094 - VALTORTAVOX

Parole di vita ETERNA
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Il COSTRUTTORE di TORRI e il RE CHE VA in GUERRA

[…] Gesù  riprende: «Ma sapete voi cosa vuol dire e vuole essere venire dietro a  Me? Io rispondo a queste sole parole, perché non merita risposta la  curiosità e perché chi ha fame delle mie parole è, di conseguenza, di Me  amante e desideroso di unirsi a Me. Perciò, fra chi ha parlato, vi sono  due gruppi: i curiosi che trascuro, i volonterosi che ammaestro senza  inganno sulla severità di questa vocazione.
Venire a Me come discepolo vuol dire rinuncia di tutti gli amori a un solo  amore: il mio. Amore egoista verso se stessi, amore colpevole verso le  ricchezze o il senso o la potenza, amore onesto verso la sposa, santo  verso la madre, il padre, amore amabile dei e ai figli e fratelli, tutto  deve cedere al mio amore se si vuole essere miei. In verità  vi dico che più liberi di uccelli spazianti nei cieli devono essere i  miei discepoli, più liberi dei venti che scorrono i firmamenti senza che  nessuno li trattenga, nessuno e nessuna cosa. Liberi, senza catene  pesanti, senza lacci d’amore materiale, senza neppure le ragnatele  sottili delle più lievi barriere. Lo spirito è come una delicata  farfalla serrata dentro al bozzolo pesante della carne, e può  appesantirne il volo, o arrestarlo del tutto, anche l’iridescente e  impalpabile tela di un ragno: il ragno della sensibilità, della  ingenerosità nel sacrificio. Io voglio tutto , senza riserve.  Lo spirito abbisogna di questa libertà di dare, di questa generosità di  dare, per poter esser certo di non essere impigliato nella ragnatela  delle affezioni, consuetudini, riflessioni, paure, tese come tanti fili  da quel ragno mostruoso che è Satana, rapinatore di anime.
Se uno  vuol venire a Me e non odia santamente suo padre, sua madre, sua moglie,  i suoi figli, i suoi fratelli e le sue sorelle, e persino la sua vita,  non può esser mio discepolo. Ho detto “odia santamente”. Voi in cuor  vostro dite: “L’odio, Egli lo insegna, non è mai santo. Perciò Egli si  contraddice”. No. Non mi contraddico. Io dico di odiare la pesantezza  dell’amore, la passionalità carnale dell’amore al padre e madre, e sposa  e figli, e fratelli e sorelle, e alla stessa vita, ma anzi ordino di  amare, con la libertà leggera che è propria degli spiriti, i parenti e  la vita. Amateli in Dio e per Dio, non posponendo mai Dio a loro,  occupandovi e preoccupandovi di portarli dove il discepolo è giunto,  ossia a Dio Verità. Così amerete santamente i parenti e Dio, conciliando  i due amori e facendo dei legami di sangue non peso ma ala, non colpa  ma giustizia.
Anche la vostra vita dovete esser pronti a odiare per  seguire Me. Odia la sua vita colui che, senza paura di perderla o di  renderla umanamente triste, la fa servire a Me. Ma non è che una  apparenza di odio. Un sentimento erroneamente detto “odio” dal pensiero  dell’uomo che non sa elevarsi, dell’uomo tutto terrestre, di poco  superiore al bruto. In realtà questo apparente odio, che è il negare le  soddisfazioni sensuali alla esistenza per dare una sempre più vasta vita  allo spirito, è amore. Amore è, e del più alto che esista, del più  benedetto. Questo negarsi le basse soddisfazioni, questo interdirsi la  sensualità degli affetti, questo procurarsi rimproveri e commenti  ingiusti, questo rischiare punizioni, ripudi, maledizioni e forse anche  persecuzioni, è una sequela di pene. Ma occorre abbracciarle e imporsele  come una croce, un patibolo sul quale si espia ogni passata colpa per  andare giustificati a Dio, e dal quale si ottiene ogni grazia, vera,  potente, santa grazia di Dio per coloro che noi amiamo. Chi non porta la  sua croce e non viene dietro a Me, chi non sa fare questo, non può  essere mio discepolo.
Pensateci dunque molto, molto, voi che dite:  “Siamo venuti perché vogliamo unirci ai tuoi discepoli”. Non è vergogna  ma sapienza pesarsi, giudicarsi e confessare, a se stessi e agli altri:  “Io non ho stoffa di discepolo”. E che? I pagani hanno a base di un loro  insegnamento la necessità di “conoscere se stessi”; e voi israeliti,  per conquistare il Cielo, non lo sapreste fare? Perché, ricordatevelo  sempre, beati quelli che verranno a Me. Ma piuttosto che venire per poi  tradire Me e Colui che mi ha mandato, meglio è non venire affatto e  rimanere i figli della Legge come fin qui foste. Guai a coloro che,  avendo detto: “Vengo”, portano poi danno al Cristo essendo i traditori  dell’idea cristiana, gli scandalizzatori dei piccoli, dei buoni! Guai a  loro! Eppure vi saranno, e sempre vi saranno!
Imitate perciò colui  che vuole edificare una torre. Prima calcola attentamente la spesa  necessaria e fa i conti del suo denaro per vedere se ha di che portarla a  termine, perché, terminate le fondamenta, non debba sospendere i lavori  non avendo più denaro. In questo caso perderebbe anche quanto aveva  prima, rimanendo senza torre e senza talenti, e in cambio si attirerebbe  le beffe del popolo che direbbe: “Costui ha cominciato a fabbricare  senza poter finire. Ora può empirsi lo stomaco delle rovine della sua  incompiuta fabbrica”.
Imitate ancora i re della Terra, facendo  servire i poveri avvenimenti del mondo a insegnamento soprannaturale.  Costoro, quando vogliono muovere guerra ad un altro re, esaminano con  calma e attenzione ogni cosa, il pro e il contro, meditano se l’utile  della conquista valga il sacrificio delle vite dei sudditi, studiano se è  possibile conquistare quel luogo, se le loro milizie, inferiori della  metà a quelle del rivale, anche se più combattive, possono vincere; e  giustamente pensando che è improbabile che diecimila vincano ventimila,  prima che avvenga lo scontro mandano incontro al rivale una ambasceria  con ricchi doni e, ammansendo il rivale, già insospettito dalle mosse  militari dell’altro, lo disarmano con prove di amicizia, ne annullano i  sospetti e fanno con esso trattato di pace, in verità sempre più  vantaggioso, tanto umanamente che spiritualmente, di una guerra.
Così  dovete fare voi prima di iniziare la nuova vita e di schierarvi contro  il mondo. Perché questo è essere miei discepoli: andare contro la  turbinosa e violenta corrente del mondo, della carne, di Satana. E, se  non sentite in voi il coraggio di rinunciare a tutto per amor mio, non  venite a Me perché non potete essere miei discepoli».
«Va bene. Ciò  che Tu dici è vero», ammette uno scriba che si è mescolato al gruppo.  «Ma se ci spogliamo di tutto, con che ti serviamo poi? La Legge ha dei  comandi che sono come monete che Dio dà all’uomo perché usandole si  compri la vita eterna. Tu dici: “Rinunciate a tutto” e accenni il padre,  la madre, le ricchezze, gli onori. Dio ha pur dato queste cose e ci ha  detto, per bocca di Mosè, di usarle con santità per apparire giusti agli  occhi di Dio. Se Tu ci levi tutto, che ci dài?».
«Il vero amore, l’ho detto, o rabbi. Vi do la mia dottrina che non leva un iota alla antica Legge, ma anzi la perfeziona».
«Allora tutti siamo discepoli uguali, perché tutti abbiamo le stesse cose».
«Tutti  le abbiamo secondo la Legge mosaica. Non tutti secondo la Legge  perfezionata da Me secondo l’Amore. Ma non tutti raggiungono, nella  stessa, la stessa somma di meriti. Anche fra i miei stessi discepoli non  tutti giungeranno ad avere somma di meriti in uguale misura, e alcuno  fra essi non solo non avrà somma ma perderà anche l’unica sua moneta: la  sua anima».
«Come? A chi più è dato più resterà. I tuoi discepoli,  meglio i tuoi apostoli, ti seguono nella tua missione e sono al corrente  dei tuoi modi, hanno avuto moltissimo; molto hanno avuto i discepoli  effettivi, meno i discepoli solo di nome, nulla quelli che, come me, non  ti ascoltano che per accidente. È ovvio che moltissimo avranno in Cielo  gli apostoli, molto i discepoli effettivi, meno i discepoli di nome,  nulla quelli che sono come me».
«Umanamente è ovvio, e male anche  umanamente. Perché non tutti sono capaci di far fruttare i beni avuti…  [continua nella parabola successiva]
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 281.5/8

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