B-19-To - VALTORTAVOX

Parole di vita ETERNA
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19ª Domenica del T.O.

Dal Vangelo secondo Giovanni - Gv 6,41-51
In quel tempo, i  Giudei si misero a mormorare contro Gesù perché aveva detto: «Io sono il  pane disceso dal cielo». E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il  figlio di Giuseppe? Di lui non conosciamo il padre e la madre? Come  dunque può dire: “Sono disceso dal cielo”?».
Gesù rispose loro: «Non  mormorate tra voi. Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre  che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Sta scritto  nei profeti: “E tutti saranno istruiti da Dio”. Chiunque ha ascoltato il  Padre e ha imparato da lui, viene a me. Non perché qualcuno abbia visto  il Padre; solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. In verità, in  verità io vi dico: chi crede ha la vita eterna.
Io sono il pane  della vita. I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono  morti; questo è il pane che discende dal cielo, perché chi ne mangia non  muoia.
Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di  questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la  vita del mondo».


Maria Valtorta: «L'Evangelo come mi è stato rivelato»
354. Il discorso sul Pane del Cielo, nella sinagoga di Cafarnao, e la defezione di molti discepoli. → 2ª parte § 9-16

[...] Dio, come dice la Sapienza, per amore di Mosè – detto dall’Ecclesiastico "caro  a Dio e agli uomini, di bene-detta memoria, fatto da Dio simile ai  santi nella gloria, grande e terribile per i nemici, capace di suscitare  e por fine ai prodigi, glorificato nel cospetto dei re, suo ministro al  cospetto del popolo, conoscitore della gloria di Dio e della voce  dell’Altissimo, custode dei precetti e della Legge di vita e di scienza" –  Dio, dice-vo, per amore di questo Mosè, nutrì il suo popolo col pane  degli angeli, e dal cielo gli donò un pane bell’e fatto, senza fatica,  contenente in se ogni delizia ed ogni soavità di sapore. E – ricordate  bene ciò che dice la Sapienza – e poiché veniva dal Cielo, da Dio, e  mostrava la sua dolcezza verso i figli, aveva per ognuno il sapore che  ognuno voleva, e dava ad ognuno gli effetti desiderati, essendo utile  tanto al pargolo, dallo stomaco ancora imperfetto, come all’adulto,  dall’appetito e digestione gagliardi, alla fanciulla delicata come al  vecchio cadente. E anche, per testimoniare che non era opera d’uomo,  capovolse le leggi degli elementi, onde resisté al fuoco, esso, il  misterioso pane che al sorgere del sole si squagliava come brina. O  meglio: il fuoco – è sempre la Sapienza che parla – dimenticò la propria  natura per rispetto all’opera di Dio suo Creatore e dei bisogni dei  giusti di Dio, di modo che, mentre è solito ad infiammarsi per  tormentare, qui si fece dolce per fare del bene a quelli che confidavano  nel Signore.
  Per questo allora, trasformandosi in ogni maniera,  servì alla grazia del Signore, nutrice di tutti, secondo la volontà di  chi pregava l’eterno Padre, affinché i figli diletti imparassero che non  è il riprodursi dei frutti che nutrisce gli uomini, ma è la parola del  Signore quella che conserva chi crede in Dio. Infatti non consumò, come  poteva, la dolce manna, neppure se la fiamma era alta e potente, mentre  bastava a scioglierla il dolce sole del mattino, affinché gli uomini  ricordassero e imparassero che i doni di Dio vanno ricercati all’inizio  del giorno e della vita, e che per averli occorre anticipare la luce e  sorgere, per lodare l’Eterno, dalla prima ora del mattino.
  Questo  insegnò la manna agli ebrei. Ed Io ve lo ricordo perché è dovere che  dura e durerà sino alla fine dei secoli. Cercate il Signore ed i suoi  doni celesti senza poltrire fino alle tarde ore del giorno o della vita.  Sorgete a lodarlo prima ancora che lo lodi il sorgente sole, e  pascetevi della sua parola che conserva e preserva e conduce alla Vita  vera.
  Non Mosè vi diede il pane del Cielo, ma in verità lo diede  il Padre Iddio, e ora, in verità delle verità, è il Padre mio quello che  vi dà il vero Pane, il Pane novello, il Pane eterno che dal Cielo  discende, il Pane di misericordia, il Pane di Vita, il Pane che dà al  mondo la Vita, il Pane che sazia ogni fame e leva ogni languore, il Pane  che dà, a chi lo prende, la Vita eterna e l’eterna gioia ».

10«Dacci, o Signore, di codesto pane, e noi non morremmo più ».
  «Voi morrete come ogni uomo muore, ma risorgerete a vita eterna se vi nutrirete santamente  di questo Pane, perché esso fa incorruttibile chi lo mangia. Riguardo a  darvelo sarà dato a coloro che lo chiedono al Padre mio con puro cuore,  retta intenzione e santa carità. Per questo ho insegnato a dire: "Dàcci  il pane quotidiano". Ma coloro che se ne nutriranno indegnamente  diverranno brulichio di vermi infernali, come i gomor di manna  conservati contro l’ordina avuto. E quel Pane di salute e vita diverrà  per loro morte e condanna. Perché il sacrilegio più grande sarà commesso  da coloro che metteranno quel Pane su una mensa spirituale corrotta e  fetida, o lo profaneranno mescolandolo alla sentina delle loro  inguaribili passioni. Meglio per loro sarebbe non averlo mai preso! ».

11«Ma dove è questo Pane? Come lo si trova? Che nome ha? ».
  «Io  sono il Pane di vita. In Me lo si trova. Il suo nome è Gesù. Chi viene a  Me non avrà più fame, e chi crede in Me non avrà mai più sete, perché i  fiumi celesti si riverseranno in lui estinguendo ogni materiale ardore.  Io ve l’ho detto, ormai. Voi mi avete conosciuto, ormai. Eppure non  credete. Non potete credere che tutto quanto è in Me. Eppure così è. In  Me sono tutti i tesori di Dio. E a Me tutto dalla Terra è dato, onde in  Me sono riuniti i gloriosi Cieli e la militante Terra, e fino la penante  e attendente massa dei trapassati in grazia di Dio sono in Me, perché  in Me e a Me è ogni potere. Ed Io ve lo dico: tutto quanto il Padre mi  dà verrà a Me. Né Io scaccerò chi a Me viene, perché sono disceso dal  Cielo non per fare la mia volontà ma quella di Colui che mi ha mandato. E  la volontà del Padre mio, del Padre che mi ha mandato, è questa: che Io  non perda nemmeno uno di quelli che mi ha dato, ma che Io li risusciti  all’ultimo giorno. Ora la volontà del Padre che mi ha mandato è che  chiunque conosce il Figlio e crede in Lui abbia la Vita eterna e Io lo  possa risuscitare nell’ultimo Giorno, vedendolo nutrito della fede in Me  e segnato del mio sigillo ».

12Vi  è un poco brusìo nella sinagoga e fuori della stessa per le nuove e  ardite parole del Maestro. E questo, dopo avere per un momento preso  fiato, volge gli occhi sfavillanti di rapimento là dove più si mormora, e  sono precisamente i gruppi in cui sono dei Giudei. Riprende a parlare.
  «Perché  mormorate fra voi? Si, Io sono il figlio di Maria di Nazaret figlia di  Gioacchino della stirpe di Davide, vergine consacrata al Tempio e poi  sposata a Giuseppe di Giacobbe, della stirpe di Davide. Voi avete  conosciuto, in molti, i giusti che dettero vita a Giuseppe, legnaiolo  regale, e a Maria, vergine erede della stirpe regale. Ciò vi fa  dire: "Come può costui dirsi disceso dal Cielo?", e il dubbio sorge in  voi.
  Vi ricordo i  Profeti nelle loro profezie sull’Incarnazione del Verbo. E vi ricordo  come, più per noi israeliti che per qualsiasi altro popolo, è dogmatico  che Colui che non osiamo chiamare non potesse darsi una Carne secondo le  leggi della umanità, e umanità decaduta per giunta. Il Purissimo,  l’Increato, se si è mortificato a farse Uomo per amore dell’uomo, non  poteva che eleggere un seno di Vergine più pura dei gigli per rivestire  di Carne la sua Divinità.
Il  pane disceso dal Cielo al tempo di Mosè è stato riposto nell’arca  d’oro, coperta dal propiziatorio, vegliata dai cherubini, dietro i veli  del Tabernacolo. E col pane era la parola di Dio. E giusto era che ciò  fosse, perché sommo rispetto va dato ai doni di Dio e alle tavole della  sua Ss. Parola. Ma che allora sarà stato preparato da Dio per la sua  stessa Parola e per il Pane vero che è venuto dal Cielo? Un’arca più  inviolata e preziosa dell’arca d’oro coperta dal prezioso propiziatorio  della sua pura volontà di immolazione, vegliata dai cherubini di Dio,  velata dal velo di un candore verginale, di una umiltà perfetta, di una  carità sublime e di tutte le virtù più sante.
  E  allora? Non capite ancora che la mia paternità è in Cielo e che perciò  Io di la vengo? Si, Io sono disceso dal Cielo per compiere il decreto  del Padre mio, il decreto di salvazione degli uomini secondo quanto  promise al momento stesso della condanna e ripeté ai Patriarchi e ai  Profeti.
  Ma questo  è fede. E la fede viene data da Dio a chi ha l’animo di buona volontà.  Perciò nessuno può venire a Me se non lo conduce a Me il Padre mio  vedendolo nelle tenebre ma rettamente desideroso di luce. È scritto nei  Profeti: "Saranno tutti ammaestrati da Dio". Ecco. È detto. È Dio che li istruisce dove andare per essere istruiti di Dio. Chiunque, dunque, ha udito in fondo al suo spirito retto parlare Iddio, ha imparato dal Padre a venire a Me ».
  «E  chi vuoi che abbia sentito Iddio o visto il suo volto? », chiedono in  diversi che cominciano a mostrare segni di irritazione e di scandalo. E  terminano: «Tu deliri, oppure sei un illuso ».
  «Nessuno ha veduto Iddio eccetto Colui che è da Dio; questo ha veduto il Padre. E questo Io sono.

13Ed ora udite il "credo" della vita futura, senza il quale non ci si può salvare.
  In  verità, in verità vi dico che chi crede in Me ha la Vita eterna. In  verità, in verità vi dico che Io sono il Pane della Vita eterna.
  I  vostri padri mangiarono nel deserto la manna e morirono. Perché la  manna era un cibo santo ma temporaneo, e dava vita per quanto  necessitava a giungere alla terra promessa da Dio al suo popolo. Ma la  manna che Io sono non avrà limitazione di tempo e di potere. È non solo  celeste, ma divina, e produce ciò che è divino: l’incorruttibilità,  l’immortalità di quanto Dio ha creato a sua immagine e somiglianza. Essa  non durerà quaranta giorni, quaranta mesi, quaranta anni, quaranta  secoli. Ma durerà finché durerà il tempo, e sarà data a tutti coloro che  di essa hanno fame santa e gradita al Signore, che giubilerà di darsi  senza misura agli uomini per cui si è incarnato, onde abbiano la Vita  che non muore.
  Io  posso darmi, Io posso transustanziarmi per amore degli uomini, onde il  Pane divenga Carne e la Carne divenga Pane per la fame spirituale degli  uomini, che senza questo Cibo morirebbero di fame e di malattie  spirituali. Ma se uno mangia di questo Pane con giustizia, egli vivrà in  eterno. Il pane che Io darò sarà la mia Carne immolata per la vita del  mondo, sarà il mio Amore sparso nelle case di Dio, perché alla mensa del  Signore vengano tutti coloro che sono amorosi o infelici e trovino  ristoro al loro bisogno di fondersi a Dio e di trovare sollievo al loro  penare».

14«Ma  come puoi darci da mangiare la tua carne? Per chi ci hai presi? Per  belve sanguinarie? Per selvaggi? Per omicidi? A noi ripugna il sangue e  il delitto ».
  «In  verità, in verità vi dico che molte volte l’uomo è più di una belva, e  che il peccato fa più che selvaggi, che l’orgoglio dà sete omicida, e  che non a tutti dei presenti ripugnerà il sangue e il delitto. E anche  in futuro l’uomo sarà, perché satana, il senso e l’orgoglio lo fanno  belluino. E perciò con maggior bisogno che mai dovrete e dovrà l’uomo  sanare se stesso dai germi terribili con l’infusione del Santo.
  In  verità, in verità vi dico che se non mangerete la Carne del Figlio  dell’uomo e non berrete il suo Sangue, non avrete in voi la Vita.  Chi mangia degnamente la mia Carne e beve il mio Sangue ha la Vita  eterna ed Io lo risusciterò l’Ultimo Giorno. Perché la mia Carne è  veramente Cibo e il mio Sangue è veramente Bevanda. Chi mangia la mia  Carne e beve il mio Sangue rimane in Me ed Io in lui. Come il Padre  vivente mi inviò, ed Io vivo per il Padre, così chi mangia vivrà  anch’egli per Me e andrà dove lo mando, e farà ciò che Io voglio, e  vivrà austero come uomo e ardente come serafino, e sarà santo, perché  per potersi cibare della mia Carne e del mio Sangue si interdirà le  colpe e vivrà ascendendo per finire la sua ascesa ai piedi dell’Eterno  ».
  «Ma costui è  folle! Chi può vivere in tal modo? Nella nostra religione è solo il  sacerdote che deve essere purificato per offrire la vittima. Qui Egli ci  vuole fare, di noi, tante vittime della sua follia. Questa dottrina è  troppo penosa e questo linguaggio è troppo duro! Chi li può ascoltare e  praticare? », sussurrano i presenti, e molti sono discepoli già riputati  tali.

15La  gente sfolla commentando. E molto assottigliate appaiono le file dei  discepoli quando restano solo nella sinagoga il Maestro e i più fedeli.  Io non li conto, ma dico che, ad occhio e croce, si e no se si arriva a  cento. Perciò ci deve essere stata una bella defezione anche nelle  schiere dei vecchi discepoli ormai al servizio di Dio.
  Fra  i rimasti sono gli apostoli, il sacerdote Giovanni e lo scriba  Giovanni, Stefano, Erma, Timoneo, Ermasteo, Agapo, Giuseppe, Salomon,  Abele di Betlemme di Galilea e Abele il già lebbroso di Corozim col suo  amico Samuele, Elia (quello che lasciò di seppellire il padre per  seguire Gesù), Filippo di Arsela, Aser e Ismaele di Nazaret, più altri  che non conosco di nome. Questi tutti parlano piano fra loro commentando  la defezione degli altri e le parole di Gesù, che pensieroso sta con le  braccia conserte appoggiato ad un alto leggio.
  «E  vi scandalizzate di ciò che ho detto? E se vi dicessi che vedrete un  giorno il Figlio dell’uomo ascendere al Cielo dove era prima e sedersi  al fianco del Padre? E che avete capito, assorbito, creduto fino ad ora?  E con che avete udito e assimilato? Solo con l’umanità? È lo  spirito quello che vivifica e ha valore. La carne non giova a niente. Le  mie parole sono spirito e vita, e vanno udite e capite con lo spirito  per averne vita. Ma ci sono molti fra voi che hanno morto lo  spirito perché è senza fede. Molti di voi non credono con verità. E  inutilmente stanno presso a Me. Non ne avranno Vita, ma Morte. Perché vi  stanno, come ho detto in principio, o per curiosità o per umano diletto  o, peggio, per fini ancora più indegni. Non sono porati qui dal Padre  per premio alla loro buona volontà, ma da satana. Nessuno può venire a  Me, in verità, se non gli è concesso dal Padre mio. Andate pure, voi che  vi trattenete a fatica perché vi vergognate, umanamente, di  abbandonarmi, ma avete ancora maggior vergogna di rimanere al servizio  di Uno che vi pare "pazzo e duro". Andate. Meglio lontani che qui per  nuocere.
  E molti  altri si ritraggono fra i discepoli, fra i quali lo scriba Giovanni e  Marco, il geraseno indemoniato, guarito mandando i demoni nei porci. I  discepoli buoni si consultano e corrono dietro a questi fedifraghi  tentando di fermarli.

16Nella sinagoga sono ora Gesù, il sinagogo e gli apostoli…
  Gesù  si volge ai dodici che, mortificati, stanno in un angolo e dice:  «Volete andarvene anche voi?». Lo dice senza acredine e senza mestizia.  Ma con molta serietà.   
  Pietro,  con impeto doloroso, gli dice: « Signore, e dove vuoi che si vada? Da  chi? Tu sei la nostra vita e il nostro amore. Tu solo hai parole di Vita  eterna. Noi abbiamo conosciuto che Tu sei il Cristo, Figlio di Dio. Se  vuoi, cacciaci. Ma noi, di nostro, non ti lasceremo neppure… neppure se  Tu non ci amassi più…», e Pietro piange senza rumore, con grandi  lacrimoni…
Anche  Andrea, Giovanni, i due figli di Alfeo, piangono apertamente, e gli  altri, pallidi o rossi per l’emozione, non piangono, ma soffrono  palesemente.
  «Perché vi dovrei cacciare? Non sono stato Io che ho eletto voi dodici?…».
  Giairo,  prudentemente, si è ritirato per lasciare Gesù libero di confortare o  redarguire i suoi apostoli. Gesù, che ne nota la silenziosa ritirata,  dice, sedendosi accasciato come se la rivelazione che fa gli costasse  uno sforzo superiore a quello che Egli può fare, stanco come è,  disgustato, addolorato: «Eppure uno di voi è un demonio».
  La  parola cade lenta, paurosa, nella sinagoga, nella quale è solo allegra  la luce delle molte lampade… e nessuno osa dire nulla. Ma si guardano  l’un l’altro con pauroso ribrezzo e angosciosa indagine e, con una ancor  più angosciosa e intima domanda, ognuno esamina se stesso…
  Nessuno  si muove per qualche tempo. E Gesù resta solo, sul suo sedile, le mani  incrociate sui ginocchi, il viso basso. Lo alza infine e dice: «Venite.  Non sono già un lebbroso! O mi credete tale?…».
  Allora  Giovanni corre avanti e gli si avviticchia al collo dicendo: «Con Te,  allora, nella lebbra, mio solo amore. Con Te nella condanna, con Te  nella morte, se credi che ciò ti attenda…»; e Pietro striscia ai suoi  piedi e li prende e se li mette sugli omeri e singhiozza: «Qui, premi,  calpesta! Ma non mi fare pensare che Tu diffidi del tuo Simone».
  Gli  altri, vedendo che Gesù accarezza i due primi, si fanno avanti e  baciano Gesù sulle vesti, sulle mani, sui capelli… Solo l’Iscariota osa  baciarlo sul viso.
  Gesù  si alza di scatto, e quasi lo respinge bruscamente tanto lo scatto è  improvviso, e dice: «Andiamo a casa. Domani sera, di notte, partiremo  con le barche per Ippo ».

♦ Estratto da «L'Evangelo come mi è stato rivelato» ♦ Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta • ETS

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