Credo di aver pagato. Credo di essere stata dimenticata… E ora non esiste per me. Posso andare avanti ed essere una persona migliore<\/em>. Inoltre, sia in quella intervista, sia in altre occasioni e nelle sue stesse opere, la Perry esprime sovente l’idea che i criminali meritano piet\u00e0 e comprensione perch\u00e9 hanno agito spinti da forze che non potevano controllare, e anche perch\u00e9 le conseguenze dei loro atti non possono essere tolte, resta quindi il fatto che devono continuare a vivere e che, per farlo, devono essere accettate e perdonate. Naturalmente le vittime meritano piet\u00e0, ma anche gli autori dei crimini ne meritano, perch\u00e9 per le une il discorso \u00e8 chiuso, per gli altri c’\u00e8 ancora una vita da vivere. Il che somiglia molto a una tesi auto-giustificatoria che minimizza o banalizza la gravit\u00e0 della colpa.<\/p>\nDa queste parole e da questi concetti vorremmo partire per una breve riflessione sul tema di quel particolare genere di perdono che \u00e8 l’auto-perdono. La domanda \u00e8 la seguente: \u00e8 giusto rielaborare il proprio vissuto in maniera tale da auto-perdonarsi, nel caso si sia responsabili di un’azione molto grave, e da rimuoverne il ricordo, come se non fosse mai avvenuto? Si pu\u00f2 dire: ho pagato il mio debito con gli uomini, ora volto pagina, cambio nome e non ci voglio pensare pi\u00f9<\/em>? \u00c8 giusto dire: quella persona, che ha commesso quella tale azione, non c’\u00e8 pi\u00f9; io non ha nulla a che fare con essa; se avete qualcosa da domandarle circa quei fatti, chiedetelo a lei, ma non rivolgetevi a me, perch\u00e9 io non ne so niente?<\/em> Ammesso, beninteso, che ci\u00f2 sia realmente possibile. Non \u00e8 causale, forse, il fatto che nei romanzi polizieschi di Anne Perry ritorni con insistenza il tema dell’amnesia: l’ispettore Monk, per esempio, ha perso la memoria a causa di un incidente, ma tiene celato agli altri questo fatto, e specialmente ai suoi superiori; ed \u00e8 in quelle condizioni che deve cercar di dipanare la matassa dei casi di omicidio che gli vengono affidati. Questa perdita di memoria riflette un desiderio, un bisogno dell’Autrice, che dice di non essere pi\u00f9 quella di un tempo, di esser cambiata, di essere un’altra, per\u00f2, di fatto, non riesce a dimenticare, per quanto cerchi di trasferire sulla carta i suoi sentimenti contradditori, come se sperasse di poter alleggerire la propria tensione interiore? Ad ogni modo, che ci riesca o no, ella dice di aver pagato il suo conto e di voler girare pagina completamente; dice che la ragazza che spezz\u00f2 una vita umana \u00e8 una persona diversa da lei, e che lei non vuol pi\u00f9 ricordare. Allo stesso tempo, pretende di essere diventata una persona migliore: ma migliore rispetto a cosa, se la ragazza assassina non ha pi\u00f9 niente a che vedere con lei, se lei \u00e8 una persona "nuova"?<\/p>\nIncominciamo da una precisazione linguistica. Pare che persone di questo tipo pretendano che sia giusto dimenticare il male da loro commesso: dicono di voler dimenticare<\/em> e non di voler dimenticarsi<\/em> di averlo fatto. Evidentemente, almeno a livello subconscio, si rendono conto che nessuno pu\u00f2 dimenticare di aver ammazzato qualcun altro; al massimo, pu\u00f2 sforzarsi di dimenticarlo, cio\u00e8 di non pensarci. Ma non pu\u00f2 impedire al ricordo di affiorare in qualsiasi momento, perch\u00e9 la forza di volont\u00e0 non esercita alcuna signoria sui ricordi involontari, che sono tanto pi\u00f9 prepotenti quanto pi\u00f9 sono ricordi di eventi drammatici. Ai traumi non si comanda, e nemmeno alle loro conseguenze: specialmente se sono dovuti a qualcosa di sbagliato e di malvagio che noi sessi abbiamo fatto. Seconda osservazione: perdonare e dimenticare sono due cose diverse. Si pu\u00f2 perdonare, agli altri o anche a se stessi; ma dimenticare non lo si pu\u00f2 volere<\/em>, \u00e8 un fatto spontaneo. Immaginiamo che qualcuno uccida la persona a noi pi\u00f9 cara: possiamo immaginare di perdonarle l’assassino, e sia pure con un enorme sforzo della volont\u00e0 (e, per chi \u00e8 credente, con l’aiuto soprannaturale della grazia); ma possiamo anche decidere<\/em> di non pensarci pi\u00f9? No, questo non possiamo deciderlo, perch\u00e9 non dipende dalla nostra volont\u00e0, n\u00e9 dalla nostra parte cosciente: dipende da qualcosa su cui non abbiamo la piena signoria; una parte di noi che non ci appartiene del tutto. Sarebbe come se pretendessimo di garantire il pagamento di un debito non solo da parte nostra, ma anche da parte di un nostro amico, il quale, per\u00f2, non ne sa nulla, e forse non sar\u00e0 affatto d’accordo. Come impedirci di ripensare alla persona scomparsa, che abbiamo tanto amato? E, pensandoci, come impedirci di ricordare anche le circostanze della sua morte? Terza osservazione: viviamo in un momento culturale in cui la societ\u00e0 sembra d’accordo sul fatto che tutti hanno diritto a una seconda e anche a una terza occasione di rimediare ai loro errori; e che non c’\u00e8 peggior torto che una persona possa fare a se stessa, di quella di non perdonarsi. La societ\u00e0 dei nostri giorni detesta i sensi di colpa e proclama il diritto di ciascuno di vivere a pieno la propria vita, indipendentemente dai suoi contenuti morali; proclama che bisogna assecondare gli istinti, soddisfare gli impulsi, nella maggiore misura possibile. In altre parole, oggi pare che il vero delitto non sia quello di commettere azioni malvagie, ma quello di reprimersi; un delitto contro se stessi. Scetticismo, relativismo etico, edonismo, narcisismo, ultra-individualismo e una bella dose di psicanalisi mal digerita, hanno prodotto questo risultato: che molte persone guardano con maggiore riprovazione il fatto di rinunciare a soddisfare un desiderio, anche immorale, che non il contrario. Noi tutti siamo figli della mentalit\u00e0 moderna: per Dante, Paolo e Francesca sono colpevoli e subiscono un giusto castigo all’Inferno – anche se meritevoli di compassione — perch\u00e9 hanno assecondato una passione illecita; per Boccaccio (vedi la novella di Nastagio degli Onesti) la vera colpa di cui ci si pu\u00f2 macchiare in vita non \u00e8 mai quella di amare, bens\u00ec quella di resistere al richiamo dell’amore, e sia pure un amore disordinato, per esempio adultero. Pertanto siamo i nipotini dell’umanista Boccaccio, non del cristiano Dante. In questa cornice culturale e psicologica, \u00e8 senza dubbio pi\u00f9 facile concedersi il perdono e anche l’oblio, di quanto non lo fosse nella societ\u00e0 cristiana di un tempo, fondata sul quotidiano esame di coscienza. Anzi, si pu\u00f2 sospettare che perdonarsi sia divenuto perfino troppo facile. Personaggi del mondo dello spettacolo e anche persone comuni vanno ogni giorno alla televisione a esibire i loro fatti privati, a lavare i panni sporchi in pubblico, a mostrarsi nella loro intimit\u00e0 pi\u00f9 frivola e pi\u00f9 stupida, con una vanit\u00e0, con un narcisismo sconcertanti: si gloriano, direbbe san Paolo, ci\u00f2 di cui dovrebbero vergognarsi. Persone anormali si pavoneggiano davanti alle telecamere, convinte che sia perfettamente logico che milioni di telespettatori seguano le loro smorfie, i loro sbadigli, i loro squallidi battibecchi, perfino le operazioni della loro pulizia personale: lavarsi i denti, pettinarsi, ecc. La coscienza della colpa sembra essere scomparsa dall’orizzonte morale e psicologico degli uomini d’oggi, insieme al pudore e alla discrezione. Uno che si affliggesse a lungo per aver commesso una cattiva azione, verrebbe compatito, forse schernito, e schiere di psicologi verrebbero a spiegargli che si deve perdonare, che si deve voler bene, che deve incominciare un capitolo nuovo della sua vita. Senza pentimento, senza contrizione, senza espiazione.<\/p>\nQuel che colpisce, nei discorsi di Anne Perry, \u00e8 l’assenza di pentimento e soprattutto la mancanza di consapevolezza del male che ha fatto, non solo alla persona a cui ha tolto la vita, ma anche ad altre persone, che soffriranno per tutta la vita a causa del suo atto. Si confronti questo atteggiamento con la vicenda di Carino Pietro da Balsamo, l’assassino di San Pietro Martire, detto San Pietro da Verona, nel XIII secolo. Dopo aver commesso l’omicidio, Carino ebbe una sincera e profonda conversione, divenne converso domenicano, e trascorse quarant’anni della sua vita, fino alla morte, in umilt\u00e0, penitenza e preghiera, tanto che la Chiesa lo ha proclamato Beato. Quarant’anni di penitenza e preghiera, da una parte; cinque anni di casa di correzione per minorenni e poi un secco: ho pagato il mio debito<\/em>, e una vita elegante, fra salotti e case editrici, dall’altra. Dov’\u00e8 il pentimento di Anne Perry? A quel che si pu\u00f2 giudicare dall’esterno, da nessuna parte. A dispetto dei nostri banali clich\u00e9<\/em> sul "buio" Medioevo, forgiati da m\u00e2itres-\u00e0-penser<\/em> come Umberto Eco, forse l’et\u00e0 buia \u00e8 la nostra, che ha obliato il valore redentivo del pentimento e della metanoi<\/em>a, della conversione. La conversione di Carino da Balsamo era sotto gli occhi di tutti ed era di edificazione a tutti: dov’\u00e8 la conversione di Anne Perry, che continua a giustificarsi e a chiedere la comprensione della societ\u00e0? Oppure si prenda Delitto e castigo<\/em> di Dostoevskij: anche l\u00ec assistiamo a una storia di peccato e redenzione. La redenzione di Raskolnikov, che ha ucciso due donne, c’\u00e8, e la si vede: passa attraverso la confessione della colpa e la volont\u00e0 di espiazione. Ma l’uomo contemporaneo, ebbro di orgoglio e incapace di inginocchiarsi davanti a Dio, si \u00e8 auto-convinto che si pu\u00f2 superare<\/em> il passato senza fare veramente i conti con esso; che si pu\u00f2 voltar pagina, anche dopo i peggiori delitti, come se nulla fosse; che si pu\u00f2 dimenticare il male commesso. Anche ammettendo che ci\u00f2 sia possibile, resta un problema irrisolvibile: la colpa rimane, ed \u00e8 una piaga dell’anima che, non medicata, s’infetta e va in cancrena. Quante anime in cancrena, putrefatte, moribonde, se ne vanno a spasso per il mondo, appese a dei corpi forse ancora giovani e belli, curati e palestrati, vestiti con abiti costosi e atteggiandosi in maniera sensuale? Il fatto \u00e8 che l’uomo non pu\u00f2 perdonarsi da solo: per perdonarsi, deve essere perdonato; e per essere perdonato, deve chiedere perdono. L’uomo che ha fatto il male non pu\u00f2 chiedere perdono a se stesso. Pu\u00f2 chiedere perdono alla sua vittima, o ai parenti e agli amici della sua vittima; ma non \u00e8 detto che lo riceva. No: c’\u00e8 bisogno d’un terzo. E chi potr\u00e0 perdonarlo, anche per i peggiori delitti, se non Colui che \u00e8 l’Amore, e che conosce la sincerit\u00e0 del pentimento, perch\u00e9 conosce ogni cosa? Ecco, allora, che l’uomo moderno, privandosi di Dio, e credendo con ci\u00f2 di aver conquistato la libert\u00e0, si \u00e8 inflitto il castigo peggiore: l’impossibilit\u00e0 di ricevere perdono. 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