AUDIO ♫ da AUTOBIOGRAFIA
Testo con Riferimenti alla Santa GEMMA GALGANI • Tratto dall'AUTOBIOGRAFIA
Venne l'estate. Ormai era proprio faticoso camminare sola… Mi ricorderò sempre il 2 agosto 1932. Che pena andare a S. Antonio per il Perdono d'Assisi! Tornai a casa a braccio della mamma di Marta2. Lei già sfiorata dall'apoplessia, io spezzata dal mal di cuore, eravamo una magnifica coppia. Andavamo barcollando… devono averci prese per due ebbre. Appena a casa mi sentii male. Ma ormai mi sentivo male quasi ogni giorno.
Si riaperse l'Associazione. Ripresi il mio ufficio di «Voce». Solo l'amore di Dio mi poteva dare forza di continuare.
La mamma di Marta mi dette la «Vita» della Galgani, sua concittadina, la grande «Vita» scritta dal passionista Padre Germano di S. Stanislao. Voleva parlassi di Gemma in una conferenza. Glielo promisi. Confesso che non avevo per la Galgani nessuna attrattiva. Mi pareva, per quel poco che ne sapevo, una esaltata, una nata in epoca non sua, in arretrato di qualche secolo dal momento buono per nascere. Dicevo sempre: «Ora la santità è diversa! Queste sono cose da medioevo». Ma letta quella vita mi ricredetti. Maria della Croce poteva capire la Gemma di Gesù, e la piccola violetta di Gesù, la violetta che moriva di nostalgia del Sole eterno, poteva unire il suo lieve profumo e la sua testolina velata di penitenza al profumo mistico e alla stellare corolla, che gli emblemi della Passione decorano, della Passiflora di Cristo.
Ma prima dovevo parlare di S. Giovanna d'Arco. Patrona di Gioventù femminile, era giusto ne parlassi. Fra l'altro era desiderato dalle mie compagne. Perciò la misi in testa all'elenco delle conferenze da tenere.
Quell'anno avevo pensato di parlare di Gemma, della Pulzella d'Orléans, delle Beate e Venerabili di Casa Savoia, e di alternare queste conferenze ad altre sulla buona stampa, nelle quali mi prefiggevo di illustrare un dato autore del quale poi avrei sorteggiato fra i presenti tre libri. Comperati naturalmente da me, a prezzo di fabbrica, mediante i buoni uffici di una cara signorina, ex atea e convertita dalle mie parole. Ho detto atea; no: anticattolica. È più giusto.
Ma parlare di Giovanna d'Arco mi faceva paura. Perché? Perché sentivo che quando avessi parlato di lei mi sarebbe accaduto qualcosa di irreparabile. Perciò era tre anni che rimandavo la conferenza. Perché questa idea? Mah! Uno dei tanti avvertimenti che la mia psiche riceveva da altri mondi. Volli sfidare quell'avvertimento e mi misi a preparare la conferenza. Dopo avrei parlato di Gemma.
Il 21 novembre, in tre ore, morì la mamma di Marta. Non fece a tempo a sentirmi parlare di Gemma… e andò in cielo, poiché era veramente una donna giusta, a sentire le lodi del Serafino di Lucca cantate dagli angeli belli. Ne ebbi un grande dolore. La mamma di Marta mi voleva un bene di vera amica: materno, fraterno, santo.
Amo tanto Marta perché è figlia di tal madre… L'amo ancor più per questo che per le sue doti proprie, perché continuo ad amare in lei l'anima di una santa tornata a Dio ma non dimentica di me. Ne sono certa.
Estratto dall'OPERA di MARIA VALTORTA • Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta • ETS