
Il RE BUONO e il SERVO CATTIVO
«[…] Un re volle fare i conti coi
suoi servi. Li chiamò dunque uno dopo l’altro cominciando da quelli che
erano i più in alto. Venne uno che gli era debitore di diecimila
talenti. Ma il suddito non aveva con che pagare l’anticipo che il re gli
aveva fatto per potersi costruire case e beni d’ogni genere, perché in
verità non aveva, per molti motivi più o meno giusti, con molta solerzia
usato della somma ricevuta per questo. Il re-padrone, sdegnato della
sua infingardia e della mancanza di parola, comandò fosse venduto lui,
la moglie, i figli e quanto aveva, finché avesse saldato il suo debito.
Ma il servo si gettò ai piedi del re e con pianti e suppliche lo
pregava: “Lasciami andare. Abbi un poco di pazienza ancora ed io ti
renderò tutto quanto ti devo, fino all’ultimo denaro”. Il re,
impietosito da tanto dolore — era un re buono — non solo acconsentì a
questo ma, saputo che fra le cause della poca solerzia e del mancato
pagamento erano anche delle malattie, giunse a condonargli il debito.
Il
suddito se ne andò felice. Uscendo di lì, però, trovò sulla sua via un
altro suddito, un povero suddito al quale egli aveva prestato cento
denari tolti ai diecimila talenti avuti dal re. Persuaso del favore
sovrano, si credette tutto lecito e, preso quell’infelice per la gola,
gli disse: “Rendimi subito quanto mi devi”. Inutilmente l’uomo piangendo
si curvò a baciargli i piedi gemendo: “Abbi pietà di me che ho tante
disgrazie. Porta un poco di pazienza ancora e ti renderò tutto, fino
all’ultimo spicciolo”. Il servo, spietato, chiamò i militi e fece
condurre in prigione l’infelice perché si decidesse a pagarlo, pena la
perdita della libertà o anche della vita.
La cosa fu risaputa dagli
amici del disgraziato i quali, tutti contristati, andarono a riferirlo
al re e padrone. Questi, saputa la cosa, ordinò gli fosse tradotto
davanti il servitore spietato e, guardandolo severamente, disse: “Servo
iniquo, io ti avevo aiutato prima perché tu diventassi misericordioso,
perché ti facessi una ricchezza, poi ti ho aiutato ancora col condonarti
il debito per il quale tanto ti raccomandavi che io avessi pazienza. Tu
non hai avuto pietà di un tuo simile mentre io, re, per te ne avevo
avuta tanta. Perché non hai fatto ciò che io ti ho fatto?”. E lo
consegnò sdegnato ai carcerieri, perché lo tenessero finché avesse tutto
pagato, dicendo: “Come non ebbe pietà di uno che ben poco gli doveva,
mentre tanta pietà ebbe da me che re sono, così non trovi da me pietà”.
[…]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 278.4
Spiegazione
«[…]
Così pure farà il Padre mio con voi se voi sarete spietati ai fratelli,
se voi, avendo avuto tanto da Dio, sarete colpevoli più di quanto non
lo è un fedele. Ricordate che in voi è l’obbligo di essere più di ogni
altro senza colpe. Ricordate che Dio vi anticipa un gran tesoro, ma
vuole che gliene rendiate ragione. Ricordate che nessuno come voi deve
saper praticare amore e perdono.
Non siate servi che per voi molto
volete e poi nulla date a chi a voi chiede. Come fate, così vi sarà
fatto. E vi sarà chiesto anche conto del come fanno gli altri,
trascinati al bene o al male dal vostro esempio. Oh! che in verità se
sarete santificatori possederete una gloria grandissima nei Cieli! Ma,
ugualmente, se sarete pervertitori, o anche solamente infingardi nel
santificare, sarete duramente puniti.
Io ve lo dico ancora una
volta. Se alcuno di voi non si sente di essere vittima della propria
missione, se ne vada. Ma non manchi ad essa. E dico: non manchi nelle
cose veramente rovinose alla propria e all’altrui formazione. E sappia
avere amico Dio, avendo sempre in cuore perdono ai deboli. Allora ecco
che ad ognun di voi che sappia perdonare sarà da Dio Padre dato perdono.
[…]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 278.5
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