AnimaR_25 - VALTORTAVOX

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Legge ► SILVIA CANEPARO

La parte del testo che fa riferimento all'ANIMA • È EVIDENZIATO in GIALLO

LEZIONE 25ªRM-7 1-25 • 7-11 giugno 1948

Dice il Dolce Ospite:
     «Carità, fede, speranza permettono all’uomo carnale di seguire la  legge spirituale, così in contrasto con la legge del peccato vivente  nelle sue membra.
    “E chi vi libera da questo corpo di morte? La Grazia di Dio per Gesù Cristo Signor nostro”.
    Essa non abolisce l’uomo, ma fa dell’uomo vecchio un uomo nuovo. Né si limita a rigenerarvi una  volta sola mediante le acque salutari del Battesimo, sepolcro del  Peccato originale, seno dal quale emerge una creatura nuova, innocente,  santa, divinizzata. Ma tante volte vi rigenera e aiuta quante l’uomo si  pente dopo una caduta volontaria in materia grave, o piange sulla sua  debolezza, causa di involontarie cadute, o anche solo si turba, sentendo  agitarsi in sé il vento dei fomiti e temendo che esso provochi tempesta  di sensi nella quale si perda la vicinanza di Dio e venga soverchiata  la sua voce pacifica, sempre simile “al soffio di un’aura leggera”.  Altrettante volte vi rigenera, o vi conforta, o vi rassicura, quante  volte di ciò abbisognate, coi suoi divini aiuti, per Gesù Cristo, e  mediante i Sacramenti, mezzi da Lui istituiti per rigenerarvi e  rinforzarvi nella Grazia.
    E chi potrà resistere a Colui che  vinse il demonio, il peccato e la morte? Nessuno e nulla, se voi gli  rimanete fedeli. Fedeli nell’uomo interiore, che è quello che ha realmente valore, come Gesù disse a Nicodemo, e non a lui solo.
     Perché è lo spirito quello che anima la carne inferma, così come il  sangue mantiene la vita nel corpo dell’uomo. Ma se l’uomo perde tutto  il suo sangue, o se il sangue tutto si corrompe, non giova all’uomo aver  sane le membra. La morte lo coglierà lo stesso, perché il liquido  vitale è il sangue e, perduto o corrotto che questo sia, il corpo  perisce, mentre che un corpo ancorché molto ferito, ma non svenato o  corrotto nel sangue, certo guarirà.
    Rimanete dunque fedeli nell’uomo interiore, e non temete.
     Gli angeli, che vedono Dio e ne conoscono il pensiero, vi hanno  annunciato questa grazia nella notte della Nascita del Figlio di Dio e  di Maria: la grazia della pace agli uomini di buona volontà.
    Dio sa e vede. Dio è Padre ed Amore. Dio è Giustizia e Misericordia. Sa compatire e premiare. Ma vuole “la buona volontà”.  Non sempre essa permane buona e costante realtà. Ha flessioni, e cadute  anche. Ma l’Occhio Divino che vi vede cadere o flettere, vede anche chi  vi assale nella buona volontà interiore, e vede la vostra pena per  essere caduti o per esservi piegati nell’urto di un assalto improvviso, e  perdona perché non vede in voi il consenso “al male che odiate, ma l’aspirazione a compiere il bene, anche se non sempre riuscite a compierlo, vede che non il vostro io intellettuale, ma le conseguenze, nella parte inferiore, della colpa d’Adamo: i fomiti, operano in voi.
     E da questo contrasto tra le due forze che combattono in voi e le  due volontà che si contrastano - una mossa dall’amore di Dio e verso  Dio, l’altra dall’Odio che tiene desto il suo veleno, per odio a voi e a  Dio - il Signore trae le ricchezze che vi daranno accesso al Regno dei  Cieli.
    Sono esse la vostra veste di nozze, quella veste di cui  Gesù parlò nella parabola del convito per le nozze regali. E guai a chi  non fila e tesse la sua veste di nozze durante la sua giornata terrena,  traendo materia per filare e strumento per tessere dall’assidua volontà  interiore di fare ciò che la Legge di Dio propone o Dio presenta, e  dalla lotta continua tra la volontà dell’uomo interiore e la legge del  peccato che è nelle membra, o tra la volontà buona e quanto di male vi  circonda: il mondo, e vi tenta: il demonio. Guai a quelli che non si  tessono quotidianamente la veste di nozze e non l’ornano con i gioielli  conquistati, patendo la “grande tribolazione” che li fa degni di stare  intorno al trono dell’Agnello con le palme dei vittoriosi tra le mani!
     Non avete mai riflettuto a quelle palme viste da Giovanni nelle  mani degli eletti? Nel simbolismo cristiano si suole mettere tra le mani  dei martiri la palma gloriosa. Ma Giovanni, che fu rapito dallo Spirito  di Dio a contemplare, a conoscere, a scrivere i misteri eccelsi e  quelli dei tempi ultimi, dice che le palme sono nelle mani degli eletti,  dei 144.000 che stanno intorno al trono dell’Agnello.
    La  moltitudine dei santi, degli eletti, non è composta solo di martiri che  abbiano sofferto il martirio cruento. Ma veramente ogni santo è degno di  portare la palma dei martiri perché ogni santo è un martire dell’Amore e  dell’Odio, dello spirito e della carne, e tutte le potenze dei Cieli,  quelle del mondo, quelle dell’io carnale e quelle degli abissi  della Tenebra, lo hanno assalito sulla Terra per provarlo, tentarlo,  martirizzarlo quotidianamente.
    Veramente che è astuto, tenace,  feroce il martirio che dà colui che Cristo chiama “omicida fin dal  principio”! Né vi è omicida pari a lui. Perché nessun assassino può fare  violenza altro che alla carne dell’uomo. Ma Satana uccide, o tenta [di]  uccidere, la parte immortale dell’uomo, privandola non dell’esistenza -  perché l’anima, creata che sia, non perisce più in eterno - ma della  Vita, ossia del suo Dio. E ciò fa perché mentre Dio ha, per fine della  sua creazione, il premio da darsi agli uomini, ossia il riunire a Sé gli  uomini dopo la loro morte - con lo spirito subito dopo la morte, con lo  spirito riunito alla carne dopo la risurrezione e giudizio finale - per  farli beati della sua Conoscenza e Visione e per giubilare tra il  Popolo dei suoi figli, così Satana ha per fine della sua ribellione  quello di privare il Creatore di quante più creature a Lui paternamente  dilette può, e di privare quante più creature può del godimento del loro  Creatore.
    La scimmia di Dio vuole essa pure darsi il suo popolo, e lo fa predando, perché è ladrone, mentre Dio, per crearsi il suo  Popolo, ha dotato l’uomo, creato a sua immagine e somiglianza, di tutti  i doni soprannaturali atti a condurlo al Regno eterno e, non ancora  contento, ha dato il suo Figlio Unigenito e diletto perché venisse  immolato onde essere Salvatore degli uomini. E ciò perché, mentre Satana  è principio del male, è odio, è menzogna, è disordine, è ladrone, Dio è  Principio del Bene, è Amore, è Verità, è Ordine, è divinamente munifico  Datore d’ogni grazia.
    Dal momento che Satana volle essere uguale a Dio in ogni sua azione, libertà, potenza e volontà d’azione, desiderando disordinatamente di essere esso, creatura creata, uguale a Colui che è Increato -  perché Dio come il Padre da cui è generato: Unigenito Figlio - e  desiderandolo perché il creato potesse dire di esso ciò che è detto del  Verbo Incarnato al principio del Vangelo di Giovanni, dettato,  all’Evangelista dell’Amore e della Luce, dallo Spirito di Dio che è  Amore e Luce: “Tutte le cose sono state fatte per mezzo di Lui”, da quel  momento il fulminato arcangelo è sacrilego, omicida, predone.
     Era Lucifero. Si pensò: Luce. Ma essere “apportatore di luce” non è  essere la Luce. Ben diverso è il “portare” dall’“essere”. La Luce: il  Figlio di Dio, il Verbo del Padre, l’Increato ed Eterno, Immenso e  Perfettissimo, “generato, non fatto, consustanziale al Padre”, per mezzo  del Quale “tutte le cose sono state fatte”, non ha nulla di uguale e  comune con la creatura angelica creata ad essere apportatrice di luce e  messaggera di Dio, quale, in origine, era Lucifero, che prevaricò  volendo essere la Luce, perché liberamente e volontariamente volle  essere infedele al Signore suo Creatore e alla Grazia sua. Delirante  orgoglio del volersi credere Dio, e quindi non soggetto all’ubbidienza e  adorazione a Dio, che folgorò il ribelle.
    Da quel momento Satana vuole il suo  popolo da contrapporre al Popolo di Dio. E questo fine persegue senza  soste, in odio a Dio e alle creature che Dio ama da Padre. E la sua  intelligenza, conservata anche dopo la folgorazione divina -  intelligenza acutissima, quale si conveniva al principe del popolo  angelico - e il suo potere, usa a questo scopo, spiando ogni azione  dell’uomo, ascoltando ogni sua parola, traendo dalla cognizione di ogni  azione e parola umana, dalla costituzione fisica dell’individuo, dalle  malattie, dalle sventure, dagli studi, dagli affetti, dalle occupazioni,  da tutto, tanti terreni per gettarvi la sua zizzania, creando prodigi  atti a sedurre e trarre in errore.
    Quei prodigi di cui parla  Gesù Cristo, predicendo i tempi ultimi e mettendo in guardia gli uomini  verso essi prodigi e verso le voci dei falsi profeti e falsi cristi, che  sorgeranno e appariranno qua e là, e che altro non saranno che satanici  tranelli e satanici profeti servi dell’Anticristo profetizzato,  suscitati per sedurre gli uomini alla Menzogna e a false dottrine di  menzogna e farli trovare impreparati al momento tremendo del regno  dell’Anticristo sulla Terra e della consecutiva ultima venuta del Figlio  dell’Uomo, del Cristo Vincitore per l’Ultimo Giudizio di separazione  degli agnelli e delle pecore dai capretti e dagli arieti, di elezione e  condanna, di benedizione e maledizione. Quei prodigi dei quali parla  Paolo nella IIª Epistola a quei di Tessalonica (c. II). Quei prodigi di  cui parla Giovanni nel XIII capo del suo Apocalisse.
    Sì. Veramente che è astuto, tenace, feroce il martirio che Satana dà agli spiriti fedeli al Signore!
     Né meno costante, mordente, pungente e consumante è il martirio che  dànno all’uomo interiore le forze del fomite individuale e di quanto si  è instaurato nel mondo da quando Satana ne è il principe tenebroso: la  concupiscenza triplice, la zizzania maledetta gettata nei campi del  Signore, per nuocere al grano eletto, per soffocarlo, piegarlo al suolo,  o pervertirlo al punto di renderlo capace di disprezzare Iddio e  idolatrare se stesso.
    Né è meno causa di martirio il dolore, che  può essere di genere diverso, ma che è sempre dolore, e talora  grandissimo, il quale non manca mai nella vita degli eletti.
     Dolore permesso da Dio, e che può venire da malattie, da sventure, da  astio, o invidia, o odio di creature. Astio, invidia e odio che possono  giungere al delitto materiale o a quello morale, levando al prossimo la  vita o la riputazione o la libertà, oppure conculcandolo nei suoi  diritti, appropriandosi delle cose altrui, siano esse ricchezze  materiali o ricchezze intellettuali, alterando la verità delle cose sino  a presentare come opere di un demente, o di un demonio, o di un  simulatore, ciò che è opera e azione di un genio o di un giusto eletto  da Dio ad opere straordinarie.
    Dolore permesso da Dio, ma condannato da Dio,  dato dalle creature alle creature loro simili, dato in mille modi, per  torturare il giusto con calunnie, derisioni, esperimenti, odiosi a Dio,  sulla psiche del santo per aizzarlo, per mettergli dubbi in cuore su se  stesso, sull’accettazione divina del suo sacrificio, su ciò che vede o  sente; esperimenti senza prudenza, carità e giustizia, compiuti con fine  non retto che offende e addolora insieme Dio e la creatura, esperimenti  illeciti perché oltrepassano quel limite sacro che la carità di  prossimo ha messo, e che con nessuna speciosa scusa andrebbe oltrepassato.
    Dolore che può venire dall’io  per la sofferenza di sentirsi ancora tanto dissimile, imperfetto,  debole, lontano da quella perfezione alla quale ogni giusto aspira  giungere, per puro amore di Dio e per ubbidienza al consiglio di Gesù.
    Anime generose, non vi crucciate. Sopportate voi stesse,  così come sopportate gli altri. Abbiate pazienza per le vostre piccole  miserie spirituali come l’avete nelle piccole malattie del corpo.  Abbiatela, e sempre unita a confidenza, anche nei momenti, paragonabili a  malattie pericolose e improvvise, nei quali “perché la grandezza dei  doni straordinari non vi faccia insuperbire, vi viene dato lo stimolo della carne, un angelo di Satana che vi schiaffeggi”.  È una vicinanza e uno stimolo che vi ripugnano come una lordura che vi  sfiori, o una nausea che si agiti in voi e trabocchi in vomito. Ma  sopportateli con pazienza. Senza consentire ad essi, e senza sconfidarvi o accasciarvi per causa di essi.
     Rimanete nella pace pensando all’amor di Dio che soccorre la vostra  debolezza con la potenza della sua grazia, proprio con maggior  abbondanza in quelle ore in cui lo stimolo della carne o l’angelo di  Satana vengono a insinuarvi il pensiero che, nonostante ogni dono  soprannaturale o straordinario, l’uomo rimane l’uomo, creatura in cui la  natura spirituale divinizzata dalla grazia si trova in contrasto con la  natura umana soggetta ai disordinati appetiti della concupiscenza, e  che quindi voi non potete rimanere fedeli alla giustizia. Rimanete  indifferenti a queste voci inferiori o sataniche che parlano per  scoraggiarvi. Rimanete nella pace e non turbatevi per il lezzo dei  fermenti, del mondo, di Satana.
    Non turbatevi pensando che Dio  si possa allontanare da voi per questo ribollire di fomiti e questo  scatenarsi di assalti che si è formato improvviso in voi e intorno a  voi, per turbarvi e farvi dubitare della vostra missione di veri figli di Dio. Soltanto se consentiste, allontanereste il Signore.  Perché è il consenso alla tentazione quello che ha valore, come è il  consenso all’ispirazione quello che ha valore, sia nel male che nel  bene, sia nell’odio che nell’amore, di rendere reale un atto meritevole  di condanna o di premio.
    Se non c’è consenso, le voci basse  restano rumore inutile. Se non c’è consenso, le voci dell’alto restano  appelli inutili. Se non c’è consenso al male, rimanete fedeli a Dio  anche se tentati rudemente sino ad essere momentaneamente sopraffatti.  Se non c’è consenso al Bene, soltanto in questo caso, mancate all’Amore.  Perché l’amore è consenso. Se non c’è consenso reciproco tra due  esseri, non si crea l’amore. Ma se non c’è consenso, ossia ubbidienza  pronta alle voci dell’Amore Eterno, non esiste reciproco amore tra Dio  che ama e la creatura che ama poco o male, e l’amore vero non si crea e non cresce.
     Anche l’odio è consenso. Però l’odio non ha bisogno del consenso  reciproco tra odiante e odiato. Ma ha però sempre bisogno del consenso  di un complice per sorgere. Parlo dell’odio spirituale. Questo complice  non può essere che il vostro io, ossia voi stessi, con la  vostra volontà e ragione uscenti dall’ordine per entrare nel disordine.  Perché anche nell’odio fra creature, anche se motivato da colpe certe  dell’odiato verso l’odiante, sempre si instaura un disordine nei  rapporti tra uomo e uomo. Perché l’ordine è nell’amore, l’ordine è amore, e chi esce dall’amore esce dall’ordine.
     Nell’odio, poi, della creatura verso il suo Creatore - e il peccato  è odio al Creatore del quale si viene, peccando, a disprezzare la  Legge, così come la giustizia è amore della creatura per il suo Creatore  del quale si viene, amando, a praticare in spirito e verità la Legge - è sempre unicamente l’io il complice o l’elemento indispensabile perché odio o amore siano.
     Come non c’è amore se la libera volontà e ragione dell’uomo non  consentono ai comandi ed alle ispirazioni di Dio e non secondano i  desideri sorti nell’anima - quei desideri che lo stesso Dio suscita  nello spirito dell’uomo perché il suo grado di gloria sia sempre più  grande e, dopo averli suscitati, aiutando potentemente le volontà e  facoltà limitate dell’uomo, fa sì che egli possa realizzare i desideri  santi che il Signore ha suscitato nel suo spirito - così altrettanto, se  non c’è consenso della volontà e ragione agli stimoli interni ed  esterni della carne, del mondo e di Satana, se non c’è secondamento  degli appetiti irascibili o concupiscibili, ossia se l’anima non offende  con piena avvertenza e volontà il suo Signore, non c’è odio della creatura verso il suo Creatore.
     Il martirio del dolore è sempre nella vita degli eletti, i quali  mostrano la loro giustizia anche mediante il loro amore al dolore, non  soltanto sopportato con rassegnazione, ma anche chiesto come ottavo  sacramento e nona beatitudine, per essere unti vittime e per essere vera  effigie di Gesù-Vittima.
    Sono il sacramento non istituito e la  beatitudine non proposta, apertamente, dal Maestro Divino e Sacerdote  Eterno. Ma coloro che sanno leggere e comprendere il Vangelo, non nella  lettera ma nel suo spirito, trovano questa beatitudine sempre proposta  dalle stesse azioni di Gesù, l’Uomo del Sacrificio e del Dolore, e  trovano questo sacramento, che non abbisogna di materia e forma né di  ministro per rendersi sensibile ed efficace segno di grazia, ma è esso  stesso materia e forma di grazia, e facendo dell’uomo una vittima  rassegnata o, raggiungendo un grado più alto di identificazione col  Maestro Divino e Redentore Ss., una vittima volontaria e  accettata da Dio, fa di lui il ministro della sua immolazione e un  piccolo cristo, continuatore del Sacrificio divino di Gesù Cristo.
     Perché è per il dolore e la morte che Gesù fu “Gesù”, ossia  Salvatore. Fu per il dolore e la morte che Gesù raggiunse il fine per  cui si fece Uomo e compì il disegno di Dio: quello di fare del suo  Unigenito - il Verbo - l’Uomo-Dio, perché potesse essere Redentore e  Datore della Grazia ai figli di Adamo, diseredati, per colpa di lui, da  tal sublime dono.
    Ed è ancora e sempre per il dolore e  l’olocausto che l’uomo salva, continuando l’opera di salute iniziata dal  Cristo. Il dolore, meditato, compreso, contemplato soprannaturalmente,  non è castigo del rigore divino, ma è grazia dell’amore divino. Grazia  che Dio concede ai suoi figli migliori per farne dei cristi per  compartecipazione.
    Sì. Per compartecipazione al calice amaro,  alla dolorosa passione, dal Getsemani al Golgota, alla Croce, che fu il  giogo di Cristo, giogo pesantissimo, schiacciante, giogo che non  potrebbe venire portato se l’amore a Dio e al prossimo non lo rendesse  “soave e leggero”, se non alla carne, almeno al cuore, alla mente, allo  spirito. Fu il perfetto amore a Dio e al prossimo che fece correre il  Verbo di Dio incontro alla sua Croce con santa ansia di “aver tutto  compiuto”.
    Tutta la sua Vita, ossia la sua Eternità di Verbo, fu  un anelito a questo compimento. Tutta la sua Vita, sia quando era  ancora col Padre nel Cielo, sia quando scese ad incarnarsi nel seno di  Maria, sia quando ebbe il primo respiro, come quando cresceva in età,  grazia, sapienza, stando soggetto a Maria e Giuseppe, come poi alla  Legge e ai Voleri supremi del Padre Ss. sino a consumarsi per poter  esalare lo spirito dicendo: “È compiuto”, ebbe questo anelito. Aveva  insegnato che se il granello non muore non dà frutto. Ed era morto,  Egli, il Vivente, l’Eterno, per farsi, da granello di spiga verginale,  Pane di Vita agli uomini.
    Il dolore e l’olocausto è  compartecipazione alla sorte del Granello Ss. nato da spiga immacolata e  verginale: Gesù; è compartecipazione all’amore perfetto del Figlio  dell’uomo per i suoi fratelli al punto di dare la vita per loro; è  compartecipazione alla santità del Cristo, santità che si raggiunge  attraverso alla rinuncia, al sacrificio, alla morte anche.
    Gesù  fu esaltato dal Padre e ricevette Nome superiore ad ogni altro nome, e  tale che a quel Nome tutto si deve prostrare, adorando, in Terra e in  Cielo, dopo che si umiliò sino alla morte di croce.
    Quindi chi  ama la sua anima e vuol dare ad essa la vita eterna e beata, deve odiare  la sua carne, amando anche le persecuzioni e le infermità che  distruggono la materia, amando anche l’innalzamento, materiale o  spirituale, sulla croce di un qualsivoglia martirio, sulla croce che  stacca dalla Terra e solleva verso il Cielo in una elevazione mistica,  in una continua “messa” del cristiano, veramente formato, che si muta da  uomo in ostia, in piccola ostia che vuol esser consumata con la grande  Ostia: Gesù Eucarestia, in sacrificio latreutico, eucaristico,  propiziatorio, impetratorio.
    E col martirio del dolore è quello dell’amore. Non meno struggente, nella sua ardente dolcezza, di quello del dolore.
     Il martirio dell’amore! Le esigenze dell’amore. L’assolutismo  dell’amore che isola in una santa follia la creatura abbracciata  dall’Amore e immersasi con pieno e volontario consenso nell’oceano  fiammeggiante dell’amore. La generosità totale dell’amore, ormai  regnante con potenza di re assoluto in uno spirito, generosità che non  misura più cosa alcuna, né rinunce, né pene, né perdoni, né soccorsi di  misericordia corporale e spirituale, purché Dio abbia gloria e il  prossimo abbia sollievo, perdoni e grazie.

    L’adesione assoluta e  continua della creatura datasi all’amore, alla Ss. Volontà di Dio,  conservante, della sua libera volontà di uomo, un unico ramo: quello di  voler fare ciò che Dio vuole. Fare ciò che il Dio, vivente nelle anime,  inabitante nelle anime che amano, indica, comanda o propone di fare.  Questo amore ubbidiente, attivo, costante, mette la vita divina in voi e  completa l’identificazione vostra con Dio che è Amore, oltre che  Spirito, come spirito è l’anima vostra; che è Libero, come voi siete  liberi di volere; che è l’Eterno come eterno è, da quando è creato, lo  spirito vostro.
    Somiglianza divina di natura spirituale, di moti  d’amore, di luci intellettive, mette l’amore, il più grande dei  comandamenti, in voi; e, non per prevaricazione arbitraria come quella  di Adamo, seguente l’insinuazione e suggestione del Serpente e mordente  al frutto proibito per divenire “come dèi”, ma per partecipazione a  quella che è essenza dell’Essere Supremo: l’amore, vi fa “dèi e figli  dell’Altissimo”. Perché l’amore presuppone la Grazia nello spirito che  ama, e la Grazia è partecipazione di vita divina; è, attraverso la  capacità di intuire ciò che è Iddio, operare secondo il suo volere,  amare come siete amati, preparazione a vedere ciò che credeste, a  conoscere il Mistero di Dio e tutti i misteri di Dio, e tutti i  misteriosi moventi delle azioni di Dio, talora incomprensibili sinché  siete nell’esilio terrestre e nelle sue nebbie, a contemplare faccia a  faccia Iddio, a possedere la piena conoscenza di ogni Verità, a divenire  una sol cosa con Dio, nella perfezione dell’unione che solo può aversi  in Cielo, dopo la prova e dopo l’elevazione alla gloria, nella  perfezione dell’Amore che ormai avrà raggiunto la misura perfetta, anzi  le tre misure perfette.
    L’amore è veramente il dono dei doni,  mezzo al mantenimento del dono della Grazia, alla crescita delle virtù,  al raggiungimento del fine ultimo. Per questo viene donato dallo Spirito  Santo, Spirito dello Spirito divino, essenza dell’amore perfettissimo e  reciproco del Padre e del Figlio, procedente dal loro bacio, dalla loro  attrazione mutua, dalla loro contemplazione giubilante.
    La  volontà dell’uomo può rendere attivissimo questo dono dello Spirito  d’Amore, sufficiente per se stesso a far conseguire il fine per cui gli  uomini furono creati: la predestinazione alla Grazia e alla Gloria.  Perché, in verità, tutti coloro che sono mossi dall’amore divengono  “figli di Dio” (Paolo ai Romani c. 8 v. 16) poiché ogni loro azione  ispirano all’amore, ossia al bene verso Colui che sentono esservi, anche  se esattamente non lo conoscono, e verso i loro simili; e vivono perciò  secondo la legge naturale-morale, messa e conservata da Dio Creatore  nel cuore dell’uomo.
    È di costoro che S. Paolo scrive: “Quando i  Gentili, che non hanno legge, fanno naturalmente ciò che la legge  impone, e non avendo legge son legge a se stessi, e mostrano che il  timor della legge è scritto nel loro cuore, testimone la loro  coscienza... saranno giustificati nel giorno in cui Dio, per mezzo di  Gesù Cristo, giudicherà le azioni segrete degli uomini”.
    Infatti chiunque agisca con retta coscienza, seguendo i dettami della legge morale, dimostra di avere un’anima naturalmente cristiana,  aperta al Bene e al Vero, e Gesù, morto perché gli uomini avessero la  Vita eterna - gli uomini di buona volontà - sarà la loro  giustificazione. Perché tutti coloro che, anche non sapendo di Dio quale  è conosciuto dai Cattolici, credono fermamente che un Dio è, un Dio  giusto, provvido e rimuneratore ad ognuno di ciò che ognuno ha meritato,  appartengono - per la carità che per Lui sentono e per la carità e  giustizia che hanno verso il loro prossimo e verso se stessi, per il  desiderio di Dio, per la contrizione perfetta delle colpe potute  commettere - all’anima della Chiesa.
    Come ho detto che il dolore  è l’ottavo sacramento e la nona beatitudine, così dico che l’amore,  veramente vissuto e praticato, e il pentimento sincero del male potuto  involontariamente commettere, sono battesimo di desiderio, valido a dare  la partecipazione implicita al Corpo Mistico e quindi la partecipazione  alla Grazia. Solo Dio e gli uomini in cui Dio opera conoscono le azioni  divine per portare le creature umane a quella salvezza e a quel  conoscimento celeste della Verità per cui sono state create.
     L’amore è santa attività che muove tutte le forze dell’uomo volgendole  al loro ultimo fine. L’amore è sapienza. E la sapienza è libertà dalle  cose caduche e limitate. E la libertà da ciò che limita e tiene  attaccati alla Terra, apre allo spirito gli spazi dell’infinito perché  esso vi voli, si lanci incontro alla Eterna Verità che si abbassa verso  il suo amatore, e già si concede facendosi gustare ed amare, per quanto  creatura ancor mortale può, strappando l’uomo alle nebbie del suo triste  esilio per elevarlo a Sé e disvelarsi in parte per esserne sempre più  amato, senza, con ciò, renderlo distaccato ed estraneo ai bisogni dei  fratelli. Ché, anzi, l’uomo perduto in Dio adora Dio e attinge da Lui  grazie e benefizi, non per se solo, ma anche per fratelli sui quali li  sparge con azione santa e continua di carità.
    Per questi molti  martirii, dati dal dolore e dall’amore, coloro che resteranno fedeli  all’uomo interiore avranno in Cielo la veste e la palma descritte da  Giovanni. Perché con la loro volontà si saranno fatta quella veste,  mondando le loro stole nel Sangue dell’Agnello che avrà cancellato,  sotto la sua onda purificatrice, le ombre dei trascorsi iniziali e  quelle delle imperfezioni terminali, e i martirii sopportati, quello  dell’amore più d’ogni altro, secondando, con tutte le forze dell’uomo,  l’azione della Grazia divina, avuta per Gesù Cristo Signor vostro,  faranno che costoro siano i vincitori dal nome nuovo, ai quali verrà  data la manna nascosta, la corona di vita, la potestà sulle nazioni, la  gloria di sedere intorno al Trono eccelso, stando in eterno dinanzi  all’Agnello, alla Stella del Mattino che li guidò durante la via dalla  Terra al Cielo, alla Stella del loro mattino terreno, di cui  invocarono sollecito termine ad ogni palpito del cuore col grido  dell’anima amante: “Vieni, Signore Gesù”, alla Stella del loro mattino  celeste ed eterno, del giorno in cui entreranno per sempre nel Regno  celeste.»

Eventuali violazioni ai DIRITTI d'AUTORE, se DEBITAMENTE SEGNALATE a ezio1944@gmail.com - VERRANNO IMMEDIATAMENTE RIMOSSE
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