
Parabola degli OPERAI ALLA VIGNA
«[…] Un padrone, allo spuntare
di un giorno, uscì per assoldare degli operai per la sua vigna e pattuì
con loro un denaro al giorno.
Uscito all’ora di terza nuovamente e
pensando che i lavoratori presi ad opera erano pochi, vedendo sulla
piazza altri sfaccendati in attesa di chi li prendesse, li prese e
disse: “Andate nella mia vigna e vi darò quello che ho promesso agli
altri”. E quelli andarono.
Uscito a sesta e a nona, ne vide altri
ancora e disse loro: “Vo-lete lavorare alle mie dipendenze? Io do un
denaro al giorno ai miei lavoratori”. Quelli accettarono e andarono.
Uscito
infine verso l’undecima ora, vide altri stare dimessi all’ultimo sole.
“Che fate qui, così oziosi? Non vi fa vergogna stare senza fare nulla
per tutto il giorno?”, chiese loro.
“Nessuno ci ha presi a giornata. Avremmo voluto lavorare e guadagnarci il cibo. Ma nessuno ci chiamò alla sua vigna”.
“Ebbene,
io vi chiamo alla mia vigna. Andate e avrete la mercede degli altri”.
Così disse, perché era un buon padrone ed aveva pietà dell’avvilimento
del suo prossimo.
Venuta la sera e finiti i lavori, l’uomo chiamò il
suo fattore e disse: “Chiama i lavoratori e paga la loro mercede,
secondo che ho fissato, cominciando dagli ultimi, che sono i più
bisognosi non avendo avuto nel giorno il cibo che gli altri hanno una o
più volte avuto e che, anche, sono quelli che per riconoscenza verso la
mia pietà hanno più di tutti lavorato; io li osservavo, e licenziali,
che vadano al riposo meritato, godendo con i famigliari i frutti del
loro lavoro”. E il fattore fece come il padrone ordinava, dando ad
ognuno un denaro.
Venuti per ultimi quelli che lavoravano dalla
prima ora del giorno, rimasero stupiti di avere essi pure un solo denaro
e fecero delle lagnanze fra di loro e col fattore, il quale disse: “Ho
avuto quest’ordine. Andate a lagnarvi dal padrone e non da me”. E quelli
andarono e dissero: “Ecco, tu non sei giusto! Noi abbiamo lavorato
dodici ore, prima fra la guazza e poi al sole cocente e poi da capo
nell’umido della sera, e tu ci hai dato come a quei poltroni che hanno
lavorato una sola ora!… Perché ciò?”. E uno specialmente alzava la voce,
dicendosi tradito e sfruttato indegnamente.
“Amico, e in che ti
faccio torto? Cosa ho pattuito con te all’alba? Una giornata di continuo
lavoro e per mercede di un denaro. Non è vero?”.
“Sì. È vero. Ma tu lo stesso hai dato a quelli, per tanto lavoro di meno…”.
“Tu hai acconsentito a quella mercede parendoti buona?”.
“Sì. Ho acconsentito perché gli altri davano anche meno”.
“Fosti seviziato qui da me?”.
“No, in coscienza no”.
“Ti
ho concesso riposo lungo il giorno e cibo, non è vero? Tre pasti ti ho
dato. E cibo e riposo non erano pattuiti. Non è vero?”.
“Sì, non erano pattuiti”.
“Perché allora li hai accettati?”.
“Ma…
Tu hai detto: ‘Preferisco così per non farvi stancare tornando alle
case’. E a noi non parve vero… Il tuo cibo era buono, era un risparmio,
era…”.
“Era una grazia che vi davo gratuitamente e che nessuno poteva pretendere. Non è vero?”.
“È vero”.
“Dunque
vi ho beneficati. Perché allora vi lamentate? Io dovrei lamentarmi di
voi che, comprendendo di avere a che fare con un padrone buono,
lavoravate pigramente, mentre costoro, venuti dopo di voi, con beneficio
di un solo pasto, e gli ultimi di nessun pasto, lavorarono con più
lena, facendo in meno tempo lo stesso lavoro fatto da voi in dodici ore.
Traditi vi avrei se vi avessi dimezzata la mercede per pagare anche
questi. Non così. Perciò piglia il tuo e vattene. Vorresti in casa mia
venirmi ad imporre ciò che ti pare? Io faccio ciò che voglio e ciò che è
giusto. Non volere essere maligno e tentarmi all’ingiustizia. Buono io
sono”. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 329.11
Spiegazione
«[…]
O
voi tutti che mi ascoltate, in verità vi dico che il Padre Iddio a
tutti gli uomini fa lo stesso patto e promette l’uguale mercede. Chi con
solerzia si mette a servire il Signore sarà trattato da Lui con
giustizia, anche se poco sarà il suo lavoro per prossima morte. In
verità vi dico che non sempre i primi saranno i primi nel Regno dei
Cieli, e che là vedremo degli ultimi essere primi e dei primi essere
ultimi. Là vedremo uomini, non di Israele, santi più di molti di
Israele. Io sono venuto a chiamare tutti, in nome di Dio. Ma se molti
sono i chiamati pochi sono gli eletti, perché pochi sono coloro che
vogliono la Sapienza. Non è sapiente chi vive del mondo e della carne e
non di Dio. Non è sapiente né per la Terra, né per il Cielo. Perché
sulla Terra si crea nemici, punizioni, rimorsi. E per il Cielo perde lo
stesso in eterno.
Ripeto: siate buoni col prossimo quale esso sia.
Siate ubbidienti, rimettendo a Dio il compito di punire chi non è giusto
nel comandare. Siate continenti nel sapere resistere al senso e onesti
nel sapere resistere all’oro, e coerenti nel dire anatema a ciò che
merita, non anatema quando vi pare, salvo poi stringere contatti con
l’oggetto prima maledetto come idea. Non fate agli altri ciò che per voi
non vorreste, […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 329.12
Copyright © Fondazione Erede di Maria Valtorta onlus