B-Avvento-02 - VALTORTAVOX

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2ª Domenica di AVVENTO • Anno B

Dal Vangelo secondo Marco • Mc 1, 1-8

Inizio del vangelo di Gesù, Cristo, Figlio di Dio.
Come sta scritto nel profeta Isaìa:
«Ecco, dinanzi a te io mando il mio messaggero: egli preparerà la tua via.
Voce di uno che grida nel deserto: Preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri», vi fu Giovanni, che battezzava nel deserto e proclamava un battesimo di conversione per il perdono dei peccati.
Accorrevano a lui tutta la regione della Giudea e tutti gli abitanti di Gerusalemme. E si facevano battezzare da lui nel fiume Giordano, confessando i loro peccati.
Giovanni era vestito di peli di cammello, con una cintura di pelle attorno ai fianchi, e mangiava cavallette e miele selvatico.
E proclamava: «Viene dopo di me colui che è più forte di me: io non sono degno di chinarmi per slegare i lacci dei suoi sandali. Io vi ho battezzato con acqua, ma egli vi battezzerà in Spirito Santo».

Maria Valtorta: «L'Evangelo come mi è stato rivelato»
Predicazione di Giovanni Battista e Battesimo di Gesù. La manifestazione divina.
Volume 01 • Cap. 045

  […].
  Lo stesso 3 febbraio 1944, a sera.
  45.1Vedo una pianura spopolata di paesi e di vegetazione. Non ci sono campi coltivati, e ben poche e rare sono le[95]  piante riunite qua e là a ciuffi, come vegetali famiglie, dove il suolo  è nelle profondità meno arso che non sia in genere. Faccia conto che  questo terreno arsiccio e incolto sia alla mia destra, avendo io il nord alle spalle, e si prolunghi verso quello che è a sud rispetto a me.
   A sinistra invece vedo un fiume di sponde molto basse, che scorre lentamente esso pure da nord a sud.  Dal moto lentissimo dell’acqua comprendo che non vi devono essere  dislivelli nel suo letto e che questo fiume scorre in una pianura  talmente piatta da costituire una depressione. Vi è un moto appena  sufficiente acciò l’acqua non stagni in palude. (L’acqua è poco  fonda, tanto che si vede il fondale. Giudico non più di un metro, al  massimo un metro e mezzo. Largo come è l’Arno verso S. Miniato-Empoli:  direi un venti metri. Ma io non ho occhio esatto nel calcolare).  Pure è d’un azzurro lievemente verde verso le sponde, dove per l’umidore  del suolo è una fascia di verde folta e rallegrante l’occhio, che  rimane stanco dallo squallore petroso e arenoso di quanto gli si stende  avanti.
   Quella voce intima[96],  che le ho spiegato di udire e che mi indica ciò che devo notare e  sapere, mi avverte che io vedo la valle del Giordano. La chiamo valle,  perché si dice così per indicare il posto dove scorre un fiume, ma qui è  improprio il chiamarla così, perché una valle presuppone dei monti, ed  io qui di monti non ne vedo vicini. Ma insomma sono presso il Giordano, e  lo spazio desolato che osservo alla mia destra è il deserto di Giuda.  Se dire deserto per dire luogo dove non sono case e lavori dell’uomo è  giusto, non lo è secondo il concetto che noi abbiamo del deserto. Qui  non le arene ondulate del deserto come lo concepiamo noi, ma solo terra  nuda, sparsa di pietre e detriti, come sono i terreni alluvionali dopo  una piena. In lontananza, delle colline.
   Pure, presso il  Giordano, vi è una grande pace, un che di speciale, di superiore al  comune, come è quello che si nota sulle sponde del Trasimeno. È un luogo  che pare ricordarsi di voli d’angeli e di voci celesti. Non so dire  bene ciò che provo. Ma mi sento in un posto che parla allo spirito.
                                                                                                          
  45.2Mentre  osservo queste cose, vedo che la scena si popola di gente lungo la riva  destra (rispetto a me) del Giordano. Vi sono molti uomini vestiti in  maniere diverse. Alcuni paiono popolani, altri dei ricchi, non mancano  alcuni che paiono farisei per la veste ornata di frange e galloni.
    In mezzo ad essi, in piedi su un masso, un uomo che, per quanto è la  prima volta che lo vedo, riconosco subito per il Battista. Parla alla  folla, e le assicuro che non è una predica dolce.
   Gesù ha chiamato[97]  Giacomo e Giovanni «i figli del tuono». Ma allora come chiamare questo  veemente oratore? Giovanni Battista merita il nome di fulmine, valanga,  terremoto, tanto è impetuoso e severo nel suo parlare e nel suo gestire.
    Parla annunciando il Messia ed esortando a preparare i cuori alla  sua venuta estirpando da essi gli ingombri e raddrizzando i pensieri. Ma  è un parlare vorticoso e rude. Il Precursore non ha la mano leggera di  Gesù sulle piaghe dei cuori. È un medico che denuda e fruga e taglia  senza pietà.
                                                                                                          
  45.3Mentre lo ascolto — e non ripeto le parole perché sono quelle riportate[98] dagli evangelisti, ma amplificate in irruenza — vedo avanzarsi lungo una stradicciuola, che è ai bordi della linea erbosa e ombrosa che costeggia il Giordano, il mio Gesù. (Questa  rustica via, più sentiero che via, sembra disegnato dalle carovane e  dalle persone che per anni e secoli l’hanno percorso per giungere ad un  punto dove, essendo il fondale del fiume più alto, è facile il guado. Il  sentiero continua dall’altro lato del fiume e si perde fra il verde  dell’altra sponda).
   Gesù è solo. Cammina lentamente, venendo  avanti, alle spalle di Giovanni. Si avvicina senza rumore e ascolta  intanto la voce tuonante del Penitente del deserto, come se anche Gesù  fosse uno dei tanti che venivano a Giovanni per farsi battezzare e per  prepararsi ad esser mondi per la venuta del Messia. Nulla distingue Gesù  dagli altri. Sembra un popolano nella veste, un signore nel tratto e  nella bellezza, ma nessun segno divino lo distingue dalla folla.
    Però si direbbe che Giovanni senta una emanazione di spiritualità  speciale. Si volge e individua subito la fonte di quel­l’emanazione.  Scende con impeto dal masso che gli faceva da pulpito e va sveltamente  verso Gesù, che si è fermato qualche metro lontano dal gruppo  appoggiandosi al fusto di un albero.
                                                                                                          
  45.4Gesù  e Giovanni si fissano un momento. Gesù col suo sguardo azzurro tanto  dolce. Giovanni col suo occhio severo, nerissimo, pieno di lampi. I due,  visti vicino, sono l’antitesi l’uno dell’altro. Alti tutti e due — è  l’unica somiglianza — sono diversissimi per tutto il resto. Gesù biondo e  dai lunghi capelli ravviati, dal volto d’un bianco avoriato, dagli  occhi azzurri, dall’abito semplice ma maestoso. Giovanni irsuto, nero di  capelli che ricadono lisci sulle spalle, lisci e disuguali in  lunghezza, nero nella barba rada che gli copre quasi tutto il volto non  impedendo col suo velo di permettere di notare le guance scavate dal  digiuno, nero negli occhi febbrili, scuro nella pelle abbronzata dal  sole e dalle intemperie e per la folta peluria che lo copre, seminudo  nella sua veste di pelo di cammello, tenuta alla vita da una cinghia di pelle e  che gli copre il torso scendendo appena sotto i fianchi magri e  lasciando scoperte le coste a destra, le coste sulle quali è, unico  strato di tessuti, la pelle conciata dall’aria. Sembrano un selvaggio e  un angelo visti vicini.
   Giovanni, dopo averlo scrutato col suo  occhio penetrante, esclama: «Ecco l’Agnello di Dio. Come è che a me  viene il mio Signore?».
   Gesù risponde placido: «Per compiere il rito di penitenza».
   «Mai, mio Signore. Io sono che devo venire a Te per essere santificato, e Tu vieni a me?».
    E Gesù, mettendogli una mano sul capo, perché Giovanni s’era curvato  davanti a Gesù, risponde: «Lascia che si faccia come voglio, perché si  compia ogni giustizia e il tuo rito divenga inizio ad un più alto  mistero e sia annunciato agli uomini che la Vittima è nel mondo».
                                                                                                          
  45.5Giovanni  lo guarda con occhio che una lacrima fa dolce e lo precede verso la  riva, dove Gesù si leva il manto, la veste e la tunica[99], rimanendo con una specie di corti calzoncini, per poi scendere nell’acqua dove è già Giovanni, che lo battezza versandogli  sul capo l’acqua del fiume, presa con una specie di tazza, che il  Battista tiene sospesa alla cintola e che mi pare una conchiglia o una  mezza zucca essiccata e svuotata.
   Gesù è proprio l’Agnello. Agnello nel candore della carne, nella modestia del tratto, nella mitezza dello sguardo.
    Mentre Gesù risale la riva e, dopo essersi vestito, si raccoglie in  preghiera, Giovanni lo addita alle turbe, testimoniando d’averlo  conosciuto per il segno che lo Spirito di Dio gli aveva indicato quale  indicazione infallibile del Redentore.
   Ma io sono polarizzata nel  guardare Gesù che prega, e non mi resta presente che questa figura di  luce contro il verde della sponda.
   
   4 febbraio 1944.
                                                                                                          
  45.6Dice Gesù:
    «Giovanni non aveva bisogno del segno per se stesso. Il suo spirito,  presantificato sin dal ventre di sua madre, era possessore di quella  vista di intelligenza soprannaturale che sarebbe stata di tutti gli  uomini senza la colpa di Adamo.
   Se l’uomo fosse rimasto in  grazia, in innocenza, in fedeltà col suo Creatore, avrebbe visto Dio  attraverso le apparenze esterne. Nella Genesi è detto che il Signore  Iddio parlava familiarmente con l’uomo innocente e che l’uomo non  tramortiva a quella voce, non si ingannava nel discernerla. Così era la  sorte dell’uomo: vedere e capire Iddio, proprio come un figlio fa col  genitore. Poi è venuta la colpa, e l’uomo non ha più osato guardare Dio,  non ha più saputo vedere e comprendere Iddio. E sempre meno lo sa.
    Ma Giovanni, il mio cugino Giovanni, era stato mondato dalla colpa  quando la Piena di Grazia s’era curvata amorosa ad abbracciare la già  sterile ed allora feconda Elisabetta. Il fanciullino nel suo seno era  balzato di giubilo, sentendo cadere la scaglia della colpa dalla sua  anima come crosta che cade da una piaga che guarisce. Lo Spirito Santo,  che aveva fatto di Maria la Madre del Salvatore, iniziò la sua opera di  salvazione, attraverso Maria, vivo Ciborio della Salvezza incarnata, su  questo nascituro, destinato ad esser a Me unito non tanto per il sangue  quanto per la missione, che fece di noi come le labbra che formano la  parola. Giovanni le labbra, Io la Parola. Egli il Precursore  nell’Evangelo e nella sorte di martirio. Io, Colui che perfeziona della  mia divina perfezione l’Evangelo iniziato da Giovanni ed il martirio per  la difesa della Legge di Dio.
   Giovanni non aveva bisogno di  nessun segno. Ma alla ottusità degli altri il segno era necessario. Su  cosa avrebbe fondato Giovanni la sua asserzione, se non su una prova  innegabile che gli occhi dei tardi e le orecchie dei pesanti avessero  percepita?
                                                                                                          
  45.7Io  pure non avevo bisogno di battesimo. Ma la sapienza del Signore aveva  giudicato esser quello l’attimo e il modo dell’incontro. E, traendo  Giovanni dal suo speco nel deserto e Me dalla mia casa, ci unì in  quell’ora per aprire su Me i Cieli e farne scendere Se stesso, Colomba  divina, su Colui che avrebbe battezzato gli uomini con tal Colomba, e  farne scendere l’annuncio, ancor più potente di quello angelico perché  del Padre mio: “Ecco il mio Figlio diletto col quale mi sono  compiaciuto”. Perché gli uomini non avessero scuse o dubbi nel seguirmi e  nel non seguirmi.
                                                                                                          
  45.8Le  manifestazioni del Cristo sono state molte. La prima, dopo la Nascita,  fu quella dei Magi, la seconda nel Tempio, la terza sulle rive del  Giordano. Poi vennero le infinite altre che ti farò conoscere, poiché i  miei miracoli sono manifestazioni della mia natura divina, sino alle  ultime della Risurrezione e Ascensione al Cielo.
   La mia patria fu  piena delle mie manifestazioni. Come seme gettato ai quattro punti  cardinali, esse avvennero in ogni strato e luogo della vita: ai pastori,  ai potenti, ai dotti, agli increduli, ai peccatori, ai sacerdoti, ai  dominatori, ai bambini, ai soldati, agli ebrei, ai gentili. Anche ora  esse si ripetono. Ma, come allora, il mondo non le accoglie. Anzi non  accoglie le attuali e dimentica le passate. Ebbene, Io non desisto. Io  mi ripeto per salvarvi, per portarvi alla fede in Me.
                                                                                                          
  45.9Sai, Maria, quello che fai? Quello che faccio, anzi, nel mostrarti  il Vangelo? Un tentativo più forte di portare gli uomini a Me. Tu lo  hai desiderato con preghiere ardenti. Non mi limito più alla parola. Li  stanca e li stacca. È una colpa, ma è così. Ricorro alla visione, e del  mio Vangelo, e la spiego per renderla più chiara e attraente.
   A  te do il conforto del vedere. A tutti do il modo di desiderare di  conoscermi. E, se ancora non servirà e come crudeli bambini getteranno  il dono senza capirne il valore, a te resterà il mio dono e ad essi il  mio sdegno. Potrò una volta ancora fare[100] l’antico rimprovero: “Abbiamo sonato e non avete ballato; abbiamo intonato lamenti e non avete pianto”.
    Ma non importa. Lasciamo che essi, gli inconvertibili, accumulino  sul loro capo i carboni ardenti, e volgiamoci alle pecorelle che cercano  di conoscere il Pastore. Io son Quello, e tu sei la verga che le  conduci a Me».
                                                                                                          
  45.10Come vede, mi sono affrettata a mettere quei particolari[101] che, per la loro piccolezza, mi erano sfuggiti e che lei ha desiderato di avere. […].

[95] sono le è un’aggiunta nostra.
[96] voce intima è l’interno ammonitore (così chiamato in: 21.2 - 34.1 - 46.2 - 55.6 - 106.1 - 361.1 - 605.2 - 607.1) o la seconda voce (come in 41.10) o l’interna voce (come in 47.9 e 101.1) o l’intuizione interna (come nella nota a 396.8) o luce interna (come in 608.1).
[97] ha chiamato, in: Marco 3, 17 (330.3 e 575.8).
[98] riportate in: Matteo 3, 1-12; Marco 1, 1-8; Luca 3, 3-18; Giovanni 1, 19-34.
[99] il manto, la veste e la tunica, invece di il manto e la tunica, è correzione di MV su una copia dattiloscritta e avrà un riscontro nella correzione riportata in 405.3.
[100] fare, come in 266.12.
[101] particolari, che MV ha aggiunto inserendoli tra le righe autografe o in calce alla pagina autografa del quaderno, e che abbiamo messo in corsivo nel testo di 45.1/5.

♦ Estratto da «L'Evangelo come mi è stato rivelato» ♦ Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta • ETS

Eventuali violazioni ai DIRITTI d'AUTORE, se DEBITAMENTE SEGNALATE a ezio1944@gmail.com - VERRANNO IMMEDIATAMENTE RIMOSSE
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