117 - VALTORTAVOX

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La SCULTURA

[…] Gesù sale su una barca tirata in secco sul greto e da quella tribuna improvvisata, avendo di fronte, seduti a semicerchio sulla riva e fra le piante, gli uditori, parla loro.
Prende lo spunto dalla domanda che fa un uomo: «La nostra Legge, Maestro, quasi indica come colpiti da Dio coloro che nascono infelici, tanto che vieta loro ogni servizio all’altare. Ma che colpa ne hanno costoro? Non sarebbe giusto riputare colpevoli i loro genitori che li danno alla luce infelici? Le madri in specie? E come dobbiamo comportarci con questi nati disgraziati?».
«Udite. Uno scultore sommo e perfetto fece un giorno la forma di una statua, e ne fece un’opera tanto perfetta che se ne compiacque e disse: “Voglio che la Terra sia piena di tale meraviglia”. Ma da sé solo non poteva sopperire a tale lavoro. Chiamò allora in suo aiuto altre persone e disse loro: “Su questo modello fatemi mille e diecimila statue ugualmente perfette. Io poi darò loro l’ultimo tocco, infondendo espressione alle loro fisionomie”. Ma gli aiutanti non erano capaci di tanto, anche perché, oltre ad essere molto inferiori nella capacità del loro maestro, si erano resi un poco ebbri, avendo gustato un frutto il cui succo crea deliri e nebbie. Allora lo scultore dette loro come delle forme e disse: “In esse modellate la materia; sarà opera giusta ed io la farò completa avvivandola dell’ultimo colpo”. E gli aiutanti si misero all’opera.
Ma lo scultore aveva un grande nemico. Nemico suo personale e nemico dei suoi aiutanti, il quale cercava con ogni mezzo di far sfigurare lo scultore e di mettere dissapori fra lui e i suoi aiutanti. Perciò costui nelle opere di essi mise la sua astuzia, là alterando la materia da colare nella forma, qua indebolendo il fuoco, più oltre assonnando gli aiutanti. Onde avvenne che il reggitore del mondo, per cercare di impedire il più possibile che l’opera uscisse in copie imperfette, mise sanzioni gravi contro quei modelli usciti in modo imperfetto. Ed una fu che tali modelli non potessero esser esposti nella Casa di Dio. Là tutto deve, o dovrebbe, esser perfetto. Dico: dovrebbe, perché non è così. Anche se l’apparenza è buona, buona non è la real-tà. I presenti nella Casa di Dio paiono senza difetti, ma l’occhio di Dio scopre in essi i più gravi. Quelli che sono del cuore. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 419.7

Spiegazione

«[…] Oh! il cuore! È con quello che si serve Dio; in verità, è con quello. Non occorre né basta aver occhio limpido e udito perfetto, voce armoniosa, belle membra, per cantare le lodi gradite a Dio. Non occorre né basta aver belle vesti e monde e profumate. Limpido e perfetto, armonico e ben costrutto deve esser lo spirito nello sguardo, nell’udito, nella voce, nelle forme spirituali, e queste devono essere ornate di purezza: ecco la veste bella e monda, e profumata di carità; ecco l’olio saturo d’essenza che piace a Dio.
E che carità sarebbe quella di uno che, essendo felice e vedendo un infelice, avesse per lui scherno e odio? Ma, anzi, doppia e tripla carità va data a chi, incolpevole, è nato infelice. L’in-felicità è pena che dà merito a chi la porta e a chi, congiunto al colpito, la vede portare e ne soffre per amor di parente, e forse si batte il petto pensando: “Causa di questa pena io sono, con i miei vizi”. E non deve mai divenire causa di colpa spirituale in chi la vede. Colpa diviene se diviene anticarità. Onde Io vi dico: non siate mai senza carità col vostro prossimo. È nato infelice? Amatelo perché porta la sua gran pena. È divenuto infelice per sua colpa? Amatelo perché la sua colpa già si è mutata in castigo. È genitore di un infelice nato tale o divenuto tale? Amatelo perché non vi è pena più grande di un dolore di genitore colpito nella sua creatura. È una madre che ha generato un mostro? Amatela perché ella è letteralmente schiacciata da quel dolore che crede il più inumano. Inumano è.
Ma più ancora è il dolore di una che è madre di un mostro d’anima, la quale si accorge di aver partorito un demonio e un pericolo per la Terra, per la patria, per la famiglia, per gli amici. Oh! che questa non osa più neppure alzare la fronte, povera madre di un feroce, di un abbietto, di un omicida, di un traditore, di un ladro, di un corrotto! Ebbene, Io vi dico: amate anche queste madri, le più infelici. Quelle che nei secoli passeranno col nome di madri di un assassino, di un traditore.
Ovunque la Terra ha udito il pianto delle madri straziate da una morte crudele del proprio figlio. Da Eva in poi, quante madri si sono sentite lacerare le viscere più che nelle doglie del parto — ma che dico? — si sono sentite sradicare le viscere e con esse il cuore da una mano feroce davanti al cadavere del figlio assassinato, giustiziato, martirizzato dagli uomini, e hanno ululato il loro spasimo, avvoltolandosi con un delirio di spasmodico amor doloroso sulla spoglia che non le udiva più, che non si scaldava più al loro calore, che non poteva più fare un moto per dire con lo sguardo, o col gesto, se più non poteva con la bocca: “Madre, io ti odo”.
Eppure Io vi dico che ancor la Terra non ha udito il grido e raccolto il pianto della più santa e della più infelice. Di quelle che saranno eterne nel ricordo dell’uomo. La Madre dell’ucciso Redentore e la madre di colui che sarà il suo traditore. Queste due, martiri in diverso modo, si udiranno, attraverso le miglia, si udiranno gemere, e sarà la Madre innocente e santa, la più innocente, l’innocente Madre dell’Innocente, quella che dirà alla sorella lontana, martire di un figlio crudele più che d’ogni altra cosa: “Sorella, io ti amo”.
Amate per esser degni di Questa che amerà per tutti e amerà tutti. L’amore è quello che salverà la Terra».
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 419.8/9

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