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2ª parte - Cap. 04. DISCORSI DI GESÙ: LA VERA NATURA DEL CRISTO, L’ACQUA VIVA E LA LUCE DEL MONDO.
4.1 La vera natura del Cristo. Gesù: '«Ecco l’uomo della cui origine siete incerti, negatori o pensosi…».
Siamo nuovamente al Tempio, in uno dei giorni della festa dei Tabernacoli, anzi proprio il giorno successivo1 al discorso di Gesù sulla natura del Regno di Dio.
Gesù parla, anzi sta per parlare, e la gente bisbiglia, si interroga. Vi è – come al solito quando parla Gesù – una gran folla: apostoli, discepoli, incerti, pagani, ma vi sono anche non pochi malevoli.
La gente – che sapeva quanto si stesse tramando alle spalle di Gesù, e Gesù stesso lo aveva del resto precedentemente affermato a chiare lettere quando aveva accusato i Capi ebraici di volerlo uccidere - vede che Gesù accede ora al Tempio liberamente per pregare e predicare, e viene ad essa il dubbio che – magari dopo le sue affermazioni precedenti – i ‘Capi’ abbiano finito per riconoscerlo come il Cristo, l’Unto, il Messia.
E allora ritorna la domanda di sempre: può mai un uomo in carne ed ossa essere il famoso Cristo, il cosiddetto Figlio dell'Uomo, quello di cui hanno tanto parlato i Profeti, tanto agognato nei secoli dall’intero popolo di Israele?
Nell’immaginario collettivo – come si usa dire oggi con termine psicanalitico moderno – questa figura mitica del Cristo avrebbe dovuto rivelarsi con apparenze straordinarie, tali da imporsi con tutta evidenza, tali da abbagliare chiunque: il Re dei re avrebbe dovuto avere un’origine misteriosa. Ma «quello»?
'Quello' lo sapevano tutti da dove veniva e di chi era figlio. Non ci si poteva capacitare di come Egli potesse affermare questa sua identità messianica.
Gesù deve aver sentito le loro parole, o le ha intuite o, più semplicemente - avendo il dono della introspezione perfetta, in quanto come Uomo era privo di Macchia d'Origine e quindi con la pienezza della Grazia divina - le deve aver lette nei loro cuori. Fatto sta che Egli ritiene giunto il momento di affermare ancor più chiaramente e perentoriamente non solo la sua messianicità ma addirittura la sua origine divina.
Stiamo attenti – e forse lo avrete già notato anche voi che leggete - perché vi è un graduale crescendo della ‘manifestazione’ di Gesù.
Egli – raggiunta l’età matura e, come uomo, preparatosi spiritualmente nel deserto all’inizio della sua missione – riceve una solenne investitura ufficiale, al guado del Giordano all’atto del battesimo da parte del Battista, con la ‘Voce’ di Dio che si sente tuonare nel cielo per affermare la sua divinità e figliolanza.
Poi, l’inizio della missione un po’ in sordina – si fa per dire – con il miracolo di Cana e tanti infermi guariti. Ma potere di miracolo non significa essere necessariamente ‘figlio di Dio’, vari profeti e anche i nostri ‘santi’ hanno fatto miracoli e non sono ‘figli’ di Dio.
Gesù all’inizio faceva capire e non capire. Ai suoi stessi apostoli aveva domandato cosa dicesse la gente di lui, chiedendolo poi anche a Pietro, il quale aveva affermato la sua fede nella sua natura di Figlio di Dio.
Ma Pietro era appunto un apostolo, per di più illuminato in quel momento da Dio Padre. E comunque, come racconta Matteo, Gesù pregava i suoi discepoli di non dire ancora ad alcuno che egli era il Cristo, cioè il Messia.
Poi – quando stanno per maturare i tempi secondo quanto previsto nel disegno divino – Gesù comincia ad affermare sempre più chiaramente la sua messianicità, prima, e la sua natura divina, poi.
È un crescendo, ed è quello che fornirà alla fine il pretesto per portarlo alla Croce.
Siamo dunque alla Festa dei Tabernacoli del terzo anno di vita pubblica – in autunno - e quindi ci troviamo a solo pochi mesi prima della successiva Pasqua di Passione che sarebbe stata celebrata nel plenilunio di nisam (marzo-aprile).
Gesù coglie l’occasione offerta dagli interrogativi che la gente si pone circa la sua identità e – nel Vangelo di Giovanni sopra citato in nota - afferma perentoriamente e soprattutto pubblicamente la sua natura divina: ‘Voi mi conoscete e sapete di dove sono: eppure non sono venuto da Me; ma c’è veramente Uno che mi ha mandato, che voi non conoscete. Io lo conosco, perché vengo da Lui, ed è lui che mi ha mandato’.
In queste parole c’è tutto il mistero della Incarnazione che – per noi uomini d’oggi – sembra tanto difficile da comprendere, ma non lo è. Ed è qui che il Gesù valtortiano – che ha letto nei cuori dei presenti – ha deciso, specie dopo l’esperienza del tentativo di incoronarlo re per una errata concezione della figura del Messia, di chiarire questa volta pubblicamente di fronte a tutto il popolo, ma anche ai suoi nemici, la vera natura del Cristo.2
I soliti scribi e farisei, lividi di odio e rabbia, vorrebbero impedirgli di parlare e malmenarlo ma l’influente, rispettato e temuto Gamaliele, presente anche in questa giornata, dardeggiandoli con il suo sguardo e la sua autorità impone loro di lasciarlo parlare.
Nell’Opera e nella visione della mistica questo discorso di Gesù è poderoso e ampio, di grande efficacia oratoria, sapienza e levatura spirituale, ma noi possiamo qui trascriverne solo una parte: 3
♦
«…Gesù si fa avanti, verso il cortile. Pacato, riprende a parlare. Gamaliele resta dove è, e i suoi discepoli si affannano a portargli tappeto e sgabello perché stia comodo. Ma egli rimane in piedi, con le sue braccia conserte, il capo chino, gli occhi chiusi, concentrato ad ascoltare.
«Mi avete accusato senza ragione come se avessi bestemmiato in luogo di aver detto la verità. Io, non per difendermi, ma per darvi la luce acciò possiate conoscere la Verità, parlo. E non parlo per Me stesso. Ma parlo ricordando le parole nelle quali credete e sulle quali giurate.
Esse testimoniano di Me. Voi, lo so, non vedete in Me che un uomo simile a voi, inferiore a voi. E vi pare che sia impossibile che un uomo possa essere il Messia. Almeno pensate che avesse ad essere un angelo, questo Messia, che deve essere di un'origine talmente misteriosa da poter essere re solo per l'autorità che il mistero della sua origine suscita.
Ma quando mai nella storia del nostro popolo, nei libri che formano questa storia e che saranno libri eterni quanto il mondo, perché ad essi dottori di ogni paese e di ogni tempo attingeranno per corroborare la loro scienza e le loro ricerche sul passato con le luci della verità, quando mai in questi libri (Nda.: Salmo 2,7) è detto che Dio abbia parlato ad un suo angelo per dirgli: "Tu mi sarai d'ora in poi Figlio perché Io ti ho generato"?».
Vedo Gamaliele che si fa dare una tavoletta e delle pergamene e si siede scrivendo...
«Gli angeli, creature spirituali, serve dell'Altissimo e sue messaggere, sono state create da Lui come l'uomo, come gli animali, come tutto ciò che fu creato. Ma non sono state generate da Lui. Perché Dio genera unicamente un altro Se stesso, non potendo il Perfetto generare altro che un Perfetto, un altro Essere pari a Se stesso, per non avvilire la sua perfezione col generare una creatura di Sé inferiore.
Or dunque, se Dio non può generare gli angeli e neppure elevarli alla dignità di suoi figli, quale sarà il Figlio al quale Egli dice: "Tu sei mio Figlio. Oggi ti ho generato"? E di che natura sarà se, generandolo, Egli dice indicandolo ai suoi angeli: "E Lui adorino tutti gli angeli di Dio"?
E come sarà questo Figlio, per meritare (Nda.: Salmo 110) di sentirsi dire dal Padre, da Colui che è per sua grazia se gli uomini lo possono nominare col cuore che si annichila adorando: "Siedi alla mia destra finché Io faccia dei tuoi nemici sgabello ai tuoi piedi"?
Quel Figlio non potrà essere che Dio come il Padre, del quale divide gli attributi e le potenze, e col quale gode della Carità che li letifica negli ineffabili e inconoscibili amori della Perfezione per Se stessa.
Ma, se Dio non ha giudicato conveniente elevare al grado di Figlio un angelo, avrebbe mai potuto dire di un uomo ciò che disse di Colui che qui vi parla - e molti fra voi che mi combattete eravate presenti quando lo disse - là al guado di Betabara, al finire di tre anni da questo? Voi lo udiste e tremaste. Perché la voce di Dio è inconfondibile, e senza una sua speciale grazia atterra chi la ode e ne scrolla il cuore.
Cosa è dunque l'Uomo che vi parla? È forse uno nato da seme e da volere d'uomo come tutti voi?
E potrebbe l'altissimo aver posto lo Spirito suo ad abitare una carne priva di grazia, quale è quella degli uomini nati da voler carnale?
E potrebbe l'altissimo, a soddisfare la gran Colpa, essere pago del sacrificio di un uomo?
Pensate. Egli non elegge un angelo ad esser Messia e Redentore, può mai allora eleggere un uomo ad esserlo?
E poteva il Redentore essere soltanto Figlio del Padre senza assumere natura umana, ma con mezzi e poteri che superano le umane deduzioni?
E il Primogenito di Dio poteva mai aver dei genitori, se Egli è il Primogenito eterno?
Non vi si sconvolge il superbo pensiero davanti a questi interrogativi, che salgono verso i regni della Verità, sempre più vicini ad essa, e che trovano risposta solo in un cuore umile e pieno di fede?
Chi deve essere il Cristo? Un angelo? Più che un angelo. Un uomo? Più che un uomo. Un Dio?
Sì, un Dio. Ma con unita una carne, perché essa possa compiere l'espiazione della carne colpevole. Ogni cosa va redenta attraverso la materia con cui peccò.
Dio avrebbe perciò dovuto mandare un angelo per espiare le colpe degli angeli decaduti, e che espiasse per Lucifero e i suoi seguaci angelici. Perché, lo sapete, anche Lucifero peccò. Ma Dio non manda uno spirito angelico a redimere gli angeli tenebrosi. Essi non hanno adorato il Figlio di Dio, e Dio non perdona il peccato contro il suo Verbo generato dal suo Amore. Però Dio ama l'uomo e manda l'Uomo, l'Unico perfetto, a redimere l'uomo e a ottenere pace con Dio. E giusto è che solo un Uomo-Dio possa compiere la redenzione dell'uomo e placare Dio.
Il Padre e il Figlio si sono amati e compresi. E il Padre ha detto: "Voglio". E il Figlio ha detto: "Voglio". E poi il Figlio ha detto: "Dammi". E il Padre ha detto: "Prendi", e il Verbo ebbe una carne la cui formazione è misteriosa, e questa carne si chiamò Gesù Cristo, Messia, Colui che deve redimere gli uomini, portarli al Regno, vincere il demonio, infrangere le schiavitù.
Vincere il demonio! Non poteva un angelo, non può compiere ciò che il Figlio dell'uomo può. E per questo, alla grande opera ecco che Dio non chiama gli angeli ma l'Uomo.
Ecco l'Uomo della cui origine voi siete incerti, negatori o pensosi.
Ecco l'Uomo. L'Uomo accettevole a Dio. L'Uomo rappresentante di tutti i suoi fratelli.
L'Uomo come voi nella somiglianza, l'Uomo superiore e diverso a voi per la provenienza, il quale, non da uomo ma da Dio generato e consacrato al suo ministero, sta davanti all'eccelso altare per essere Sacerdote e Vittima per i peccati del mondo, eterno e supremo Pontefice, Sommo Sacerdote secondo l'ordine di Melchisedecco.
Non tremate! Io non tendo le mani alla tiara pontificale.
Un altro serto mi aspetta. Non tremate! Io non vi toglierò il razionale.
Un altro è già pronto per Me. Ma tremate soltanto che per voi non serva il sacrificio dell'Uomo e la misericordia del Cristo. Vi ho tanto amati, vi amo tanto che ho ottenuto dal Padre di annichilire Me stesso. Vi ho tanto amati e vi amo tanto che ho chiesto di consumare tutto il dolore del mondo per darvi la salute eterna.
Perché non mi volete credere? Non potete credere ancora?
Non è detto del Cristo: "Tu sei Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedecco"? Ma quando si è iniziato il sacerdozio? Forse ai tempi di Abramo? No. E voi lo sapete.
Il re di giustizia e di pace (Nda.: Genesi 14,18-20) che appare ad annunciarmi, con figura profetica, all'aurora del nostro popolo, non vi ammonisce che c'è un sacerdozio più perfetto, che viene direttamente da Dio, così come Melchisedec di cui nessuno poté mai dare le origini e che viene chiamato "il sacerdote" e sacerdote rimarrà in eterno? Non credete più alle parole ispirate? E, se ci credete, come mai, o dottori, non sapete dare una spiegazione accettabile alle parole che dicono, e di Me parlano: "Tu sei Sacerdote in eterno secondo l'ordine di Melchisedecco”?
Vi è dunque un altro sacerdozio, oltre, prima di quello di Aronne.
E di questo è detto "sei ". Non "fosti". Non "sarai". Sei sacerdote in eterno. Ecco allora che questa frase preannuncia che l'eterno Sacerdote non sarà della nota stirpe di Aronne, non sarà di nessuna stirpe sacerdotale. Ma sarà di provenienza nuova, misteriosa come Melchisedec. È di questa provenienza. E se la potenza di Dio lo manda, segno è che vuole rinnovare il Sacerdozio e il rito perché divenga giovevole all'Umanità.
Conoscete voi la mia origine? No. Sapete voi le mie opere? No. Intuite voi i frutti di esse? No. Nulla conoscete di Me.
Vedete dunque che anche in questo sono il "Cristo", la cui origine e natura e missione devono essere sconosciute fin quando a Dio non piaccia svelarle agli uomini. Beati quelli che sapranno, che sanno credere prima che la rivelazione tremenda di Dio non li schiacci col suo peso al suolo e ve li inchiodi e stritoli sotto la folgorante, potente verità tuonata dai Cieli, urlata dalla terra: "Costui era il Cristo di Dio".
Voi dite: "Egli è di Nazaret. Suo padre era Giuseppe. Sua madre è Maria".
No. Io non ho padre che mi abbia generato uomo. Io non ho madre che mi abbia generato Dio. Eppure ho una carne e l'ho assunta per misteriosa opera dello Spirito, e sono venuto fra voi passando per un tabernacolo santo. E vi salverò, dopo avere formato Me stesso per volere di Dio, vi salverò facendo uscire il vero Me stesso dal tabernacolo del mio Corpo per consumare il grande Sacrificio di un Dio che si immola per la salvezza dell'uomo.
Padre, Padre mio! Io te l'ho detto all'inizio dei giorni: "Eccomi a fare la tua volontà". Io te l'ho detto all’ora di grazia prima di lasciarti per rivestirmi di carne onde patire: "Eccomi a fare la tua volontà". Io te lo dico ancora una volta per santificare coloro per i quali sono venuto: "Eccomi a fare la tua volontà". E te lo dirò ancora, sempre, sinché la tua volontà sia compiuta ... ».
Gesù, che ha alzato le braccia verso il cielo, pregando, ora le abbassa e le raccoglie sul petto e china la testa, chiude gli occhi e si sprofonda in una orazione segreta.
La gente bisbiglia.
Non tutti hanno capito, anzi i più (e io con loro) non hanno capito. Siamo troppo ignoranti. Ma intuiamo che Egli ha enunciato delle grandi cose. E tacciamo ammirati.
I malevoli, che non hanno capito o non hanno voluto capire, ghignano: «È un delirante!». Ma non osano dire di più e si scostano o si avviano alle porte scuotendo il capo. Tanta prudenza io credo sia il frutto delle lance e daghe romane che brillano al sole contro la muraglia estrema…».
♦
Gamaliele - il rabbi famoso di cui parlano anche gli Atti degli apostoli e che era stato Maestro di Paolo - lo ha ascoltato pensoso…
Lui era uno di quei dottori del Tempio che – nel racconto di Luca e con maggior precisione nell’Opera della mistica Valtorta – stavano ascoltando il Gesù dodicenne, meravigliandosi della sapienza ispirata con cui quel giovinetto parlava, quando Maria e Giuseppe lo avevano ritrovato dopo tre giorni di ricerche.
Ho scritto a lungo nei miei libri di questo prestigioso personaggio
A lui, che era ‘dottore della Legge’ ma anche spirito incorrotto e profondamente giusto, quel Gesù giovinetto – fra le mura del Tempio, volto ardente rivolto al cielo con le braccia spiegate - aveva predetto la propria futura Passione dicendo agli astanti di attenderlo nella sua ora e che quelle pietre avrebbero riudito la sua voce e avrebbero fremuto alla sua ultima parola.
Gamaliele aveva intuito che quel fanciullo parlava per spirito profetico ed aveva pure intuito si trattasse dello spirito del futuro Messia.
Pur avendo perso poi di vista Gesù, andatosene dal Tempio con i suoi genitori, Gamaliele non aveva mai più dimenticato per vent’anni quelle profetiche parole.
Ora egli si chiedeva se quell’uomo che si diceva Messia potesse essere lo stesso giovinetto, ormai cresciuto, che aveva conosciuto tanti anni prima.
Gli anni corrispondevano, il linguaggio profetico – ora più virile – anche.
Ma non ne era sicuro…
Egli non sapeva che quel giovinetto stesse allora profetizzando il proprio sacrificio in croce e quanto alle ‘pietre’ che avrebbero fremuto alla sua ultima parola egli aveva pensato che si riferisse ai loro cuori induriti.
Solo al momento della morte di Gesù sul Golgota - nel sentire il terremoto di Gerusalemme scuotere le mura del Tempio, come raccontato dai tre evangelisti sinottici – Gamaliele comprenderà in un lampo che era quello il ‘fremito’ di pietre a cui il Gesù dodicenne aveva alluso.
Lui, anziano, sarebbe corso su per il Gòlgota e giunto ai piedi della croce, davanti a quel Messia che tanto aveva atteso ma che era ormai morto e non gli poteva più rispondere, si sarebbe prostrato piangendo disperatamente la colpa di non aver saputo credere quello che avevano capito i più ‘semplici’, e cioè che Gesù era Figlio di Dio.
Se volete sapere come finisce la sua storia senza leggere l’Opera, sappiate che Gamaliele finirà per diventare cristiano, esempio – insieme a Saulo che diventerà San Paolo – di quanto possano essere diverse le vie che portano alla santità.
4.2 Gesù: «Chi ha sete, venga a me e beva. Dall’intimo di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d’Acqua viva!’.»
Non mi ricordo quanto durasse la Festa dei Tabernacoli, ma il periodo di durata complessivo della festività era certo di parecchi giorni.
In ognuno di questi Gesù aveva tenuto specifici importanti discorsi, di cui abbiamo potuto apprezzare - sia pur nelle brevi trascrizioni che abbiamo fatto di taluni brani delle visioni valtortiane - l'elevatezza intellettuale e Sapienza spirituale.
Discorsi sulla natura del Regno di Dio, sulla natura del Cristo e infine, nell’ultimo giorno della Festa, quello sull’Acqua viva, di cui parliamo adesso. 4
L’ultimo giorno della Festa era quello conclusivo e dunque il più importante. Vi doveva anche essere il massimo afflusso di pellegrini, prima del loro definitivo rientro ai luoghi di provenienza.
Il Tempio, con i suoi magnifici atrii, cortili e porticati, deve essere tutto un brulichìo di gente, con gruppi più o meno folti che, qui e là, conversano fra loro o, meglio, ascoltano i vari rabbi che tengono le ultime ‘lezioni’, spiegando le Scritture.
L’arrivo di Gesù, nel cortile del Tempio, non può sfuggire, perché lo segue una folla di discepoli, ammiratori, curiosi e anche malati che sperano in una loro guarigione.
Era infatti abituale per Gesù, finito un discorso, ascoltare quelli che gli si accalcavano intorno ed esaudire quelli che – con fede – gli chiedevano consigli o grazia.
Giovanni narra che ad un certo punto Gesù si accinge a parlare, in piedi. Doveva quindi aver scelto una posizione sopraelevata, magari su dei gradini, mentre – tonante – proclama: ‘Chi ha sete, venga a me e beva. Dall’intimo di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d’Acqua viva!’.
Questo dell'Acqua Viva era il ‘tema’ enunciato da Gesù, cioè la sostanza del suo ‘messaggio’, messaggio già anticipato in forma velata alla samaritana di quel pozzo a Sichar e che ora Gesù intende approfondire.
Infatti l’Evangelista Giovanni spiega il significato delle parole di Gesù: ‘Diceva questo dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avevano creduto in lui, perché non era ancora stato dato lo Spirito, non essendo ancora glorificato Gesù’.
Dobbiamo ammettere che, come spiegazione, è ancora poco, ma questa sembra quasi una costante del Cristianesimo sempre costretto ad attendere nel tempo le successive spiegazioni dello Spirito Santo, il Consolatore che Gesù aveva detto che Egli avrebbe lasciato dopo la sua ‘dipartita’ per illuminare le menti.
Gesù spiegando infatti la sua Dottrina agli apostoli, quando questi non riuscivano a capirla bene aveva infatti loro detto una volta, più o meno: ‘Non vi preoccupate, dopo di Me verrà il Consolatore, che vi illuminerà e vi farà comprendere tutto’.
In verità tutto il Progetto di Dio sembra nascere e svilupparsi all’insegna di una misteriosa ‘collaborazione’ reciproca all’interno della Trinità: il Padre pensa e ’vuole’, il Figlio ‘accetta’ e si incarna, mentre lo Spirito Santo - che parla poco, a parte quando si serve dei ‘profeti’ - è poi quello che fa tutto…
Allora, fatta la volontà del Padre, realizzata attraverso il Figlio e finita la missione terrena di Gesù, subentra nella storia della ‘Chiesa’ l’opera dello Spirito Santo che la guiderà incessantemente fino alla conclusione finale, alla fine della Storia.
Lo Spirito Santo – così come Gesù ci ha chiamato ad un’opera di corredenzione per aiutare i ‘fratelli’, corredenzione che si realizza nella preghiera e anche nella ‘espiazione’ in terra delle nostre colpe – ci vuole anch’Egli come ‘collaboratori’, e ci ‘illumina’, anzi illumina gli esegeti affinché essi sappiano interpretare le parole di Giovanni perché diventino un pochino più comprensibili per noi tutti.
L’Acqua Viva…, dunque.
Era l’acqua ‘famosa’ di cui aveva parlato il Profeta Ezechiele.
Scribi e farisei, e anche il ‘popolo’ in genere, erano ben documentati sulle Scritture che a quei tempi costituivano per tutti materia di insegnamento scolastico - come per noi la matematica, la letteratura, il latino o il greco - fin dalle scuole che noi diremmo ‘elementari’.
Farisei e folla, non parliamo dei sacerdoti, non hanno avuto bisogno di consultare la Bibbia, ed hanno certo capito al volo il riferimento fatto da Gesù: Ezechiele!
Se gli ebrei conoscevano bene le Scritture, il problema era semmai quello di interpretarne i simboli e le allegorie in maniera corretta, senza scambiare inoltre la realtà per allegoria, o viceversa.
Ma è un problema che abbiamo anche noi oggi.
Cosa aveva dunque detto Ezechiele, sei secoli prima?
Ezechiele (Ez 47,1-12) aveva raccontato una visione nella quale aveva visto sgorgare, da sotto l’altare di un tempio, dalla destra, un rivolo d’acqua che scendeva verso la bassa valle del Giordano, ingrossandosi sempre più fino a divenire prima ruscello e poi fiume.
Ogni essere vivente che vi avesse brulicato dentro sarebbe vissuto.
L’acqua del fiume – sboccando nel Mare (io intendo si riferisca fisicamente non tanto al ‘mare’ quanto al ‘lago salato’ del ‘Mar’ Morto) - avrebbe ‘addolcito’, risanandole, le acque salate di quest’ultimo, e dove le acque del fiume non fossero giunte, là sarebbero rimaste ‘saline inospitali’ dove non vi sarebbe stata ‘vita’.
Lungo le rive del fiume sarebbero cresciuti tanti ‘alberi’ che avrebbero prodotto ‘frutti’ che avrebbero dato ‘vita’, e anche ‘foglie’ che avrebbero potuto essere utilizzate come ‘medicina’ per curare i ‘malati’.
Questa famosa visione di Ezechiele doveva essersi certo prestata, anche a quei tempi, a chissà quante interpretazioni, forse una meno convincente dell’altra.
Io non ci provo neanche ma (anche se Giovanni – più sintetico del solito - si è qui limitato alla sola ‘enunciazione’ dell’argomento senza raccontarci il discorso che dovette tenere Gesù, dando forse per scontato che lo Spirito Santo prima o poi ci avrebbe ‘illuminato’) Gesù doveva invece aver spiegato tutto per bene.
Dovette trattarsi di un bel discorso estremamente ‘convincente’ se alla fine rimangono tutti a bocca aperta e le stesse guardie mandate ad arrestarlo – cioè a ‘mettergli le ‘mani addosso’, come annota Giovanni – non hanno più il coraggio di farlo.
Commenti: ‘Egli è davvero il Profeta…’, ‘Egli è il Cristo…’, ‘No, non lo è, non viene mica da Betlemme, quello è un galileo, di Nazareth…’.
Quando le guardie se ne tornano dai sacerdoti a mani…vuote, Giovanni – con un certo senso dell’umorismo – descrive una scenetta gustosa.
Da un lato le guardie che si giustificano dicendo che ‘nessun uomo’ (sott’intendendo con ciò che Gesù doveva essere veramente Figlio di Dio: vera bestemmia per i sacerdoti) aveva mai parlato in quella maniera, dall’altro lato i Capi che - al sentir queste ‘ragioni’ - si imbestialiscono e insultano le guardie accusandole di essersi fatte plagiare, visto che nessuno dei capi dei sacerdoti e dei farisei, che in fatto di Legge e di Scritture loro sì che son sapienti, se la sarebbe fatta ‘raccontare’ da lui.
"Ma – commentano inviperiti - si sa che quegli imbecilli ignoranti del popolo, oltre a non conoscer la legge, sono dei ‘maledetti’ "…
I Capi stanno per esplodere dalla rabbia, pronti magari ad andare ad arrestarlo di persona, quando Nicodemo (quello che per paura era andato di nascosto nottetempo da Gesù chiedendo come ci si potesse guadagnare il Regno dei Cieli) li blocca, questa volta con molto coraggio, affermando che essi – che avrebbero dovuto essere i garanti della legalità – avrebbero commesso un atto altamente illegale se avessero arrestato e condannato a morte un uomo senza che questi fosse stato prima ascoltato e senza che le accuse fossero state provate.
Quelli, presi in contropiede e rabbiosi perché l’obbiezione di Nicodemo - che era un ‘Capo’ - era ‘forte’ e sacrosanta, non possono far altro che irriderlo con astio: ‘Cos’è? Ti senti galileo anche tu, ora? Vatti un po’ a studiare le Scritture, visto che non le sai abbastanza, e dicci se c’è mai un ‘profeta’ che può venire dalla Galilea…!’.
♦
Non è la prima volta che saltano fuori queste battute sui galilei che evidentemente non godevano davvero di buona fama presso i giudei, come a loro volta non godevano di buona fama i nazareni presso gli stessi galilei, come si evince nel Vangelo di Giovanni quando si parla del primo incontro di Gesù con Natanaele (cioè Bartolomeo) all’inizio dell’apostolato.5
Se Giovanni accenna al tema dell'Acqua Viva, ma non lo sviluppa, cosa avrà mai detto il Gesù dell’Opera valtortiana che parla invece in maniera così esauriente e sapiente?
Lo potrete leggere direttamente nell’Opera6, ma un concetto mi ha colpito.
«Un giorno – dice più o meno il Gesù dell’Opera – allo squillo delle trombe del Giudizio, il mondo perirà e gli uomini morti resusciteranno dal primo all’ultimo per essere avviati – con i loro corpi – alla destinazione finale: Paradiso o Inferno.
Ma già ora il mondo è popolato di morti che respirano ancora, quelli che – vivi come animali – sono morti nello spirito.
Il Padre ne soffre ma Egli ha già pronto il miracolo che li farà tornare vivi, e molti di essi risorgeranno perché Egli ha preso il suo Spirito, Se stesso, e ha formato una Carne a rivestire la sua Parola, e l’ha mandata a questi morti perché, parlando ad essi, si infondesse di nuovo ad essi la Vita…
Io sono la Risurrezione e la Vita…
Io sono la Fonte che zampilla vita eterna…
Chi ha sete di vita venga e beva. Chi vuole possedere la Vita, ossia Dio, creda in Me, e dal suo seno sgorgheranno non stille, ma fiumi d’Acqua viva. Perché chi crede in Me formerà con Me il nuovo Tempio dal quale scaturiscono le acque salutari delle quali parla Ezechiele…’».
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Ecco dunque cosa é l'Acqua Viva...
Questo è un discorso fondamentale per tutti noi, non solo perché mette a fuoco il ruolo del Verbo che si incarna nell'Uomo-Gesù, ma anche perché - nella spiegazione del Gesù valtortiano - riguarda quello che nella Dottrina Cristiana sarebbe diventato il ‘dogma’ della Resurrezione finale dei corpi delle anime dei riviventi nel momento della fine della Storia e del Giudizio Universale.
Quella della Resurrezione dei corpi era una credenza diffusa in Israele se già i sette fratelli Maccabei7, imprigionati insieme alla loro madre, avevano preferito morire piuttosto che rinnegare la propria fede e avevano affermato che, pur privati della loro vita fisica, un giorno essi grazie a Dio sarebbero tornati a rivivere con un corpo nuovo.
Quale corpo? Un corpo ‘glorificato’, non più soggetto alle leggi della nostra fisica ed alle necessità dei corpi attuali, un corpo cioè come quello del Gesù risorto il quale entra a porte chiuse nel Cenacolo e che con la sua Resurrezione ci ha voluto dimostrare come per Dio sia possibile tutto: non solo il ridare la vita ad un cadavere ma farlo rivivere in una sua nuova natura, identica nella forma a quella originaria ma sublimata nella sostanza al massimo grado.
Sarà questo – quello cioè di un corpo che nell'Aldilà non obbedisce più alle leggi e bisogni carnali dell’uomo attuale – il concetto che Gesù pochi giorni prima della sua Passione spiegherà ai sadducei che, non credendo nella resurrezione dei corpi, gli avevano posto maliziosamente un quesito ‘limite’.
Di chi sarebbe stata sposa – nell’Aldilà - quella donna che, morto il primo marito senza darle figli, sarebbe stata (secondo l’uso ebraico di dare una discendenza al fratello morto anzitempo senza aver avuto figli) sposata a turno a ciascuno degli altri sei fratelli, tutti però morti successivamente anch’essi senza averle potuto dare figli? A chi ‘carnalmente’ sarebbe spettata - quella moglie - nell’aldilà, visto che essa era stata ‘sposa’ di tutti e sette i fratelli?8
Nell’Aldilà – risponderà e farà intendere il Gesù del Vangelo – i corpi non risponderanno più alle esigenze dell’Aldiquà, non si prenderà più né moglie né marito, perché non ci sarà più bisogno di generare carnalmente figli sulla terra per farli poi divenire ‘figli di Dio’ in Cielo.
Finita con il Giudizio universale la Storia dell’Umanità, i corpi dei risorti non avranno più lo stimolo della sessualità perché in un mondo che scompare non ci sarà più l'esigenza della riproduzione della specie.
Gli uomini che risorgeranno con il loro corpo glorificato, in quanto privi di fomiti o impulsi sessuali, a quel momento saranno in certo qual modo né 'maschi' né 'femmine', saranno cioè simili agli Angeli, anche se questi ultimi sono spiriti senza corpo.
4.3 Gesù: «Io sono la Luce del mondo: chi segue Me non camminerà nelle Tenebre, ma avrà parole di Vita…’.»
Dopo questo discorso, Gesù lascerà Gerusalemme per ulteriori evangelizzazioni ma vi ritornerà qualche tempo dopo.
Al Tempio – secondo l’ordine cronologico dell’Opera valtortiana - spiegherà l’importanza della preghiera incessante ed al riguardo racconterà la parabola di quel Giudice disonesto che non voleva rendere giustizia ad una vedova ma che poi finisce per accontentarla non resistendo più alle sue insistenze.
Così a maggior ragione Dio - che non è ingiusto come quel giudice ma è buono - esaudirà le preghiere di chi insiste.
Sarà in occasione di questa ulteriore frequentazione al tempio che Gesù terrà un altro discorso fondamentale riportato dai Vangeli sul suo essere ‘Luce del mondo’.9
La prosa degli evangelisti è scarna, è uno 'scheletro' di discorso, si limita al concetto sintetico di fondo, ma neanche un principe del foro, neanche il più famoso degli antichi retori, saprebbe parlare ed argomentare come il Gesù delle visioni di Maria Valtorta10, senza contare la Sapienza che ne traspare.
Giovanni – più di quanto non facciano gli altri evangelisti – insiste molto sulla predicazione di questi ultimi mesi di Gesù a Gerusalemme.
L'evangelista continua a ripetere come un ritornello che i suoi nemici non riescono a trovare l’occasione buona per catturarlo perché non era ancora la sua ora.
Ma è un’ora che si avvicina a grandi passi.
Bisognava sfruttare ora il poco tempo disponibile per dire il massimo possibile, non solo e non tanto per gli ebrei – che Dio sapeva che, per la maggior parte, avrebbero rifiutato il messaggio di Cristo – quanto per tutto il resto dell’Umanità che avrebbe dovuto essere poi convertita, analizzando la Parola di Dio trasmessa attraverso i Vangeli.
Per la credibilità stessa di quel che insegnava, e dunque anche per le generazioni future, era fondamentale far capire anche il senso di quello che sarebbe stato il suo Sacrificio: non un sacrificio d’uomo crocifisso, ma di Dio, di un Dio incarnatosi in un uomo per insegnargli quanto necessario alla sua salvezza e che – sia come Uomo che come Dio – avrebbe offerto volontariamente la sua vita al Padre per il riscatto dell’Umanità la quale avrebbe così potuto – grazie al perdono – essere ammessa nel Cielo.
Così al Tempio, punto di incrocio degli israeliti che venivano un po’ da tutte le regioni del mondo allora conosciuto e che poi sarebbero tornati nei loro paesi d’origine raccontando ai loro correligionari quanto avevano visto e sentito in Gerusalemme, Gesù continua la sua predicazione dando autorità alla sua Dottrina riaffermando la sua origine divina: ‘Io sono la Luce del mondo, chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la Luce della Vita’.
Ecco, in poche parole, tutta la sostanza della natura di Gesù e della sua missione sulla Terra.
Il mondo – dopo il Peccato originale – era rapidamente precipitato nella corruzione spirituale ed intellettuale.
L’uomo era diventato sempre più peccatore e Satana aveva esteso ancora di più il suo dominio sopra di lui.
Ad un certo punto era stato necessario persino un Diluvio universale – come abbiamo già avuto occasione di accennare – per eliminare una Umanità ‘animalizzata’ che di umano non aveva più niente.
Solo un ‘giusto’ – Noè e con lui sua moglie, i suoi tre figli e nuore – viveva nello spirito del Signore, mentre gli altri uomini non ancora del tutto animalizzati si sarebbero pervertiti ben presto a causa del ‘contagio’ morale e spirituale a contatto con i peggiori.
I non del tutto ancora pervertiti sarebbero umanamente morti nel Diluvio ma, spiritualmente, si sarebbero salvati nel Limbo in attesa della Redenzione e nell’aspettativa felice di una vita eterna.
La razza andava però rinnovata completamente e, come fa il Potatore quando i rami di un albero vanno in cancrena e non danno più frutto, essa doveva essere recisa fino al ceppo perché dalla nuova base potessero spuntare getti sani e vitali.
La razza rinnovata aveva cominciato a riprodursi ma, come succede agli alberi che hanno ormai contratto delle gravi malattie crittogamiche o parassitarie presenti nelle stesse radici, anche nei discendenti di Noè avevano iniziato a riprodursi gli effetti patologici conseguenti al Peccato originale.
Tali effetti si trasmettevano ai discendenti per via naturale con la riproduzione fisica, ed erano assimilabile ad una sorta di virus che marchiava ormai indelebilmente il complesso 'psichico' dell’uomo con effetti anche somatici.
La nuova Umanità – tranne pochi ‘figli’ migliori, i Patriarchi, i grandi Profeti – era tornata nuovamente a dimenticare la propria origine ‘divina’, aveva dimenticato di essere stata creata ‘spirito’ prima ancora che carne, aveva dimenticato di essere stata creata da Dio.
Essa si era con il tempo nuovamente imbarbarita e impegolata in una vita di peccato, era di nuovo precipitata nelle tenebre.
Ecco dunque il proclama di Gesù al Tempio: l'Umanità è precipitata nelle Tenebre del Peccato, ma sono venuto io che sono la 'Luce del mondo'.
Abbiamo detto che i Vangeli furono scritti nei termini sintetici che conosciamo come 'promemoria' di catechesi ed evangelizzazione.
Certamente però gli apostoli avevano tutti gli elementi - appresi nei tre anni di vita con Gesù - che consentivano loro di sviluppare quelle tematiche con ampiezza di argomentazioni.
I Farisei presenti – cercate di immaginarvi la scena... – ascoltano Gesù che si proclama 'Luce del mondo', lo guardano scettici, e lo contestano ironicamente e acidamente.
Mettiamoci nei loro panni: 'Quello che si proclama ‘Luce del mondo’ è un folle, e la sua – per di più – è una testimonianza fasulla perché, come gli fan rilevare, per la legge mosaica servono due testimoni perché una testimonianza sia valida, e uno non può da solo testimoniare validamente a proprio favore'.
Gesù sta al gioco e – con un ragionamento per passi successivi – li prende dialetticamente in contropiede, ritorcendogli contro l’argomento.
Sapeva il fatto suo Gesù, in fatto di dialettica e retorica, e la Valtorta nella trascrizione delle sue visioni ce ne ha dato un’idea.
Gesù risponde – lo si capisce bene da quel che dice Giovanni – che, se anche egli testimonia per sé, la sua è comunque una testimonianza valida, perché egli – Figlio di Dio e Egli stesso Sapienza – sa da dove è venuto e dove andrà mentre l’uomo, l’Umanità, ha perso la memoria delle proprie origini e – nelle tenebre di uno spirito dalla vista atrofizzata dal Peccato originale e dagli altri peccati individuali – obbedisce ormai alle leggi dettate da Satana come uno schiavo nato in cattività che con conosce più neanche il sapore della libertà e non sa quindi come condursi e a cosa mirare.
Gesù rimprovera ai Farisei di emettere su di lui giudizi ‘secondo la carne’, dove ‘carne’ non significa ‘carne materiale’ ma ‘intelletto materializzato’: cioè spirito ‘morto’ che giudica con i poveri mezzi che gli sono rimasti e quindi con estrema limitatezza, fermandosi alla superficie delle cose, incapace di leggere spiritualmente in profondità, come un miope.
Gesù dice anche che egli – per parte sua – non vuole ‘giudicare’ nessuno, perché egli – per ora - è venuto per salvare e non per giudicare (cosa che invece farà alla fine della nostra vita terrena con il Giudizio particolare ed alla fine del mondo con quello universale) ma se proprio dovesse essere costretto a giudicare, ebbene il suo giudizio varrebbe, e come!, perché Egli – uomo, ma Uomo-Dio – ha dentro di sé il Padre che ha inviato Lui, Spirito purissimo, anzi Verbo, sulla Terra.
La sua testimonianza - e questo è un ‘affondo’ di Gesù contro il ragionamento iniziale dei Farisei – è invece ben valida perché il Gesù-Uomo, al battesimo del guado del Giordano, ebbe anche dal Cielo la testimonianza del Padre per cui essi – come appunto prescrive il Deuteronomio – sono in realtà in due ad addurre una testimonianza concorde e valida.
I Farisei devono essere rimasti interdetti e non può – a loro che erano così attenti in queste cose anche se poi non ne coglievano il significato profondo – non esser venuto in mente quella famosa testimonianza di quella Voce al Giordano che tuonando dall’alto rimbombava un ‘Tu sei il Figlio mio diletto, in te mi sono compiaciuto...’.
Non era forse Giovanni Battista un grande profeta? Non l’avevano forse sempre detto essi stessi tanto che avevano pensato che il Messia potesse esser lui, Giovanni?
Ma Giovanni aveva invece precisato: ‘Gesù era quello che veniva dopo di lui ma era prima di lui’, e ciò perché Egli era Dio, esistente ab-eterno.
Questo era l’episodio che Gesù ricordava ora ai Farisei.
Ma loro, sempre sarcastici e di rimbalzo: ‘Dov’è allora tuo padre?’.
Essi sapevano bene che Gesù era figlio di un falegname, anzi di un povero falegname.
Ma Gesù, compatendoli per la loro cecità spirituale che non gli permetteva di avvertire con l’anima la sua divinità: ‘Non potete riconoscere né Me né mio Padre, se conosceste Me conoscereste anche il Padre mio...’.
Ecco, a futura memoria, cioè a memoria dei ‘futuri’, un altro messaggio lasciato nel ‘Testamento’ di Gesù: Egli e il Padre erano una cosa sola.
Questo è il grande mistero della Trinità, di Dio Uno e Trino, di Tre Persone distinte che formano una Unità: Padre, Figlio e Spirito Santo.
Il Figlio sta al Padre come la Parola sta al Pensiero che la esprime. Parola e pensiero sono – anche per noi uomini – una cosa sola anche se caratterizzate in maniera diversa.
Dio Padre è Pensiero volitivo, Dio Figlio è Parola che si realizza, che rende cioè manifesto il Pensiero e lo traduce in atto esteriore, operativo.
Come? Grazie allo Spirito Santo che tutto crea e tutto illumina.
A ben meditare, Gesù aveva fatto una affermazione molto grave dal punto di vista religioso giudaico. Non solo egli, Uomo in carne ed ossa, aveva affermato di essere Dio ma anche di essere un Dio Figlio del Padre.
Gli ebrei erano rigidamente monoteisti, e per di più credevano in un unico Dio del tutto spirituale.
La 'carnalità' di Gesù contrastava con la spiritualità del 'loro' Dio, e così pure il concetto di un Dio duplice, cioè Padre e Figlio.
L'affermazione poi di un Dio addirittura trinitario con lo Spirito Santo - come affermato da Gesù - cioè di un unico Dio ma formato da tre distinte Persone, era ancor più estraneo alla loro tradizione religiosa ed era pertanto una grave bestemmia.
Ancora oggi, quanti 'ecumenicamente' dicono che in fin dei conti cristiani ed ebrei credono nello stesso Dio, dicono una cosa che non ha senso in quanto il Dio in cui credono gli ebrei non ha nulla a che vedere con quello trinitario che ci ha rivelato Gesù.
Lo stesso dicasi per i maomettani i quali si limitano ad attribuire a Gesù un semplice ruolo di 'profeta', un profeta importante più dei precedenti, ma – secondo loro - meno importante di Maometto..., venuto per ultimo.
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La prossima riflessione sarà dedicata a:
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5. DISCORSI DI GESÙ: IL DISCORSO DEL ‘BUON PASTORE’ E LA DOPPIA NATURA DI GESÙ.
NOTE al Capitolo 04
1 Gv 7, 25-36: Dicevano allora alcuni abitanti di Gerusalemme: « Non è lui che cercano per farlo morire? Ecco, parla liberamente e non gli dicono nulla. I Capi hanno forse riconosciuto davvero che egli è il Cristo? Ma costui noi sappiamo di dov’è, invece il Cristo, quando verrà, nessuno saprà di dove sia ».
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Allora Gesù, che insegnava nel Tempio, disse ad alta voce: « Voi mi conoscete e sapete di dove sono: eppure non sono venuto da me; ma c’è veramente uno che mi ha mandato, che voi non conoscete. Io lo conosco, perché vengo da lui ed è lui che mi ha mandato.
Cercarono perciò di prenderlo, ma nessuno gli mise le mani addosso, perché non era ancora venuta la sua ora.
2 M.V.: ’L’Evangelo come mi è stato rivelato’ – Vol. VII, Cap. 487 – C.E.V.
3 M.V. “L’Evangelo…” – Vol. VII, Cap. 487 – C.E.V.
4 Gv 7, 37-53: Nell’ultimo giorno, il più solenne della festa, Gesù, in piedi, esclamò ad alta voce: « Chi ha sete, venga a me e beva. Dall’intimo di chi crede in me, come dice la Scrittura, scaturiranno fiumi d’acqua viva ».
Diceva questo dello Spirito che dovevano ricevere coloro che avrebbero creduto in lui; perché non era ancora stato dato lo Spirito, non essendo ancora glorificato Gesù.
Or, alcuni della folla, udite queste parole, cominciarono a dire: « Egli è davvero il Profeta! ». Altri: «Egli è il Cristo! ».
Ma altri dicevano: « Viene forse dalla Galilea il Cristo? Non dice forse la Scrittura che il Cristo ha da venire dalla stirpe di Davide e dal villaggio di Betleem, di dove era Davide? ».
E a causa sua vi era dissenso fra la folla.
Alcuni di essi volevano prenderlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie, dunque, tornarono dai gran sacerdoti e dai Farisei, i quali domandarono loro: « Perché non l’avete condotto? ».
Le guardie risposero: « Nessun uomo ha mai parlato come lui ».
I Farisei replicarono: «Anche voi siete stati sedotti? C’è forse uno solo dei Capi o dei Farisei che abbia creduto in lui? Ma questa folla che non capisce la legge, son dei maledetti ».
Allora Nicodemo, quello che era andato di notte da Gesù e che era uno di loro, disse: « La nostra legge condanna forse un uomo prima di averlo sentito e di sapere ciò che fa? ».
Gli risposero: « Vieni anche tu dalla Galilea? Studia e vedrai che dalla Galilea non sorge profeta ».
Poi ciascuno se ne tornò a casa sua.
5 Gv 1, 43-46
6 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. VII, Cap. 491 – C.E.V.
7 Secondo libro dei Maccabei (Cap. 7)
8 Lc 20, 27-38
9 Gv 8, 12-20: Di nuovo Gesù parlò loro dicendo: « Io sono la Luce del mondo; chi segue me non camminerà nelle tenebre, ma avrà la luce della Vita ».
Gli dissero i Farisei: « Tu rendi testimonianza a te stesso: la tua testimonianza non vale ».
Gesù replicò loro: « Sebbene io renda testimonianza a me stesso, vale sempre la mia testimonianza, perché so donde sono venuto e dove vado. Voi giudicate secondo la carne; io non giudico nessuno. Ma, se giudico io, il mio giudizio vale, perché non sono solo, ma ho con me il Padre che mi ha inviato. E proprio nella vostra legge sta scritto che è valida la testimonianza di due persone. Io rendo testimonianza a me stesso, e mi rende pure testimonianza colui che mi ha mandato, il Padre ».
Gli domandarono: « Dov’è tuo padre? ».
Rispose Gesù: « Non conoscete né me né mio Padre; se conosceste me, conoscereste anche il Padre mio ».
Gesù disse queste cose nel gazofilacio, insegnando nel Tempio; e nessuno lo prese, perché non era ancora venuta la sua ora.
10 M.V.: ‘L’Evangelo…’ – Vol. VIII, Cap. 506 – ed. CEV.