{"id":27586,"date":"2018-10-16T02:32:00","date_gmt":"2018-10-16T02:32:00","guid":{"rendered":"https:\/\/fides-et-ratio.it\/2018\/10\/16\/omaggio-alle-chiese-natie-francescane-del-s-cuore\/"},"modified":"2018-10-16T02:32:00","modified_gmt":"2018-10-16T02:32:00","slug":"omaggio-alle-chiese-natie-francescane-del-s-cuore","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/fides-et-ratio.it\/2018\/10\/16\/omaggio-alle-chiese-natie-francescane-del-s-cuore\/","title":{"rendered":"Omaggio alle chiese natie: Francescane del S. Cuore"},"content":{"rendered":"

Abbiamo gi\u00e0 parlato della chiesa dei Cappuccini di via Ronchi, Santa Maria della Neve. \u00c8 una chiesa che conosciamo piuttosto bene, per averla frequentata durante la nostra infanzia, recandoci pi\u00f9 volte per assistere alla santa Messa festiva. Di altre chiese, l\u00ec vicino, non avevamo mai saputo che ce ne fossero, a parte quella di San Gaetano da Thiene, meglio nota come la chiesa delle Derelitte, in via Scrosoppi, e quella di San Bernardino, all’interno del giardino del Seminario arcivescovile, che si affaccia su via Ellero: entrambe a poche decine di metri di distanza. E invece sbagliavamo, perch\u00e9 un’altra chiesa c’\u00e8, e proprio in via Ronchi; anzi: esattamente di fronte a quella dei Cappuccini; solo che non la si pu\u00f2 vedere, n\u00e9 minimamente sospettarne l’esistenza, perch\u00e9 \u00e8 del tutto nascosta alla vista, e niente, neppure la punta di un campanile sopra i tetti, ne tradisce il segreto. Via Ronchi, in quel punto, per chi viene da via Ellero, presenta un piccolo "gomito" che le imprime una lieve deviazione dal suo asse: all’altezza della chiesa dei Cappuccini, la casa dirimpettaia – un edificio a tre piani d’impianto ottocentesco, dai muri lisci, le inferriate alle finestre del piano terra e gli scuri di legno a quelle dei due piani superiori, la falda inferiore del tetto con le travi di legno a vista – rientra sul marciapiedi di un metro o poco pi\u00f9, proprio all’altezza del portoncino, al numero 29, dove una targa informa: Suore Francescane. Convitto del Sacro Cuore.<\/em> Questa \u00e8 la sede delle Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore di Ges\u00f9, la cui casa madre \u00e8 a Gemona, e che qui hanno aperto, da alcuni anni, un convitto universitario (che naturalmente allora non esisteva, non essendovi neppure l’universit\u00e0). Hanno ereditato, per cos\u00ec dire, la casa delle Convertite, insieme alla loro chiesa, eretta nel secondo decennio del XVIII secolo e dedicata alla Beata Vergine del Soccorso. Sicch\u00e9 non si tratta di una chiesa pubblica, come quella dei Cappuccini, ma di una cappella privata, all’interno di un convento di religiose. Anche la chiesa di San Gaetano appartiene a una casa di suore, ma si trova sulla strada, ed esse hanno fatto la scelta di lasciarla sempre aperta per chiunque voglia entrarvi; le Francescane di via Ronchi, come anche le Dimesse di Via Treppo, avendo la loro chiesa situata in un cortile interno e non accessibile direttamene dalla via, non hanno potuto fare altrettanto, e ci\u00f2 spiega il fatto che ben pochi udinesi, a nostro credere, sanno che qui esiste un’altra chiesa, oltre a quella dei Cappuccini (che alcuni anni fa se ne sono andati, per mancanza di frati giovani nel loro convento), tranne naturalmente, le ragazze che sono state ospiti del convitto.<\/p>\n

Citiamo dal sito ../../../../../www.parrocchiacarmine.it/index.php/arte-e-storia/le-chiese-storiche<\/a>:<\/p>\n

LA CHIESA DELLE CONVERTITE. Situata in via Ronchi. Edificata nel 1713 e dedicata alla B. V. del Soccorso. Padre Giovanni Micesio, prete dell’oratorio Filippino, verso la fine del 1600 aveva raccolto alcune donne, redente da una vita di miserie e sotterfugi, in un’unica casa in via Rauscedo, casa messa a disposizione dalla famiglia Arcoloniani. Questa realt\u00e0 divenne un’istituzione che pot\u00e9 trovare spazi e dignit\u00e0 in un nuovo e capiente edificio acquistato con il supporto di generosi udinesi proprio in via Ronchi: si trattava della casa Egregis e nasceva l’Istituto delle Convertite. Alcune delle persone raccolte da padre Micesio decisero di abbracciare una vita di servizio e vestire l’abito delle Cappuccine. Padre Micesio acquis\u00ec alcune case vicine in modo da separare le due realt\u00e0: la casa delle cappuccine e quella delle convertite condividevano cos\u00ec uno spazio comune per gli esercizi che era la chiesa della B. Vergine di Loreto. Il patriarca Dionigi Delfino, dopo la morte di padre Micesio nel 1702, assegn\u00f2 la chiesa alle cappuccine e fece erigere una nuova chiesa per le convertite arricchendola con una Pala d’altare commissionata al pittore Bambini: la pala rappresenta la Visitazione della Beata Vergine, titolare della chiesa, e S. Maria Maddalena, patrona dell’Istituto. Attualmente gli spazi di quello che era il convento delle convertite sono occupati dal convento delle Suore Francescane Missionarie del Sacro Cuore.<\/em><\/p>\n

L’interno della chiesa \u00e8 stato decorato nel 1990 dal pittore friulano Arrigo Poz (nato a Castello di Porpetto nel 1929, ma poi trasferitosi con la famiglia a Bicinicco, e morto a Risano nel 2015), allievo di Gouseppe Zigaina, che ha decorato molte altre chiese del Friuli e di Udine, specialmente le vetrate, come a San Quirino e nella Madonna del Carmine, ispirandosi alla poetica del neorealismo friulano, che trae le sue radici dalla civilt\u00e0 contadina, declinata tuttavia in forme moderne. Nella cappella del Sacro Cuore delle Francescane Missionarie ha realizzato una grande parete musiva, coloratissima, ove spiccano il Grande Tau<\/em> (4,80×7 m.), che allude molto vagamente a un Crocifisso, e le composizioni alle vetrate, che \u00e8 impossibile dire a cosa alludano, se a dei fiori, o a dei fasci di luce, o a delle pure forme geometriche. Non ci piacciono per niente: non hanno un’anima, n\u00e9 tanto meno un’anima cristiana e cattolica; starebbero altrettanto bene, o altrettanto male, in un tempio di qualsiasi credo, e anche in un salone profano, o magari in una loggia massonica: non ci sarebbe differenza. Se l’arte sacra \u00e8 una forma di preghiera, noi, davanti ad esse, percepiamo qualsiasi cosa, fuorch\u00e9 un senso di preghiera, n\u00e9 ci sentiamo minimamente invogliati a raccoglierci per pregare noi stessi. Di Ges\u00f9, del Vangelo, di Maria, nemmeno l’ombra; \u00e8 vero che le vetrate del Carmine sono diverse e molto pi\u00f9 ortodosse. Qui, comunque, dobbiamo giudicare in base a ci\u00f2 che vediamo sulle pareti: e ci\u00f2 che vediamo non ci fa pensare a una chiesa, n\u00e9 alla fede religiosa, n\u00e9, tanto meno, all’Amore di Ges\u00f9 Cristo. Quel che sentiamo, \u00e8 lo sforzo di apparire moderni a tutti i costi; il desiderio, la brama, di essere al passo coi tempi, di non apparire retrogradi, conservatori: ideologia, ancora e sempre ideologia. Ma arte, bellezza, senso del sacro: di questo, poco o niente E ci sia permesso osservare che tutto ci\u00f2, dal punto di vista di un fedele cattolico, \u00e8 molto, ma molto triste.<\/p>\n

D’altra parte, questa \u00e8 una cappella privata: e non sta a noi dire se le brave suore, davanti a questo tipo di arte sacra, si sentono a loro agio mentre si raccolgono in preghiera. Proprio questo, per\u00f2, \u00e8 il male che si \u00e8 sottilmente insinuato nella Chiesa dopo il Concilio Vaticano II: che ciascuno intende il sacro a modo suo. Prima, esisteva in linguaggio comune, cos\u00ec come c’era una liturgia comune, una pastorale comune e soprattutto una sola dottrina. Fino al 1962, nessun parroco, nessun vescovo, e solo pochissimi teologi si sarebbero permessi di dire o scrivere cose che potessero scandalizzare o mettere a disagio anche solo una parte dei fedeli; cose che venissero dalle loro personali opinioni e non dal Magistero perenne. Si sarebbero fatti degli scrupoli, si sarebbero trattenuti; del resto, sapevano che i loro superiori non avrebbero approvato un simile comportamento. Adesso, si direbbe che ci siano dei cattolici ai quali non importa quel che pensano gli altri cattolici, non fa alcuna importanza se si sentono a loro agio oppure no quando entrano in una chiesa, quando ascoltano una omelia, quando parlano col sacerdote nel confessionale: dei cattolici ai quali preme di far valere quella che \u00e8 la loro idea del cristianesimo, della Chiesa e del Vangelo. E se gli altri non sono d’accordo, tanto peggio per loro. Basta mettere un cartello sulla porta della chiesa: Vietato l’ingresso a quelli che non sono d’accordo<\/em>, e il gioco \u00e8 fatto. Magari, il cartello non dice proprio cos\u00ec; magari dice, per esempio: Vietato l’ingresso ai razzisti<\/em>, ma la verit\u00e0 \u00e8 si vuol cacciare fuori chi non approva l’invasione africana ed islamica dell’Italia. Oppure un cartello, o un foglietto parrocchiale, nel quale si dice che quei cattolici che votano per la Lega, non sono dei veri cattolici: perch\u00e9 anche questo succede, e succede sempre pi\u00f9 spesso. Questi preti progressisti, questi cattolici "adulti", come li chiamava il loro padre spirituale, l’eretico Karl Rahner, si ritengono i soli, veri depositari della Rivelazione, e pensano di essere quelli che hanno capito tutto del Vangelo, dopo duemila anni di ambiguit\u00e0 e fraintendimenti. Ora possono vantare teologi dello spessore di Enzo Bianchi, il quale va dicendo, a proposito delle apparizioni di Fatima, che una Madonna la quale non ha profetizzato nulla a proposito della Shoah, non \u00e8 credibile<\/em>. Ha usato proprio questa espressione: non \u00e8 credibile<\/em>. Perch\u00e9 la Madonna, per essere creduta da uomini come Enzo Bianchi, deve dire le parole d’ordine che piacciono a loro; deve essere approvata da loro; deve piacere a loro, e non essi a lei<\/em>. Ma anche questo \u00e8 "normale": normale, nel senso della svolta antropologica inaugurata, appunto, da Karl Rahner, e portata avanti durante questi cinquant’anni di apostasia strisciante, fino al pontificato del signore argentino, in cui l’apostasia si \u00e8 resa manifesta.<\/p>\n

Non \u00e8 con questo spirito, impastato di un orgoglio tutto umano, che le Convertite, grate alla Chiesa di essere state raccolte dalla strada e restituite al rispetto di se stesse e della societ\u00e0, e conquistate dalla fede, dall’entusiasmo e dalla capacit\u00e0 di abnegazione di quei santi sacerdoti, hanno scelto di entrare nella famiglia francescana e di dedicarsi interamente a Dio e al prossimo; no, decisamente non lo hanno fatto animate da questo spirito. E la nobile famiglia degli Arcoloniani (l’abbiamo gi\u00e0 incontrata, parlando della chiesetta di San Leonardo, in via Gorghi), non \u00e8 con questo spirito che ha regalato alla Chiesa una propriet\u00e0 in via Rauscedo, affinch\u00e9 padre Giovanni Micesio potesse raccogliere le donne traviate o abbandonate a se stesse, e restituirle ad una nuova vita. E non \u00e8 con questo spirito che il pittore Nicol\u00f2 Bambini (1651-1736) esegu\u00ec la pala d’altare commissionatagli dal patriarca Delfino, con la Visitazione della Vergine Maria e Santa Maria Maddalena<\/em>: si tenne nello spirito di un’arte sacra che potesse parlare a tutti, che potesse ispirare tutti, essere capita da tutti. Non volle far emergere la sua personalit\u00e0, a scapito del fine che \u00e8 proprio di qualsiasi opera religiosa: indurre le anime al pensiero delle cose eterne. Questa \u00e8 la grande, abissale, decisiva differenza fra tanti, troppi cattolici dei nostri giorni e quelli che per millenovecento anni, con mirabile continuit\u00e0, hanno saputo annunciare un solo Vangelo, quello di Ges\u00f9 Cristo: umili, fedeli, totalmente abbandonati alla volont\u00e0 del Signore, e obbedienti alla Sposa di Cristo; la quale, a sua volta, era totalmente obbediente a Dio. Non c’erano protagonismi, non c’erano esibizionismi, nessuno voleva mettersi in mostra pi\u00f9 di quanto fosse strettamente necessario per la gloria di Dio e l’amore verso il prossimo. Il pittore, il mosaicista, il mastro vetraio, lo scultore, l’architetto che lavoravano ad una chiesa, sentivano di avere un grande committente, Ges\u00f9 Cristo: a Lui volevano piacere, prima che a qualsiasi altro; a Lui volevano render lode; in Lui cercavano ispirazione, e con il suo aiuto si mettevano all’opera. Ci\u00f2 che essi progettavano, dipingevano, scolpivano, parlava anzitutto di Lui: e si esprimeva in un linguaggio talmente universale che chiunque avrebbe potuto capirlo, sia pure a differenti livelli di profondit\u00e0: dal bambino all’adulto, dall’analfabeta alla persona colta. E poi c’era la liturgia comune, c’era la lingua comune, universale, il latino: dalla Sicilia alle Alpi, e dalle Alpi alla Scandinavia, e poi per tutto il mondo, nei cinque continenti, dalla Terra del Fuoco al Giappone. Chi entrava in una qualsiasi chiesa cattolica, in un qualunque luogo, si sentiva subito a casa: tutto gli parlava nello stesso modo, tutto lo guidava verso la stessa, dolce verit\u00e0: quella del Vangelo, cos\u00ec come la Chiesa, per secoli e secoli, lo ha interpretato e insegnato, lottando con le unghie e coi denti per difenderne la purezza contro tutte le adulterazioni e le mistificazioni, contro tutte le eresie.<\/p>\n

Ma ecco che gli eretici, improvvisamente, sono scomparsi; e la Chiesa, di colpo, ha smesso di combattere i loro errori. Strano, vero? Ci\u00f2 \u00e8 accaduto, di punto in bianco, con il Concilio Vaticano II. A partire da quel momento, la parola eretico<\/em> \u00e8 sparita, di fatto, dal vocabolario del clero, perfino i prefetti della Congregazione per la Dottrina della fede hanno evitato di adoperarla, meno ancora si sono azzardati a condannar qualcuno. Si vede che non ce n’era pi\u00f9 bisogno; si vede che non c’erano pi\u00f9 nemici della Chiesa, n\u00e9 esterni, n\u00e9 interni. Un concilio che non condanna nessuno, neppure gli atei comunisti che in met\u00e0 dell’Europa sottoponevano i cristiani alle pi\u00f9 dure persecuzioni; uno spirito nuovo che vuol solo abbattere muri e gettare ponti. Uno spirito di dissoluzione, contrabbandato per misericordia; di auto disprezzo, mascherato da dialogo. Fateci caso: \u00e8 da quel momento, dal Concilio, che la parola "eretico" non solo \u00e8 stata bandita, ma ha acquistato un significato di rimprovero, di autoaccusa: che brutti tempi, quando la Chiesa combatteva gli eretici! E s\u00ec che un certo san Tommaso d’Aquino aveva scritto che gli eretici sono peggiori dei falsari, e meritano una pena ancora pi\u00f9 severa di quelli: perch\u00e9 i falsari si limitano a contraffare la moneta, mentre gli eretici falsificano la fede, che \u00e8 cosa ben pi\u00f9 grave per il danno che arreca alle anime. Si vede che anche san Tommaso era un po’, come dire?, antiquato; un po’ troppo rigido, come va di moda dire adesso; un po’ troppo tradizionalista. Non sapeva dialogare, non apprezzava la bellezza del confronto col diverso. Certo \u00e8 consolante pensare che abbiamo oggi la fortuna di vivere in tempi ben diversi, pi\u00f9 aperti e pi\u00f9 sereni, pi\u00f9 fiduciosi verso il mondo, pi\u00f9 pervasi di misericordia verso tutti. Al punto che il (sedicente) papa argentino si rifiuta di benedire i fedeli, dicendo di non voler recare offesa a quelli che non credono. Ma che bei tempi, son questi: pieni di tatto e di delicatezza…<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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