
Parabola della CRESCITA del SEME
«[…] Ora ascoltate la parabola del lavoro di Dio nei cuori per fondarvi il suo regno. Perché ogni cuore è un piccolo regno di Dio sulla Terra. Dopo, oltre la morte, tutti questi piccoli regni si agglomerano in uno solo, nello smisurato, santo, eterno Regno dei Cieli.
Il regno di Dio nei cuori è creato dal Seminatore divino. Egli viene al suo podere — l’uomo è di Dio, perciò ogni uomo è inizialmente suo — e vi sparge il suo seme. Poi se ne va ad altri poderi, ad altri cuori. Si succedono i giorni alle notti e le notti ai giorni. I giorni portano sole o piogge, in questo caso raggi d’amore divino e effusione della divina sapienza che parla allo spirito. Le notti portano stelle e silenzio riposante: nel nostro caso richiami luminosi di Dio e silenzio per lo spirito perché l’anima si raccolga e mediti.
Il seme, in questo succedersi di provvidenze inavvertibili e potenti, si gonfia, si fende, mette radici, si abbarbica, getta fuori le prime fogliette, cresce. Tutto questo senza che l’uomo lo aiuti. La terra produce spontaneamente l’erba dal seme, poi l’erba si fortifica e sorregge la spiga che sorge, poi la spiga si alza, si gonfia, si indurisce, si fa bionda, dura, perfetta nel suo granire. Quando è matura torna il seminatore e vi mette la falce, perché il tempo della perfezione è venuto per quel seme. […]»
L”Evangelo come mi è stato rivelato, 184.4
Spiegazione
«[…] ogni cuore è un piccolo regno di Dio sulla Terra. Dopo, oltre la morte, tutti questi piccoli regni si agglomerano in uno solo, nello smisurato, santo, eterno Regno dei Cieli. […]
Ma il lavoro è lento. Bisogna non sciupare tutto con l’intempestività. Come è faticoso al piccolo seme fendersi e conficcare le radici nella terra! Anche al duro e selvaggio cuore è penoso questo lavoro. Deve aprirsi, lasciarsi frugare, accogliere cose nuove, faticare a nutrirle, apparire diverso perché coperto di umili ed utili cose e non più dell’attraente, pomposo e inutile esuberante fiorire che lo copriva prima. Deve accontentarsi di lavorare con umiltà, senza attirare ammirazione, per l’utile dell’Idea divina. Deve spremere tutte le sue capacità per crescere e fare spiga. Si deve arroventare d’amore per divenire grano. E quando, dopo avere superato rispetti umani tanto, tanto, tanto penosi; dopo aver faticato, sofferto ed essersi affezionato alla sua nuova veste, ecco che se ne deve spogliare con un taglio crudele. Dare tutto per avere tutto. Rimanere spoglia per essere rivestito in Cielo della stola dei santi. La vita del peccatore che diventa santo è il più lungo, eroico, glorioso combattimento. Io ve lo dico. […]»
L’Evangelo come mi è stato rivelato, 184.4
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