../../../../../daily.wired.it/default.htm<\/a>):<\/p>\nUna volta era la Barbie la bambola multitasking capace di trasformarsi senza problemi da ballerina a donna in carriera. In un’era sempre pi\u00f9 robotica, macchine e bambole si fondono per assomigliarci di pi\u00f9, interpretare nuovi personaggi e rimpiazzarci sul posto di lavoro. Da oggi i robot salgono anche in cattedra.<\/em><\/p>\nHiroshi Kobayashi, ricercatore dell’Universit\u00e0 di Scienze di Tokyo, sta lavorando da quindici anni allo sviluppo di robot "umani". Il primissimo modello si chiamava Pikarin e aveva ancora tutti gli ingranaggi in bella mostra. Poco tempo fa \u00e8 arrivata la prima Saya, il robot della porta accanto, faccia d’angelo, personalit\u00e0 da vendere e un lavoro da receptionist. Il viso di Saya \u00e8 stato creato a immagine e somiglianza di quello di una studentessa universitaria ed \u00e8 capace di esprimere una moltitudine di espressioni dalla felicit\u00e0 al disgusto, dalla tristezza alla rabbia grazie a un meccanismo di 18 mini motori che fanno da "muscoli" facciali e controllano le espressioni in base al tono della conversazione.<\/em><\/p>\nLa ragazza-androide era capace di sostenere senza problemi una conversazione base da help desk grazie a un vocabolario di 300 parole e 700 frasi. Ma anche gli androidi sognano carriere elettriche, Saya cambia lavoro ed entra in classe. Gli studenti di una scuola elementare di Tokyo hanno avuto una prima lezione con la nuova insegnante, forse un po’ strana ma certamente professionale e inflessibile. \u00c8 la prima volta che un robot si siede dietro la cattedra, la nuova maestra parla tante lingue, fa l’appello, d\u00e0 i compiti dal libro di testo, risponde alle domande e adotta il giusto tono per ribattere agli alunni indisciplinati. Per adesso l’androide sta ancora facendo tirocinio alle elementari ma potr\u00e0 insegnare anche ad altri livelli, appena avr\u00e0 finito il periodo di prova.<\/em><\/p>\nSempre in Giappone, \u00e8 stato sperimentato anche un robot per eseguire delle operazioni di chirurgia toracica; ma la tecnologia si \u00e8 sbizzarrita ulteriormente, e cos\u00ec sono stati creati dei robot giardinieri, dei robot cuochi, dei robot pianisti, e cos\u00ec via. In teoria, ma anche in pratica, non ci sono limiti alle applicazioni che \u00e8 possibile realizzare sfruttando questo filone tecnologico, che coniuga l’onniscienza del computer con la simulazione fisica degli esseri umani.<\/p>\n
Si ha un bel dire che la tecnica \u00e8 neutrale e che tutto dipende da come l’uomo decide d’impiegarla; di fatto, le cose stanno altrimenti: una volta imboccata questa strada, la strada della sostituzione degli esseri umani, non in una singola funzione, ma in tutta una serie di funzioni, e non per tempi e situazioni limitati, ma per un tempo illimitato e in situazioni a trecentosessanta gradi (ossia parlare, rispondere, eseguire, interagire con l’ambiente circostante), l’uomo finisce inevitabilmente per divenire una appendice superflua, imperfetta, costosa, insomma non conveniente, nella maniera pi\u00f9 assoluta. Perch\u00e9 delegare all’uomo ci\u00f2 che pu\u00f2 essere fatto meglio di lui da un computer, e con una spesa assai minore, nonch\u00e9 in tempi decisamente pi\u00f9 brevi? Sarebbe nient’altro che una inutile, assurda forma di sentimentalismo. Un residuo di quel passato imperfetto, faticoso, sgradevole e dispendioso, che egli si vuol lasciare dietro le spalle, per il fatto stesso di affidarsi ad una tecnologia decisamente sofisticata.<\/p>\n
Ma c’\u00e8 anche un’altra ragione per cui la sostituzione degli esseri umani con i robot risponde a una logica impeccabile: oltre al conseguimento della massima efficienza, essa realizza anche l’antico sogno (proibito) di Adamo: diventare simile a Dio, negare la sua creaturalit\u00e0, la sua finitezza, facendosi a sua volta creatore: creatore di se medesimo. Pi\u00f9 ancora della manipolazione genetica e della clonazione, la tecnologia robotica consente all’uomo di sentirsi superiore alla propria condizione di creatura finita: di trasformarsi in un essere teoricamente onnipotente, capace di qualsiasi impresa e specialmente di superare i limiti angusti che relegano la sua vita in uno spazio e in un tempo limitati; di proiettare la sua brama di assolutezza in una creatura, opera esclusiva delle sue mani, della sua intelligenza, fatta a immagine di s\u00e9, come il Dio della Bibbia ha fatto l’uomo a immagine sua. Per questa via, egli raggiunge due traguardi che gli sembravano preclusi, ma verso i quali si rivolgevano le sue segrete aspirazioni: incarnarsi in un corpo potenzialmente perfetto e indistruttibile, che non deve temere n\u00e9 malattie, n\u00e9 vecchiaia, n\u00e9 morte; e simulare la creazione divina, assurgendo al rango di divinit\u00e0, nella cornice di un mondo — quello della intelligenza artificiale – interamente delineato e strutturato da lui, secondo le sue finalit\u00e0, in base ai suoi intendimenti, e senza subire limitazioni da parte di alcuno.<\/p>\n
A guardar bene, non \u00e8 solo l’antica tentazione di Adamo, quella di farsi simile<\/em> a Dio; \u00e8 proprio la tentazione di Lucifero, quella di farsi pari<\/em> a Dio, e di regnare incontrastato su un mondo che gli deve obbedienza e gli si rivolge come al suo solo artefice e signore. In altre parole, popolare il mondo di robot simili agli esseri umani rappresenta il trionfo di una pulsione luciferina: perch\u00e9 in un tale mondo, pensato, voluto e governato non pi\u00f9 da Dio, ma dall’uomo, ogni cosa assume l’aspetto di una sfida smisurata: la sfida nei confronti di quel Dio che, pur se negato sul piano razionale, continua a intorbidare i pensieri dell’uomo, perch\u00e9 suscita la sua segreta invidia e il suo inconfessato rancore. Non era forse scritto Challenger<\/em>, lo Sfidante, sul missile spaziale "Space Shuttle" che fin\u00ec distrutto nel disastro del 1986, quando era giunto alla sua decima missione? Ebbene: chi o che cosa volevano sfidare, i suoi costruttori, allorch\u00e9 gli diedero quel nome?<\/p>\nE non si chiamava Spedizione Challenger quella che, nel 1782-76, finanziata dall’Universit\u00e0 di Edimburgo e dalla Societ\u00e0 Reale di Londra, si lanci\u00f2 nello studio scientifico dei mari di tutto il mondo, gettando le basi della moderna oceanografica, e che John Murray defin\u00ec come il pi\u00f9 grande progresso per la conoscenza del nostro pianeta mai realizzato dall’uomo, dai tempi dei grandi viaggi di esplorazione del XV e XVI secolo?<\/p>\n
E del transatlantico Titanic<\/em>, naufragato al suo viaggio inaugurale nell’Atlantico settentrionale, nella collisione con un iceberg<\/em>, il 15 aprile 1912, non si diceva forse che "nemmeno Dio l’avrebbe potuto affondare"? Non si era forse vantato, il suo comandante, Edward John Smith, che la sua nave fosse praticamente inaffondabile? Eppure, esso fece la fine che Dante riserva al "suo" Ulisse, per aver voluto strappare il velo del mistero, con un atteggiamento di sfida a Dio.<\/p>\nTornando ai computer che fanno scuola ai bambini sotto forma di manichini, o di bambole, di aspetto umano, o, se si preferisce, di androidi, di "replicanti", i quali, visti da lontano, o distrattamente, possono anche passare per delle vere creature umane; se davvero la loro costruzione proseguir\u00e0 lungo la linea intrapresa e se realmente verranno introdotti nelle scuole per sostituire gli esseri umani in qualit\u00e0 di insegnanti — sia pure, all’inizio, solo per svolgere funzioni limitate, o, magari, in caso di necessit\u00e0 urgente: sicch\u00e9, in assenza di una maestra, i bidelli tireranno fuori dal magazzino una Saya gi\u00e0 pronta per l’impiego — verr\u00e0 oltrepassata una linea di non ritorno, e incomincer\u00e0 una nuova era nella storia umana, quella dell’insegnamento scolastico mediante creature artificiali appositamente programmate.<\/p>\n
L’impatto, non solo dal punto di vista intellettuale, ma anche da quello affettivo ed emozionale, sar\u00e0 devastante. I bambini si abitueranno — e sappiamo quanto siano veloci ad "abituarsi" alla tecnologia: basti pensare a ci\u00f2 che \u00e8 accaduto con i computer, i giochi elettronici, gli smartphone<\/em> — a quelle "maestre", poi a quei professori e professoresse, fatti di materiali artificiali che simulano abilmente i tessuti, i muscoli, gli occhi, i capelli, i vestiti; e cos\u00ec impareranno che un bambino, o un adolescente, pu\u00f2 trovare un robot altrettanto<\/em> soddisfacente, come figura educativa, di un essere umano, anzi, per molti aspetti, anche pi\u00f9<\/em> soddisfacente: eternamente giovane e perennemente tranquillo e sicuro di s\u00e9, che non perde mai le staffe, che non va soggetto a sbalzi d’umore, che non si ammala, non tossisce, non starnutisce, e al quale non si abbassa mai la voce, n\u00e9 viene il mal di testa; il cui sorriso \u00e8 inestinguibile, la cui calma \u00e8 imperturbabile, la cui salute \u00e8 a prova di qualunque virus e malattia. E, dopo aver fatto questa scoperta, incomincer\u00e0 a non desiderare pi\u00f9 di avere una maestra, o un insegnante, "solamente umani": la loro umanit\u00e0 gli si riveler\u00e0, d’un tratto, come qualcosa di meno bello e desiderabile, non come il contrassegno di un modo di essere intrinsecamente superiore e, quindi, anche pi\u00f9 bello e desiderabile.<\/p>\nAllora sar\u00e0 la fine. Non ci sar\u00e0 pi\u00f9 ritorno, n\u00e9 possibilit\u00e0 di redenzione. Chi ha sperimentato una tecnologia pi\u00f9 sofisticata, non rimpiange mai quella pi\u00f9 obsoleta. Nessuno che abbia imparato a servirsi del computer, rimpiange la macchina da scrivere; e chi ha fatto la patente per guidare l’automobile, non lascia poi l’auto nel garage<\/em>, per continuare a servirsi della bicicletta (se non per puro svago o in circostanze particolari; ma non la user\u00e0 pi\u00f9 come mezzo di trasporto "normale" e abituale). Sempre, immancabilmente, la tecnologia dell’ultima generazione scaccia quella che esisteva prima: \u00e8 la legge del progresso. Le navi a vapore hanno soppiantato le navi a vela per i lunghi viaggi; poi gli aerei hanno soppiantato le navi a vapore. Il progresso, inteso in senso puramente materiale, \u00e8 risparmio di tempo, di spazio, di denaro, di rischi e di incertezze: \u00e8 una continua ricerca di razionalizzazione, di ottimizzazione, di super-efficienza.<\/p>\nIl guaio \u00e8 che l’uomo non \u00e8 sempre efficiente, non \u00e8 sempre "conveniente", non \u00e8 sempre in grado di svolgere nel modo migliore le sue mansioni. La figura della maestra \u00e8 per met\u00e0 quella di una insegnante e per met\u00e0 quella di una seconda mamma. Abituandosi a una mamma-robot, il bambino di domani cesser\u00e0 di essere bambino e verr\u00e0 proiettato, con brutale "efficienza", nel mondo adulto post-umano, ove tutto quello che conta \u00e8 il massimo risultato con il minore sforzo possibile. Quel bambino si abituer\u00e0 alla simulazione della voce di un essere umano, di una intelligenza umana, di un’affettivit\u00e0 umana; e si affezioner\u00e0, nondimeno, alla sua maestra-computer, perch\u00e9 ci\u00f2 \u00e8 nella sua natura: il suo mondo \u00e8 prevalentemente affettivo. A quel punto, neanche ricorder\u00e0 la maestra vera<\/em>…<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"I bambini le si affollano intorno, la guardano con stupore, incredulit\u00e0, ammirazione: dai loro occhi traspare l’entusiasmo. 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