119 - VALTORTAVOX

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La Parabola della VIGNA e del LIBERO ARBITRIO

«[…] Dunque l’uomo  affida la sua vigna incolta al suo lavoratore, il libero arbitrio, ed  esso comincia a coltivarla. L’anima, la vigna, ha però una voce e la fa  udire all’arbitrio. Una voce soprannaturale, nutrita da voci  soprannaturali che Dio non nega mai alle anime: quella del Custode,  quella di spiriti mandati da Dio, quella della Sapienza, quella dei  ricordi soprannaturali che ogni anima ricorda anche senza che l’uomo  tutto ne abbia la percezione esatta. E parla all’arbitrio, con voce  soave, supplice anche, per pregarlo di ornarla di piante buone, di  essere attivo e saggio per non fare di lei una prunaia selvatica,  maligna, velenosa, dove sono annidati serpenti e scorpioni, e fa tana la  volpe e la faina e altri quadrupedi malvagi.
Il libero arbitrio non  sempre è un buon coltivatore. Non sempre guarda la vigna e la difende  con siepe invalicabile, ossia con una volontà ferma e buona, tesa a  difendere l’anima dai ladroni, dai parassiti, da tutte le cose  perniciose, dai venti violenti che potrebbero far cadere i fioretti  delle buone risoluzioni quando queste sono appena formate nel desiderio.  Oh! che siepe alta e forte occorre alzare intorno al cuore per salvarlo  dal male! Come bisogna vegliare che non sia forzata, che non siano  aperte in essa né grandi aperture da cui entrano dissipazioni, né  subdole e piccole aperture, alla base, dalle quali si insinuano le  vipere: i sette vizi capitali! Come occorre sarchiare, bruciare le erbe  cattive, potare, fare scassi, concimare con la mortificazione, curare  con l’amore a Dio e al prossimo la propria anima. E sorvegliare con  occhio aperto e luminoso, e mente sveglia, perché i maglioli, che  potevano parere buoni, non si disvelino poi dannosi e, se ciò avviene,  senza pietà svellerli. Meglio una pianta sola, ma perfetta, a molte  inutili o dannose.
Abbiamo cuori, abbiamo perciò vigne che sono  sempre lavorate, piantate di nuove piante da un disordinato coltivatore  che affastella nuove piante: questo lavoro, quell’idea, quella volontà,  anche non malvagie, ma che poi non se ne cura più e malvagie divengono,  cadono al suolo, si imbastardiscono, muoiono… Quante virtù periscono  perché mescolate alle sensualità, perché non coltivate, perché, in  conclusione, il libero arbitrio non è sorretto dall’amore! Quanti ladri  entrano a rubare, a manomettere, a svellere, perché la coscienza dorme  invece di vegliare, perché la volontà si infiacchisce e corrompe, perché  l’arbitrio si fa sedurre e si fa schiavo, lui libero, del Male.
Ma  pensate! Dio lo lascia libero, e l’arbitrio si fa schiavo delle  passioni, del peccato, delle concupiscenze, del Male insomma. Superbia,  ira, avarizia, lussuria, mescolate prima, trionfanti poi sulle piante  buone!… Un disastro! Quanta arsura che dissecca le piante perché non c’è  più l’orazione che è unione con Dio, e perciò rugiada di benefici  succhi sull’anima! Quanto gelo ad assiderare le radici con la mancanza  di amore a Dio e al prossimo! Quanta magrezza di terreno perché si  rifiuta la concimazione della mortificazione, dell’umiltà! Che groviglio  inestricabile di rami buoni e non buoni, perché non si ha il coraggio  di soffrire per amputarsi di ciò che è nocivo! Questo è lo stato di  un’anima che ha per suo custode e coltivatore un arbitrio disordinato e  volto al Male.
Mentre l’anima che ha un arbitrio che vive  nell’ordine e perciò nell’ubbidienza della Legge, data perché l’uomo  sappia cosa è, come è e come si conserva l’ordine, e che è eroicamente  fedele al Bene, perché il Bene eleva l’uomo e lo fa simile a Dio, mentre  il Male lo abbrutisce e lo fa simile al demonio, è una vigna irrorata  dalle acque pure, abbondanti, utili, della fede, debitamente ombreggiata  da piante della speranza, soleggiata dal sole della carità, corretta  dalla volontà, concimata dalla mortificazione, legata con l’ubbidienza,  potata dalla fortezza, condotta dalla giustizia, sorvegliata dalla  prudenza e dalla coscienza. E la grazia cresce, aiutata da tanto, cresce  la santità, e la vigna diviene un giardino meraviglioso in cui scende  Iddio a prendere le sue delizie finché, conservandosi dessa vigna sempre  un giardino perfetto fino alla morte della creatura, dai suoi angeli  Dio fa portare questo lavoro, di un libero arbitrio volonteroso e buono,  nel grande ed eterno giardino dei Cieli.
Certo voi volete questa  sorte. E allora vegliate acciò il Demonio, il Mondo, la Carne non  seducano il vostro arbitrio e devastino l’anima vostra. Vegliate perché  in voi sia amore e non amor proprio, che spegne l’amore e getta l’anima  in balìa delle sensualità diverse e del disordine. Vegliate sino alla  fine, e le tempeste potranno bagnarvi ma non nuocervi, e carichi di  frutti andrete al vostro Signore per il premio eterno. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 428.4

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Eventuali violazioni ai DIRITTI d'AUTORE, se DEBITAMENTE SEGNALATE a ezio1944@gmail.com - VERRANNO IMMEDIATAMENTE RIMOSSE
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