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3ª parte - Cap. 01. LA SETTIMANA SANTA: L’ULTIMO DISCORSO PUBBLICO DI GESÙ, QUELLO RIVOLTO AI GENTILI AL TEMPIO DI GERUSALEMME.
1.1 La Passione di Gesù e di Maria è ormai imminente: il clima di Gerusalemme nei giorni precedenti la «settimana santa».
Nelle ‘riflessioni’ sulla prima affermazione del Credo abbiamo spinto lo sguardo nelle insondabili profondità della Paternità divina, della creazione degli Angeli, dell’Universo e della Terra, quindi – in quelle sulla seconda affermazione – abbiamo approfondito la figura di Gesù, con particolare riguardo al suo concepimento, nascita, infanzia, adolescenza e quindi alla sua natura di Uomo-Dio.
Attraverso le visioni di Maria Valtorta, lo abbiamo seguito nella vita pubblica con la sua travolgente e sapiente predicazione quando Egli stesso, in alcuni fondamentali discorsi, ha chiarito la vera natura del Regno di Dio, la vera natura del Cristo, il suo essere ‘Acqua viva’ e ‘Luce del mondo’, il suo essere ‘Buon Pastore’ ed infine la sua doppia natura: divina e umana.
Sappiamo già quanto basta per migliorare ora la conoscenza di Gesù seguendolo fino al Calvario dove sarebbe stato eretto il suo Patibolo che contemporaneamente si sarebbe trasformato nel suo trono regale per la Sua Gloria di Redentore.
Siamo giunti in prossimità della quarta Pasqua dei suoi tre anni e tre mesi di vita pubblica, nei mesi primaverili che seguono di poco la resurrezione di Lazzaro.
Questo fatto fu talmente strepitoso – grazie al miracolo compiuto su un cadavere che era nella tomba già da quattro giorni e anche a causa della notorietà di Lazzaro conosciuto in tutta la Palestina – da indurre i membri del Sinedrio, come scrive l’Evangelista Giovanni, a decretarne senza altro indugio la morte, prima che Gesù diventasse tanto potente fra le folle – così almeno essi temevano – da mettere in discussione il loro status di Casta religiosa dominante da Lui contestata.
Stiamo ora dunque entrando nel periodo preparatorio della Passione: quello della ‘Settimana Santa’.
Nei suoi tre anni di missione pubblica Gesù aveva predicato per ogni dove l’avvento del Regno di Dio nel cuore degli uomini, presentandosi come il Messia predetto dai profeti.
Ma come dice Giovanni nel Prologo del suo Vangelo, il suo popolo non lo riconobbe, anzi il ‘mondo’ non lo riconobbe, ma a quelli che vollero credere in Lui ed in quel che Egli insegnava, Egli dette il potere di diventare ‘figli di Dio’.
Ne abbiamo già parlato nelle precedenti ‘riflessioni: troppo lontano ormai Israele dallo spirito dei Patriarchi, troppo diversa da quella reale – a causa della scarsa spiritualità che rendeva ciechi gli interpreti delle Scritture – l’idea ‘guerresca’ che i giudei si erano fatti del Messia, visto come colui che avrebbe conquistato gli altri popoli dando ad Israele il Regno sul mondo che a quel tempo apparteneva a Roma.
La predicazione d’amore di Gesù – se pur veniva in parte accettata fra la gente più semplice o nelle cittadine e paesi di campagna – era rifiutata nella città di Gerusalemme, sede del vero potere politico-religioso.
I Capi dei Giudei vedevano una insidia nella predicazione del Messia e proprio non riuscivano ad accettare l’idea che un semplice falegname, figlio di falegname, cioè uno di basso lignaggio, potesse pretendere di insegnare loro come dovessero essere interpretate le Scritture.
Essi però soprattutto non potevano comprendere come potesse Gesù ambire a diventare il Messia, cioè il Re dei re, che essi attendevano da secoli e che nell’immaginario collettivo - per come era stato interpretato nelle descrizioni dei Profeti che parlavano del Figlio dell’Uomo che sarebbe venuto nella gloria - era pensato come una sorta di personaggio ‘celeste’, una specie di ‘angelo’ in veste umana o quanto meno un grande personaggio con dignità ed apparenza regale.
In Israele erano numerose le feste religiose, e molti - per quelle ricorrenze – partivano dai loro paesi e anche dalle altre nazioni per partecipare ai riti del Tempio ed ascoltare sotto i suoi colonnati i discorsi sapienti dei grandi scribi e dottori della legge.
Anche Gesù vi predicava, e sempre con grande seguito, ma quello che diceva suonava sgradito ai sacerdoti che – sentendosi in colpa - si sentivano sempre più sotto accusa.
I suoi continui miracoli, ed in particolare quello strepitoso del notissimo Lazzaro - resuscitato dopo quattro giorni nella tomba, pochi mesi prima dell’ultima Pasqua - avevano suscitato stupore enorme ed entusiasmo incontenibile presso il popolo che credeva ormai che Gesù fosse davvero il Messia, sia pur ‘terreno’.
Ma all’entusiasmo del popolo ora corrispondevano in proporzione anche grandi preoccupazioni a livello ‘politico’.
Gli ‘erodiani, cioè quelli del partito di Erode, vedevano Gesù come un agitatore politico che avrebbe potuto soppiantare nel potere Erode Antipa.
Questi, figlio di Erode ‘il grande’, non era più un Re dotato di vera autonomia, ma era pur sempre un ‘tetrarca’ – una sorta di governatore - nominato da Roma con giurisdizione sulla Galilea, una delle quattro province in cui era stata suddivisa l’antica Palestina.
Nel Sinedrio, l’organo di governo amministrativo di Israele che era una sorta di Parlamentino, c’erano sacerdoti, farisei, ma anche erodiani, e sadducei, contigui politicamente - per convenienza - al potere romano.
Un Gesù ‘Messia’ – per quanto in realtà apparisse loro poco credibile come ‘uomo d’azione’, visto quanto andava predicando a proposito dell’Amore - stava scomodo anche a loro in quanto possibile avversario politico potenzialmente suscettibile di destare esaltazione nel popolo e creare disordini, con una Roma che – quanto a tagliar teste, a cominciare dai ‘capi’ – non ci pensava due volte, pur di mantenere l’ordine pubblico nei territori conquistati.
Ma vi erano soprattutto i Capi dei sacerdoti, come Anna e Caifa, che vedevano in Gesù un pericolo ben maggiore, e cioè un ‘agitatore religioso’.
Non tanto un ‘eretico’ che creava una nuova setta suscettibile di mettere in pericolo la religione ufficiale, a parte quel suo dichiararsi Messia e Figlio di Dio, quanto uno che metteva in discussione la loro autorità - incrinata gravemente dalla sua predicazione di verità - nei confronti del popolo che non risparmiava frizzi e lazzi alla classe sacerdotale del Tempio per il cattivo esempio che essa dava.
Insomma nei mesi che vanno dalla Festa dei tabernacoli del terzo anno di vita pubblica alla successiva Pasqua, al cui termine vi sarà la Passione di Gesù (e di Maria), Gerusalemme bolliva come una pentola a pressione.
I Capi religiosi – più che i politici - non aspettavano altro che Gesù si facesse vivo, per arrestarlo nottetempo prima che potesse essere difeso dai suoi seguaci, processarlo, farlo condannare dal Procuratore romano della Giudea Ponzio Pilato - l’unico, secondo la legislazione imposta da Roma, che potesse comminare una condanna a morte – spingendolo ad accettare di adeguarsi alla condanna che essi avevano deciso di comminare nel loro Sinedrio.
Sono di quest’ultimo periodo le famose invettive di Gesù contro scribi, dottori della Legge e farisei che cercavano in tutti i modi di provocarlo e comprometterlo per poterlo far condannare.
E’ in questo clima che i Capi dei Giudei rompono gli indugi e – grazie al tradimento di Giuda che svela dove Gesù avrebbe potuto essere catturato più agevolmente, perché senza seguito di popolo – danno il via alla sua cattura ed alla successiva eliminazione fisica, prima che egli divenga tanto potente presso il popolo da risultare ‘intoccabile’.
L’Evangelista Giovanni racconta che la decisione era stata presa segretamente sin dalla precedente resurrezione di Lazzaro, ed era stata presentata dai Capi agli altri membri del Sinedrio come una decisione ‘necessaria’ per evitare il rischio di un intervento militare dei romani nei confronti del Re-Messia e quindi del popolo di Israele.1
Siamo ormai alla vigilia della Pasqua di Passione. Il Gruppo apostolico (apostoli e discepole inclusa Maria SS.) era giunto da una settimana circa a Gerusalemme per partecipare alle festività.
La Maria di questi ultimi tempi non ha però più la bellezza limpida e fiorente di prima.
La consapevolezza del Sacrificio sempre più imminente pare l’abbia invecchiata nel volto, marcato ora nei tratti da una sofferenza che si intuisce latente, da un dolore inespresso ma che si indovina profondo nel suo sguardo muto.
Il gruppo apostolico – si evince sempre dall’Opera valtortiana - era sistemato al completo a Betania in casa dell’apostolo Simone lo Zelote, grande amico del potente Lazzaro, il quale ultimo aveva la propria dimora adiacente a quella di Simone.
Era stato grazie a Simone che Lazzaro era divenuto prima ammiratore, poi amico ed infine discepolo e protettore politico di Gesù, che egli sosteneva economicamente, anche ospitandolo nelle sue numerose proprietà sparse in Israele quando Gesù aveva bisogno di tranquillità e rifugio dalle insidie e persecuzioni del Sinedrio.
Questa sosta a Betania è appunto quella che precede immediatamente la Domenica delle Palme e l’inizio della ‘Settimana santa’.
1.2 Facciamo un piccolo ‘zoom’ sulla settimana santa…
Gesù – oltre al fondamentale Discorso della montagna tenuto ad una folla di discepoli e seguaci all’inizio del secondo anno della sua vita pubblica (discorso che – come si evince da ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ era in realtà consistito in sette differenti discorsi che sono il fondamento dell’etica e della spiritualità cristiana e che vennero fatti ognuno in sette giorni successivi) aveva tenuto nel terzo anno altri discorsi importantissimi dei quali abbiamo già parlato nel corso delle nostre riflessioni sulla seconda affermazione del Credo..
Discorsi come quello sul Pane del Cielo, sulla vera natura del Regno di Dio, sulla vera natura del Cristo, quelli sull’Acqua Viva, sulla Luce nel mondo e sul Buon Pastore: tutti pronunciati a Gerusalemme e che gli erano anche costati dei tentativi di lapidazione.
Ora – all’inizio del quarto anno di vita pubblica, negli ultimi giorni che precedono la Sua ultima Pasqua – Gesù pronunzierà, come si evince dall’Opera valtortiana, il suo ultimo importante discorso pubblico, il discorso ai Gentili riportato dall’Evangelista Giovanni e che voi troverete in nota.2
Ultimo perché Gesù lo tiene appunto nel corso della ‘Settimana santa’ la quale – sempre desumendo da quanto emerge da ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – ha in sintesi il seguente svolgimento:
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Lunedì: dopo l’ingresso trionfale della Domenica in Gerusalemme, all’indomani Gesù vi ritorna. Cammin facendo vede un fico che viene maledetto perché non dà frutti, parabola dei vignaioli perfidi, domanda trabocchetto su da dove provenisse la ‘autorità’ con la quale Egli osava insegnare al Tempio.
Martedì: la mattina ripassano davanti al fico nel frattempo divenuto secco, quesito sulle tasse da pagare a Cesare. Quindi domanda dei sadducei sulla risurrezione dei morti con i loro corpi e sulla sessualità degli uomini dopo quel momento.
Mercoledì: quesito dei Farisei a Gesù su quale dovrebbe essere il massimo dei comandamenti, l’obolo della vedova povera, invettiva contro scribi e farisei, predizione della futura distruzione del Tempio e di Gerusalemme, profezie sugli ‘ultimi tempi’ dell’Umanità.
Giovedì: in giornata, discorso di Gesù ai Gentili e, la sera, inizio della Pasqua ebraica, ultima Cena, poi l’arresto nel Getsemani.
Venerdì: (fra la notte del Giovedì e l’alba di Venerdì) processo sommario davanti al Sommo Sacerdote e al Sinedrio, da Pilato, da Erode Antipa, nuovamente da Pilato, flagellazione, condanna a morte, Calvario, crocifissione, deposizione, sepoltura.
Sabato: per gli ebrei è giorno di festa ma per Maria SS. è angoscia tremenda, anche se lei si sforza di credere incrollabilmente alla Risurrezione.
Domenica: le donne vanno al Sepolcro e lo trovano vuoto! Gli apostoli – tranne Giovanni che davanti alla tomba vuota ‘vide e credette’ - non credono alla Resurrezione fino alla apparizione di Gesù quella sera nel Cenacolo. Finalmente è Pasqua, festa anche per noi cristiani!
1.3 È venuta l’ora nella quale deve essere glorificato il Figlio dell’Uomo. La Voce del Padre.
Chiarita così la cronologia degli avvenimenti, inquadriamo ora – in chiave ambientale - le circostanze in cui Gesù pronuncia questo suo discorso pubblico, importante anche perché nel corso dello stesso si manifesterà dal cielo con potenza di fronte a tutti la Voce del Padre, quella che i Vangeli dicono essere già stata udita al Battesimo del Giordano e successivamente in occasione della Trasfigurazione di Gesù sul Monte Tabor.
Fra tutte le moltitudini presenti a Gerusalemme e al Tempio nel corso di quelle festività pasquali, vi erano quelle che provenivano dal resto del territorio di Israele e dai territori della Diaspora. Quelli della Diaspora erano gli Israeliti di religione ebraica che vivevano all’estero, nei paesi pagani.
Ma vi erano anche gli stessi pagani, cioè i Gentili, spesso assai colti. Essi venivano lì per ascoltare, incuriositi, le lezioni dei grandi rabbi ma soprattutto quelle di Gesù che non disprezzava i pagani, anzi, e che appariva uomo di grandissima sapienza, anche filosofica: il che - per essi che erano di cultura ellenista, e anche cultori del pensiero di uomini eccezionali come Socrate e Platone - non era cosa di poco conto.
I Gentili, in teoria, adoravano divinità pagane ma – in un mondo ellenizzante culturalmente evoluto grazie alle lettere, al teatro, alla medicina, alle arti in genere e alla filosofia – essi si rendevano conto dei ‘limiti’ delle loro religioni idolatriche, e delle loro divinità antropomorfe che – più che i pregi – sembravano avere i difetti degli uomini.
L’idea che l’uomo potesse avere veramente un’anima - destinata a sopravvivere in eterno alla morte del corpo - li affascinava, come pure l’elevatezza della dottrina d’amore che Gesù andava predicando.
In un mondo dove la schiavitù era un fatto sociale ed economico universalmente accettato, quella dottrina – non solo in termini di eguaglianza sociale ma di amore - toccava le corde più profonde del cuore di molti.
La predicazione di Gesù apriva orizzonti vastissimi in quelle menti, vissute nel paganesimo fino ad allora ma che ora cominciavano ad aver sete di spiritualità, mentre gli israeliti - nati nella spiritualità - ora stavano da secoli vivendo nel paganesimo spirituale: la superbia dei cuori dei loro Capi ma anche di buona parte del popolo mal guidato dai suoi ‘pastori’.
Ora – nel racconto di Giovanni - quei Gentili, venuti da lontano, vorrebbero vedere e sentire da vicino quel Gesù di cui avevano tanto sentito parlare, fargli delle domande, ottenere delle risposte da portarsi dietro nel loro paese di provenienza.
Per la calca non riescono ad avvicinarsi e allora, capito che Filippo doveva essere un ‘apostolo’, lo interpellano chiedendogli il favore di fargli ‘vedere’ Gesù.
Filippo dà di voce all’altro apostolo Andrea, e poi entrambi lo dicono a Gesù che – alzata la testa verso i Gentili - li guarda da lontano ad occhi socchiusi ed annuisce.
In qualche modo quelli riescono a fendere la muraglia di folla e ad avvicinarsi e si svolge un dialogo con domande e risposte.
Che quelle di Gesù, le uniche che Giovanni nel suo Vangelo riporta, siano ‘risposte’ a delle specifiche domande che dovevano essergli state fatte lo si arguisce dal ‘senso’ oltre che dal fatto – di per sé evidente – che è lo stesso Giovanni che scrive nel suo Vangelo: «Gesù ‘rispose’ loro…».
Allora, non bastandoci il Vangelo di Giovanni poiché per comprendere meglio le risposte di Gesù vorremmo capire esattamente anche quali domande gli erano state fatte, la miglior cosa da fare è aprire le pagine de ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ soprattutto per apprezzare meglio quanto Gesù dirà ai Gentili nel suo ultimo solenne discorso del Giovedì santo.3
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Scrive infatti Maria Valtorta (i grassetti sono miei):
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3 aprile 1947
(…)
Oggi io contemplo più che descrivere. Il mio Signore mi fa proiettare la vista spirituale da ciò che io vedo accadere, nell'ultimo giorno di libertà di Cristo, a ciò che è nei secoli...
Oggi io contemplo più i sentimenti, i pensieri del Maestro che non gli avvenimenti intorno a Lui. Sono già nella comprensione angosciosa della sua tortura del Getsemani...
Gesù è sopraffatto come il solito dalla folla che è già cresciuta, che ora è, nella più parte, ebrea e che si dimentica di affrettarsi al luogo del sacrificio degli agnelli per avvicinarsi a Gesù, Agnello di Dio che sta per essere immolato. E ancora chiede, e ancora vuole spiegazioni.
Molti sono ebrei venuti dalla Diaspora, i quali, saputo per fama del Cristo, del Profeta galileo, del Rabbi di Nazaret, sono curiosi di sentirlo parlare e ansiosi di levarsi ogni possibile dubbio. E questi si fanno largo supplicando quelli di Palestina così: «Voi sempre lo avete. Voi sapete chi è. Voi avete la sua parola quando volete. Noi siamo venuti da lontano e ripartiremo subito dopo aver compiuto il precetto. Lasciateci andare a Lui!».
La folla si apre a fatica per cedere il posto a questi. E questi si avvicinano a Gesù e l'osservano curiosamente. Parlottano fra loro, gruppo per gruppo. Gesù li osserva, anche se contemporaneamente ascolta un gruppo di persone venute dalla Perea. Poi, licenziate queste che gli hanno offerto denaro per i suoi poveri, così come molti fanno, ed Egli lo ha passato a Giuda come sempre, si accinge a parlare.
«Uni nella religione, ma diversi di provenienza, molti fra i presenti si chiedono: "Chi è costui che è detto il Nazareno?", e la loro speranza e il loro dubbio cozzano insieme.
Ascoltate.
È detto di Me: "Un germoglio spunterà dalla radice di Jesse, un fiore verrà da questa radice e sopra di Lui riposerà lo Spirito del Signore. Egli non giudicherà secondo quello che apparisce agli occhi, non condannerà per ciò che si sente con gli orecchi, ma giudicherà con giustizia i poveri, prenderà le difese degli umili. Il germoglio della radice di Jesse, posto quale segno fra le nazioni, sarà invocato dai popoli e il suo sepolcro sarà glorioso. Egli, alzata una bandiera alle nazioni, riunirà i profughi d'Israele, i dispersi di Giuda, li raccoglierà dai quattro punti della Terra.
È detto di Me: "Ecco, il Signore Dio viene, con possanza, il suo braccio trionferà. Porta seco la sua mercede, ha davanti agli occhi l'opera sua. Come un pastore pascerà il suo gregge".
È detto di Me: "Ecco il mio Servo col quale Io starò, nel quale si compiace l'anima mia. In Lui ho diffuso il mio spirito. Egli porterà giustizia fra le nazioni. Non griderà, non spezzerà la canna fessa, non spegnerà il lucignolo fumigante, farà giustizia secondo verità. Senza essere né triste né turbolento, giungerà a stabilire sulla Terra la giustizia, e le isole aspetteranno la sua legge".
È detto di Me: "Io, il Signore, ti ho chiamato nella giustizia, ti ho preso per mano, ti ho preservato, ti ho fatto alleanza del popolo e luce delle nazioni per aprire gli occhi ai ciechi e trarre dal carcere i prigionieri e dalla sotterranea prigione quelli che giacciono nelle tenebre".
È detto di Me: "Lo Spirito del Signore è sopra di Me, perché il Signore mi ha unto ad annunziare la Buona Novella ai mansueti, a curare quelli che hanno il cuore affranto, a predicare la libertà agli schiavi, la liberazione ai prigionieri, a predicare l'anno di grazia del Signore.
È detto di Me: "Egli è il Forte, pascerà il gregge con la fortezza del Signore, con la maestà del nome del Signore Dio suo. A Lui si convertiranno, perché sin da ora sarà glorificato, fino agli ultimi confini del mondo".
È detto di Me: "Io stesso andrò in cerca delle mie pecorelle. Andrò in cerca delle smarrite, ricondurrò le scacciate, legherò le fratturate, ristorerò le deboli, terrò d'occhio le grasse e robuste, le pascerò con giustizia".
È detto: "Egli è il Principe di pace e sarà la pace".
È detto: "Ecco, viene il tuo Re, il Giusto, il Salvatore. Egli è povero, cavalca un asinello. Egli annunzierà pace alle nazioni. Il suo dominio sarà da mare a mare sino agli estremi della Terra".
È detto: "Settanta settimane sono state fissate per il tuo popolo, per la tua città santa, affinché sia tolta la prevaricazione, abbia fine il peccato, sia cancellata l'iniquità, venga l'eterna giustizia, siano compiute visione e profezia, e sia unto il Santo dei santi. Dopo sette più settantadue verrà il Cristo. Dopo sessantadue sarà ucciso. Dopo una settimana Egli confermerà il testamento, ma a mezzo della settimana verranno meno le ostie e i sacrifici, e sarà nel Tempio l'abbominazione della desolazione, e durerà sino alla fine dei secoli". Mancheranno dunque le ostie in questi giorni? L'altare non avrà vittima? Avrà la gran Vittima.
Ecco, la vede il profeta: "Chi è costui che viene con le vesti tinte di rosso? È bello nel suo vestito e cammina nella grandezza della sua forza". E come si è tinto di porpora, Colui che è povero, la veste?
Ecco, lo dice il profeta: "Ho abbandonato il mio corpo ai percuotitori, le mie guance a chi mi strappa la barba, non ho allontanato il volto da chi mi oltraggia. E la mia bellezza e il mio splendore si è perduto, e gli uomini non mi hanno più amato. Disprezzato mi hanno gli uomini, considerato l'ultimo! Uomo di dolori, sarà velato il mio volto e vilipeso, e mi guarderanno come un lebbroso, mentre è per tutti che Io sarò piagato e morto".
Ecco la Vittima! Non temere, o Israele! Non temere! Non manca l'Agnello pasquale!
Non temere, o Terra! Non temere! Ecco il Salvatore! Come pecora sarà condotto al macello, perché lo ha voluto, e non ha aperto bocca per maledire quelli che l'uccidono.
Dopo la condanna sarà innalzato e consumato nei patimenti, le membra slogate, le ossa scoperte, i piedi e le mani trafitti. Ma dopo l'affanno, col quale giustificherà molti, possederà le moltitudini perché, dopo aver consegnato la sua vita alla morte per la salute del mondo, risorgerà e governerà la Terra, nutrirà i popoli delle acque viste da Ezechiele, uscenti dal vero Tempio che, anche se è abbattuto, risorge per sua stessa forza, del vino di cui si è anche imporporata la candida veste d'Agnello senza macchia, e del Pane venuto dal Cielo. Sitibondi, venite alle acque! Affamati, nutritevi! Esausti, bevete il mio vino, e voi malati! Venite voi che non avete denaro, voi che non avete salute, venite! E voi che siete nelle tenebre! E voi che siete morti, venite! Io sono Ricchezza e Salute, Io sono Luce e Vita.
Venite voi che cercate la via! Venite voi che cercate la verità! Io sono Via e Verità! Non temete di non poter consumare l'Agnello perché mancano le ostie veramente sante in questo Tempio profanato. Tutti avrete da mangiare dell'Agnello di Dio venuto a togliere i peccati del mondo, come ha detto di Me l'ultimo dei profeti del mio popolo.
Di quel popolo al quale Io chiedo: Popolo mio, che ti ho fatto? In che ti ho contristato? Che potevo darti di più di ciò che Io non ti abbia dato? Ho istruito i tuoi intelletti, ho guarito i tuoi malati, beneficato i tuoi poveri, sfamato le tue turbe, ti ho amato nei tuoi figli, ho perdonato, ho pregato per te. Ti ho amato sino al Sacrificio.
E tu che appresti al tuo Signore? Un'ora, l'ultima, ti è data, o mio popolo, o mia città regale e santa. Convertiti in quest'ora al Signore Dio tuo!».
«Ha detto le parole vere!».
«Così è detto! E Lui veramente fa quello che è detto!».
«Come un pastore ha avuto cura di tutti!».
«Come fossimo le pecore disperse, malate, nella caligine, è venuto a portarci alla via giusta, a guarirci anima e corpo, a illuminarci».
«Veramente tutti i popoli vanno a Lui. Osservate là quei gentili come sono ammirati!».
«Pace ha predicato».
«Amore ha dato».
«Non capisco ciò che dice del sacrificio. Parla come se dovesse essere ucciso».
«Così è, se è l'Uomo visto dai profeti, il Salvatore».
«E parla come se tutto il popolo dovesse malmenarlo. Ciò non accadrà mai. Il popolo, noi, lo amiamo».
«È nostro amico. Lo difenderemo».
«Galileo è, e noi di Galilea daremo la vita per Lui».
«Di Davide è, e non alzeremo la mano che per difenderlo, noi di Giudea».
«E noi, che ci amò come amò voi, noi dell'Auranite, della Perea, della Decapoli, noi potremo dimenticarlo? Tutti, tutti lo difenderemo».
Queste le voci fra la folla ormai numerosa molto. Labilità delle intenzioni umane!
Giudico dalla posizione del sole essere verso le nove antimeridiane dell'ora nostra.
Ventiquattr'ore più tardi questa gente sarà da molte ore intorno al Martire per torturarlo con l'odio e le percosse, e urlerà chiedendo la sua morte. Pochi, molto pochi, troppo pochi fra le migliaia di persone che si affollano da ogni parte della Palestina e oltre, e che hanno avuto luce, salute, sapienza, perdono dal Cristo, saranno coloro che non solo non cercheranno di strapparlo ai nemici, perché la loro pochezza rispetto alla moltitudine dei percuotitori lo vieta, ma anche non sapranno confortarlo dandogli prova d'amore col seguirlo con volto amico.
Le lodi, i consensi, i commenti ammirati si spargono per l'ampio cortile come onde che dall'alto del mare vadano lontano a morire sul lido. Degli scribi, dei giudei, dei farisei tentano di neutralizzare l'entusiasmo del popolo, e anche il fermento del popolo contro i nemici del Cristo, dicendo:
«Vaneggia. La stanchezza sua è tanta e lo conduce a delirare. Vede persecuzioni dove sono onori. Il suo dire ha fiumi della solita sua sapienza, ma mescolati a frasi di delirio. Nessuno gli vuol fare del male. Abbiamo capito. Capito chi è...».
Ma la gente è incerta di tanta conversione di umori, e qualcuno fra essa si ribella dicendo:
«Egli mi guarì un figlio demente. So ciò che è la pazzia. Non così parla uno che è folle!».
E un altro:
«Lasciali dire. Sono vipere che hanno paura che il bastone del popolo spezzi loro le reni. Cantano la dolce canzone dell'usignolo per ingannarci, ma se ascolti bene c'è dentro il fischio del serpe».
E un altro ancora:
«Scolte del popolo di Cristo, all'erta! Quando nemico carezza ha il pugnale nascosto nella manica e tende la mano per colpire. Occhi aperti e cuore pronto! Gli sciacalli non possono diventare docili agnelli».
«Dici bene: il gufo alletta e incanta gli uccellini ingenui con l'immobilità del suo corpo e con la mendace letizia del suo saluto. Ride e invita col suo grido, ma è già pronto a divorare».
E così via, da gruppo a gruppo.
♦
Ma vi sono anche i gentili. Questi gentili che sono stati costanti e sempre più numerosi ad ascoltare il Maestro in questi giorni di festa.
♦
Sempre ai margini della folla, perché l'esclusivismo ebreo-palestinese è forte e li respinge volendo i primi posti intorno al Rabbi, essi hanno desiderio di avvicinarlo e parlargli. Un folto gruppo di essi occhieggia Filippo, che la folla ha spinto in un angolo.
Si accostano a lui dicendo: «Signore, noi desideriamo vedere da vicino Gesù, il tuo Maestro. E parlargli almeno una volta».
Filippo si alza sulle punte dei piedi per vedere se scorge qualche apostolo più vicino al Signore. Vede Andrea e gli grida, dopo averlo chiamato: «Qui sono dei gentili che vorrebbero salutare il Maestro. Chiedigli se vuole accoglierli».
Andrea, separato da Gesù di qualche metro, pigiato nella folla, si fa largo senza riguardi, lavorando generosamente di gomiti e urlando: «Fate largo! Fate largo, dico. Devo andare dal Maestro».
Lo raggiunge e gli trasmette il desiderio dei gentili.
«Conducili in quell'angolo. Io verrò a loro».
E mentre Gesù cerca di passare fra la gente, Giovanni, che è tornato con Pietro, Pietro stesso, Giuda Taddeo, Giacomo di Zebedeo e Tommaso, che lascia il gruppo dei suoi parenti, trovato fra la folla, per aiutare i compagni, lottano a fargli strada.
Ecco Gesù là dove già sono i gentili che lo ossequiano.
«La pace a voi. Che volete da Me?».
«Vederti. Parlarti. Le tue parole ci hanno conturbati. Desideravamo sempre di parlarti per dirti che la tua parola ci colpisce. Ma attendevamo di farlo in momento propizio.
Oggi... Tu parli di morte... Noi temiamo di non poter più parlarti se non prendiamo quest'ora. Ma è possibile che gli ebrei possano uccidere il loro figlio migliore? Noi siamo gentili e la tua mano non ci beneficò. La tua parola ci era sconosciuta. Avevamo sentito parlare di Te vagamente. Ma non ti avevamo mai visto né avvicinato. Eppure, lo vedi! Noi ti rendiamo omaggio. Tutto il mondo con noi ti onora».
«Si, l'ora è venuta nella quale il Figlio dell'uomo deve essere glorificato dagli uomini e dagli spiriti».
Ora la gente è di nuovo intorno a Gesù. Ma con la differenza che in prima fila sono i gentili e indietro gli altri.
«Ma allora, se è l'ora della tua glorificazione, Tu non morrai come dici, o come abbiamo capito. Perché non è essere glorificato morire in tal modo. Come potrai riunire il mondo sotto il tuo scettro, se Tu muori prima di averlo fatto? Se il tuo braccio si immobilizzerà nella morte, come potrà trionfare e radunare i popoli?».
«Morendo dò vita. Morendo edifico. Morendo creo il Popolo nuovo. È nel sacrificio che si ha la vittoria. In verità vi dico che, se il granello di frumento caduto sulla terra non muore, rimane infecondo. Ma se invece muore, ecco che produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perderà. Chi odia la sua vita in questo mondo la salverà per la vita eterna. Io poi ho il dovere di morire per dare questa vita eterna a tutti coloro che mi seguono per servire la Verità. Chi mi vuole servire venga: non è limitato il posto nel mio regno a questo o a quel popolo. Chiunque mi vuol servire venga e mi segua, e dove Io sono sarà pure il mio servo. E chi mi serve l'onorerà il Padre mio, unico, vero Iddio, Signore del Cielo e della Terra, Creatore di tutto quanto è, Pensiero, Parola, Amore, Vita, Via, Verità; Padre, Figlio, Spirito Santo, Uno essendo Trino, Trino essendo unico, solo, vero Dio. Ma ora l'anima mia è turbata. E che dirò? Dirò forse: "Padre, salvami da quest'ora"? No. Perché Io sono venuto per questo: per giungere a quest'ora. E allora dirò: "Padre, glorifica il tuo Nome! "».
Gesù apre le braccia in croce, una croce porpurea contro il candore dei marmi del portico, e alza il volto, offrendosi, pregando, salendo coll'anima al Padre.
E una voce, più forte del tuono, immateriale nel senso che non è simile a nessuna voce d'uomo, ma sensibilissima per tutti gli orecchi, empie il cielo sereno della bellissima giornata d'aprile e vibra, più potente di accordo d'organo gigante, bellissima nella sua tonalità, e proclama: «E Io l'ho glorificato e ancora lo glorificherò».
La gente ha avuto paura. Quella voce, così potente che ne ha vibrato il suolo e ciò che su esso si trova, quella voce misteriosa, diversa da ogni altra, veniente da una fonte che è sconosciuta, quella voce che empie tutto, da settentrione a mezzogiorno, da oriente a occidente, terrorizza gli ebrei e stupisce i pagani.
I primi si gettano, sol che possano farlo, al suolo, mormorando nel tremore: «Ora morremo! Abbiamo sentito la voce del Cielo. Un angelo gli ha parlato!», e si battono il petto in attesa della morte.
I secondi gridano: «Un tuono! Un boato! Fuggiamo! La Terra ha ruggito! Ha tremato!».
Ma fuggire è impossibile in quella ressa che si accresce di quelli che, ancor fuor dalle mura del Tempio, accorrono entro di esse gridando: «Pietà di noi! Corriamo! Qui è luogo santo. Non si fenderà il monte dove sorge l'altare di Dio!».
E perciò ognuno resta dove è, dove lo blocca la folla e lo spavento. Sulle terrazze del Tempio accorrono i sacerdoti, gli scribi, i farisei che erano sparsi per i meandri di esso, e leviti, e strategoi.
Agitati, sbalorditi. Ma di tutti loro non scendono, fra la gente che è nei cortili, altro che Gamaliele con suo figlio.
Gesù lo vede passare, tutto candido nella veste di lino, che è così bianca da splendere persino sotto il forte sole che la investe. Gesù, guardando Gamaliele ma come parlando per tutti, alza la voce dicendo: «Non per Me, ma per voi è venuta questa voce dal Cielo».
Gamaliele si arresta, si volge, trivella con gli sguardi dei suoi occhi profondi e nerissimi - che l'abitudine ad essere un maestro venerato come un semidio fa involontariamente duri come quelli dei rapaci - lo sguardo zaffireo, limpido, dolce nella sua maestà, di Gesù...
E Gesù prosegue: «Ora si ha il giudizio di questo mondo. Ora il Principe delle Tenebre sta per essere cacciato fuori. Ed Io, quando sarò innalzato, trarrò tutti a Me, perché così salverà il Figlio dell'uomo».
«Noi abbiamo imparato dai libri della Legge che il Cristo vive in eterno. E Tu ti dici il Cristo e dici che devi morire. E ancora dici che sei il Figlio dell'uomo e salverai essendo esaltato. Chi sei dunque? Il Figlio dell'uomo o il Cristo? E chi è il Figlio dell'uomo?», dice la folla che si rinfranca.
«Sono un'unica Persona. Aprite gli occhi alla Luce. Ancora per un poco la Luce è con voi. Camminate verso la Verità sinché avete la Luce fra voi, affinché non vi sorprendano le tenebre. Coloro che camminano nel buio non sanno dove vadano a finire. Finché avete fra voi la Luce credete ad Essa, per essere figli della Luce».
Tace. La folla è perplessa e divisa. Una parte se ne va scrollando il capo. Una parte osserva l'atteggiamento dei principali dignitari: farisei, capi dei sacerdoti, scribi... e specie di Gamaliele, e regola i propri moti su questo atteggiamento.
Altri ancora approvano col capo e si inchinano a Gesù con chiari segni di volergli dire: «Crediamo! Ti onoriamo per ciò che sei».
Ma non osano schierarsi apertamente in suo favore. Hanno paura degli occhi attenti dei nemici di Cristo, dei potenti, che li sorvegliano dall'alto delle terrazze che sovrastano i superbi porticati che cingono i cortili del Tempio. Anche Gamaliele, dopo essere rimasto pensieroso qualche minuto, e par che interroghi i marmi che pavimentano il suolo per avere risposta alle sue interne domande, si riavvia verso l'uscita dopo aver scrollato testa e spalle come per disappunto o sprezzo... e passa diritto davanti a Gesù senza più guardarlo.
Gesù invece lo guarda, con compassione... e alza di nuovo la voce, fortemente - è come un bronzeo squillo - per superare ogni rumore ed essere sentito dal grande scriba che se ne va deluso. Par che parli per tutti, ma parla per lui solo, è palese.
Dice a voce altissima: «Chi crede in Me non crede, in verità, in Me, ma in Colui che mi ha mandato, e chi vede Me vede Colui che mi ha mandato. E questo Colui è bene il Dio d'Israele! Perché non c’è altro Dio fuor che Lui. Per questo dico: se non potete credere a Me come a colui che è detto figlio di Giuseppe di Davide ed è figlio di Maria, della stirpe di Davide, della Vergine vista dal profeta, nato a Betlemme, come è detto dalle profezie, precorso dal Battista, ancor come è detto da secoli, credete almeno alla Voce del vostro Dio che vi ha parlato dal Cielo. Credete in Me come Figlio di questo Dio d'Israele. Ché, se non credete a Chi vi ha parlato dal Cielo, non Me offendete, ma il Dio vostro di cui sono Figlio. Non vogliate rimanere nelle tenebre! Io sono venuto Luce al mondo affinché chi crede in Me non resti nelle tenebre. Non vogliate crearvi dei rimorsi, che non potreste più placare quando Io fossi tornato là donde sono venuto, e che sarebbero un ben duro castigo di Dio sulla vostra pervicacia. Io sono pronto a perdonare sinché sono fra voi, sinché il giudizio non è fatto, e per quanto sta a Me ho desiderio di perdonare. Ma diverso è il pensiero del Padre mio. Perché Io sono la Misericordia ed Egli è la Giustizia.
In verità vi dico che, se uno ascolta le mie parole e non le osserva poi, Io non lo giudico.
Non sono venuto nel mondo per giudicare, ma per salvare il mondo. Ma anche se Io non giudico, in verità vi dico che vi è chi vi giudica per le vostre azioni. Il Padre mio, che mi ha mandato, giudica coloro che respingono la sua Parola. Si, chi mi disprezza e non riconosce la Parola di Dio e non riceve le parole del Verbo, ecco che ha chi lo giudica: la stessa Parola che Io ho annunziata, quella lo giudicherà nel giorno estremo.
Dio non si irride, è detto. E il Dio irriso sarà terribile a coloro che lo giudicarono pazzo e mentitore. Ricordate tutti che le parole che mi avete sentito dire sono di Dio. Perché Io non ho parlato di mio, ma il Padre che mi ha mandato, Egli stesso mi ha prescritto quello che debbo dire e di che devo parlare. E Io ubbidisco al suo comando perché Io so che il suo comandamento è giusto. Vita eterna è ogni comando di Dio. Ed Io, vostro Maestro, vi do l'esempio di ubbidienza ad ogni comando di Dio. Perciò siate certi che le cose che vi ho dette e vi dico, le ho dette e le dico così come mi ha detto il Padre mio di dirvele. E il Padre mio è il Dio di Abramo, Isacco, Giacobbe; il Dio di Mosè, dei patriarchi e dei profeti, il Dio d'Israele, il Dio vostro».
Parole di luce, che cadono nelle tenebre che già si incupiscono nei cuori! Gamaliele, che si era nuovamente fermato, a capo chino, riprende ad andare... Altri lo seguono crollando il capo o sogghignando...
Anche Gesù se ne va... Ma prima dice a Giuda di Keriot: «Va' dove devi andare», e agli altri: «Ognuno è libero di andare. Dove deve o dove vuole. Con Me restino i discepoli pastori».
«Oh! prendi anche me con Te, Signore!», dice Stefano.
«Vieni...».
Si separano. Non so dove va Gesù. Ma so dove va Giuda di Keriot.
Va alla porta Speciosa o Bella, salendo i diversi scalini che dall'atrio dei Gentili portano a quello delle donne, e dopo averlo attraversato, salendo al termine di esso altri scalini, occhieggia nell'atrio degli Ebrei e con ira batte il piede al suolo non trovando chi cerca.
Torna indietro. Vede una delle guardie del Tempio. La chiama. Ordina, con la sua solita arroganza: «Va' da Eleazar ben Anna. Che venga subito alla Bella. Lo attende Giuda di Simone per cose gravi».
Si appoggia a una colonna e attende. Poco tempo. Eleazaro figlio di Anna, Elchia, Simone, Doras, Cornelio, Sadoc, Nahum e altri accorrono con un grande svolazzio di vesti.
Giuda parla a voce bassa ma concitata: «Questa sera! Dopo la cena. Al Getsemani. Veniteci e prendetelo. Datemi il denaro».
«No. Te lo daremo quando tu verrai a prenderci questa sera. Non ci fidiamo di te! Ti vogliamo con noi. Non si sa mai!», ghigna Elchia.
Gli altri assentono in coro. Giuda avvampa di sdegno per l'insinuazione. Giura: «Lo giuro su Jeové che dico il vero!».
Sadoc gli risponde: «Va bene. Ma è meglio fare così. Quando è l'ora tu vieni, prendi i preposti alla cattura e vai con loro, ché non avvenga che le guardie stolte arrestino Lazzaro, al caso, e facciano accadere guai. Tu indicherai ad esse, con un segno, l'uomo... Devi capire! È notte, ... ci sarà poca luce... le guardie saranno stanche, assonnate... Ma se tu guidi!... Ecco! Che dite?».
Si volge ai compagni il perfido Sadoc e dice: «Io proporrei per segnale un bacio. Un bacio! Il miglior segno per indicare l'amico tradito. Ah! Ah!»
Ridono tutti. Un coro di demoni sghignazzanti. Giuda è furente. Ma non arretra. Non arretra più. Soffre per lo scherno che gli fanno, non per quello che sta per fare. Tanto che dice: «Ma ricordate che voglio le monete contate nella borsa prima di uscire di qui con le guardie».
«Le avrai! Le avrai! Anche la borsa ti daremo, perché tu possa conservare quelle monete come reliquia del tuo amore. Ah! Ah! Ah! Addio, serpe!».
Giuda è livido. È già livido. Non perderà mai più quel colore e quell'espressione di spavento disperato. Essa, anzi, coll'andar delle ore si accentuerà sempre più, sino ad essere insostenibile alla vista quando penzolerà dall'albero... Fugge via... (…)
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Cosa dire di questo episodio? Come vi ho già detto, avete visto nel Vangelo di Giovanni trascritto in nota all’inizio che non c’erano le domande, ma solo le risposte di Gesù, e tutte in estrema sintesi
Non si può che rimanere sbalorditi della chiarezza di tutto quanto raccontato nel brano valtortiano, dove tutto, proprio tutto, emerge con logica abbagliante. Il Vangelo di Giovanni non ne esce menomato della sostanza – in quanto è una estrema sintesi - ma il racconto valtortiano dal vivo è tutta un’altra cosa.
Cosa dire di queste rivelazioni? Non vi sentite anche voi ‘ardere il cuore’ - come avevano detto quei due discepoli che dopo la crocifissione di Gesù andavano ad Emmaus - mentre Gesù qui, in questo discorso di duemila anni fa, parla ai Gentili ma spingendo lo sguardo nella profondità dei secoli parla anche a noi di oggi? Ogni frase ha una logica, tutto si spiega, tutto si tiene: si sente che è il Verbo!
Come negli altri discorsi celebri di cui vi ho parlato nella precedente riflessione sulla seconda affermazione del Credo, cercando di far emergere attraverso essi la natura di Gesù e la sua missione, anche qui rifulge la personalità e la capacità oratoria dell’Uomo-Dio: discorso impossibile da trascrivere e descrivere per gli apostoli pressati fra la folla, se non a posteriori, con frasi scarne ricostruite e annotate in seguito su tavolette di cera e poi di pergamena, come deve aver fatto Giovanni aiutandosi con la memoria e come avevano dovuto fare anche gli altri evangelisti.
Oltre tutto certi particolari importanti non potevano essere stati notati e riferiti nel Vangelo di Giovanni perché ‘visti’ solo dalla mistica Valtorta dal suo punto privilegiato di ‘osservatore esterno’, come il particolare di quando Gesù – facendo mostra di parlare a tutti – fa capire a Gamaliele (a buon intenditor…), di parlare in realtà proprio a lui, oltre che agli altri.
O come quell’altro particolare, una vera ‘perla’ inestimabile che getta uno squarcio di luce sul tradimento di Giuda, riguardante l’accordo fra Giuda e quelli del Tempio in merito alla imminente consegna di Gesù sul Getsemani di quella stessa notte.
Da rimanere a stupefatti nel vedere poi il come e il quando e anche come e da chi è nata l’idea del famoso ‘bacio traditore’.
Quanto a Gamaliele, per capire le allusioni di Gesù e quel suo occhieggiare al grande Rabbi, bisogna andare indietro nel tempo all’episodio - trattato nella nostra precedente riflessione sulla seconda affermazione del Credo – di quando Gesù dodicenne parla ai dottori del Tempio, sua prima manifestazione Messianica.
Gamaliele, insieme ad Hillel, era uno di quei dottori e insieme ad Hillel aveva subito intuito dal tono ispirato e profetico che quel fanciullo doveva essere il futuro Messia.
Il fanciullo in quella occasione aveva detto ai dottori, fra i quali l’astioso Sciammai, che il popolo di Israele non avrebbe amato il Cristo perché il Cristo, l’Unto, avrebbe predicato ciò che a quel popolo non piaceva.
Il Cristo non avrebbe debellato nemici militari ma i ‘nemici dell’anima’ che piegano il cuore dell’uomo a ‘possesso infernale’.
«Israele – aveva continuato il giovane Gesù valtortiano – per la sua mala volontà perderà la pace e soffrirà in sé, per dei secoli, ciò che farà soffrire al suo Re, che sarà da esso ridotto al Re di dolore di cui parla Isaia…».
I presenti avevano ascoltato allibiti!
Sciammai e i suoi accoliti:«Questo nazareno è Satana! ».
Hillele i suoi: « No. Questo fanciullo è Profeta di Dio. Resta con me, Bambino. La mia vecchiezza trasfonderà quanto sa al tuo sapere, e Tu sarai Maestro del popolo di Dio ».
Gesù: «In verità ti dico che, se molti fossero come tu sei, salute verrebbe ad Israele. Ma la mia ora non è venuta. A Me parlano le voci del Cielo e nella solitudine le devo raccogliere finché non sarà la mia ora. Allora con le labbra e col sangue parlerò a Gerusalemme, e sarà mia la sorte dei Profeti lapidati e uccisi da essa. Ma sopra il mio essere è quello del Signore Iddio, al quale Io sottometto Me stesso come servo fedele per fare di Me sgabello alla sua gloria, in attesa che Egli faccia del mondo sgabello ai piedi del Cristo. Attendetemi nella mia ora. Queste pietre riudranno la mia voce e fremeranno alla mia ultima parola. Beati quelli che in quella voce avranno udito Iddio e crederanno in Lui attraverso ad essa. A questi il Cristo darà quel Regno che il vostro egoismo sogna umano, mentre è celeste, e per il quale Io dico: " Ecco il tuo servo, Signore, venuto a fare la tua volontà. Consumala, perché di compierla Io ardo " ».
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Così la Valtorta aveva visto concludersi la visione, con un Gesù dodicenne dal volto infiammato di ardore spirituale e alzato al cielo, le braccia aperte, ritto in piedi fra i dottori attoniti.
Poi però Gesù dodicenne era stato condotto via dai genitori e di lui – a Gerusalemme – si era persa traccia finché … circa vent’anni dopo ecco comparire un uomo adulto che - come quel fanciullo - diceva di essere il Messia e che – come quel fanciullo - parlava ‘da Dio’.
Gamaliele, rabbi famoso e uomo integerrimo e giusto ma di vecchia mentalità, sospettava che quel Gesù poco più che trentenne fosse quel fanciullo che lui aveva ascoltato dodicenne, ma non ne era sicuro, non riusciva a capacitarsene, era combattuto da un conflitto interiore, troppo diversa la concezione messianica di Israele, e quindi anche di Gamaliele, rispetto alla novità di un messianismo spirituale predicato da quel Gesù adulto: preferiva dunque attendere l’avveramento della profezia del fanciullo riguardante le pietre del Tempio che avrebbero fremuto alla sua morte, come segno per avere la conferma che il giovanetto e l’adulto erano la stessa persona.
Gamaliele si sarebbe però convinto, si evince dall’Opera valtortiana - dopo la Crocifissione e morte di Gesù, alle tre del pomeriggio quando le pietre del Tempio – come narrano i Vangeli canonici - avrebbero veramente tremato per un terremoto, come quel fanciullo dodicenne aveva solennemente predetto ai dottori del Tempio.
E’ tremendo lo strazio di Gamaliele che si sente allora colpevole di non aver creduto a Gesù, cioè a Dio, e lui – anziano - corre, si ‘arrampica’ disperatamente su fino alla cima del Calvario per dichiarare a Gesù la sua Fede ma Gesù è ormai morto, Gamaliele non può più chiederGli perdono, piange, il rimorso gli dilanierà il cuore, finché – tempo dopo - finirà per convertirsi al Cristianesimo divenendo – lui, già maestro sapiente oltre che di Stefano anche di Saulo poi divenuto Paolo - quello che oggi è venerato dalla Chiesa come San Gamaliele, quel Gamaliele che – negli Atti degli apostoli – aveva difeso San Pietro e Giovanni di fronte al Sinedrio dopo l’Ascensione di Gesù al Cielo.
Giovanni, nel suo Vangelo, commenta di suo - rispetto al racconto del brano valtortiano - che a nulla erano serviti, per indurre i giudei a credere, tutti i miracoli che Gesù aveva fatto e ne dà spiegazione citando una famosa profezia di Isaia: ‘Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?’.
Non potevano credere, continua Giovanni, perché Isaia aveva anche detto: ‘Egli ha accecato i loro occhi e indurito i loro cuori, affinché con i loro occhi non vedano e con il cuore non intendano, e si convertano e li risani’.
L’apparente significato di queste parole di Isaia può sembrare un assurdo.
E’ mai possibile che Dio deliberatamente accechi e indurisca nel cuore quelli che non credono in Gesù perché non si salvino?
Come fanno a salvarsi se Dio li acceca? E’ colpa di Dio allora, se questi non capiscono e non si convertono?
Il significato è però un altro.
Dio è Dio di tutti, Dio dei ‘buoni’ e anche dei ‘cattivi’, che cerca in ogni modo di redimere.
Quando però vede che i cattivi non sono ‘cattivi’ per ignoranza, ma per mala volontà e che non vogliono ascoltare la sua Parola perché la disprezzano, ebbene Dio – respinto – li priva della sua Luce, lascia che il loro occhio spirituale non capisca, che il loro ‘cuore’ non senta l’illuminazione dello Spirito Santo e quindi lascia che essi – volontariamente, nel loro libero arbitrio – si perdano, come a questo punto però essi meritano.
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La prossima riflessione sulla terza affermazione del Credo sarà dedicata a:
2. L’ULTIMA CENA: L’ISTITUZIONE DELL’EUCARESTIA, IL NUOVO PATTO NEL SANGUE
NOTE al Capitolo 01
1 Vedi: Gv 11, 45-54
2 Gv 12, 20-50: Fra quelli che erano saliti ad adorare per la festa, v’erano alcuni Gentili.
2 Gv 12, 20-50: Fra quelli che erano saliti ad adorare per la festa, v’erano alcuni Gentili.
Questi s’accostarono a Filippo, che era di Betsaida in Galilea, e lo pregarono dicendo: «Signore, desideriamo vedere Gesù».
Filippo va a dirlo ad Andrea, poi Andrea e Filippo lo dicono a Gesù.
Gesù rispose loro: «E’ venuta l’ora nella quale deve essere glorificato il Figlio dell’Uomo. In verità vi dico: se il granello di frumento, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto. Chi ama la sua vita la perde; e chi odia la sua vita in questo mondo, la salverà per la vita eterna. Se uno mi vuol servire, mi segua: e dove sono Io, ivi sarà pure il mio servo; se uno mi serve, il Padre mio l’onorerà.
Adesso l’anima mia è conturbata! E che dirò? Padre, salvami da quest’ora! Ma è appunto per questo che io sono venuto in quest’ora. Padre glorifica il tuo nome!».
Allora dal cielo venne una voce: «L’ho glorificato e ancora lo glorificherò».
La folla che era presente e aveva udito, diceva che era stato un tuono.
Altri dicevano: «Un angelo gli ha parlato».
Allora Gesù prese a dire: «Non per me, ma per voi è venuta questa voce. Ora si fa giustizia di questo mondo, ora il Principe di questo mondo sarà cacciato fuori. Ed io, quando sarò innalzato da terra, trarrò a me tutti gli uomini».
Ciò diceva per significare di qual morte doveva morire.
Gli rispose la folla: «Noi abbiamo appreso dalla Legge che il Cristo rimane in eterno: come puoi tu dire che il figlio dell’uomo deve essere innalzato? Chi è questo Figlio dell’uomo?».
Gesù rispose loro: «Ancora per poco tempo la Luce è con voi. Camminate mentre avete la Luce, affinché non vi sorprendano le tenebre; perché chi cammina nel buio, non sa dove va. Finché avete la luce, credete nella luce, così diventerete figli della luce».
Queste cose disse Gesù, poi se ne andò e si nascose da essi.
Ma sibbene avesse fatto così grandi miracoli davanti a loro, non credevano in lui, affinché s’adempisse la parola del Profeta Isaia: «Signore, chi ha creduto alla nostra predicazione? E a chi è stato rivelato il braccio del Signore?».
Non potevano credere perché Isaia aveva pure detto: «Egli ha accecato i loro occhi e indurito i loro cuori, affinché con gli occhi non vedano e con il cuore non intendano, e si convertano e li risani».
Tali cose disse Isaia, allorché vide la sua gloria e di lui parlò.
Tuttavia molti dei capi credettero in lui; però, per paura dei Farisei, non lo confessavano, per non essere cacciati dalla sinagoga.
Preferivano la gloria degli uomini alla gloria di Dio.
Gesù esclamò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in Colui che mi ha mandato. Chi vede me, vede Colui che mi ha mandato. Io, la Luce, sono venuto nel mondo affinché chiunque crede in me non resti nelle tenebre.
Se uno ascolta le mie parole e non le osserva, io non lo condanno, poiché non sono venuto a condannare il mondo, ma a salvarlo. Chi disprezza me e non riceve le mie parole, ha chi lo condanna: la parola che ho annunziato, quella lo condannerà nell’ultimo giorno. Perché io non ho parlato di mio; ma il Padre stesso che mi ha mandato mi ha prescritto quello che devo dire e insegnare. E io so che il suo comando è vita eterna. Ciò che dico, dunque, lo dico come lo ha detto a me il Padre».
3 M.V.: ‘L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. IX – Cap. 598.5/18