C-29-to - VALTORTAVOX

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29ª Domenica del T.O.

Dal Vangelo secondo LUCA • Lc 18, 1-8

In quel tempo, Gesù diceva ai suoi discepoli una parabola sulla necessità di pregare sempre, senza stancarsi mai:
 "In una città viveva un giudice, che non temeva Dio né aveva riguardo  per alcuno. In quella città c'era anche una vedova, che andava da lui e  gli diceva: "Fammi giustizia contro il mio avversario".
Per un po'  di tempo egli non volle; ma poi disse tra sé: "Anche se non temo Dio e  non ho riguardo per alcuno, dato che questa vedova mi dà tanto fastidio,  le farò giustizia perché non venga continuamente a importunarmi"".
E  il Signore soggiunse: "Ascoltate ciò che dice il giudice disonesto. E  Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte  verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro  giustizia prontamente. Ma il Figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la  fede sulla terra?".

Da I Quaderni del 1943, 22 luglio.

Dice Gesù:
«La speranza vive dove vive la fede. La disperazione che conduce alla morte tante anime
oggi ha per presupposto la mancanza di una fede vera. Infatti colui che ha fede vera,
chiede con tale insistenza che ottiene.
Ma quando vedete che una preghiera resta non ascoltata, pensate pure che è
viziata nella richiesta o viziata nella fede. Se è viziata nella richiesta, allora Io, che so, non vi concedo quanto vi darebbe la felicità d’un istante e il dolore per tutto il resto della vita terrena, e talora potrebbe darvi anche pene nell’altra per il malo uso che voi potreste fare del mio dono. Se è viziata nella fede, allora Io non la sento e non l’ascolto.
Il mondo non ha più fede e perciò non ha più speranza. Il mondo non crede
che Dio è Padre onnipotente. Il mondo non crede che Dio è Padre amoroso. Se sapesse il mondo come è doloroso per Me non potervi aiutare sempre e non potere sempre farvi felici!
Io vorrei che i miei figli fossero tanto miei da avere solo pensieri santi e sante
domande da fare al Padre, che allora le ascolterebbe sempre, sempre, sempre.
Non le concederebbe sempre, ma le ascolterebbe sempre, e quando non potesse dare a un figlio ciò che un figlio chiede, sostituirebbe il dono non dato per ragioni di divina intelligenza, con cento altri conforti più grandi ancora.
Tu ne sai qualcosa, tu che sei giunta alla Fede vera nel Dio e Padre tuo.
Ma se mediti  bene il motivo base della morte della fede e della speranza, tu vedi che esso è la mancanza di carità.

Dio non è amato. Non dai cristiani solo di nome, ma da quelli che paiono essere
cristiani ferventi. Paiono, ma non sono tali. Molte pratiche religiose, molte preghiere, ma le une e le altre superficiali, fatte e compiute più per superstizione che per religione.
Temono in molti che se non è detto quel dato numero dì preghiere, che se non sono fatte quelle date funzioni, Dio li punisca, anzi - lasciano da parte Dio - non vadano bene le loro faccende. Egoismo anche in questo.
Non hanno capito cosa è l’amore del Padre verso i figli e dei figli verso il Padre.
Dio è, credono che sia. Ma così lontano, astratto... che è come non ci fosse.
Dio lo credono non solo lontano, ma arcigno e avaro.
Dio lo credono seminatore di punizioni.
No. Il vostro Dio è sempre presso a voi. Non è Lui che si allontana, siete voi. Non è Lui che è avaro e arcigno, siete voi. Non è Lui che chiude le porte delle grazie, siete voi.
Le chiudete col vostro non avere fede e amore e speranza in Lui.
Ma venite, poveri figli, venite a Me che ardo del desiderio di farvi felici. Venite a Me che mi accoro per non potervi stringere al seno e asciugarvi il pianto.
Venite dall’Unico che vi dia bene e pace, e amore vero e eterno.
Vivere presso a Me è gioia anche nel dolore. Morire con Me vicino è passare nella gioia. Chi si affida a Me non deve avere paura di nulla sulla terra e di nulla nell’eternità, perché a chi mi è vero figlio Io apro un cuore di vero Padre pieno di comprensione e di perdono.»

Maria Valtorta: «L'Evangelo come mi è stato rivelato»

Cap.505 [...]  § 5-6 • La parabola del giudice e della vedova.

27 settembre 1946.
5Guarda la gente che si è radunata, un centinaio circa di persone, e dice: «Ascoltate questa parabola, che vi dirà il valore della preghiera costante.
Voi lo sapete ciò che dice il Deuteronomio parlando dei giudici e dei magistrati. Essi dovrebbero essere giusti e misericordiosi, ascoltando con equanimità chi ricorre a loro, pensando sempre di giudicare come se il caso che devono giudicare fosse un loro caso personale, senza tener conto di donativi o minacce, senza riguardi verso gli amici colpevoli e senza durezze verso coloro che sono in urto con gli amici del giudice. Ma, se sono giuste le parole della Legge, non sono altrettanto giusti gli uomini e non sanno ubbidire alla Legge. Così si vede che la giustizia umana è sovente imperfetta, perché rari sono i giudici che sanno conservarsi puri da corruzione, misericordiosi, pazienti verso i ricchi come verso i poveri, verso le vedove e gli orfani come lo sono verso quelli che non sono tali.
In una città c'era un giudice molto indegno del suo ufficio, ottenuto per mezzo di potenti parentele.  
Egli era oltremodo ineguale nel giudicare, essendo sempre propenso a dar ragione al ricco e al potente, o a chi da ricchi e potenti era raccomandato, oppure verso chi lo comperava con grandi donativi. Egli non temeva Dio e derideva i lagni del povero e di chi era debole perché solo e senza potenti difese.  
Quando non voleva ascoltare chi aveva così palesi ragioni di vittoria contro un ricco da non poter dare ad esso torto in nessuna maniera, egli lo faceva cacciare dal suo cospetto minacciandolo di gettarlo in carcere. E i più subivano le sue violenze ritirandosi sconfitti e rassegnati alla sconfitta prima ancora che la causa fosse discussa.
Ma in quella città c'era pure una vedova carica di figli, la quale doveva avere una forte somma da un potente per dei lavori eseguiti dal suo defunto sposo al ricco potente. Essa, spinta dal bisogno e dall'amore materno, aveva cercato di farsi dare dal ricco la somma che le avrebbe concesso di saziare i suoi figli e vestirli nel prossimo inverno. Ma, tornate vane tutte le pressioni e suppliche fatte al ricco, si rivolse al giudice.
Il giudice era amico del ricco, il quale gli aveva detto: "Se tu mi dai ragione, un terzo della somma è tuo". Perciò fu sordo alle parole della vedova che lo pregava: "Rendimi giustizia del mio avversario. Tu vedi se io ne ho bisogno. Tutti possono dire se ho diritto a quella somma".  
Fu sordo e la fece cacciare dai suoi aiutanti.
Ma la donna tornò una, due, dieci volte, alla mattina, a sesta, a nona, a sera, instancabile. E lo seguiva per via gridando: "Fammi giustizia. I miei figli hanno fame e freddo. Né io ho denaro per acquistare farina e vesti". Si faceva trovare sulla soglia della casa del giudice quando questi vi tornava per sedersi a tavola coi suoi figli. E il grido della vedova: "Fammi giustizia del mio avversario, ché ho fame e freddo insieme alle mie creature" penetrava sino nell'interno della casa, nella stanza dei pasti, nella camera da letto durante la notte, insistente come il grido di un'upupa: "Fammi giustizia, se non vuoi che Dio ti colpisca! Fammi giustizia. Ricorda che la vedova e gli orfani sono sacri a Dio e guai a chi li conculca! Fammi giustizia se non vuoi soffrire un giorno ciò che noi soffriamo. La nostra fame! Il nostro freddo lo troverai nell'altra vita, se non fai giustizia. Misero te!".
Il giudice non temeva Dio e non temeva il prossimo. Ma di esser sempre molestato, di vedersi divenuto oggetto di risa da parte di tutta la città per la persecuzione della vedova, e anche oggetto di biasimo, era stanco.  
Per questo un giorno disse fra sé:  
"Per quanto io non tema Dio, né le minacce della donna, né il pensiero dei cittadini, pure, per porre fine a tanta molestia, darò ascolto alla vedova e le farò giustizia obbligando il ricco a pagare. Basta che essa non mi perseguiti più e mi si levi d'intorno". E chiamato l'amico ricco gli disse: "Amico mio, non è più possibile che io ti contenti. Fa' il tuo dovere e paga, perché io non sopporto più di essere molestato per causa tua. Ho detto". E il ricco dovette sborsare la somma secondo giustizia.

6Questa è la parabola. Ora a voi applicarla.
Avete sentito le parole di un iniquo: "Per porre fine a tanta molestia darò ascolto alla donna". Ed era un iniquo. Ma Dio, il Padre buonissimo, sarà forse inferiore al cattivo giudice? Non farà giustizia a quei suoi figli che lo sanno invocare giorno e notte?.  
E farà loro tanto attendere la grazia sino a che la loro anima accasciata cessa di pregare? Io ve lo dico: prontamente farà loro giustizia, perché la loro anima non perda la fede. Ma bisogna però anche saper pregare, senza stancarsi dopo le prime orazioni, e saper chiedere cose buone. E anche affidarsi a Dio dicendo: "Però sia fatto ciò che la tua Sapienza vede per noi più utile".
Abbiate fede. Sappiate pregare con fede nella preghiera e con fede in Dio vostro Padre. Ed Egli vi farà giustizia contro coloro che vi opprimono. Siano essi uomini o demoni, malattie o al tre sventure.
 La preghiera perseverante apre il Cielo, e la fede salva l'anima in qual che sia il modo che la preghiera sia ascoltata ed esaudita. Andiamo!».
E si avvia all'uscita. È quasi fuori della cinta quando, alzando il capo ad osservare i pochi che lo seguono e i molti indifferenti od ostili che lo guardano da lontano, esclama tristamente: «Ma quando il Figlio dell'uomo tornerà, troverà forse ancora della fede sulla Terra?», e sospirando si avvolge più strettamente nel suo mantello, camminando a grandi passi verso il borgo di Ofel.


♦ Estratto da «L'Evangelo come mi è stato rivelato» ♦ Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta • ETS

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