
La SCULTURA
[…] Gesù sale su una barca tirata in secco sul greto
e da quella tribuna improvvisata, avendo di fronte, seduti a
semicerchio sulla riva e fra le piante, gli uditori, parla loro.
Prende
lo spunto dalla domanda che fa un uomo: «La nostra Legge, Maestro,
quasi indica come colpiti da Dio coloro che nascono infelici, tanto che
vieta loro ogni servizio all’altare. Ma che colpa ne hanno costoro? Non
sarebbe giusto riputare colpevoli i loro genitori che li danno alla luce
infelici? Le madri in specie? E come dobbiamo comportarci con questi
nati disgraziati?».
«Udite. Uno scultore sommo e perfetto fece un
giorno la forma di una statua, e ne fece un’opera tanto perfetta che se
ne compiacque e disse: “Voglio che la Terra sia piena di tale
meraviglia”. Ma da sé solo non poteva sopperire a tale lavoro. Chiamò
allora in suo aiuto altre persone e disse loro: “Su questo modello
fatemi mille e diecimila statue ugualmente perfette. Io poi darò loro
l’ultimo tocco, infondendo espressione alle loro fisionomie”. Ma gli
aiutanti non erano capaci di tanto, anche perché, oltre ad essere molto
inferiori nella capacità del loro maestro, si erano resi un poco ebbri,
avendo gustato un frutto il cui succo crea deliri e nebbie. Allora lo
scultore dette loro come delle forme e disse: “In esse modellate la
materia; sarà opera giusta ed io la farò completa avvivandola
dell’ultimo colpo”. E gli aiutanti si misero all’opera.
Ma lo
scultore aveva un grande nemico. Nemico suo personale e nemico dei suoi
aiutanti, il quale cercava con ogni mezzo di far sfigurare lo scultore e
di mettere dissapori fra lui e i suoi aiutanti. Perciò costui nelle
opere di essi mise la sua astuzia, là alterando la materia da colare
nella forma, qua indebolendo il fuoco, più oltre assonnando gli
aiutanti. Onde avvenne che il reggitore del mondo, per cercare di
impedire il più possibile che l’opera uscisse in copie imperfette, mise
sanzioni gravi contro quei modelli usciti in modo imperfetto. Ed una fu
che tali modelli non potessero esser esposti nella Casa di Dio. Là tutto
deve, o dovrebbe, esser perfetto. Dico: dovrebbe, perché non è così.
Anche se l’apparenza è buona, buona non è la real-tà. I presenti nella
Casa di Dio paiono senza difetti, ma l’occhio di Dio scopre in essi i
più gravi. Quelli che sono del cuore. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 419.7
Spiegazione
«[…]
Oh! il cuore! È con quello che si serve Dio; in verità, è con quello.
Non occorre né basta aver occhio limpido e udito perfetto, voce
armoniosa, belle membra, per cantare le lodi gradite a Dio. Non occorre
né basta aver belle vesti e monde e profumate. Limpido e perfetto,
armonico e ben costrutto deve esser lo spirito nello sguardo,
nell’udito, nella voce, nelle forme spirituali, e queste devono essere
ornate di purezza: ecco la veste bella e monda, e profumata di carità;
ecco l’olio saturo d’essenza che piace a Dio.
E che carità sarebbe
quella di uno che, essendo felice e vedendo un infelice, avesse per lui
scherno e odio? Ma, anzi, doppia e tripla carità va data a chi,
incolpevole, è nato infelice. L’in-felicità è pena che dà merito a chi
la porta e a chi, congiunto al colpito, la vede portare e ne soffre per
amor di parente, e forse si batte il petto pensando: “Causa di questa
pena io sono, con i miei vizi”. E non deve mai divenire causa di colpa
spirituale in chi la vede. Colpa diviene se diviene anticarità. Onde Io
vi dico: non siate mai senza carità col vostro prossimo. È nato
infelice? Amatelo perché porta la sua gran pena. È divenuto infelice per
sua colpa? Amatelo perché la sua colpa già si è mutata in castigo. È
genitore di un infelice nato tale o divenuto tale? Amatelo perché non vi
è pena più grande di un dolore di genitore colpito nella sua creatura. È
una madre che ha generato un mostro? Amatela perché ella è
letteralmente schiacciata da quel dolore che crede il più inumano.
Inumano è.
Ma più ancora è il dolore di una che è madre di un mostro
d’anima, la quale si accorge di aver partorito un demonio e un pericolo
per la Terra, per la patria, per la famiglia, per gli amici. Oh! che
questa non osa più neppure alzare la fronte, povera madre di un feroce,
di un abbietto, di un omicida, di un traditore, di un ladro, di un
corrotto! Ebbene, Io vi dico: amate anche queste madri, le più infelici.
Quelle che nei secoli passeranno col nome di madri di un assassino, di
un traditore.
Ovunque la Terra ha udito il pianto delle madri
straziate da una morte crudele del proprio figlio. Da Eva in poi, quante
madri si sono sentite lacerare le viscere più che nelle doglie del
parto — ma che dico? — si sono sentite sradicare le viscere e con esse
il cuore da una mano feroce davanti al cadavere del figlio assassinato,
giustiziato, martirizzato dagli uomini, e hanno ululato il loro spasimo,
avvoltolandosi con un delirio di spasmodico amor doloroso sulla spoglia
che non le udiva più, che non si scaldava più al loro calore, che non
poteva più fare un moto per dire con lo sguardo, o col gesto, se più non
poteva con la bocca: “Madre, io ti odo”.
Eppure Io vi dico che
ancor la Terra non ha udito il grido e raccolto il pianto della più
santa e della più infelice. Di quelle che saranno eterne nel ricordo
dell’uomo. La Madre dell’ucciso Redentore e la madre di colui che sarà
il suo traditore. Queste due, martiri in diverso modo, si udiranno,
attraverso le miglia, si udiranno gemere, e sarà la Madre innocente e
santa, la più innocente, l’innocente Madre dell’Innocente, quella che
dirà alla sorella lontana, martire di un figlio crudele più che d’ogni
altra cosa: “Sorella, io ti amo”.
Amate per esser degni di Questa che amerà per tutti e amerà tutti. L’amore è quello che salverà la Terra».
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 419.8/9
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