
Nel negozio dell'orafo (I quaderni del 1944)
«[…] Da un orafo sono diversi calici d’argento, lavorati a sbalzo taluni, e con arte e intarsi d’oro e anche gemme, altri unicamente belli per il metallo e la forma liscia e svasata come calice di giglio su stelo sottile.
Vengono dei compratori e guardano. Molti, ricchi signori, comprano dei calici per la loro sontuosa dimora. Prendono i più belli, tutto intarsi, sbalzi e gemme. E se li portano via. Per ultimo, un umile prete acquista, con l’obolo dei suoi parrocchiani, un calice di solo argento. Il più semplice, umile come lo è quel prete e come lo è la chiesa che egli regge. Umile come ne permette l’acquisto la poca somma delle offerte, ammucchiate soldo a soldo.
Il povero prete porta via il suo tesoro. È felice di pensare che Gesù scenderà col suo Sangue e il suo Corpo, con la sua Anima e Divinità, in quel nuovo calice, più degno di Lui, Santissimo, che non nell’altro, ormai ridotto da decenni d’uso in proprio cattivo stato. E non vede l’ora che sia la mattina di domenica per poterlo usare, porre sulla pietra sacra, su esso pronunciare le sante parole: “Questo è il Calice del mio Sangue…”. Oh! come quel calice è santo agli occhi suoi e di quelli che credono dal momento che in esso la fede vede il Sangue di Gesù Cristo, Salvatore, Verbo di Dio, Figlio dell’eterno Padre! Splende non per il lucente e nuovo argento ma per tutta la Luce che in sé rinchiude! […]»
I quaderni del 1944, 25 novembre
Vengono dei compratori e guardano. Molti, ricchi signori, comprano dei calici per la loro sontuosa dimora. Prendono i più belli, tutto intarsi, sbalzi e gemme. E se li portano via. Per ultimo, un umile prete acquista, con l’obolo dei suoi parrocchiani, un calice di solo argento. Il più semplice, umile come lo è quel prete e come lo è la chiesa che egli regge. Umile come ne permette l’acquisto la poca somma delle offerte, ammucchiate soldo a soldo.
Il povero prete porta via il suo tesoro. È felice di pensare che Gesù scenderà col suo Sangue e il suo Corpo, con la sua Anima e Divinità, in quel nuovo calice, più degno di Lui, Santissimo, che non nell’altro, ormai ridotto da decenni d’uso in proprio cattivo stato. E non vede l’ora che sia la mattina di domenica per poterlo usare, porre sulla pietra sacra, su esso pronunciare le sante parole: “Questo è il Calice del mio Sangue…”. Oh! come quel calice è santo agli occhi suoi e di quelli che credono dal momento che in esso la fede vede il Sangue di Gesù Cristo, Salvatore, Verbo di Dio, Figlio dell’eterno Padre! Splende non per il lucente e nuovo argento ma per tutta la Luce che in sé rinchiude! […]»
I quaderni del 1944, 25 novembre
Spiegazione
«[…] se un ladro notturno penetrasse tanto nelle ricche dimore dove furono portati i magnifici calici, come in questa chiesa dove in un povero armadio riposa questo semplice calice in attesa d’esser usato all’aurora per la Messa quotidiana, quale sarebbe furto più grande? Quello dei ricchi calici? No. Questo. Perché non è più furto: è sacrilegio. Io, scendendo in esso calice, l’ho nobilitato a nobiltà che esula e supera ogni altra nobiltà di prezzo, lavoro, materia, bellezza. Sacro è perché Io l’ho scelto, e sacro deve considerarsi, e usarlo come di cosa sacra si deve. Con rispetto. […]»
I quaderni del 1944, 25 novembre
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