
La Parabola del BUON Re PASTORE che ARRIVA al suo REGNO con solo UN AGNELLO
[…] «Un pastore molto buono, venuto a conoscenza che in un luogo del creato erano molte pecore abbandonate da pastori poco buoni, le quali pericolavano su vie perverse e in pascoli nocivi e andavano sempre più verso burroni privi di luce, venne in quel posto e, sacrificando tutto il suo avere, acquistò quelle pecore e quegli agnelli. Voleva portarli nel suo regno, perché quel pastore era anche re come lo sono stati tanti re in Israele. Nel suo regno quelle pecore e quegli agnelli avrebbero trovato pascoli sani, fresche e pure acque, vie sicure e ripari inabbattibili contro i ladroni e i lupi feroci. Perciò quel pastore radunò le sue pecore e i suoi agnelli e disse loro: “Sono venuto a salvarvi, a portarvi dove non soffrirete più, dove non conoscerete più insidie e dolore. Amatemi, seguitemi perché io vi amo tanto e per avervi mi sono sacrificato in tutti i modi. Ma se mi amerete, il mio sacrificio non mi peserà. Venitemi dietro e andiamo”. E il pastore davanti, dietro le pecore, presero il cammino verso il regno della gioia. Il pastore ogni momento si volgeva per vedere se lo seguivano, per esortare le stanche, per rincuorare le sfiduciate, per soccorrere le malate, per carezzare gli agnelli. Come le amava! Dava loro il suo pane e il suo sale e per primo assaggiava l’acqua delle fonti e la benediva per sentire se era sana e per renderla santa. Ma le pecore — lo credi, Beniamino? — le pecore dopo qualche tempo si stancarono. Prima una, poi due, poi dieci, poi cento, rimasero indietro a brucare l’erba fino ad empirsi senza poter più muoversi, e si sdraiarono stanche e sazie nella polvere e nel fango. Altre si spenzolarono sui precipizi nonostante il pastore dicesse: “Non lo fate”; talune, poiché egli si metteva dove era maggior pericolo per impedire a loro di andarvi, lo urtarono col capo protervo e tentarono di precipitarlo più di una volta. Così molte finirono nei burroni e morirono miseramente. Altre si azzuffarono fra di loro e, incorna e intesta, si uccisero fra loro. Solo un agnellino non si distrasse mai. Esso correva, belando, e diceva col suo belato al pastore: “Ti amo”; correva dietro al pastore buono e, quando giunsero alle porte del suo regno, non erano che loro due: il pastore e l’agnellino fedele. Allora il pastore non disse: “entra”, ma disse: “vieni”, e lo prese sul petto, fra le braccia, e lo portò dentro chiamando tutti i suoi sudditi e dicendo loro: “Ecco. Costui mi ama. Voglio che sia meco in eterno. E voi amatelo perché esso è il prediletto del mio cuore”. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 352.7
Spiegazione
«[…] nell’amore è la forza per divenire grandi e nel-l’ubbidienza fatta per amore quella per entrare nel mio Regno. Siate semplici, umili, amorosi di un amore che non è solo dato a Me ma è scambievole fra di voi, ubbidienti alle mie parole, a tutte, anche a queste, se volete giungere dove entreranno questi innocenti. Imparate dai piccoli. Il Padre rivela loro la verità come non la rivela ai sapienti». […]
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 352.9
Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta onlus