
La Parabola RACCONTATA da SIMONE ZELOTE
[…] «Le piante hanno
bisogno dell’acqua del cielo, perché bevono anche con le foglie, eh?!
Sembra che no, ma è così. Le radici, le radici! Sta bene. Ma anche le
fronde ci sono per qualche cosa e hanno i loro diritti…».
«Non ti pare, Maestro, che Bartolomeo proponga il soggetto di una bella parabola?», dice lo Zelote stuzzicando Gesù a parlare.
Ma
Gesù, che sta ninnando il fanciullino che ha paura delle saette, non
dice la parabola, ma assente dicendo: «E tu come la proporresti?».
«Male certo, Maestro. Io non sono Te…».
«Dilla come la sai. Vi servirà molto il predicare con parabole. Abituatevi. Ti ascolto, Simone…».
«Oh!…
Tu Maestro, io… stolto… Ma ubbidisco. Direi così: “Un uomo aveva una
bella pianta di vite. Ma non essendo quell’uomo possessore di una vigna,
la sua vite l’aveva messa nel piccolo orto di casa, perché salisse sul
terrazzo a fare ombra e a dare grappoli, e molte cure dava alla sua
vite. Ma essa cresceva in mezzo alle case, presso la via, perciò fumo di
cucine e forni e polvere dalla strada salivano a molestare la vite. E,
finché ancora dal cielo scendevano le piogge di nisam, le foglie della
vite si detergevano dalle impurità e godevano del sole e dell’aria senza
avere sulla superficie una brutta crosta di sudiciume ad impedirlo. Ma,
quando venne l’estate e l’acqua non scese più dal cielo, fumo, polvere,
escrementi di uccelli si depositarono in spessi strati sulle foglie,
mentre il sole troppo rovente le prosciugava. Il padrone della vite dava
acqua alle radici sprofondate nel suolo, e perciò la pianta non moriva,
ma vegetava stenta, perché l’acqua dalle radici succhiata non saliva
che per l’interno, e le misere fronde non ne godevano. Anzi, dal suolo
torrido, bagnato con poca acqua, salivano ribollimenti ed esalazioni che
sciupavano le foglie macchiandole come per pustole maligne. Ma infine
venne una grande pioggia dal cielo e scese sulle fronde, corse lungo i
rami, i grappoli, il tronco, spense l’ardore delle muraglie e del suolo
e, passata la tempesta, il padrone della vite vide la sua pianta pulita,
fresca, godere e dare godimento sotto il cielo sereno”. Ecco la
parabola».
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 445.9
Spiegazione
«[…] Ma il paragone con l’uomo?…».
«Maestro, questo fallo Tu».
«No. Tu. Siamo tra fratelli, non devi temere di fare brutte figure».
«Se
è per le brutte figure, non le temo come cose penose. Anzi le amo,
perché servono a tenermi umile. È che non vorrei dire delle cose
errate…».
«Io te le correggerò».
«Oh! allora! Ecco. Io direi:
“Così avviene dell’uomo che non vive isolato negli orti di Dio, ma vive
in mezzo alla polvere e al fumo delle cose del mondo. Le quali lo
ingrommano lentamente, quasi inavvertitamente, ed egli si trova
sterilito nello spirito, sotto una crosta di umanità tanto spessa che
l’aura di Dio e il sole della Sapienza più non possono giovargli. E
inutilmente cerca sopperire con un poco di acqua, attinta alle pratiche e
data con tanta umanità alla parte inferiore, di modo che la parte
superiore non ne gode… Guai all’uomo che non si deterge con l’acqua del
Cielo che monda dalle impurità, che spegne gli ardori delle passioni,
che veramente nutre l’io tutto”. Ho detto».
«Hai detto bene. Io
direi anche che, a differenza della pianta, creatura priva di libero
arbitrio e confitta nella terra, e perciò non libera di andare in cerca
di ciò che le giova e di sfuggire ciò che le nuoce, l’uomo può andare a
cercare l’acqua del Cielo e sfuggire la polvere, il fumo e l’ardore
della carne e del mondo e del demonio. Sarebbe più completo
l’insegnamento».
L’Evangelo come mi è statorivelato, 445.10
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