{"id":26678,"date":"2022-06-04T10:55:00","date_gmt":"2022-06-04T10:55:00","guid":{"rendered":"https:\/\/fides-et-ratio.it\/2022\/06\/04\/introduzione-al-tomismo-le-xxiv-tesi-parte-seconda\/"},"modified":"2022-06-04T10:55:00","modified_gmt":"2022-06-04T10:55:00","slug":"introduzione-al-tomismo-le-xxiv-tesi-parte-seconda","status":"publish","type":"post","link":"https:\/\/fides-et-ratio.it\/2022\/06\/04\/introduzione-al-tomismo-le-xxiv-tesi-parte-seconda\/","title":{"rendered":"Introduzione al tomismo: le XXIV tesi. Parte seconda"},"content":{"rendered":"

Proseguiamo con le XXIV tesi della filosofia di san Tommaso, sintetizzate dal padre Guido Mattiussi, servendoci sempre della libera traduzione dal latino pubblicata sul sito della Societ\u00e0 Internazionale Tommaso d’Aquino (../../../../../www.sitaroma.com/wp/le-24-tesi-della-filosofia-di-san-tommaso/default.htm<\/a>):<\/p>\n

LA COSMOLOGIA<\/p>\n

VIII. Al contrario delle creature spirituali, le creature corporee non sono semplici nella loro essenza, ma composte di potenza e atto. La potenza nell’ordine dell’essenza si chiama "materia prima", e l’atto si chiama "forma sostanziale".<\/em><\/p>\n

Le creature dotate di corpo, come l’uomo, sono composte di potenza e atto. La loro potenza risiede nella materia di cui sono fatte, l’atto che le rende esistenti invece \u00e8 la forma. Analogamente, in una scultura la materia \u00e8 il marmo, la forma \u00e8 l’idea della statua che l’artista ha nella mente e che traduce in realt\u00e0. Potremmo perci\u00f2 paragonare il Creatore all’artista che concepisce la sua opera e la realizza, e che dopo averla realizzata se ne compiace. E Dio vide che era cosa buona<\/em>, dice l’autore del libro della Genesi<\/em>: tutto ci\u00f2 che \u00e8 stato concepito e creato da Dio \u00e8 in se stesso buono; l’imperfezione, la concupiscenza e la morte sono il frutto dell’uso perverso della libert\u00e0 umana, cio\u00e8 di una corruzione della natura causata dal Peccato originale.<\/p>\n

IX. N\u00e9 la materia prima n\u00e9 la forma sostanziale) ha l’essere, o viene prodotta, o si corrompe; e non pu\u00f2 essere posta nei predicamenti (che sono i vari modi di dire della realt\u00e0), se non in modo riduttivo come principio sostanziale.<\/em><\/p>\n

La materia prima e la forma sostanziale, nelle creature corporee – proprio perch\u00e9 non hanno l’essere, ma lo ricevono per partecipazione – non possono corrompesi e sparire nel nulla, cos\u00ec come non si generano dal nulla (nell’ambito del mondo naturale), ma si trasformano incessantemente in altro da s\u00e9 e si scompongono nelle parti di cui sono fatte. Cos\u00ec anche il corpo dell’uomo si disperde, alla morte, negli elementi di cui \u00e8 costituito; mentre l’anima, che \u00e8 semplice, non si corrompe, ma si separa dal corpo (in attesa di ricongiungersi con esso, allorch\u00e9 ci sar\u00e0 la resurrezione dei corpi). Anche l’anima peraltro, avendo ricevuto l’essere e non possedendolo in forma originaria, \u00e8 soggetta alla volont\u00e0 di altro da s\u00e9, Dio, che \u00e8 l’Essere come Atto puro, senza alcuna potenza residua, e la Causa prima di tutto ci\u00f2 che esiste.<\/p>\n

X. La sostanza corporea, anche se \u00e8 sempre estesa, non pu\u00f2 tuttavia essere identificata con l’estensione, o quantit\u00e0. La sostanza \u00e8 infatti per sua natura fuori dell’ordine dimensivo, e quindi \u00e8 indivisibile. Perci\u00f2 la quantit\u00e0, che d\u00e0 l’estensione alla sostanza, si differenzia realmente dalla sostanza ed \u00e8 un vero accidente.<\/em><\/p>\n

Le creature corporee sono contraddistinte soprattutto dall’estensione e dalla quantit\u00e0. Tuttavia n\u00e9 l’estensione n\u00e9 la quantit\u00e0 risolvono interamente la sostanza delle cose corporee, perch\u00e9 vi \u00e8, oltre ad esse, un "sostrato" rispetto al quale estensione e quantit\u00e0 sono accidenti o, usando una terminologia filosofica pi\u00f9 moderna, delle qualit\u00e0 primarie. Anzi, poich\u00e9 il numero \u00e8 una variante dell’estensione (in un mucchio di sassi non \u00e8 il loro numero che conta, e che oltretutto pu\u00f2 variare senza che ci\u00f2 modifichi la sua natura di "mucchio"), e l’estensione \u00e8 determinata dalla quantit\u00e0 di materia che compone quel determinato ente, si pu\u00f2 dire che l’estensione \u00e8 l’accidente che caratterizza le sostanze corporee, ma non si identifica con la loro sostanza, bens\u00ec rimane una loro qualit\u00e0, ossia un accidente. Infatti una cosa pu\u00f2 mutare forma, accogliere (o perdere) degli oggetti senza perci\u00f2 smettere di essere se stessa; una casa pu\u00f2 essere ingrandita (o rimpicciolita), ma resta sempre la casa; e il bambino cresce e diventa adulto, ma resta pur sempre uomo, come il seme di grano diventa pianta, ma resta quel che \u00e8, grano.<\/p>\n

XI. La materia designata dalla quantit\u00e0 ("signata quanti tate") \u00e8 il principio di individuazione della sostanza corporea. Nelle sostanze spirituali, ad esempio negli angeli, questo problema non si pone, poich\u00e9 ogni angelo differisce dall’altro per la specie.<\/em><\/p>\n

Il principium individuationis<\/em> della sostanza corporea \u00e8 dato dal fatto che essa \u00e8 contrassegnata dalla quantit\u00e0: se non ci fosse la quantit\u00e0, non ci sarebbe sostanza corporea (anche se abbiano visto che la quantit\u00e0 \u00e8 un accidente della materia e non coincide con essa). E dunque le cose corporee sono pi\u00f9 grandi o pi\u00f9 piccole, pi\u00f9 complesse o pi\u00f9 semplici (ma sempre composte), mentre le sostanze spirituali, come gli Angeli, non sono caratterizzate dalla quantit\u00e0 perch\u00e9 ciascuna di esse differisce dalle altre come una specie delle cose materiali differisce dall’altra. Nel mondo delle cose materiali, queste sono raggruppate in specie, e tutti gli individui che appartengono a una classe o specie sono parte di essa, pur differendo a livello individuale (quanto alla quantit\u00e0, appunto); mentre nella dimensione spirituale ogni individuo, essendo formato di sostanza spirituale, che \u00e8 semplice e indivisibile, \u00e8 come se fosse una specie a s\u00e9 stante.<\/p>\n

XII. Quando si dice che un corpo \u00e8 in un luogo si presuppone che lo spazio sia pieno (non ha senso parlare di un luogo nel vuoto); il luogo quindi \u00e8 la superficie del corpo ambiente a immediato contatto con l’ente corporeo. \u00c8 del tutto impossibile che un corpo occupi pi\u00f9 di un luogo (multilocazione).<\/em><\/p>\n

Possiamo anche dire cos\u00ec: in virt\u00f9 della quantit\u00e0 un corpo occupa un luogo ed uno soltanto. Ad ogni corpo corrisponde un luogo; nessun corpo pu\u00f2 occupare simultaneamente pi\u00f9 luoghi. Ci\u00f2 presuppone che lo spazio sia "pieno", come \u00e8 confermato dai fisici moderni (anche se non si trovano d’accordo sulla natura di tale "pienezza"), ossia che non esistano luoghi nel vuoto, il che \u00e8 perfettamente ragionevole. Altrettanto ragionevole \u00e8 definire un luogo come la superficie di un certo spazio che si trova a contatto con un determinato ente corporeo. Il luogo della nave \u00e8 definito dallo spazio che la nave occupa, e, occupandolo, sposta un’equivalente quantit\u00e0 d’acqua. Infatti se un corpo non pu\u00f2 occupare nello stesso tempo pi\u00f9 spazi, l’acqua ove si trova la nave non pu\u00f2 occupare lo stesso spazio che occupava prima che la nave fosse l\u00ec, ma deve necessariamente occuparne un altro, poich\u00e9 anche l’acqua \u00e8 un corpo.<\/p>\n

LA PSICOLOGIA RAZIONALE<\/p>\n

XIII. I corpi sono di due tipi: alcuni sono viventi (animati) e altri privi di vita (inanimati). Nei viventi la forma sostanziale si chiama anima. In questi enti animati c’\u00e8 nel medesimo soggetto una disposizione organica, costituita di diverse parti, cos\u00ec che ci sia una parte movente e una parte mossa.<\/em><\/p>\n

L’anima \u00e8 la forma sostanziale degli esseri viventi (vegetativa nelle piante, sensitiva negli animali e razionale nell’uomo). L’anima \u00e8 il principio della vita: dove non c’\u00e8 anima, come nelle pietre, non ci pu\u00f2 essere vita. Nelle creature viventi c’\u00e8 inoltre una duplice disposizione, a muovere e ad essere mossi. Nel caso della pianta, il suo accrescimento dipende dal fatto che riceve le sostanze nutritive dal terreno, la luce e il calore dal sole, cio\u00e8 da altro da s\u00e9; ma c’\u00e8 anche la disposizione a germogliare, a passare dallo stadio di seme a quello di germoglio, infine a quello di pianta perfetta, e tale disposizione \u00e8 interna ad essa, per cui si pu\u00f2 dire che, sia pure sotto lo stimolo di un’azione esterna, essa \u00e8 anche capace di movimento spontaneo.<\/p>\n

XIV. Le anime dell’ordine vegetativo e sensitivo non sussistono mai per se stesse, n\u00e9 per se stesse vengono prodotte, ma sono soltanto il principio mediante cui il vivente esiste e vive. Queste anime dipendono in tutto dalla materia e, quando si corrompe il composto, "per accidens" (indirettamente) si corrompono anch’esse.<\/em><\/p>\n

Piante e animali non sono dotati di un’anima sussistente: la loro anima serve solo a svolgere le funzioni vitali ed \u00e8 strettamente legata al corpo, cosicch\u00e9, quando il composto di anima e di corpo si scinde, le loro rispettive anime cessano di esistere. La loro funzione \u00e8 quella di servire alle funzioni del corpo; ma se non c’\u00e8 pi\u00f9 un corpo da servire, l’anima vegetativa e l’anima sensitiva non hanno ragione di sussistere.<\/p>\n

XV. Contrariamente all’anima vegetativa e sensitiva, l’anima umana, che \u00e8 spirituale, sussiste per s\u00e9, e viene infusa in una materia sufficientemente disposta; viene creata da Dio e per sua natura \u00e8 incorruttibile e immortale.<\/em><\/p>\n

Diversamente da quella delle piante e degli animali, l’anima umana \u00e8 spirituale, cio\u00e8 sussiste anche indipendentemente dal corpo; e dunque allorch\u00e9 si separa dal corpo, non cessa di esistere, poich\u00e9 essa non serviva solo ad aiutare il corpo a espletare le sue funzioni e a soddisfare le sue necessit\u00e0. La stessa materia destinata ad accoglierla, il corpo, \u00e8 stata pensata e creata dal Volere divino in vista di quella funzione ulteriore, che consiste nell’uso della ragione, da cui discendono tutte le funzioni spirituali. Dunque l’anima umana \u00e8 immortale: essendo sostanza semplice, non si disperde nei suoi composti.<\/p>\n

XVI. L’ anima razionale \u00e8 unita al corpo cos\u00ec da essere la sua unica forma sostanziale; per essa la persona \u00e8 essere umano, animale, vivente, corpo, sostanza ed ente. L’anima dunque d\u00e0 all’essere umano ogni grado di perfezione essenziale; e comunica alla materia il suo stesso atto di essere.<\/em><\/p>\n

L’anima razionale \u00e8 forma sostanziale del corpo umano in maniera diversa dall’anima vegetativa delle piante e dall’anima sensitiva degli animali. Nelle piante e negli animali l’anima \u00e8 semplicemente il loro rispettivo riprincipio vitale: non \u00e8 immortale perch\u00e9 non deve svolgere alcuna funzione oltre quelle legate alla vita del corpo. L’anima dell’uomo invece, che \u00e8 razionale, ha la funzione di guidare alla ricerca del vero e di sostenere lo sforzo della volont\u00e0: il fine dell’uomo infatti \u00e8 conoscere il vero e servirlo. Pertanto l’anima dell’uomo sussiste anche oltre la separazione del corpo: Dio l’ha pensata e creata per un fine ultraterreno.<\/p>\n

XVII. Dall’anima umana emanano, per naturale conseguenza, facolt\u00e0 di un duplice ordine, facolt\u00e0 organiche e facolt\u00e0 inorganiche: le prime, alle quali appartengono anche i sensi, hanno per soggetto il composto, le seconde invece ineriscono alla sola anima. L’intelletto \u00e8 dunque una facolt\u00e0 intrinsecamente indipendente da un organo corporeo.<\/em><\/p>\n

Con questa notevolissima affermazione, la filosofia di san Tommaso d’Aquino tocca uno dei suoi vertici speculativi: l’intelletto \u00e8 una facolt\u00e0 indipendente dal corpo; \u00e8 nella mente, ma non \u00e8 la mente: \u00e8, in parte, una facolt\u00e0 "inorganica", nel senso che non dipende dal corpo, non serve solamente il corpo e non finisce con il corpo. La parte dell’anima che dipende dal corpo, ad esempio i sensi, \u00e8 analoga a quella che si trova negli animali. L’anima umana \u00e8 dunque un composto: pi\u00f9 precisamente, \u00e8 composta quella parte dell’anima umana che \u00e8 strettamente legata al corpo; mentre la parte che \u00e8 indipendente da esso \u00e8 una sostanza semplice, e proprio per questo non subisce la corruzione allorch\u00e9 si separa dal corpo.<\/p>\n

XVIII. La radice dell’intelligibilit\u00e0 \u00e8 l’immaterialit\u00e0. Dunque, di per s\u00e9, \u00e8 sommamente conoscente e conoscibile ci\u00f2 che \u00e8 pi\u00f9 "libero" dalla materialit\u00e0. L’oggetto adeguato di ogni intelligenza (vale a dire quella delle creature umane, degli angeli e anche di Dio) \u00e8 l’ente. In particolare l’oggetto proprio dell’intelletto umano, nel presente stato di unione con il corpo, \u00e8 l’essenza delle cose (la "quidditas") astratta dalle condizioni materiali in cui si trova.<\/em><\/p>\n

Il reale \u00e8 intelligibile, cio\u00e8 pensabile e comprensibile razionalmente, perch\u00e9 la mente \u00e8 immateriale; e l’uomo, creatura razionale e spirituale, somiglia, nella sua natura essenziale, agli Angeli e a Dio, pur essendo infinitamente meno perfetto, proprio perch\u00e9 la sua anima \u00e8 unita ad un corpo fisico (nel corso della vita terrena), che la condiziona, anche se non in modo essenziale. Se lo condizionasse in modo essenziale, l’uomo sarebbe nella stessa condizione dell’animale e della pianta: la sua anima gli servirebbe solo a soddisfare i suoi bisogni naturali. L’uomo invece ha anche dei bisogni soprannaturali, e in ci\u00f2 si rivela la sua natura spirituale: la sua anima razionale gli \u00e8 stata infusa da Dio al preciso scopo di realizzare il suo fine specifico, mediante la ragione e la volont\u00e0, che \u00e8 quello di conoscere, amare e servire il Suo creatore.<\/p>\n

XIX. La conoscenza inizia dalle realt\u00e0 sensibili. Poich\u00e9 per\u00f2 il sensibile non \u00e8 intelligibile in atto, oltre all’intelletto che intende formalmente, bisogna ammettere nell’anima una virt\u00f9 attiva che astragga le specie intelligibili dalle immagini sensibili ("phantasmata"). Questa virt\u00f9 attiva viene denominata "intelletto agente".<\/em><\/p>\n

La conoscenza dell’uomo inizia dalla realt\u00e0 sensibile: nihil est in intellectu quod prius non fuerit in sensu<\/em>, \u00abnella mente non c’\u00e8 nulla che non sia gi\u00e0 inscritto nei sensi\u00bb. D’altra parte il dato sensibile non conduce automaticamente al conoscere, perch\u00e9, oltre alla facolt\u00e0 sensitiva, \u00e8 necessaria all’anima una facolt\u00e0 ulteriore, che consiste nell’astrarre da ci\u00f2 che il dato sensibile mostra, qualche cosa d’intelligibile, il pensiero puro. Se cos\u00ec non fosse, la conoscenza dell’uomo non andrebbe pi\u00f9 in l\u00e0 di quella dell’animale, al quale basta conoscere quel che gli serve immediatamente per la sua esistenza materiale. Ma la conoscenza dell’uomo va ben oltre: raggruppa i dati sensoriali e li organizza secondo categorie precise e sulla base dei principi della logica, a cominciare dal principio d’identit\u00e0 e quello di non contraddizione. Le immagini sensibili, di per se stesse, non sarebbero altro che qualcosa di labile e contingente, quasi fantasmi delle cose reali: acquistano un significato ulteriore allorch\u00e9 la facolt\u00e0 razionale li utilizza per andare oltre la loro immediatezza e pensare in maniera astratta, ossia per concetti.<\/p>\n

"Intelletto agente", o attivo, \u00e8 la facolt\u00e0 dell’anima razionale di esercitare un’azione combinatoria e astrattiva sul mero dato sensoriale.<\/p>\n

XX. Mediante le specie intellettive conosciamo le essenze delle cose in modo universale; con i sensi conosciamo i singolari, che cogliamo anche con l’intelletto mediante il ritorno alle immagini; la conoscenza delle realt\u00e0 spirituali \u00e8 possibile mediante l’analogia.<\/em><\/p>\n

La conoscenza sensibile ci fa conoscere le singole cose, i singoli oggetti; con l’intelletto possiamo "estrarre" da questi ci\u00f2 che \u00e8 accidentale (il fatto che un certo individuo sia grande o piccolo, giovane o vecchio) e ritenere ci\u00f2 che invece \u00e8 essenziale (ad esempio il fatto che quel tale individuo \u00e8 un essere umano). Facendo un ulteriore passo avanti, l’intelletto pu\u00f2 conoscere anche senza bisogno di riferirsi continuamente (o "ritornare") alle immagini sensibili delle cose: pu\u00f2 conoscere le cose invisibili, che sono l’oggetto pi\u00f9 adeguato all’anima razionale, il che \u00e8 possibile mediante l’analogia fra le cose sensibili e quelle spirituali.<\/p>\n

XXI. La volont\u00e0 segue e non precede l’intelletto: essa vuole necessariamente solo ci\u00f2 che le si presenta come un bene assoluto che sazia completamente il suo appetito (il desiderio di bene); sceglie invece liberamente tra i vari beni limitati, presentati dall’intelletto, piegando l’ultimo giudizio pratico dell’intelletto verso ci\u00f2 che vuole.<\/em><\/p>\n

La filosofia di san Tommaso \u00e8 fondata sulla ragion pura e non sulla ragion pratica: l’anima razionale \u00e8 capace di libera scelta, ma per volere nel senso che le si addice, e non in maniera difforme dalla sua natura, deve sapere ci\u00f2 che vuole e deve volere ci\u00f2 che le \u00e8 conforme. Perci\u00f2 l’anima razionale, capace, essa sola, di astrarre dalle cose sensibili e concentrarsi sulle realt\u00e0 spirituali, vuole necessariamente, ossia secondo la necessit\u00e0 della sua natura, non questo o quel bene, ma il bene in se stesso, il Bene assoluto. Il dramma dell’uomo \u00e8 che egli \u00e8 suscettibile di volere non in maniera necessaria, come accadrebbe se riconoscesse e assecondasse la sua natura razionale e spirituale, ma di volere in maniera estemporanea e capricciosa, cio\u00e8 soggettiva, dei beni che gli sembrano appetibili e lo lusingano, ma non potranno mai soddisfarlo realmente, poich\u00e9 sono beni limitati e sensibili. In altre parole, nell’uomo il giudizio pratico tende a prevalere sul giudizio razionale: il che lo porta a tradire la sua natura.<\/p>\n

LA TEOLOGIA NATURALE<\/p>\n

XXII. Che Dio esista non lo sappiamo n\u00e9 con un’intuizione immediata n\u00e9 a priori. Lo dimostriamo per\u00f2 con certezza a posteriori, cio\u00e8 partendo dal creato, con argomentazioni che vanno dagli effetti alla causa: 1. dalle cose che si muovono, ma non possono essere il principio adeguato del loro movimento, a un primo motore immobile; 2. da una serie di cause fra loro subordinate a una prima causa incausata; 3. dalle cose corruttibili, che si rapportano ugualmente all’essere e al non essere, a un ente assolutamente necessario; 4. da cose che sono pi\u00f9 o meno perfette nell’essere, nel vivere, nell’intendere ecc. a Colui che \u00e8 sommamente intelligente, vivente, esistente; 5. dall’ordine dell’universo a un intelletto supremo che ha ordinato il creato, armonizzandolo, e lo dirige al fine.<\/em><\/p>\n

Sono le famose cinque vie di san Tommaso per dimostrare, a filo di logica, l’esistenza di Dio, la quale non scaturisce da un’intuizione immediata n\u00e9 da una certezza a priori (e qui il suo pensiero diverge da quello della filosofia del senso comune, ad esempio di Antonio Livi). Diversi filosofi moderni rivendicano di aver confutato le cinque prove di san Tommaso: a noi non sembra. Che il movimento debba avere un’origine che non sia ancora movimento, bens\u00ec motore, qualcosa che muove; che il processo causale rimandi ad un Causa prima, ecc., questi non ci sembrano argomenti che si possano realmente confutare, almeno se si resta sul terreno della logica. Ad ogni modo, la ragione ci porta ad affermare che Dio c’\u00e8; ma non ci dice nulla di preciso su di Lui. Per questo \u00e8 necessaria la Rivelazione.<\/p>\n

XXIII. L’essenza divina viene adeguatamente definita come l’essere per s\u00e9 sussistente. Poich\u00e9 l’atto d’essere dal punto di vista metafisico \u00e8 la pi\u00f9 alta perfezione, si deve ritenere che il puro atto d’essere, Dio, sia infinito nella sua perfezione.<\/em><\/p>\n

Dio \u00e8 l’Essere, perch\u00e9 in Lui l’essere non \u00e8 partecipato, ma auto-sussistente. La perfezione pi\u00f9 alta di un essere consiste nel fatto di esistere (e non di venire, ad esempio, solo pensato): dunque Dio, atto puro, esiste infinitamente e perfettissimamente.<\/p>\n

XXIV. Dio (l’Essere per s\u00e9 sussistente) per la stessa purezza del suo essere si distingue da tutte le realt\u00e0 finite. Da ci\u00f2 si deduce: anzitutto che il mondo non \u00e8 potuto esistere se non per creazione da parte di Dio; poi che la virt\u00f9 creativa (che in s\u00e9 riguarda prima di tutto l’ente in quanto ente) non \u00e8 comunicabile nemmeno per miracolo a una natura finita; infine che nessun agente creato pu\u00f2 influire sull’essere di qualsiasi effetto se non viene mosso dalla Causa prima<\/em><\/p>\n

Esiste una distanza ontologica, un abisso vero e proprio, fra Creatore e creature. Dio, perfezione infinita, si riflette solo vagamente, anche se certissimamente, nella perfezione (relativa) del creato. Dunque se il mondo esiste, esiste perch\u00e9 Dio lo ha creato: non \u00e8 neppure pensabile che esso esista indipendentemente da Lui. Pertanto la creazione del mondo da parte di Dio \u00e8 assolutamente libera: Dio, atto puro, \u00e8 gi\u00e0 perfettamente commisurato a Se stesso: non aveva alcuna necessit\u00e0 di creare alcunch\u00e9, ma lo ha fatto per sovrabbondanza di amore. Sono completamente in errore quanti, e fra essi non pochi sedicenti teologi contemporanei, affermano che Dio ha bisogno dell’uomo e che senza il mondo la sua perfezione sarebbe incompleta, perch\u00e9, al contrario, l’atto della creazione \u00e8 totalmente gratuito.<\/p>\n

Bergoglio si \u00e8 spinto ancora pi\u00f9 in l\u00e0: ha affermato, assurdamente, che Dio non \u00e8 Dio senza l’uomo<\/em>; ma prima di lui anche don Giussani, per non parlare di padre Turoldo, avevano espresso un concetto pressoch\u00e9 identico. Che dire? Sono affermazioni che si commentano da s\u00e9. A tanto si doveva arrivare, dacch\u00e9 si \u00e8 estromesso il tomismo dai seminari e, di fatto, dalle facolt\u00e0 teologiche, e si \u00e8 lasciato che imperversassero i Rahner, i Buber, i Bultmann, i Tillich, i K\u00fcng, i Schillebeeckx, i De Lubac, i Congar, i Teilhard, i von Balthasar… Mentre sia Leone XIII che san Pio X avevano raccomandato che si studiasse il tomismo, la pi\u00f9 perfetta forma di filosofia e teologia cristiana, per preparare dei buoni sacerdoti.<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"

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