B-SacraFamiglia - VALTORTAVOX

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SACRA FAMIGLIA, Gesù, Maria e Giuseppe

Dal Vangelo secondo  Luca • Lc 2,22-40

Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale,  secondo la legge di Mosè, [Maria e Giuseppe] portarono il bambino [Gesù]  a Gerusalemme per presentarlo al Signore - come è scritto nella legge  del Signore: «Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore» - e per  offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come  prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome  Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d'Israele, e  lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato  che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del  Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi  portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo  riguardo, anch'egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo:  «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la  tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata  da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria  del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle  cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre,  disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in  Israele e come segno di contraddizione - e anche a te una spada  trafiggerà l'anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori».  C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di  Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni  dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva  ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio  notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si  mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano  la redenzione di Gerusalemme.
Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret.
Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.

OSSERVAZIONI di Giovanna Busolini • Carissimi,
il Vangelo di Luca della prossima domenica, ci racconta la presentazione di Gesù al Tempio.
Essendo Gesù il primogenito (che poi rimase l'Unigenito sia del Suo SS. Padre – come Dio – sia della Sua SS. Madre – come Uomo), Egli fu portato nel Suo quarantesimo giorno al Tempio di Gerusalemme, come prescriveva la
Legge del Signore. Ogni primogenito doveva infatti essere consacrato al Signore e la madre doveva purificarsi avendo dato sangue nel partorire il figlio.
Ora noi valtortiani sappiamo bene che Gesù non nacque secondo le leggi dell'umanità e che nessun sangue diede Maria SS. non avendo un parto come ogni madre della terra, ma essendosi trovato il figlio sulle braccia già bello nato
e senza cordone ombelicale. Quindi, in effetti, Maria non avrebbe dovuto andare a purificarsi. Ma Lei fece come ogni altra Mamma, perché così prescriveva la Legge e nessuno doveva sapere che quel Figlio non era un figlio
come tutti gli altri e non doveva saperlo soprattutto Satana che indagava ad ogni nascita di figlio ebreo per cercare di capire quale sarebbe stato l'atteso Messia e per cercare di farlo morire prima che fosse in grado di compiere la
Redenzione. Satana sapeva, infatti, che ci sarebbe stata, ma non sapeva come e quando, se non quello che sapevano anche i pii ebrei dalle Sacre Scritture.
Agli occhi del mondo perciò Gesù doveva risultare un bambino come tutti gli altri.
Ci pensò pero il Padre a far conoscere agli astanti che quel Bambino non era un bambino come gli altri, facendo arrivare Simeone e poi Anna al Tempio.
Simeone non era un sacerdote (come tanti pensano), ma un vecchio uomo del popolo, infatti Luca dice "un uomo, di nome Simeone".
E c'era una profetessa, Anna, della tribù di Aser. Noi sappiamo dai testi valtortiani che questa Anna di Fanuel era stata la maestra di Maria Bambina al Tempio ed aveva raccolto le sue confidenze a proposito dei Suoi Rapporti con
Dio e delle Sue conoscenze dell'aspettato Messia, nonché del Suo desiderio di rimanere Vergine tutta la vita. Ecco perché poté dire quelle parole a Maria.
Essendo Maria Immacolata, Lei godeva della scienza infusa e di tutti gli altri doni naturali e soprannaturali che erano stati anche di Adamo ed Eva e se non parlava e serbava tutto nel cuore era solo per rispetto di Giuseppe che invece
non sapeva nulla, avendo anche lui il peccato originale e quindi potendo sviluppare solo virtù e santità umane.
Infatti, come tutti prima della Redenzione (a parte Maria SS. e il Battista), anche Giuseppe era nato con lo spirito morto alla Grazia e anche Lui come tutti alla sua morte andrà nel "Seno di Abramo", cioè al Limbo dei Patriarchi e dei
pii ebrei, ad attendere la venuta del Signore, che nel giorno di Parasceve – dopo la sua Passione e Morte – andrà a battezzarli e a condurli con Lui in Paradiso.
Faccio anche notare che Luca, impropriamente fa tornare la S. Famiglia a Nazareth, mentre noi sappiamo bene da Matteo (e diversamente non avrebbe avuto senso visto che Nazareth distava sui 150 km da Gerusalemme), che La
S. Famiglia fuggì da Betlemme che si trovava invece vicino a Gerusalemme ed era molto più vicina all'Egitto di Nazareth.
Dagli scritti sappiamo anche che fu Zaccaria a convincere la S. Famiglia a restare a Betlemme (nonostante il parere contrario dei due che avrebbero voluto tornare al più presto a Nazareth), nell'illusione che lui avrebbe potuto
insegnare a Gesù quello che lui sapeva come sacerdote e soprattutto perché Gesù potesse essere considerato a tutti gli effetti un Giudeo, visto che fra l'altro era un discendente di Davide da parte di Maria (come sangue) e di
Giuseppe (come padre legale, ma creduto da tutti il padre naturale, visto che nessuno sapeva della nascita miracolosa di Gesù per opera di Spirito Santo).
Ovviamente lui non poteva immaginare che poi sarebbero arrivati i Magi e che avrebbero informato il Re Erode della nascita del Messia e neanche che Erode avrebbe tentato di ucciderlo.
Questo fatto sconvolse infatti la vita del povero Zaccaria che si considerò colpevole di aver rischiato di far morire Gesù nella strage degli Innocenti.

Maria Valtorta: «L'Evangelo come mi è stato rivelato»
Presentazione di Gesù al Tempio. La virtù di Simeone e la profezia di Anna.
Volume 01 • Cap. 32

1 febbraio 1944.
32.1Vedo partire da una casetta modestissima una coppia di persone. Da una scaletta esterna scende una giovanissima madre con un bambino fra le braccia, avvolto in un panno bianco.
   Riconosco questa Mamma nostra. È sempre Lei, pallida e bionda, snella e tanto gentile in ogni suo atto. È vestita di bianco, col manto in cui si avvolge di un pallido azzurro. Sul capo un velo bianco. Porta con tanta cura il suo Bambino.
   Ai piedi della scaletta l’attende Giuseppe presso ad un ciuchino bigio. Giuseppe è vestito tutto di color marrone chiaro, sia nella tunica che nel mantello. Guarda Maria e le sorride. Quando Maria giunge presso il ciuchino, Giuseppe si passa la briglia dell’asinello sul braccio sinistro e prende per un momento il Bambino, che dorme tranquillo, per permettere a Maria di accomodarsi meglio sulla sella del ciuchino. Poi le rende Gesù e si incamminano.
   Giuseppe cammina al fianco di Maria, tenendo sempre per la briglia il somarello e facendo attenzione che questo vada dritto e senza inciampi. Maria tiene in grembo Gesù e, come per tema che il freddo gli possa nuocere, gli stende addosso un lembo del suo mantello. Parlano pochissimo i due sposi, ma si sorridono sovente.
   La strada, che non è un modello stradale, si snoda fra una campagna che la stagione fa nuda. Qualche altro viaggiatore si scontra coi due o li raggiunge, ma sono rari.
                                                                                                        
  32.2Poi ecco delle case che si mostrano e delle mura che serrano una città. I due sposi entrano in essa da una porta e comincia il percorso sul selciato (molto sconnesso) cittadino. Il cammino diviene molto più difficile, sia perché vi è del traffico che fa fermare tutti i momenti il ciuchino, sia perché lo stesso sulle pietre e sulle buche che sostituiscono le pietre mancanti ha continue scosse, che disturbano Maria e il Bambino.
   La strada non è piana. Sale, sebbene lievemente. È stretta fra case alte dalle porticine strette e basse e dalle rade finestre sulla via. In alto il cielo si affaccia con tante fettine di azzurro fra case e case, anzi fra terrazze e terrazze. In basso sulla via vi è gente e vocio, e si incrociano altre persone a piedi, o su somarelli, o conducenti somarelli carichi, e altre dietro ad una ingombrante carovana di cammelli. Ad un certo punto passa con molto rumore di zoccoli e di armi una pattuglia di legionari romani, che scompaiono oltre un arco posto a cavalcione di una via molto stretta e sassosa.
   Giuseppe piega a sinistra e prende una via più larga e più bella. Vedo la cinta merlata, che già conosco, in fondo ad essa.
   Maria smonta dal ciuchino presso la porta dove è una specie di posteggio per altri somarelli. Dico «posteggio» perché è una specie di capannone, meglio, di tettoia, dove è paglia sparsa e dei paletti con degli anelli per legare i quadrupedi.
   Giuseppe dà alcune monete ad un ometto accorso e con esse acquista un poco di fieno, e attinge un secchio d’acqua da un pozzo rudimentale che è in un angolo, e li dà al ciuchino. Poi raggiunge Maria ed ambedue entrano nel recinto del Tempio.
                                                                                                        
  32.3Si dirigono prima verso un porticato, dove vi sono quelli che Gesù poi fustigò egregiamente: i venditori di tortore e agnelli e i cambiavalute. Giuseppe acquista due colombini bianchi. Non cambia il denaro. Si capisce che ha già quello che gli occorre.
   Giuseppe e Maria si dirigono ad una porta laterale che ha otto gradini, come mi pare abbiano tutte le porte, quasi che il cubo del Tempio sia sopraelevato dal resto del suolo. Questa porta ha un grande atrio, come i portoni delle nostre case di città, per darle un’idea, ma più vasto e ornato. In esso vi sono a destra e a sinistra due specie di altari, ossia due costruzioni rettangolari, di cui sul principio non capisco bene lo scopo. Sembrano delle basse conche, perché l’interno è più basso dell’orlo esterno, che si sopraeleva di qualche centimetro.
   Non so se chiamato da Giuseppe o se venuto di suo, accorre un sacerdote. Maria offre i due poveri colombi ed io, che capisco la loro sorte, volgo altrove lo sguardo. Osservo gli ornati del pesantissimo portale, del soffitto, dell’atrio. Mi pare però di vedere, con la coda dell’occhio, che il sacerdote asperga Maria con dell’acqua. Deve essere acqua, perché non vedo macchie sul suo abito. Poi Maria, che insieme ai colombini aveva dato un mucchietto di monete al sacerdote (mi ero dimenticata di dirlo) entra con Giuseppe nel Tempio vero e proprio, accompagnata dal sacerdote.
   Io guardo da tutte le parti. È un luogo ornatissimo. Sculture a teste d’angeli e palme e ornati corrono sulle colonne, le pareti e il soffitto. La luce penetra da curiose finestre lunghe, strette, naturalmente senza vetri, e tagliate diagonalmente alla parete. Suppongo che sia per impedire agli acquazzoni di entrare.
                                                                                                        
  32.4Maria si inoltra sino ad un certo punto. Poi si arresta. A qualche metro da Lei vi sono degli altri gradini e su questi sta un’altra specie di altare, oltre il quale vi è un’altra costruzione.
   Mi accorgo che credevo essere nel Tempio e invece ero in ciò che contorna il Tempio vero e proprio, ossia il Santo, oltre il quale pare che nessuno, fuorché i sacerdoti, possano entrare. Quello che io credevo Tempio non è perciò che un chiuso vestibolo, che da tre parti cinge il Tempio, dove è chiuso il Tabernacolo. Non so se mi sono spiegata per bene. Ma non sono architetto o ingegnere.
   Maria offre il Bambino — che si è svegliato e gira i suoi occhietti innocenti intorno con lo sguardo stupito degli infanti di pochi giorni — al sacerdote. Questo lo prende sulle braccia e lo solleva a braccia tese, volto verso il Tempio, stando contro a quella specie di altare che sta su quei gradini. Il rito è compiuto. Il Bambino viene restituito alla Mamma e il sacerdote se ne va.
                                                                                                        
  32.5Vi è della gente che guarda curiosa. Fra questa si fa largo un vecchietto curvo e arrancante, che si appoggia ad un bastone. Deve essere molto vecchio, direi certo oltre gli ottant’anni. Egli si accosta a Maria e le chiede di dargli per un attimo il Piccino. Maria lo accontenta sorridendo.
   Simeone, che io ho sempre creduto appartenesse alla casta sacerdotale e invece è un semplice fedele, almeno a giudicare dalla veste, lo prende, lo bacia. Gesù gli sorride con la smorfietta incerta dei poppanti. Sembra che lo osservi curioso, perché il vecchietto piange e ride insieme, e le lacrime fanno tutto un ricamo di luccichii insinuandosi fra le rughe e imperlando la barba lunga e bianca, verso la quale Gesù tende le manine. È Gesù, ma è sempre un bambinello, e ciò che gli si muove davanti attira la sua attenzione e gli dà velleità di afferrare quella cosa per capire meglio cosa è. Maria e Giuseppe sorridono, e anche i presenti, che lodano la bellezza del Piccino.
   Sento le parole[71] del santo vecchio e vedo lo sguardo stupito di Giuseppe, quello commosso di Maria, e anche quelli della piccola folla, in parte stupita e commossa e in parte, alle parole del vecchio, presa da ilarità. Fra questi vi sono dei barbuti e tronfi sinedristi, che scuotono il capo, guardando Simeone con compatimento ironico. Lo devono pensare andato fuor di cervello per l’età.
                                                                                                        
  32.6Il sorriso di Maria si spegne in un più vivo pallore quando Simeone le annuncia il dolore. Per quanto Ella sappia, questa parola le trafigge lo spirito. Si avvicina di più a Giuseppe, Maria, per confortarsi, si stringe con passione il suo Bambino al seno e beve, come anima assetata, le parole di Anna[72], a sua volta sopraggiunta, la quale, donna come è, ha pietà del suo soffrire e le promette che l’Eterno le addolcirà di una forza soprannaturale l’ora del dolore. «Donna, a Chi ha dato il Salvatore al suo popolo non mancherà il potere di dare il suo angelo a confortare il tuo pianto. Non è mai mancato l’aiuto del Signore alle grandi donne d’Israele, e tu sei ben più di Giuditta e di Giaele. Il nostro Dio ti darà cuore di oro purissimo per resistere al mare di dolore, per cui sarai la più grande Donna della creazione, la Madre. E tu, Bambino, ricordati di me nell’ora della tua missione».
   E qui mi cessa la visione.
   
   2 febbraio 1944.
                                                                                                        
  32.7Dice Gesù:
   «Due insegnamenti per tutti sgorgano dalla descrizione che hai data.
   Il primo: non al sacerdote immerso nei riti ma con lo spirito assente, sibbene ad un semplice fedele si svela la verità.
   Il sacerdote, sempre a contatto con la Divinità, volto alla cura di quanto ha attinenza con Dio, dedicato a tutto quanto è più alto della carne, avrebbe dovuto intuire subito chi era il Bambino che veniva offerto al Tempio quella mattina. Ma, perché potesse intuire, occorreva che avesse uno spirito vivo. Non unicamente una veste ricoprente uno spirito, se non morto, molto assonnato.
   Lo Spirito di Dio può, se vuole, tuonare e scuotere come folgore e terremoto anche lo spirito più ottuso. Lo può. Ma generalmente, poiché è Spirito di ordine come è ordine Dio in ogni sua Persona e modo di agire, Esso si effonde e parla non dico dove è merito sufficiente a ricevere la sua effusione — allora ben poche volte si effonderebbe, e tu pure non ne conosceresti le luci — ma là dove vede la “buona volontà” di meritare la sua effusione.
  Come si esplica questa buona volontà? Con una vita fatta, per quanto vi è possibile, tutta di Dio. Nella fede, nell’ubbidienza, nella purezza, nella carità, nella generosità, nella preghiera. Non nelle pratiche, nella preghiera. Vi è differenza minore fra la notte e il giorno che non fra le pratiche e la preghiera. Questa è comunione di spirito con Dio, dalla quale uscite rinvigoriti e decisi a sempre più essere di Dio. L’altra è una abitudine qualunque, fatta per scopi diversi ma sempre egoisti, la quale vi lascia quelli che siete, anzi vi aggrava di una colpa di menzogna e di accidia.
                                                                                                        
  32.8Simeone aveva questa buona volontà. La vita non gli aveva risparmiato affanni e prove. Ma egli non aveva perduto la sua buona volontà. Gli anni e le vicende non avevano intaccato e scosso la sua fede nel Signore, nelle sue promesse, e non avevano stancato la sua buona volontà d’esser sempre più degno di Dio. E Dio, prima che gli occhi del servo fedele si chiudessero alla luce del sole, in attesa di riaprirsi al Sole di Dio rutilante dai Cieli aperti al mio salire dopo il Martirio, gli mandò il raggio dello Spirito che lo guidasse al Tempio, per vedere la Luce venuta al mondo.
   “Mosso da Spirito Santo”, dice il Vangelo. Oh! se gli uomini sapessero quale Amico perfetto è lo Spirito Santo, quale Guida, quale Maestro! Se lo amassero e lo invocassero, questo Amore della Ss. Trinità, questa Luce della Luce, questo Fuoco del Fuoco, questa Intelligenza, questa Sapienza! Quanto più saprebbero di ciò che è necessario sapere!
   Vedi, Maria; vedete, figli. Simeone ha atteso tutta una lunga vita di “vedere la Luce”, di sapere compiuta la promessa di Dio. Ma non ha mai dubitato. Non si è mai detto: “È inutile che io perseveri nello sperare e nel pregare”. Ha perseverato. E ha ottenuto di “vedere” ciò che non videro il sacerdote e i sinedristi pieni di superbia e di opacità: il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore in quelle carni infantili che gli davano tepore e sorrisi. Ha avuto il sorriso di Dio, primo premio della sua vita onesta e pia, attraverso le mie labbra di Bambino.
                                                                                                        
  32.9Seconda lezione: le parole di Anna. Anche ella, profetessa, vede in Me, neonato, il Messia. E questo, data la sua capacità di profezia, è naturale. Ma ascolta, ascoltate ciò che, spinta da fede e da carità, dice a mia Madre. E fatevene luce al vostro spirito, che trema in questo tempo di tenebre e in questa festa della Luce. “A Chi ha dato un Salvatore non mancherà il potere di dare il suo angelo a confortare il tuo, il vostro pianto”.
   Pensate che Dio ha dato Se stesso per annullare l’opera di Satana negli spiriti. E non potrà vincere ora i satana che vi torturano? Non potrà asciugare il vostro pianto, sgominando questi satana e mandando da capo la pace del suo Cristo? Perché non glielo chiedete, con fede? Fede vera, prepotente, una fede davanti alla quale il rigore di Dio, sdegnato da tante vostre colpe, cada con un sorriso e venga il perdono che è aiuto, e venga la sua benedizione ad essere arcobaleno su questa Terra che si sommerge in un diluvio di sangue voluto da voi stessi?
   Pensate: il Padre, dopo aver punito gli uomini col diluvio, disse[73] a Se stesso e al suo patriarca: “Io non maledirò più la Terra a causa degli uomini, perché i sensi e i pensieri del cuore umano sono inclinati al male fin dall’adolescenza; quindi non colpirò più ogni vivente come ho fatto”. Ed è stato fedele alla sua parola. Non ha più mandato il diluvio. Ma voi quante volte vi siete detti, e avete detto a Dio: “Se ci salviamo questa volta, se ci salvi, non faremo mai più guerre, mai più”, e poi ne avete sempre fatte di più tremende? Quante volte, o falsi e senza rispetto per il Signore e per la parola vostra? Eppure Dio vi aiuterebbe ancora una volta, se la gran massa dei fedeli lo chiamasse con fede e amore prepotente.
   Mettete — o voi tutti che, troppo pochi per controbilanciare i molti che mantengono vivo il rigore di Dio, rimanete però a Lui devoti nonostante l’ora tremenda che incombe e cresce di attimo in attimo — mettete il vostro affanno ai piedi di Dio. Egli saprà mandarvi il suo angelo come ha mandato il Salvatore al mondo. Non temete. State uniti alla Croce. Essa ha vinto sempre le insidie del demonio, che viene con la ferocia degli uomini e le tristezze della vita a cercare di piegare alla disperazione, ossia alla separazione da Dio, i cuori che non può prendere in altra maniera».

[71] le parole, che sono riportate in: Luca 2, 27-35.
[72] Anna è Anna di Fanuel: Luca 2, 36-38; a sua volta sopraggiunta è un’aggiunta di MV su una copia dattiloscritta.
[73] disse, come è riportato in: Genesi 8, 21.

Dai QUADERNI del 1943 – 6 Dicembre
Dice Maria:
«Parlando della Presentazione al Tempio, Luca (2, 33) dice che "il padre e la madre restavano meravigliati delle cose che si dicevano del Bambino".
Meraviglia diversa dei due coniugi. Io, alla quale lo Spirito Sposo aveva rivelato ogni futuro, meravigliavo soprannaturalmente adorando la Volontà del Signore che si vestiva di carne per volere redimere l’uomo e che si rivelava ai viventi dello spirito. Meravigliavo una volta di più che ad esser la Madre della Volontà incarnata Iddio avesse scelto me, sua umile ancella. Giuseppe meravigliava anche umanamente poiché egli altro non sapeva fuor di quello che le Scritture gli avevano detto e l’angelo rivelato (in Matteo 1, 20-24). Io tacevo.
I segreti dell’Altissimo erano come deposti sull’arca chiusa nel Santo dei Santi e solo io, Sacerdotessa suprema, li conoscevo, e la Gloria di Dio li velava agli occhi degli uomini col fulgore suo insostenibile. Erano abissi di fulgore e solo l’occhio verginale baciato dallo Spirito di Dio poteva affissarli. Ecco perché eravamo, tanto io che Giuseppe, meravigliati. Diversamente, ma ugualmente meravigliati (cioè in uguale misura, ma non in modo uguale).
Ugualmente va interpretato così l’altro passo di Luca (2, 50): "Ma essi non compresero ciò che aveva lor detto".
Io compresi. Sapevo prima ancora e, se il Padre permise la mia ambascia di madre, non mi velò il significato eccelso delle parole del mio Figlio. Ma tacqui per non mortificare Giuseppe a cui non era concessa la pienezza della grazia.
Ero la Madre di Dio, ma ciò non mi esimeva da essere moglie rispettosa verso il Buono che mi era amoroso compagno e vigile fratello. La nostra Famiglia non conobbe mende, in nessun motivo e campo. Ci amammo santamente preoccupati di una cosa sola: del Figlio.
Oh! Gesù restituì nell’ora della morte ogni conforto, come solo Egli lo poteva fare, al mio Giuseppe, in ricordo di tutto quanto aveva ricevuto da quel Giusto. Gesù è il modello dei figli, come Giuseppe lo è dei mariti. Molto dolore ho avuto dal mondo e per il mondo. Ma il mio santo Figlio e il mio giusto Consorte non fecero venire altre lacrime al mio occhio che non fossero quelle del loro dolore.
Quando Giuseppe non fu più al mio fianco, ed io fui la prima autorità terrena del Figlio mio, non mostrai più di non capire tacendo. Nessuno più si sarebbe mortificato di vedersi superato in comprensione, e a Cana parlai (Giovanni 2, 1-11). "Fate quello che Egli vi dirà" dissi, poiché sapevo che Gesù nulla mi nega e che dietro le sue parole sostenute già era il primo miracolo suscitato da me e offerto a me dal Figlio mio, come una candida rosa nata per prima su un rosaio a primavera.
Bisogna saper leggere il Vangelo, Maria. Gli uomini non lo sanno leggere. Io ti guiderò la mano e te lo spiegherò là dove il mio Gesù non te lo spiega. Sono la Mamma di tutti e due. Voglio che la mia bambina conosca il suo dolcissimo Gesù, Gesù nostro, come pochi lo conoscono.
Più lo conoscerai, più lo amerai. Più lo amerai a più mi farai felice.»

♦ Estratto da «L'Evangelo come mi è stato rivelato» ♦ Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta • ETS

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