, fino al palazzo del sommo sacerdote; entrò e stava seduto fra i servi, per vedere come sarebbe andata a finire.
   59I capi dei sacerdoti e tutto il sinedrio cercavano una falsa testimonianza contro Gesù, per metterlo a morte; 60ma non la trovarono, sebbene si fossero presentati molti falsi testimoni. Finalmente se ne presentarono due, 61che affermarono: «Costui ha dichiarato: «Posso distruggere il tempio di Dio e ricostruirlo in tre giorni»».  
62Il sommo sacerdote si alzò e gli disse: «Non rispondi nulla? Che cosa testimoniano costoro contro di te?». 63Ma Gesù taceva. Allora il sommo sacerdote gli disse: «Ti scongiuro, per il Dio vivente, di dirci se sei tu il Cristo, il Figlio di Dio».  
64«Tu l'hai detto - gli rispose Gesù -; anzi io vi dico: d'ora innanzi vedrete il Figlio dell'uomo seduto alla destra della Potenza e venire sulle nubi del cielo».
65Allora il sommo sacerdote si stracciò le vesti dicendo: «Ha bestemmiato! Che bisogno abbiamo ancora di testimoni? Ecco, ora avete udito la bestemmia; 66che ve ne pare?». E quelli risposero: «È reo di morte!».  
67Allora gli sputarono in faccia e lo percossero; altri lo schiaffeggiarono, 68dicendo: «Fa' il profeta per noi, Cristo! Chi è che ti ha colpito?».
69Pietro intanto se ne stava seduto fuori, nel cortile. Una giovane serva gli si avvicinò e disse: «Anche tu eri con Gesù, il Galileo!». 70Ma egli negò davanti a tutti dicendo: «Non capisco che cosa dici».
71Mentre usciva verso l'atrio, lo vide un'altra serva e disse ai presenti: «Costui era con Gesù, il Nazareno». 72Ma egli negò di nuovo, giurando: «Non conosco quell'uomo!».  
73Dopo un poco, i presenti si avvicinarono e dissero a Pietro: «È vero, anche tu sei uno di loro: infatti il tuo accento ti tradisce!». 74Allora egli cominciò a imprecare e a giurare: «Non conosco quell'uomo!». E subito un gallo cantò. 75E Pietro si ricordò della parola di Gesù, che aveva detto: «Prima che il gallo canti, tu mi rinnegherai tre volte». E, uscito fuori, pianse amaramente.
♦  
Mt 27, 1-26:
1Venuto il mattino, tutti i capi dei sacerdoti e gli anziani del popolo tennero consiglio contro Gesù per farlo morire. 2Poi lo misero in catene, lo condussero via e lo consegnarono al governatore Pilato.
3Allora Giuda - colui che lo tradì -, vedendo che Gesù era stato condannato, preso dal rimorso, riportò le trenta monete d'argento ai capi dei sacerdoti e agli anziani, 4dicendo: «Ho peccato, perché ho tradito sangue innocente». Ma quelli dissero: «A noi che importa? Pensaci tu!».  
5Egli allora, gettate le monete d'argento nel tempio, si allontanò e andò a impiccarsi. 6I capi dei sacerdoti, raccolte le monete, dissero: «Non è lecito metterle nel tesoro, perché sono prezzo di sangue». 7Tenuto consiglio, comprarono con esse il «Campo del vasaio» per la sepoltura degli stranieri. 8Perciò quel campo fu chiamato «Campo di sangue» fino al giorno d'oggi.  
9Allora si compì quanto era stato detto per mezzo del profeta Geremia: E presero trenta monete d'argento, il prezzo di colui che a tal prezzo fu valutato dai figli d'Israele, 10 e le diedero per il campo del vasaio, come mi aveva ordinato il Signore’.
11Gesù intanto comparve davanti al governatore, e il governatore lo interrogò dicendo: «Sei tu il re dei Giudei?».  
Gesù rispose: «Tu lo dici».  
12E mentre i capi dei sacerdoti e gli anziani lo accusavano, non rispose nulla. 13Allora Pilato gli disse: «Non senti quante testimonianze portano contro di te?». 14Ma non gli rispose neanche una parola, tanto che il governatore rimase assai stupito.
Lo consegnò perché fosse crocifisso
15A ogni festa, il governatore era solito rimettere in libertà per la folla un carcerato, a loro scelta. 16In quel momento avevano un carcerato famoso, di nome Barabba. 17Perciò, alla gente che si era radunata, Pilato disse: «Chi volete che io rimetta in libertà per voi: Barabba o Gesù, chiamato Cristo?». 18Sapeva bene infatti che glielo avevano consegnato per invidia.
19Mentre egli sedeva in tribunale, sua moglie gli mandò a dire: «Non avere a che fare con quel giusto, perché oggi, in sogno, sono stata molto turbata per causa sua».  
20Ma i capi dei sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a chiedere Barabba e a far morire Gesù. 21Allora il governatore domandò loro: «Di questi due, chi volete che io rimetta in libertà per voi?».  
Quelli risposero: «Barabba!».  
22Chiese loro Pilato: «Ma allora, che farò di Gesù, chiamato Cristo?». Tutti risposero: «Sia crocifisso!».  
23Ed egli disse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora gridavano più forte: «Sia crocifisso!».
24Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto aumentava, prese dell'acqua e si lavò le mani davanti alla folla, dicendo: «Non sono responsabile di questo sangue. Pensateci voi!».
25E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli».
26Allora rimise in libertà per loro Barabba e, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò perché fosse crocifisso.
Davvero drammatico questo resoconto nella sua scarna semplicità.
Come non riflettere su quella frase conclusiva:  
25E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada su di noi e sui nostri figli»?
Dalla lettura dei Vangeli, ed in particolare da questo resoconto del processo a Gesù e della sua condanna a morte, emerge l’immagine di una classe di governo ebraica che – facendosi appoggiare in piazza da una nutrita massa di facinorosi – rifiuta la liberazione del Figlio di Dio, al quale preferisce il criminale Barabba, ed anzi ne invoca la condanna a morte.
Niente lascia pensare che il resoconto degli evangelisti sia un falso storico e che l’accusa ai giudei di allora sia stata una sorta di vendetta postuma degli evangelisti contro le persecuzioni che i primi cristiani dovettero subire proprio dagli stessi ebrei. Oltretutto studi recenti hanno appurato che i Vangeli dei tre sinottici sono stati scritti pochi anni dopo Gesù.
Molti dei primi cristiani di allora, e per di più molti ebrei, erano dunque stati testimoni oculari delle vicende narrate nei Vangeli che quindi non potevano mentire salvo essere clamorosamente sconfessate.
Dall’opera di Maria Valtorta, e cioè dalle visioni di una mistica anima vittima e non di un agitatore politico antiebraico, emerge uno ‘spaccato’ molto particolare.
Israele era una provincia romana retta amministrativamente dagli ebrei ma controllata militarmente dal potere superiore di Roma.
A Gerusalemme comandava il Sinedrio, ma sopra il Sinedrio – per quanto concerne il diritto di vita e di morte – vi era Roma, cioè il Procuratore romano Ponzio Pilato.
Il Sinedrio poteva solo ‘richiedere’ una condanna a morte, ma era poi nella facoltà del Procuratore concederla o meno.  
Dall’opera valtortiana e dagli stessi Vangeli emerge infatti che Gesù fu condannato da Roma, ma su istigazione del Sinedrio.
Le ‘motivazioni’ della richiesta diventano a questo punto fondamentali.
L’accusa principale dei sinedristi a Gesù, accusa che per essi era vera bestemmia, fu il suo essersi dichiarato ‘Figlio di Dio’, figliolanza oltretutto inconcepibile per il concetto spirituale di Dio che gli ebrei avevano.
Di fronte a Pilato, tuttavia, l’accusa che essi gli presentarono fu quella di essersi Egli dichiarato ‘Messia’, e più precisamente ‘Re di Israele’, quindi un personaggio politico con potenziali velleità di sedizione che certo Roma non avrebbe apprezzato.
Ponzio Pilato era un militare, ma anche un politico. Marito di Claudia, della potente famiglia romana dei Claudii, contava di fare carriera e di poter ambire in futuro al governo di province ben più importanti e ‘civilizzate’ di quella oscura Giudea, considerata una ‘periferia’ dell’Impero.
Il Senato romano e lo stesso Imperatore giudicavano tuttavia l’efficienza dei loro governatori dalla loro capacità di tenere ‘tranquille’ le province conquistate.
Un governatore doveva quindi da un lato lavorare di diplomazia, ma dall’altro – quando lo avesse reputato necessario – usare il pugno di ferro e stroncare sul nascere qualsiasi velleità di indipendenza.
Era questa la situazione nel momento del processo a Gesù, con un popolo che mal sopportava il dominio di Roma.
Pilato – che era un pagano – era molto scettico e anche menefreghista delle questioni religiose ebraiche, che egli vedeva come delle beghe incomprensibili, ma non era insensibile all’accusa che avrebbe potuto essergli rivolta di aver graziato un ‘nemico’ politico di Roma.
Erode Antipa, ebreo e tetrarca della Galilea, anch’egli ben ‘ammanigliato’ con Roma, avrebbe ad esempio potuto nuocere alla sua carriera, come pure molti personaggi del Sinedrio, sadducei e farisei, che di fatto erano in Israele ‘collaborazionisti’ di Roma, dalla quale avevano poi avuto l’autorizzazione a gestire il potere a Gerusalemme.
Ecco dunque che Pilato, come si vede dai Vangeli, cerca in un primo tempo di salvare Gesù, affermando davanti alla canea dei persecutori che egli non vedeva colpe in lui, ma poi – quando capisce che quelli non vogliono sentir ragioni – si arrende alla piazza.
In fin dei conti per lui – romano – si trattava della condanna a morte di un ebreo voluta dai suoi stessi connazionali, non valeva la pena di farne un ‘casus belli’ e doverne poi pagare politicamente le conseguenze.
Quindi Pilato – nonostante la moglie Claudia Procula (ammiratrice di Gesù che lei considerava ‘giusto’ e ‘filosofo’ sapiente) gli avesse mandato in corso di processo un biglietto per invitarlo ad essere ‘prudente’ con Gesù – si arrende alla ‘piazza’ ma in un soprassalto di dignità per una condanna che egli riteneva davvero ingiusta, si lava ostentatamente le mani di fronte alla folla urlante, scandendo che lui vuole averle nette dal sangue di quel ‘giusto’.
Atto davanti al quale la marmaglia assatanata conferma la richiesta di morte gridandogli appunto di rimando, come scrive l’evangelista Matteo: «Il sangue suo cada su di noi e sui nostri figli!».
Non vi è dubbio di come la massa – nel momento in cui perde la sua identità individuale e diventa branco – sappia esprimere livelli di estrema brutalità, e questo è la storia ad insegnarcelo.
Può però la condanna ed uccisione dell’Uomo-Gesù - che per i cristiani è anche Dio - spiegare la tragedia ormai bimillenaria della distruzione di Gerusalemme, della successiva dispersione ebraica e di episodi agghiaccianti come i sei milioni di ebrei uccisi o gassificati nell’Olocausto dell’ultima guerra mondiale?
Può un Dio, che si considera ‘buono’ e ‘giusto’ condannare non solo il ‘popolo’ di allora, ma anche i discendenti futuri ad una sorte così triste ed ingiusta, non avendo - i successivi - alcuna colpa?
I figli non sono responsabili – si dice – delle colpe dei padri, ma è indubbio che molte volte le colpe dei padri ricadono sui figli.
È quanto è successo all’Umanità a causa del Peccato originale dei primi due Progenitori.
Dio – che rispetta la dignità nostra e il nostro libero arbitrio – non è responsabile delle conseguenze delle nostre azioni e colpe.
È quanto però Gesù profetizzò ai suoi apostoli e che successe ad Israele, dopo che Egli – pochi giorni prima della sua cattura, uscito dal magnifico Tempio e voltatosi a guardarlo - ne predisse malinconicamente agli apostoli la futura distruzione. Dio infatti non castigò personalmente gli Ebrei, solo li abbandonò in mano agli uomini e siccome “principe di questo mondo” è Satana, fu quest’ultimo a perseguitarli attraverso i suoi seguaci, nell’arco dei secoli, dopo averli fatti prima obbedienti alle sue seduzioni e tentazioni del Venerdì Santo.
La popolazione di Gerusalemme qualche anno dopo, nel 66 d.C., si ribellò (ancora sobillata da Satana) a Roma sotto la guida di un capopopolo (evidentemente servo del maligno) che si accreditava o si spacciava come il Messia tanto atteso, il liberatore dalla ‘schiavitù’ non del Demonio, ma di Roma.
Il cosiddetto ‘Messia’ era sostenuto da quella stessa gerarchia sacerdotale e politica che aveva invece fatto crocifiggere Gesù negandone la messianicità.
La città venne però circondata a sorpresa dalle legioni romane mentre era affollata fino all’inverosimile di pellegrini arrivati dalla diaspora in occasione di una Pasqua.
L’assedio e la guerra – come racconta il famoso storico giudeo-romano di allora Giuseppe Flavio (alto ufficiale delle truppe giudaiche nella ribellione contro Roma, poi fatto prigioniero ma messosi al servizio dell’Imperatore Vespasiano e di suo figlio Tito) – durarono anni e furono contrassegnati da ferocie inaudite.
I romani catturavano e impalavano sotto le mura – a centinaia – gli abitanti che cercavano di fuggire dalla città affamata e percorsa dalle epidemie.
Alla fine di una strenua ed eroica difesa Gerusalemme – nel 70 d.C. – capitolerà.  
I morti – racconta Giuseppe Flavio nelle ‘Guerre giudaiche’ - saranno oltre un milione, i sopravvissuti solo centomila.
Gerusalemme sarà rasa al suolo con le sue mura ciclopiche, il Tempio verrà distrutto, l’intera classe sacerdotale ribelle verrà passata per le armi e rimarrà estinta mentre la popolazione riceverà un decreto che ne imporrà l’espulsione per sempre dalla ‘Terra promessa’ che a quel punto verrà ‘occupata’ dalle altre popolazioni contigue: gli odierni palestinesi.
Fu una tragedia di immani proporzioni, che non deve stupirci dopo aver visto – come già detto sopra – quanto è successo agli ebrei nel secolo scorso con i sei milioni di morti della Shoah nei campi di concentramento e nei forni crematori.
Non si può non restare pensosi sulla tragedia di questo popolo, rimasto ramingo per duemila anni fino alla recente costituzione dello Stato di Israele da parte delle potenze vincitrici della seconda guerra mondiale, a parziale compensazione delle sofferenze subite a causa dell’Olocausto.

4.2 Gesù: «Ma la Madre, la Donna, espiò per la donna, colpevole di ogni male, più e più volte. E Satana sulla Vincitrice infierì con centuplicata ferocia».

Gesù fu dunque crocifisso e morì, come appunto dice la terza affermazione del Credo che stiamo commentando. Ma quanto alla sepoltura?
Nessuno degli apostoli credeva veramente possibile la auto-resurrezione di quel cadavere, anche perché martoriato e ridotto in condizioni veramente pietose.
Maria sapeva invece bene che a Gesù in quanto Figlio di Dio nulla era impossibile e aveva creduto fermamente alle parole del Figlio quando Questi aveva annunciato più volte – oltre che la propria morte - anche la sua successiva Resurrezione, al terzo giorno.
In quel momento però – mentre il suo corpo veniva deposto sulla pietra tombale del sepolcro di Giuseppe d’Arimatea - Lei non capiva più nulla, accecata dal dolore, avendo visto le sofferenze di Suo Figlio e vedendone le sembianze così torturate.
Giovanni, Nicodemo e Giuseppe d’Arimatea – seguiti dal corteo di donne - lo avevano trasportato giù, ai piedi del Golgota, in un campo di proprietà di Giuseppe dove questi si era fatto costruire la propria tomba di famiglia, ancora inutilizzata, scavata dentro la roccia calcarea.
Si stava già avvicinando il tramonto del ‘Venerdì’, tramonto con il quale sarebbe iniziato il sabato ebraico quando ogni attività sarebbe stata assolutamente vietata dalla Legge, senza che – come già detto - ci si potesse neanche allontanare più di qualche centinaio di metri dal luogo in cui ci si trovava quando si veniva sorpresi dal tramonto.
Dovevano quindi far presto, preparare sommariamente il corpo di Gesù con degli unguenti di imbalsamazione, una sorta di prima preparazione che contavano riprendere e terminare il giorno successivo al sabato.
Se lo volevano imbalsamare era perché evidentemente i tre uomini non credevano alla sua Risurrezione.
Una sua Risurrezione – anche se ci avessero in teoria creduto - doveva sembrare in effetti impossibile con un cadavere così ridotto e con il cuore spaccato dal colpo di lancia che i soldati avevano inferto a Gesù mentre era ancora sulla Croce, per essere sicuri che fosse effettivamente morto prima che i discepoli se lo portassero via.
La nostra mistica vede e descrive ne ‘L’Evangelo’ la morte, la deposizione dalla Croce, il trasporto di Gesù fin nella tomba, nonché il dolore acutissimo di Maria.4
Qui mi limito pertanto a dire solo l’essenziale in merito alla deposizione nella tomba.5
Il sepolcro è composto da due stanze, una sorta di anticamera con un tavolo di pietra che serve per la composizione del corpo, ed una stanza successiva, la vera e propria camera sepolcrale nelle cui pareti vi sono tutta una serie di loculi vuoti in attesa – suppongo – degli altri ‘ospiti’ futuri.
Gesù viene deposto sul tavolo dell’anticamera e viene sommariamente pulito, Maria gli sta accanto, piange, gli parla, lo chiama, se lo abbraccia serrandoselo al petto…(i grassetti sono miei):  
Nicodemo e Giuseppe si avvicinano, appoggiando ad una specie di sedile, che è all'altra parte della pietra, vasi e bende, e la sindone monda e un catino con acqua, mi pare, e batuffoli di filacce, mi pare.
Maria vede e chiede, forte: «Che fate voi? Che volete? Prepararlo? A che?
Lasciatelo in grembo alla sua Mamma. Se riesco a scaldarlo, prima risorge. Se riesco a consolare il Padre e a consolare Lui dell'odio deicida, il Padre perdona prima, e Lui prima torna».
La Dolorosa è quasi delirante.
«No, non ve lo do! L'ho dato una volta, una volta l'ho dato al mondo, e il mondo non lo ha voluto. L'ha ucciso per non volerlo. Ora non lo do più! Che dite? Che lo amate? Già! Ma perché allora non l'avete difeso? Avete atteso, a dirlo che lo amavate, quando non era più che uno che non poteva più udirvi. Che povero amore il vostro! Ma se eravate così paurosi del mondo, al punto di non osare di difendere un innocente, almeno lo dovevate rendere a me, alla Madre, perché difendesse il suo Nato. Lei sapeva chi era e che meritava. Voi!... Voi lo avete avuto a Maestro, ma non avete nulla imparato. Non è vero forse? Mento forse?  
Ma non vedete che non credete alla sua Risurrezione? Ci credete? No.
Perché state là, preparando bende e aromi?  
Perché lo giudicate un povero morto, oggi gelido, domani corrotto, e lo volete imbalsamare per questo.  
Lasciate le vostre manteche. Venite ad adorare il Salvatore col cuore puro dei pastori betlemmiti. Guardate: nel suo sonno non è che uno stanco che riposa. Quanto ha faticato nella vita! Sempre più ha faticato! E in queste ultime ore, poi!... Ora riposa. Per me, per la Mamma sua non è che un grande Bambino stanco che dorme. Ben misero il letto e la stanza! Ma anche il suo primo giaciglio non fu più bello, né più allegra la sua prima dimora.  
I pastori adorarono il Salvatore nel suo sonno di Infante. Voi adorate il Salvatore nel suo sonno di Trionfatore di Satana.  
E poi, come i pastori, andate a dire al mondo: "Gloria a Dio! Il Peccato è morto! Satana è vinto! Pace sia in Terra e in Cielo fra Dio e l'uomo!". Preparate le vie al suo ritorno.  
Io vi mando. Io che la Maternità fa Sacerdotessa del rito. Andate. Ho detto che non voglio. Io l'ho lavato col mio pianto. E basta. Il resto non occorre. E non vi pensate di porlo su di Lui.  
Più facile sarà per Lui il risorgere se libero da quelle funebri, inutili bende.
Perché mi guardi così, Giuseppe? E tu perché, Nicodemo? Ma l'orrore di questa giornata ebeti vi ha fatto? Smemorati?  
Non ricordate? 'A questa generazione malvagia e adultera, che cerca un segno, non sarà dato che il segno di Giona... Così il Figlio dell'uomo starà tre giorni e tre notti nel cuore della Terra".
Non ricordate? ‘Il Figlio dell'uomo sta per essere dato in mano agli uomini che l'uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà".  
Non ricordate? "Distruggete questo Tempio del Dio vero ed in tre giorni Io lo risusciterò".
Il Tempio era il suo Corpo, o uomini. Scuoti il capo? Mi compiangi? Folle mi credi? Ma come? Ha risuscitato i morti e non potrà risuscitare Se stesso? Giovanni?».
«Madre!».
«Si, chiamami "madre". Non posso vivere pensando che non sarò chiamata così!  
Giovanni, tu eri presente quando risuscitò la figlioletta di Giairo e il giovinetto di Naim. Erano ben morti, quelli, vero? Non era solo un pesante sopore? Rispondi».
«Morti erano. La bambina da due ore, il giovinetto da un giorno e mezzo».
«E sorsero al suo comando?».
«E sorsero al suo comando».
«Avete udito? Voi due, avete udito? Ma perché scuotete il capo? Ah! forse volete dire che la vita torna più presto in chi è innocente e giovinetto. Ma il mio Bambino è l'Innocente! Ed è il sempre Giovane. È Dio, mio Figlio! ... ».  
La Madre guarda con occhi di strazio e di follia i due preparatori che, accasciati ma inesorabili, dispongono i rotoli delle bende inzuppate ormai negli aromi.
Maria fa due passi. Ha rideposto il Figlio sulla pietra con la delicatezza di chi depone un neonato nella cuna. Fa due passi, si curva ai piedi del letto funebre, dove in ginocchio piange la Maddalena, e l'afferra per una spalla, la scuote, la chiama: «Maria. Rispondi. Costoro pensano che Gesù non possa risorgere perché uomo e morto di ferite. Ma tuo fratello non è più vecchio di Lui?».
«Non era tutto una piaga?».
«Sì».
«Non era già putrido prima di scendere nel sepolcro?».
«Sì».
«E non risorse dopo quattro giorni di asfissia e di putrefazione?».
«Sì».
«E allora?».
Un silenzio grave e lungo.  
Poi un urlo inumano.  
Maria vacilla portandosi una mano sul cuore. La sostengono. Ma Lei li respinge. Pare respinga i pietosi.  
In realtà respinge ciò che Lei sola vede. E urla: «Indietro! Indietro, crudele! Non questa vendetta! Taci! Non ti voglio udire! Taci! Ah! mi morde il cuore!».
«Chi, Madre?».
«O Giovanni! Satana è! Satana che dice: 'Non risorgerà. Nessun profeta l'ha detto".
O Dio altissimo! Aiutatemi tutti, o voi, spiriti buoni, o voi, uomini pietosi! La mia ragione vacilla! Non ricordo più nulla. Che dicono i profeti? Che dice il salmo? Oh! chi mi ripete i passi che parlano del mio Gesù?».
È la Maddalena che con la sua voce d'organo dice il salmo davidico sulla Passione del Messia.
La Madre piange più forte, sorretta da Giovanni, e il pianto cade sul Figlio morto che ne è tutto bagnato. Maria vede, e lo asciuga, e dice a voce bassa: «Tanto pianto! E quando avevi tanta sete neppure una stilla te ne ho potuto dare. E ora... tutto ti bagno! Sembri un arbusto sotto una pesante rugiada. Qui, che la Mamma ti asciuga, Figlio! Tanto amaro hai gustato! Sul tuo labbro ferito non cada anche l'amaro e il sale del materno pianto! ... ».
Poi chiama forte: «Maria. Davide non dice... Sai Isaia? Di' le sue parole ... ».
La Maddalena dice il brano sulla Passione e termina con un singhiozzo: «... consegnò la sua vita alla morte e fu annoverato tra i malfattori, Egli che tolse i peccati del mondo e pregò per i peccatori».
«Oh! Taci! Morte no! Non consegnato alla morte!
No! No! Oh! che il vostro non credere, alleandosi alla tentazione di Satana, mi mette il dubbio nel cuore!  
E dovrei non crederti, o Figlio? Non credere alla tua santa parola?!
Oh! dilla all'anima mia! Parla. Dalle sponde lontane, dove sei andato a liberare gli attendenti la tua venuta, getta la tua voce d'anima alla mia anima protesa, alla mia che è qui, tutta aperta a ricevere la tua voce. Dillo a tua Madre che torni! Di': 'Al terzo giorno risorgerò".
Te ne supplico, Figlio e Dio!
Aiutami a proteggere la mia fede. Satana la attorciglia nelle spire per strozzarla. Satana ha levato la sua bocca di serpe dalla carne dell'uomo perché Tu gli hai strappato questa preda, e ora ha confitto l'uncino dei suoi denti velenosi nella carne del mio cuore e me ne paralizza i palpiti, e la forza, e il calore.  
Dio! Dio! Dio! Non permettere che io diffidi! Non lasciare che il dubbio mi agghiacci!
Non dare libertà a Satana di portarmi a disperare!
Figlio! Figlio! Mettimi la mano sul cuore. Caccerà Satana. Mettimela sul capo. Vi riporterà la luce. Santifica con una carezza le mie labbra, perché si fortifichino a dire: "Credo" anche contro tutto un mondo che non crede.  
Oh! che dolore è non credere! Padre! Molto bisogna perdonare a chi non crede. Perché, quando non si crede più... quando non si crede più... ogni orrore diviene facile. Io te lo dico... io che provo questa tortura. Padre, pietà dei senza fede! Da' loro, Padre santo, da' loro, per questa Ostia consumata e per me, ostia che si consuma ancora, da' la tua Fede ai senza fede!».
Un lungo silenzio.
Nicodemo e Giuseppe fanno un cenno a Giovanni e alla Maddalena.
«Vieni, Madre». È la Maddalena che parla, cercando di allontanare Maria dal Figlio e di dividere le dita di Gesù intrecciate fra quelle di Maria, che le bacia piangendo.
La Mamma si raddrizza.  
È solenne. Stende un'ultima volta le povere dita esangui, conduce la mano inerte a fianco del Corpo. Poi abbassa le braccia verso terra e, ben dritta, colla testa lievemente riversa, prega e offre.  
Non si ode parola. Ma si capisce che prega da tutto l'aspetto.  
È veramente la Sacerdotessa all'altare, la Sacerdotessa nell'attimo dell'offerta.
«Offerimus praeclarae majestati tuae de tuis donis, ac datis, hostiam puram, hostiam sanctam, hostiam immaculatam ... ».
Poi si volge: «Fate pure. Ma Egli risorgerà. Inutilmente voi diffidate della mia ragione e siete ciechi alla verità che Egli vi disse. Inutilmente tenta Satana di insidiare la mia fede.  
A redimere il mondo manca anche la tortura data al mio cuore da Satana vinto. La subisco e la offro per i futuri.
Addio, Figlio! Addio, mia Creatura!  
Addio, bambino mio!  
Addio…Addio… Addio… Santo… Buono… Amatissimo e amabile... Bellezza ... Gioia… Fonte di salute… Addio… sui tuoi occhi… sulle tue labbra… sui tuoi capelli d’oro… sulle tue membra gelide… sul tuo Cuore trafitto…  oh! sul tuo Cuore trafitto… il mio bacio… il mio bacio… il mio bacio… Addio… Addio… Signore! Pietà di me! ».
E ancora, Maria Valtorta:
(4 ottobre 1944)
Dice Gesù:  
«E la tortura continuò con assalti periodici sino all'alba della Domenica. Io ho avuto, nella Passione, una sola tentazione.
Ma la Madre, la Donna, espiò per la donna, colpevole di ogni male, più e più volte. E Satana sulla Vincitrice infierì con centuplicata ferocia.
Maria l'aveva vinto. Su Maria la più atroce tentazione. Tentazione alla carne della Madre. Tentazione al cuore della Madre. Tentazione allo spirito della Madre.
Il mondo crede che la Redenzione ebbe fine col mio ultimo anelito. No. La compì la Madre, aggiungendo la sua triplice tortura per redimere la triplice concupiscenza, lottando per tre giorni contro Satana che la voleva portare a negare la mia Parola e non credere nella mia Risurrezione. Maria fu l'unica che continuò a credere.
Grande e beata è anche per questa fede.
Hai conosciuto anche questo. Tormento che fa riscontro al tormento del mio Getsemani.  
Il mondo non capirà questa pagina. Ma "coloro che sono nel mondo senza essere del mondo" la comprenderanno e aumentato amore avranno per la Madre Dolorosa. Per questo l'ho data.
Va' in pace con la nostra benedizione».
Cosa ne è però stato di Gesù nel periodo di tempo fra la Sua morte e la Sua Resurrezione?
Il Credo sul quale stiamo meditando dice che, dopo la morte, Egli discese agli Inferi.
Ma quando, prima della Resurrezione o dopo?
Alcuni teologi asseriscono che questo degli ‘Inferi’ è un passaggio che non è tanto facile spiegare: taluni si domandano poi perplessi: possibile che Gesù sia sceso all’Inferno, il posto dei dannati, e perché mai?
La risposta, come al solito, la troviamo nell’Opera valtortiana, innanzitutto nel brano letto in precedenza, quando Maria SS.- davanti al corpo di Gesù sul tavolo dell’unzione -  si rivolge alla Maddalena:
(…)
Poi chiama forte: «Maria. Davide non dice... Sai Isaia? Di' le sue parole ...».
La Maddalena dice il brano sulla Passione e termina con un singhiozzo: «... consegnò la sua vita alla morte e fu annoverato tra i malfattori, Egli che tolse i peccati del mondo e pregò per i peccatori».
«Oh! Taci! Morte no! Non consegnato alla morte!
No! No! Oh! che il vostro non credere, alleandosi alla tentazione di Satana, mi mette il dubbio nel cuore!  
E dovrei non crederti, o Figlio? Non credere alla tua santa parola?!
Oh! dilla all'anima mia! Parla. Dalle sponde lontane, dove sei andato a liberare gli attendenti la tua venuta, getta la tua voce d'anima alla mia anima protesa, alla mia che è qui, tutta aperta a ricevere la tua voce. Dillo a tua Madre che torni! Di': 'Al terzo giorno risorgerò".
Dunque, si evince in prima istanza che Egli era disceso agli Inferi prima della Resurrezione.  
Ma chi erano gli ‘attendenti’ che attendevano la liberazione di cui parla Maria SS.?
Se attendevano la ‘liberazione’ non potevano certo essere i dannati dell’Inferno dal quale, una volta entrati, non si esce più!
Un qualche cosa di analogo se l’erano però domandati alcuni dei Padri Serviti che assistevano la Valtorta, le somministravano l’Eucarestia nel suo letto di paralizzata, le battevano a macchina i testi manoscritti di quanto ella vedeva e sentiva.
In data 31.1.476 (Quaderni 1945/1950) la mistica chiede infatti a Gesù se Egli voglia soddisfare una domanda che le era stata fatta tempo addietro da un Padre Servita, forse Padre Berti per propria iniziativa o suggerimento di altri, circa la discesa di Gesù all’Inferno, termine quest’ultimo contenuto in un precedente dettato e che lei pensava avesse ‘urtato’ qualcuno, parola che lei incidentalmente aveva appunto ritrovato accennata in un Dettato di Gesù del 15.1.44 .
Scrive Maria Valtorta (i grassetti sono sempre i miei):
31-1-47.
(…)
Mi permetto anche di ripetere a Gesù, presente e buonissimo, una domanda che mi fu fatta da qualche Padre Servita, non so di preciso chi, ma mi sembra P. Berti, non so se per propria iniziativa o per suggerimento di altri, circa la discesa di Gesù all’inferno, e che incidentalmente ho ritrovata accennata in data 15.1.44 e che sembra abbia urtato qualcuno.
Mi risponde...  
Giunge ora la lettera di P. Berti che mi chiede di fare un pro-memoria da presentarsi al S. Padre.  
E Gesù sorridendo, tutto luminoso, mi dice appena mi viene portata la lettera: “Aprila e leggila”.  
Cosa che faccio, rimanendo sbalordita come tutte le volte che c’è rispondenza fra le parole di Gesù e ciò che succede.  
Gesù, sempre sorridendo, dice: “Ecco perché proprio ora, dopo quattro mesi, ti accontento e per questo Padre, al quale ti ho detto già che potevi comunicare questo punto.  
Per gli altri punti, sai a chi devi e quando e come notificarli. E ora ascolta, ché ripeto il principio”.
Dice Gesù:
«Darai queste parole a P. Berti, ormai sai che è lui che te ne chiese: Quando alla mia Maria ho dettato il dettato del 15.1.44 e ho detto: “quando sono sceso in esso per trarre dal limbo coloro che attendevano la mia venuta ho avuto orrore di quell’orrore e, se cosa fatta da Dio non fosse immutabile perché perfetta, avrei voluto renderlo meno atroce perché sono l’Amore e di quell’orrore ho avuto dolore”, ho voluto parlare dei diversi luoghi d’oltre tomba, dove erano i trapassati, presi in generale, e detti “inferno” per opposizione al Paradiso dove è Dio.
Quando, nel sovrabbondare del mio gaudio dopo la consumazione del Sacrificio, io ho potuto aprire il Limbo ai giusti e trarre dal Purgatorio moltissimi spiriti, ho fremuto di orrore contemplando nel mio pensiero che solo per il luogo di dannazione non c’era redenzione né mutazione di orrore. Ma non entrai in esso. Non era giusto e utile farlo.
Vi stupisce che abbia tratto anche dal Purgatorio molte anime?  
Pensate: se una S. Messa può liberare un penante, e sempre serve ad abbreviare e addolcire la purgazione, cosa non sarà stato il reale Sacrificio dell’Agnello divino per i purganti?
Io, Sacerdote e Vittima, ho ad essi applicato i miei meriti e il mio Sangue, ed Esso ha fatto bianche le stole non ancor totalmente fatte candide dal bianco fuoco della carità purgativa7.
Mandagli questo e la mia benedizione.»
Bene, la risposta è davvero chiara: Gesù - come appunto dice il nostro Credo - discese agli ‘Inferi’, non all’Inferno.
Il Limbo di cui si parla era il Limbo dei ‘giusti’, ma vi era anche il Purgatorio, dal quale furono tratte anche molte anime: insomma, una specie di amnistia, come si usa talvolta fare ai nostri giorni anche in occasione di ricorrenze particolarmente importanti.
Aggiungo ancora che la Sua ‘amnistia’ non fu però come le nostre: imperfette e ripetute, dove con il ‘Buono’ escono i ‘cattivi’, continuamente.
La Sua amnistia fu unica e concessa veramente per un fatto straordinario: la morte di un Dio e la Redenzione, ma soprattutto la conquista della ‘Gloria’ a causa del patimento subito e dell’Amore profuso, per cui – avendo liberato il Suo popolo in terra dalla schiavitù del Peccato originale - Egli, il Figlio, aveva diritto al suo primo Popolo di spiriti umani in Cielo, quello appunto dei Giusti e degli innocenti, rimasti fino a quel momento in trepidante attesa nel “Seno di Abramo”.
Nel prossimo ciclo di riflessioni approfondiremo l’affermazione del Credo:
4. IL TERZO GIORNO RISUSCITO’ DA MORTE; SALI’ AL CIELO, SIEDE ALLA DESTRA DI DIO PADRE ONNIPOTENTE


NOTE al Capitolo 04
1 Mt 26, 57-58
2 Gv 18, 12-38 e 19, 1-16
3 Mt 26, 47-75 e Mt 27, 1-26 – La Sacra Bibbia – Ed. C.E.I., 2008.
4 Cfr. Maria Valtorta, ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. X, Capp. 609, 610 – ed. CEV.   
5 Ibidem, Cap. 610.11/610.16 – ed. CEV.  
6 M.V.: ‘I Quaderni del 1945/1950’ – Dettato 31 gennaio 1947 – C.E.V.
7 Applicazione di: Apocalisse 7, 13-14
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