Apo-11 - VALTORTAVOX

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LEGGE ► DANIELA CIAVONI


Le grandi abominazioni: la gelosia dove dovrebbe essere solo carità fraterna, l’eccesso di amore alla scienza umana dove dovrebbe essere solo amore fedele alla Sapienza fonte della Rivelazione, compromessi tra ciò che dà utile terreno e ciò che dà utile soprannaturale per avere l’utile immediato, il Cristo ucciso in troppe anime, troppo suo popolo divenuto rinnegatore del suo Salvatore. Queste le cose preparatorie.
Poi “il popolo che verrà”, con lo scopo di devastare. Un altro profeta disse: “Quando il popolo del settentrione… Un gran tumulto dalle terre del settentrione… Ecco venire dal settentrione…”.
L’una e l’altra predizione sono tanto chiare che basta alzar gli occhi e saper vedere, e voler vedere, per capire.
E che devasterà? Oh! non solo gli edifici ed i paesi. Ma soprattutto la fede, la morale, le anime. E non tutte le anime devastate saranno anime comuni. E i sacrifici e le ostie verran meno non potendosi più aver libertà di culto, e temendo, in molti, d’esser presi per questo. Già, pur non essendo ancora in atto la devastazione e la persecuzione, molti rinnegano la via già scelta, perché l’abominio si spande come perfida gramigna, e la carità si raffredda mentre sorgono i falsi profeti di cui parla il Cristo nel capo 24 di Matteo e Paolo nel c.II della II epistola ai Tessalonicesi.
Per ora quelli soli. Ma poi verrà colui che essi precorrono: l’Anticristo, al quale essi avranno preparato la via affievolendo la carità, così come il Battista aveva preparato le vie al Cristo insegnando la carità, di cui era pieno essendo “ripieno di Spirito Santo fin dal seno di sua madre”, come mezzo indispensabile per potersi unire a Cristo e vivere la vita di Dio. (Sugli insegnamenti di carità del Battista vedere Luca c.III v. 10-14).
In verità, la carità è il legame che tiene unita la comunità cattolica a Dio e ai fratelli. Nella e dalla carità è l’unione e l’alimento delle anime, e la loro santificazione e quella di sempre nuove anime. Se viene a mancare la carità subentra l’amor proprio. E la differenza tra i due amori è questa.
L’amore vero e santo, comandato e consigliato da Dio, è ricerca di Dio, è riconoscimento della sua onnipotenza visibile in tutte le cose, è elevazione a Dio. E tutto serve a questa elevazione per chi ha in sé la carità, che è pietà attiva per tutte le necessità del prossimo, perché in ogni prossimo la carità ci fa vedere un fratello, e sentiamo Gesù in lui, Gesù che soffre delle sofferenze del povero, del malato, del perseguitato, o che soffre perché un figlio del Padre sta divenendo un figliol prodigo che lascia la casa del Padre in cerca di un falso benessere, soffre perché uno dubita di avere un Padre, e occorre persuaderlo in questo esserci un Padre buonissimo perché egli non cada in desolazione e in peccato.
L’amor proprio, invece, è ricerca di se stessi, è successivo amore a se stessi, è azione fatta per glorificare se stessi agli occhi del mondo. È quindi concupiscenza della carne, concupiscenza degli occhi e orgoglio della vita, e da questa pianta dai tre rami vengono poi la vanagloria, la durezza di cuore, la superbia, la smania delle umane lodi, l’ipocrisia, lo spirito di dominio, la convinzione di sapersi guidare da sé, scrollando via da sé ogni comando o consiglio dell’Amore e di chi parla in nome dell’Amore.
Si credono liberi e re perché, secondo loro, nessuno è meglio di loro; perché, sempre secondo loro, sono già stabiliti sulle vette del sapere e del potere. Invece sono schiavi come nessuno lo è. E di loro stessi, e del nemico di Dio, e dei servi del nemico di Dio. Schiavi, servi, nudi, ciechi. Schiavi di sé stessi, e servi o schiavi del nemico e dei nemici di Dio. Nudi delle vesti ornate, delle vesti delle nozze con la Sapienza, delle vesti candide per il convito nei Cieli e per seguire osannando l’Agnello. Ciechi, o per lo meno miopi, per essersi guastati la vista spirituale con inutili investigazioni umane.
Questo divengono per aver rinunciato alla primogenitura, ossia alla più alta figliolanza, quella da Dio, per un povero piatto di lenticchie, cibo terreno. È piatto di lenticchie la sostituzione delle opere sapienziali, soprannaturali, e soprattutto della Grande Rivelazione che va accettata e creduta senza mezze misure. È piatto di lenticchie il sostituire ciò con libri scientifici, che sono, per perfetti che siano, sempre libri scritti da un uomo. Potranno perciò parere più chiari, e certo più comprensibili per chi sa solo leggere la lettera, restare alla superficie di una cosa, per chi non può penetrare oltre per pesantezza propria. Ma non trasformano l’uomo. Non lo portano in alto. I libri ispirati, invece, quei libri di cui l’Autore è Dio, per chi li sa leggere, sono mezzo di trasformazione e unione in Dio e con Dio, e di elevazione.
Tutto quanto viene da Dio è mezzo di elevazione, di trasformazione e di più intima unione con Dio. Gli stessi miracoli, di specie diversa, miracoli di guarigioni di corpi e di spiriti, specie queste, sono mezzo di trasformazione e unione con Dio. Quanti, increduli o peccatori, poterono esser fatti credenti e redenti per il prodigio di un miracolo!
Il miracolo non va negato per ossequio al razionalismo. Non il miracolo della Creazione, non quello di una guarigione d’anima o di carne. La materia fu tratta dal nulla e ordinata al suo singolo fine da Dio. Un’anima morta o malata di malattia spirituale inguaribile, fu guarita da Dio, con questo o quel mezzo, ma sempre da Dio. Un corpo condannato a morire può da Dio esser guarito. Sempre da Dio, anche se Egli si serve di un’apparizione o di un giusto per con­vertire e guarire uno spirito, o della particolare fiducia in un santo per guarire una carne.
I razionalisti sappiano vedere. Grande cosa la ragione. Gran­-de co­sa essere creatura razionale. Ma più grande cosa è lo spirito. E più grande è essere creatura spirituale, ossia che sa d’avere lo spirito, e quello mette in primo luogo come re del suo io e come cosa eletta più di tutte le altre. Perché se la ragione aiuta l’uomo a esser uomo e non bruto, lo spirito, quando sia re nell’io, fa dell’uomo il figlio adottivo di Dio, gli dà somiglianza con Lui, gli permette di parteci­pare alla sua Divinità e ai suoi eterni beni. Predomini quindi lo spi­rito sulla ragione e sulla carne o umanità. E non regni il razionali­smo che nega, o vuole spiegare ciò che va creduto per fede e che, nell’essere spiegato, anzi nel tentativo di venire spiegato, viene leso; e lesa, se non morta, viene la fede.
I razionalisti sappiano vedere. Depongano le lenti opache del razionalismo. Esse non li serviranno. Anzi esse faranno vedere le verità alterate. Proprio come una lente, non adatta all’occhio indebolito, serve a far vedere peggio ancora. Chi pende verso il razionalismo è già un indebolito nella vista spirituale. Quando poi lo elegge, mette lenti inadatte al suo indebolito vedere, e vede malamente del tutto. Sappiano vedere. Vedere bene, e il Bene. Vedere Dio nel suo continuo perfetto operare col mantenere la Creazione che ebbe vita per il suo Volere, col rendere la salute e la vita dove già è certa la morte.
Come possono, coloro che vogliono spiegare la creazione e la vita come autogenesi e poligenesi, negare che l’Onnipotente possa meno di ciò che poté creare al principio, e non era neppure materia, ma solo caos, e poi erano solo cose limitate e imperfette? È logico, puramente logico e ragionevole, che si possa ammettere il miracolo del caos che da sé si ordina, e genera da sé la cellula, e la cellula si evolve in specie, e questa specie in altre sempre più perfette e numerose, mentre si definisce che Dio non poté fare da Sé tutta la creazione? È logico e ragionevole sostenere l’evoluzione della specie, anzi di una data specie sino alla forma animale più perfetta perché dotata di parola e di ragione, anche solo di queste, quando si vede, da millenni, che ogni creatura animale non ha acquistato ragione e parola pur convivendo con l’uomo?
Ogni animale, da millenni è quale fu fatto. Ci sarà stato impiccolimento strutturale, ci saranno stati incroci per cui, dalle razze prime create, vennero altre razze ibride. Ma per passare di epoche e di millenni mai si vide che il toro cessasse d’esser tale, e tale il leone, e tale il cane, che pur convive con l’uomo da secoli e secoli. E neppure mai si vide che le scimmie, col passare dei millenni e coi contatti con l’uomo, di cui possono, sì, imitare i gesti ma non possono imparare la favella, divenissero uomini, almeno animali uomini. Sono le stesse creature inferiori che smentiscono, con l’evidenza dei fatti, le elucubrazioni dei cultori della scienza solo razionale. Quali erano, sono. Testimoniano dell’onnipotenza di Dio con la varietà delle specie. Ma non si sono evolute. Quali erano sono rimaste, coi loro istinti, le loro leggi naturali, la loro speciale missione, che non è inutile, mai, anche se in apparenza può parerlo. Dio non fa opere inutili e totalmente nocive. Il veleno stesso del serpente è utile e ha la sua ragione d’essere.
I razionalisti sappiano vedere. Si levino le lenti del razionalismo scientifico, e vedano alla luce di Dio, col mezzo della Parola divina che parlò per bocca dei patriarchi e profeti del Tempo antico, e dei santi, mistici o contemplatori del Tempo nuovo, ai quali sempre un Unico Spirito rivelò o ricordò cose nascoste e cose passate, alteratesi nella verità, passando di bocca in bocca. Vedano soprattutto col mezzo della Parola incarnata e Luce del mondo: Gesù, il Maestro dei maestri, il quale non ha cambiato una sillaba della Rivelazione contenuta nel Libro, ma, Egli che essendo Onniscienza e Verità tutto sapeva nella interezza della Verità, l’ha anzi confermata e riportata, nel senso talora svisato ad arte dai rabbi d’Israele, alla primiera forma che è l’unica vera.
Voler aggiungere a quanto la Sapienza ha rivelato, la Tradizione ha tramandato, la Parola ha confermato e spiegato, è aggiungere orpello all’oro. Non sono i gettoni della scienza quelli che aprono le porte del Regno dei Cieli. Ma lo sono le auree monete della Fede nelle verità rivelate, le auree monete della Speranza nelle promesse eterne, le auree monete della Carità praticata perché s’è creduto e sperato, quelle che dànno agli spiriti dei giusti e poscia alle carni e agli spiriti dei giusti il loro posto nella Città eterna di Dio.
Mai sarà abbastanza detto che la scienza è paglia che empie ma non nutre, è fumo che offusca ma non illumina, che, ove sopraffaccia fede e sapienza, è veleno spirituale che uccide, è zizzania che dà frutto di falsi profeti di un verbo nuovo e di nuove teorie che non sono verbo divino né divina dottrina.
Eventuali violazioni ai DIRITTI d'AUTORE, se DEBITAMENTE SEGNALATE a ezio1944@gmail.com - VERRANNO IMMEDIATAMENTE RIMOSSE
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