077 - VALTORTAVOX

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La Parabola dei FRATELLI SEPARATI

«[…] Un uomo si sposò, avendo molti figli dalla moglie. Ma uno fra questi nacque deforme nel corpo e apparentemente di razza diversa. L’uomo lo riputò un disonore e non lo amò, per quanto la creatura fosse innocente. Il fanciullo crebbe trascurato fra i servi più infimi, perciò inferiore anche nel pensiero ai fratelli. La madre, essendo morta nel darlo alla luce, non poteva temperare la durezza del padre, impedire lo scherno dei fratelli, correggere le idee errate, nate dal pensiero selvaggio del bambino. Una piccola belva mal sopportata presso la casa dei figli del cuore.
Il fanciullo divenne uomo così. E la ragione sviluppata in ritardo, ma finalmente giunta alla maturità, comprese che non era essere figlio vivere nelle stalle, ricevere un tozzo di pane e uno straccio di veste e mai un bacio, mai una parola, mai un invito ad entrare nella casa paterna. E soffriva, soffriva gemendo nella sua tana: “Padre! Padre!”. Mordeva il suo pane, ma rimaneva la grande fame del cuore. Si copriva con la veste, ma rimaneva il grande freddo del cuore. Aveva amici gli animali e alcuni pietosi del paese. Ma aveva la solitudine del cuore. “Padre! Padre!”… Lo udivano i servi, i fratelli, i concittadini gemere sempre così, come folle. E “il folle” era detto.
Infine un servo osò andare da lui, divenuto quasi una belva, e gli disse: “Perché non ti getti ai piedi del padre?”. “Lo farei. Ma non oso…”. “Perché non vieni in casa?”. “Ho paura”. “Ma lo vorresti fare?”. “Oh! sì! Perché di questo ho fame, per questo ho freddo, e mi sento solo come in un deserto. Ma io non so come si vive nella casa del padre mio”. Il servo buono si mise allora ad istruirlo, a renderlo più di bell’aspetto, a levargli il terrore di essere inviso al padre, dicendogli: “Tuo padre ti vorrebbe, ma non sa se tu lo ami. Lo sfuggi sempre… Leva al padre il rimorso di avere agito troppo severamente e il suo dolore di saperti ramingo. Vieni. Anche i fratelli ora non vogliono più schernirti, perché io ho narrato loro il tuo dolore”.
E il povero figlio andò una sera, guidato dal servo buono, alla porta paterna e gridò: “Padre, io ti amo! Lasciami entrare!…”. Il padre, che vecchio e triste pensava al suo passato e al suo futuro eterno, sussultò a quella voce e disse: “Il mio dolore si placa infine perché nella voce del deforme ho sentito la mia, e il suo amore è prova che egli è sangue del mio sangue e carne della mia carne. Venga dunque a prendere il suo posto presso i fratelli, e sia benedetto il servo buono che ha reso completa la mia famiglia mettendo il figlio reietto fra tutti i figli del padre”. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 221.7

Spiegazione

«[…] nell’applicazione di essa voi dovete pensare che il Padre dei deformi spirituali, Dio — perché i deformi spirituali sono gli scismatici, gli eretici, i separati — è stato costretto al rigore dalle deformità volontarie che essi hanno voluto. Ma il suo amore non ha mai deflettuto. Li attende. Portateglieli. È il vostro dovere. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 221.8

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Eventuali violazioni ai DIRITTI d'AUTORE, se DEBITAMENTE SEGNALATE a ezio1944@gmail.com - VERRANNO IMMEDIATAMENTE RIMOSSE
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