https:../../../../www.youtube.com/watch@v=OajeluV0wwQ<\/a>); mentre alla crisi spirituale abbiamo dedicato una unga serie d’interventi. Perci\u00f2 vogliamo ora focalizzare l’attenzione intorno alla crisi educativa che ci ha portati a perdere ogni vera influenza sui giovani, affidati a una scuola che ha smarrito i contatti con la realt\u00e0 e se ne va, in apparenza contenta di s\u00e9, dietro le sirene del Politicamente Corretto, spegnendo in loro ogni senso critico e ogni possibilit\u00e0 di pensiero libero; giovani d’altro canto abbandonati al sistematico lavaggio del cervello operato su di essi dai mezzi d’informazione di massa, dal cinema, e pi\u00f9 in generale da un clima sociale e culturale pi\u00f9 che mai omologato e mortificante, quale non si era visto n\u00e9 respirato neppure sotto le spietate dittature "tradizionali" del XX secolo, comunismo e nazismo.<\/p>\nLa dissoluzione educativa \u00e8 in atto da svariate generazioni, ma ha assunto un ritmo frenetico nel corso delle ultime due o tre. La scuola \u00e8 andata completamente alla deriva: la cosiddetta didattica a distanza, fatta via computer perfino per le tesi di laurea, ma con l’obbligo, o il caldo invito, a indossare la mascherina anche stando a casa, le ha dato il colpo di grazia. La famiglia (ed \u00e8 quasi superfluo precisare che per "famiglia" intendiamo un uomo e una donna stabilmente uniti ed aperti alla procreazione) annaspa, fa quel che pu\u00f2: ma \u00e8 evidente che l’educazione dei figli le sta sfuggendo inesorabilmente di mano e sta passando a delle agenzie private, televisioni e social network, le quali hanno la possibilit\u00e0 di distruggere sistematicamente tutto ci\u00f2 che due bravi genitori possono sforzarsi di trasmettere a un figlio in termini di valori morali, riflessione personale, senso del limite e del pudore, capacit\u00e0 di ascoltare l’altro e soprattutto assunzione di responsabilit\u00e0 quale strada maestra verso la crescita e la maturazione. E a proposito di educazione, come scordare che nei secoli passati la musica era parte integrante e fondamentale di essa, mentre oggi una musica "leggera" di pessima qualit\u00e0, e forme ancor pi\u00f9 orribili di oscene cacofonie spacciate per musica, occupano le menti e i cuori di milioni di giovani, pi\u00f9 e pi\u00f9 ore al giorno? Cos\u00ec, da nobile strumento di educazione al bello, la musica \u00e8 divenuta parte della sua distruzione.<\/p>\n
Il punto essenziale della presente emergenza educativa \u00e8 questo: tutti quanti gli adulti, famiglia, scuola, chiesa, collegi, seminari, sembrano essersi dimenticati che il carattere \u00e8 l’abito morale della persona e che lo si pu\u00f2, anzi lo si deve formare, coltivare, potare, irrigare, proteggere dai parassiti, esattamente come il bravo agricoltore fa con il suo campo di frumento o con il suo frutteto. Oggi, al contrario, si \u00e8 largamente diffusa l’idea che il carattere di una persona sia qualcosa d’immutabile, un modo di essere che ognuno si porta dietro per tutta la vita, dall’infanzia alla vecchiaia, come un dato di fatto<\/em> e non come un movimento<\/em>, ci\u00f2 che in realt\u00e0 \u00e8. Se prendiamo un buon vocabolario della lingua italiana, ad esempio quello della Treccani, alla voce carattere leggiamo:<\/p>\nIl complesso delle doti individuali e delle disposizioni psichiche che distinguono una personalit\u00e0 umana dall’altra, e che si manifesta soprattutto nel comportamento sociale, nella disposizione affettiva dominante, nell’umore abituale.<\/em><\/p>\nQuel che non viene detto, per\u00f2, \u00e8 che il carattere pu\u00f2 essere forgiato secondo certi princ\u00ecpi, con l’impegno della volont\u00e0 e sotto la guida di figure capaci di orientare il bambino, e poi l’adolescente, nel senso di fargli imparare ad essere ci\u00f2 che un uomo deve essere, e non semplicemente a fare quel che gli va di fare, come oggi sembra essere divenuto abituale, grazie alla disastrosa eredit\u00e0 degli anni ’60, che non ha mai finito di provocare danni colossali e spargere ovunque macerie d’ogni tipo. In effetti, la maggior parte delle persone rimane stupita sentendo questo discorso, che appena due generazioni fa era addirittura ovvio e scontato: il carattere si forma; formare il carattere \u00e8 compito della societ\u00e0, innanzitutto della famiglia, ma richiede anche il massimo impegno da parte dell’educando; quest’ultimo, d’altra parte, non si sottoporr\u00e0 mai agli sforzi e ai sacrifici che la formazione del proprio carattere richiede, se non gli viene fatto capire che tale \u00e8 la chiamata cui ogni essere umano \u00e8 invitato a rispondere; e che un uomo non pu\u00f2 in definitiva dirsi tale se non ha imparato a comandare a se stesso, a dominare se stesso, a controllare le proprie passioni, ad affinare la propria intelligenza, a temprare la propria volont\u00e0. In breve, ad assumersi la responsabilit\u00e0 di diventare ci\u00f2 che deve diventare.<\/p>\n
Ci sembrano degne d’interesse le riflessioni svolte su questo tema, quasi un secolo fa, da monsignor Carlo Pellegrini nella sua corposa e assai ben documentata biografia La vita di Contardo Ferrini<\/em> (Torino, S.E.I., 1928, pp. 33-34):<\/p>\nDOVERE DEL GIOVANE DI FORMARSI UN CARATTERE.<\/em><\/p>\nUn mistero di forze e di debolezze, d’entusiasmi e di scoraggiamenti \u00e8 il cuore del giovane, dove sono in lotta le pi\u00f9 elevate idealit\u00e0 e le tendenze pi\u00f9 basse, mentre l’inesperienza e l’irrequietezza in lui naturali lo portano quasi con la medesima energia al bene e al male. In mezzo a questo scompiglio morale, soltanto una forte volont\u00e0 diretta da principi pratici giusti potr\u00e0 mettere un po’ di ordine. Quindi l’obbligo morale per il giovane di formarsi quella forte volont\u00e0, saggiamente diretta, che costituisce il carattere: obbligo che appare gravissimo, se si considera che nella giovinezza si pongono i fondamenti di tutta la nostra vita. Il CARATTERE pu\u00f2 definirsi L’ABITO DEL DOVERE (\u00e8 la definizione che d\u00e0 Augusto Alfani, "Il carattere degl’Italiani", cap. II, Firenze, 1878). L’ABITO si acquista con la continua ripetizione degli atti, poich\u00e9 la volont\u00e0, come del resto tutte le nostre facolt\u00e0 fisiche e morali, si perfeziona coll’esercizio prolungato e costante di atti virtuosi; il DOVERE poi \u00e8 cosa tanto sacra per l’uomo, che tutta la forza della sua volont\u00e0 meglio non pu\u00f2 essere impiegata che per il compimento di esso.<\/em><\/p>\nOggid\u00ec, forse, troppo si esalta e si cura l’educazione dell’intelletto a detrimento della volont\u00e0, mentre quest’appunto ha un valore morale e sociale assai maggiore di quella. Esercitare la volont\u00e0 col comandare a se stesso, sostenere le proprie convinzioni e compiere il proprio dovere non ostante che l’ambiente sociale e la folla ci siano contrari, non ostante che in noi ruggisca la nostra parte bruta, e le passioni si agitino, ecco in che cosa consiste la formazione del carattere.<\/em><\/p>\nDel resto le passioni sono forze morali pericolose, ma anche preziose, che noi non possiamo distruggere, ma possiamo governare e drizzarle al bene. L’utilizzazione delle passioni \u00e8 quanto v’ha di pi\u00f9 bello nella morale cristiana; e noi possiamo giungere a tanto, solo che ci proponiamo un ideale sublime da raggiungere e attuare. Poich\u00e9 l’efficacia dell’ideale, specialmente sopra i cuori giovanili, \u00e8 somma; attorno ad esso vagheggiato, amato e voluto, si drizzano e si concentrano tutte le forze dell’anima; le stesse passioni nostre ne sentono il fascino, e diventano come ancelle al servizio dell’ideale amato e voluto. Ho detto AMATO e VOLUTO perch\u00e9 non basta la visone, n\u00e9 l’approvazione della bellezza dell’ideale che si vagheggia, affinch\u00e9 esso diventi realt\u00e0; \u00e8 necessario che lo vogliamo fortemente, anzi che noi lo si viva: solo cos\u00ec l’ideale diventa azione e pu\u00f2 infornare e trasformare la vita nostra. Tutti i santi ebbero un ideale sublime che inform\u00f2 la loro vita, dandole unit\u00e0 e stabilit\u00e0, le due note che caratterizzano l’uomo moralmente forte. (…)<\/em><\/p>\nLacordaire disse: \u00abSi pu\u00f2 avere ingegno scienza, anche genio, e non avere n\u00e9 volont\u00e0 n\u00e9 carattere\u00bb.<\/em><\/p>\nChe bei tempi quelli in cui c’erano sacerdoti come monsignor Carlo Pellegrini, che indicavano con tanta chiarezza, saggezza e umanit\u00e0 alle giovani anime la strada del dovere e del sacrificio; in cui c’erano professori che facevano innamorare i loro studenti della propria materia, ma che sapevano anche trasmettere loro, pi\u00f9 in generale, l’amore per la ricerca, per il conoscere, per il ragionare; in cui c’erano padri e madri, magari con la quinta elementare o con la terza media come titolo di studio, che per\u00f2 si ponevano come modelli credibili e autorevoli per i loro figli, che insegnavano loro con gli atti della vita pratica il significato di parole come lavoro, impegno, sacrificio, responsabilit\u00e0, onore, lealt\u00e0, costanza, altruismo, disinteresse; in cui tutta la societ\u00e0, salvo qualche stonatura marginale, orientava i piccoli e i ragazzi in senso costruttivo, operoso, generoso, insegnando loro che entrare nella vita \u00e8 un privilegio e una missione, e che ci\u00f2 richiede coraggio e perseveranza, senza i quali nulla si ottiene che duri, nulla che abbia un reale valore. Oggi, al contrario, \u00e8 passata la filosofia cialtrona del tutto e subito, del massimo senza fatica, del dare poco aspettandosi moltissimo: per cui ogni cretino si crede un Aristotele, ogni fannullone si crede destinato a ricoprire posti di alta responsabilit\u00e0, e ogni incapace si ritiene degno e meritevole di assolvere i ruoli pi\u00f9 delicati e impegnativi. E se un ragazzo prende sette nella tema d’italiano, ecco che la sua mammina si precipita al colloquio con il professore e gli domanda come mai il suo piccolo genio non sia stato giudicato meritevole dell’otto; ecco che il principiante di arrampicata, che \u00e8 salito in parete una dozzina di volte in tutto, si sente pronto e qualificato per scalare il versante Nord dell’Eiger, se non addirittura l’Annapurna o il Cerro Torre; ed ecco che l’ultimo strimpellatore di chitarra pensa e s’immagina di aver diritto a un radioso futuro di musicista, di membro di qualche orchestra prestigiosa o di direttore d’orchestra. Abbiamo tracciato un quadro esagerato? Niente affatto: semmai siamo stati al di qua di molte situazioni reali, alcune delle quali senza dubbio ciascuno di noi ha conosciuto di persona; solo che ormai, proprio perch\u00e9 frequentissime, hanno smesso di colpirci come dovrebbero, mostrando tutto il velleitarismo, il dilettantismo e il narcisismo che imperversano nella nostra societ\u00e0. E tutto questo \u00e8 riconducibile, fondamentalmente, sempre alla stessa causa: l’ipertrofia dell’ego, il culto paranoide di se stessi, delle proprie doti presunte o immaginarie, alimentato da una contro-educazione che non insegna n\u00e9 il senso del limite, n\u00e9 quello del dovere, ma suggerisce che ciascuno \u00e8 splendido e meraviglioso cos\u00ec com’\u00e8, senza bisogno di lavorare su se stesso, di migliorarsi, di rafforzarsi mediante le prove, e che pertanto ha diritto, adesso, immediatamente, ad ogni riconoscimento e soddisfazione. E se poi questi tardano a venire, non pu\u00f2 esserci che una sola spiegazione per un destino cos\u00ec strano e maligno: la societ\u00e0 \u00e8 ingiusta, gli altri sono cattivi e invidiosi, non vogliono rendere onore al merito e boicottano tutto ci\u00f2 che noi facciano, negandoci quella gloria e quel successo che avremmo ampiamente meritato.<\/p>\n
Una sola cosa non \u00e8 pi\u00f9 attuale nelle parole di monsignor Pellegrini: il fatto che, ai suoi tempi, l’educazione tendeva ad anteporre l’intelletto alla volont\u00e0. Oggi, neanche l’intelletto viene pi\u00f9 educato: passioni ed emozioni paiono divenute la sola cosa che conti, con l’ovvio dilagare del principio di piacere. \u00c8 da qui dunque che bisogna ripartire, dal carattere: ritti in piedi, fra le rovine…<\/p>\n","protected":false},"excerpt":{"rendered":"
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