
La Parabola del RE CHE FA le NOZZE al FIGLIO SUO
«[…] Una volta
un re fece le nozze di suo figlio. Potete immaginare che festa fosse
nella reggia. Era il suo unico figlio e, giunto all’età perfetta, si
sposava con la sua diletta. Il padre e re volle che tutto fosse gioia
intorno alla gioia del suo diletto, finalmente sposo con la beneamata.
Fra le molte feste nuziali fece anche un grande pranzo. E lo preparò per
tempo, vegliando su ogni particolare dello stesso, perché riuscisse
splendido e degno delle nozze del figlio del re.
Mandò per tempo i
suoi servi a dire agli amici e agli alleati, e anche ai più grandi nel
suo regno, che le nozze erano stabilite per quella data sera e che loro
erano invitati, e che venissero per fare degna cornice al figlio del re.
Ma amici, alleati e grandi del regno non accettarono l’invito.
Allora
il re, dubitando che i primi servi non avessero parlato a dovere, ne
mandò altri ancora, perché insistessero dicendo: “Ma venite! Ve ne
preghiamo. Ormai tutto è pronto. La sala è apparecchiata, i vini
preziosi sono stati portati da ogni dove, e già nelle cucine sono
ammucchiati i buoi e gli animali ingrassati per essere cotti, e le
schiave intridono le farine a far dolciumi, ed altre pestano le mandorle
nei mortai per fare leccornie finissime a cui mescolano aromi fra i più
rari. Le danzatrici e i suonatori più bravi sono stati scritturati per
la festa. Venite dunque acciò non sia inutile tanto apparato”.
Ma
amici, alleati e grandi del regno o rifiutarono, o dissero: “Abbiamo
altro da fare”, o finsero di accettare l’invito, ma poi andarono ai loro
affari, chi al campo, chi ai negozi, chi ad altre cose ancor meno
nobili. E infine ci fu chi, seccato da tanta insistenza, prese il servo
del re e l’uccise per farlo tacere, posto che insisteva: “Non negare al
re questa cosa perché te ne potrebbe venire male”.
I servi tornarono
al re e riferirono ogni cosa, e il re avvampò di sdegno mandando le sue
milizie a punire gli uccisori dei suoi servi e a castigare quelli che
avevano sprezzato il suo invito, riservandosi di beneficare quelli che
avevano promesso di venire. Ma la sera della festa, all’ora fissata, non
venne nessuno.
Il re, sdegnato, chiamò i servi e disse: “Non sia
mai che mio figlio resti senza chi lo festeggi in questa sua sera
nuziale. Il banchetto è pronto, ma gli invitati non ne sono degni.
Eppure il banchetto nuziale del figlio mio deve avere luogo. Andate
dunque sulle piazze e sulle strade, mettetevi ai crocicchi, fermate chi
passa, adunate chi sosta e portateli qui. Che la sala sia piena di gente
festante”.
I servi andarono. Usciti per le vie, sparsisi sulle
piazze, messisi ai crocicchi, radunarono quanti trovarono, buoni o
cattivi, ricchi o poveri, e li portarono nella dimora regale, dando loro
i mezzi per apparire degni di entrare nella sala del banchetto di
nozze. Poi li condussero in quella, ed essa fu piena, come il re voleva,
di popolo festante.
Ma, entrato il re nella sala per vedere se
potevano aver inizio le feste, vide uno che, nonostante gli aiuti dati
dai servi, non era in veste di nozze. Gli chiese: “Come mai sei entrato
qui senza la veste di nozze?”. E colui non seppe che rispondere, perché
infatti non aveva scusanti. Allora il re chiamò i servi e disse loro:
“Prendete costui, legatelo nelle mani e nei piedi e gettatelo fuori
della mia dimora, nel buio e nel fango gelido. Ivi starà nel pianto e
con stridor di denti come ha meritato per la sua ingratitudine e per
l’offesa che mi ha fatta, e più che a me al figlio mio, entrando con
veste povera e non monda nella sala del banchetto, dove non deve entrare
che ciò che è degno di essa e del figlio mio”. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 206.11/12
Spiegazione
«[…]
Gli invitati sono coloro che Io chiamo con vocazione speciale, grazia
gratuita che Io concedo come invito all’intimità nel mio palazzo con Me
stesso, come elezione alla mia Corte. I poveri, i ciechi, i monchi, i
deformi sono coloro che non hanno avuto speciali chiamate e aiuti e che
coi loro soli mezzi non hanno potuto conservare o raggiungere ricchezza
spirituale e salute, ma anzi hanno, per imprudenze naturali, aumentato
la loro infelicità. Sono cioè i poveri peccatori, le anime deboli,
povere, deformi, le quali non osano presentarsi alla porta, ma si
aggirano nei pressi del palazzo attendendo una misericordia che li
ristori. I passanti frettolosi, che non si curano di ciò che avviene
nella dimora del Signore, sono coloro che vivono nelle religioni più o
meno rivelate o nella loro personale che ha nome: denaro, affari,
ricchezze. Costoro credono di non avere bisogno di conoscermi.
Ora
si verifica il fatto che sovente i chiamati da Me trascurano il mio
appello, se ne disinteressano, preferiscono occuparsi di cose umane
invece di dedicarsi alle cose soprannaturali. Allora Io faccio entrare i
poveri, i ciechi, gli zoppi, i deformi; li rivesto della veste di
nozze, li faccio assidere alla mia mensa, li dichiaro ospiti miei e li
tratto da amici. E chiamo anche quelli che sono fuori della mia Chiesa,
li attiro con insistenza e cortesia, li costringo anche con dolce
violenza.
Nel mio Regno c’è posto per tutti, e mia gioia è farvi
entrare molti. Guai però a coloro che, eletti da Me per vocazione, mi
trascurano preferendo dedicarsi a cose naturali. E guai a coloro che,
benignamente accolti pur non essendone meritevoli, e rivestiti dalla mia
magnanimità con la grazia che ricopre e annulla le loro brutture, si
levano la veste nuziale mancando di rispetto a Me e alla mia dimora,
dove nulla di indegno deve circolare. Saranno espulsi dal Regno perché avranno calpestato il dono di Dio.
Delle
volte, fra i peccatori e i convertiti Io vedo anime così belle e così
riconoscenti che le eleggo a mie spose, al posto d’altre, già chiamate,
che mi hanno respinto. […]»
I quaderni del 1943, 28 giugno
«[…] Come voi vedete, le sollecitudini del mondo, le avarizie, le
sensualità, le crudeltà attirano l’ira del re, fanno sì che mai più
questi figli delle sollecitudini entrino nella casa del Re. E vedete
anche come anche fra i chiamati, per benignità verso suo figlio, vi sono
i puniti.
Quanti al giorno d’oggi, in questa terra alla quale Dio
ha mandato il suo Verbo! Gli alleati, gli amici, i grandi del suo
popolo, Dio veramente li ha invitati attraverso i suoi servi, e più li
farà invitare, con invito pressante, man mano che l’ora delle mie nozze
si farà vicina. Ma non accetteranno l’invito perché sono falsi alleati,
falsi amici, e non sono grandi che di nome perché la bassezza è in
loro».
Gesù va elevando sempre più la voce, e i suoi occhi, alla
luce di fuoco che è stato acceso fra Lui e gli ascoltatori per
illuminare la sera, nella quale manca ancora la luna che è nella fase
decrescente e si alza più tardi, gettano sprazzi di luce come fossero
due gemme.
«Sì, la bassezza è in loro. Per tutto questo essi non
comprendono che è dovere e onore per loro aderire all’invito del Re.
Superbia, durezza, libidine fanno baluardo nel loro cuore. E —
sciagurati che sono! — e hanno odio a Me, a Me, per cui non vogliono
venire alle mie nozze. Non vogliono venire. Preferiscono alle nozze i
connubi con la politica sozza, con il più sozzo denaro, con il
sozzissimo senso. Preferiscono il calcolo astuto, la congiura, la
subdola congiura, il tranello, il delitto.
[…] E il Re del Cielo,
perché il Figlio abbia un degno apparato di nozze, manderà a raccogliere
sui crocicchi coloro che sono non amici, non grandi, non alleati, ma
sono semplicemente popolo che passa. Già — e per mia mano, per la mia
mano di Figlio e di servo di Dio — la raccolta si è iniziata. Quali che
siano, verranno… E sono già venuti. Ed Io li aiuto a farsi mondi e belli
per la festa di nozze.
Ma ci sarà, oh! per sua sventura ci sarà chi
anche della magnificenza di Dio, che gli dà profumi e vesti regali per
farlo apparire quale non è — un ricco e degno — vi sarà chi di tutta
questa bontà se ne farà un approfitto indegno per sedurre, per
guadagnare… Individuo di bieco animo, abbracciato dal polipo ripugnante
di tutti i vizi… e sottrarrà profumi e vesti per trarne guadagno
illecito, usandoli non per le nozze del Figlio, ma per le sue nozze con
Satana.
Ebbene, questo avverrà. Perché molti sono i chiamati, ma
pochi coloro che, per saper perseverare nella chiamata, giungono ad
essere eletti. Ma anche avverrà che a queste iene, che preferiscono le
putrefazioni al nutrimento vivo, sarà inflitto il castigo di essere
gettati fuori della sala del Banchetto, nelle tenebre e nel fango di uno
stagno eterno in cui stride Satana il suo orrido riso per ogni trionfo
su un’anima, e dove suona eterno il pianto disperato dei mentecatti che
seguirono il Delitto invece di seguire la Bontà che li aveva chiamati.
[…]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 206.13
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