
LEGGE ► DANIELA CIAVONI
Le sette Chiese
Ma Giovanni tutte queste cose le vide. Le antevide. Le vide nelle sette chiese di allora. Le antevide nelle chiese d’ora, delle quali le sette chiese di allora erano non solo verità ma figura. E antevide anche l’attuale orrore: quello della Negazione in troppi luoghi e in troppi spiriti. E antevide l’estremo orrore: il tempo dell’Anticristo.
Tutto vide, attraverso alla prima visione. La conseguenza ultima è frutto della prima conseguenza. Per cicli di età si ripete, sempre più crescendo più è cresciuta la Chiesa. Anche questo è dolorosamente logico che sia. Perché il Cristo è tanto più odiato e avversato dall’Anticristo quanto più il suo affermarsi e trionfare nei santi cresce. Il Corpo mistico vince le sue battaglie? E l’Anticristo aumenta la sua potenza e ne sferra di più atroci. Perché se Cristo vuole trionfare, come è giusto che sia, l’Anticristo anche vuol trionfare, e la sua violenza cresce più il Cristo trionfa, per vincerlo e abbatterlo. Oh! non potrà! Cristo è il Vincitore. Ma lo spera e lo tenta. E non potendo avere la sua vittoria collettiva su tutto il Popolo di Dio, si prende le sue vittorie individuali o nazionali, traviando intelletti e possedendo spiriti, strappando Popoli alla Chiesa.
Le sette chiese. Da poco erano fondate, e fondate da quelli che erano stati mandati a fondarle direttamente da Dio: “Andate ad ammaestrare tutte le genti”; dopo che, come da divina promessa, avevano ricevuto lo Spirito Santo che “avrebbe ricordato loro ogni cosa e insegnato ogni vero” in maniera da esser compreso, ossia rendendoli capaci di intendere le cose più alte, perché: “rivestiti di potenza dall’alto” fossero capaci di essere i fondatori di una cosa così alta come il Regno di Dio tra gli uomini. E ciononostante già l’imperfezione, e anche più dell’imperfezione, s’era formata in molte di esse, perché l’Avversario o Anticristo era già spiritualmente in atto, e lavorava già per corrompere e distruggere le fortezze spirituali del Regno di Dio. Creare discordie fra le membra, insinuare sottili eresie, suscitare stolte superbie, consigliare i vili compromessi tra coscienza e legge della carne, e le restrizioni mentali, odiose a Dio il cui linguaggio è “sì, sì; no, no” e tale vuole che sia il linguaggio dei suoi figli e fedeli; raffreddare la carità, aumentare l’amore all’esistenza terrena e alle ricchezze e onori materiali.
Ecco i lavori dell’Avversario, instancabile nel lavorare per tentare di vincere Dio e distruggere quanto Egli ha creato, approfittando di tutto quanto lo può aiutare, fornito dagli uomini stessi, per imperfezione propria o per reazione provocata da azioni ingiuste delle membra più forti verso le membra più deboli.
Quanto è giusto dire va detto. Il mancare alla giustizia e alla carità, che simili a miele celeste attirano le anime alla mistica arnia e ve le tiene fedeli, provoca reazioni delle membra colpite, dolore, scandalo, e anche sfiducia e separazione.
La Chiesa è stata fondata dalla Carità, e carità perfetta dovrebbe sempre essere stata. La Chiesa è alimentata dalla Carità, e carità perfetta dovrebbe dare a tutte le sue membra, anche e soprattutto alle minime e deboli per alimentarle e tenerle vive. La Chiesa ha avuto il comando di insegnare la carità. Ma guai se l’insegnamento si limita alla lettera invece di essere praticato nel suo spirito!
Vivere nella carità per fare vivere gli agnelli in essa. Questo è il dovere dei pastori. Ché se gli agnelli vedono che la carità è pretesa dai pastori — e guai all’agnello che non dà reverenziale amore spinto sino alla rinuncia del libero giudizio e della libera azione nelle cose buone, che Dio stesso lascia all’uomo (anzi Egli lascia ogni libertà, limitandosi a dire ciò che è buono o non buono) — mentre essa carità è negata dai pastori agli agnelli, che avviene? Che per un cuore che non si apre alle infinite necessità delle anime – parlo dei cuori pastorali – le anime si volgono altrove, vanno a bussare ad altre porte, e talora sono porte che si aprono ai bisogni materiali, e danno pane, vesti, medicine, consigli, aiuti per trovare un lavoro, per non esser cacciati di casa dal ricco duro di cuore, ma anche che levano religione e giustizia dai cuori. Perché così avviene. E per un pane, una veste, un tetto, un aiuto a ristabilire la giustizia verso un perseguitato, un’anima, o più anime, lasciano l’ovile, il pascolo, la via di Dio, e vanno ad altri pascoli e su altre vie, materiali i primi, anticristiane le seconde.
Nel secolare sviluppo della mistica Vite si sono prodotte separazioni anche di tralci principali. Molte le cause di ciò, e non tutte venute da spontanea ribellione delle membra, ma anche da ribellione provocata da un rigorismo senza carità, e da un rigorismo senza giustizia, che impone agli altri di portare i pesi che essi non portano. Per questo, Israele conobbe guerre intestine e scismi. Per questo, il popolo minuto seguì il Cristo. Per questo, ancor oggi delle membra si separano o, quanto meno, restano perplesse, o cadono in scandalo.
Osserviamo le sette chiese di allora, quali le vide Giovanni, e quali le sentì giudicare dal Giudice eterno. Vedremo in esse già in azione quanto poi, e in forma sempre più vasta, fu ed è in azione nelle chiese o religioni di nome “cristiane” ma non cristiane cattoliche. Le chiese separate.
Si sono date una costituzione umana, conservando, della vera Chiesa, solo quello che a loro piaceva conservare per dirsi “cristiane”. Ma esser cristiani non vuol dire soltanto pregare il Cristo; predicarlo, in qual che sia maniera, non vuol dire essere ancor più rigoristi, in certe cose, dei cattolici veri. Pregare Dio, predicare Dio, esser rigidi nel servizio formalistico di Dio, lo facevano anche i sacerdoti, gli scribi, i farisei del tempo di Gesù tra gli uomini. Eppure ciò non li fece, salvo rare eccezioni, “cristiani”; ma anzi li fece “anticristiani”.
Essere cristiani vuol dire far parte del Corpo mistico appartenendo alla Chiesa di Roma come cattolici, appartenendo al Cristo col vivere veramente come Egli ha insegnato e comandato di vivere. Altrimenti non si è cristiani di fatto, neppure se si è cattolici per aver ricevuto il Battesimo secondo il rito della Chiesa di Roma e gli altri sacramenti. Anche se non si è caduti e rimasti in colpa grave, anche se non si è giunti a rinnegare la Fede, a far parte di sètte condannate dalla Chiesa, o di appartenere a partiti politici, pure condannati perché giustamente condannabili, non si è cattolici veri, cristiani di fatto quando non si vive la vita cristiana, quando non si onora Dio con culto interno vivo, sempre, anche nell’intimità della casa, presente sempre anche nel lavoro intellettuale o manuale che si deve esplicare, attivo sempre anche nei rapporti sociali che si devono continuamente avere con tutto il nostro prossimo, più o meno congiunto a noi da legami di sangue o da rapporti sociali.
Non si è cattolici veri e cristiani di fatto, quando si pratica solo un culto esterno e formale per essere lodati, o solo un culto interno per non essere derisi come bigotti o averne magari un danno materiale. Non si è cattolici veri, cristiani di fatto, quando non si cerca di praticare il più perfettamente possibile le virtù, sino all’eroismo, se occorre; quando non si esercita quanto è detto “completamento della Legge: la carità”, di cui sono altrettanti rami le opere di misericordia; quando non si cerca di levarsi l’abito vizioso che è causa al peccare; quando si pecca contro lo Spirito Santo, dubitando della Misericordia divina che perdona a chi si pente, presumendo di potersi salvare da sé, schernendo o negando le luminose verità della Fede, non soltanto quelle prime e principali, ma tutto quanto è contenuto nel Credo e definito dai dogmi antichi e recenti, nutrendo invidia verso i giusti, rimanendo ostinatamente peccatori e impenitenti; quando si lede il prossimo nella vita o anche solo nella salute corporale, o nell’onore; quando si calpesta l’ordine della natura compiendo atti abominevoli che gli stessi animali non compiono con piena colpa perché non hanno la ragione e la coscienza, opprimendo i poveri, praticando usura di illecito guadagno, sfruttando oltre misura colui che lavora e negandogli una giusta mercede.
Quando si vive così, si meritano i giudizi severi di Gesù agli scribi, farisei e mercanti del Tempio. Come sarebbe opportuno che molto frequentemente nel Vangelo — che dovrebbe essere il libro letto quotidianamente da ogni cristiano, frase per frase, meditando su quelle verità che danno la Vita — fossero letti, riletti, meditati i punti in cui Gesù dice dove è verità di vita religiosa e dove è apparenza o menzogna di vita religiosa! Ed esaminare se stessi. Paragonarsi al fariseo e al pubblicano, al fariseo e alla peccatrice, al levita e al samaritano buono, sui ricchi che gettavano il supero delle loro ricchezze nel gazofilacio, e sulla vedova che vi gettava “quanto aveva per vivere”, e vedere a quale categoria si appartiene. E se si vede di appartenere alla categoria che ha solo culto esterno, ravvedersi, divenire veri discepoli del Maestro, veri figli di Dio e fratelli al Cristo, ossia cristiani di nome e più di fatto.
Perché altrimenti si avrà il nome di cristiani, ma non si sarà tralci che Egli alimenta. Si sarà tralci staccati, che, se anche non sono seccati del tutto perché una naturale tendenza al Bene li fa agire da giusti, sono però rami che si sono ripiantati da sé, superbamente; che hanno fatto una pianta a parte che dà lambrusca e non uva buona. Per tornar tale devono essere nuovamente innestati alla vera Vite, all’unica vera Vite che permette ai tralci di portare frutti copiosi e santi.
Questo, sia per i singoli tralci individuali, che per quelli formanti una vite a parte: le chiese separate. Le quali, per esser separate e per essersi date una costituzione lor propria, ideata dal loro fondatore – un uomo, e non l’Uomo-Dio – non possono avere quella totalità di vita spirituale che soltanto l’appartenere al Corpo mistico mantiene, e che preserva da distacchi sempre più grandi, non solo dal Corpo in se stesso, ma dalla Verità e Luce che fanno sicura la via che dalla Chiesa terrena conduce a quella celeste.
E che il non appartenere al Corpo mistico produca decadimento anche dalla giustizia, lo si vede più chiaramente che mai oggi. La separazione si approfondisce. Perché alcune chiese separate non solo si limitano al non dare ossequio e ubbidienza al Supremo Pastore; non solo si permettono di alzare le loro proteste quando il Pontefice parla per lume divino definendo nuove verità; non solo, pur dicendo di voler servire Cristo, strappano a Lui, o tentano strappare delle creature che gli appartengono, che sono del suo Ovile, e che essi, i separati, tentano portare al loro, ad altri pascoli dove non tutto, e specie la parte principale, è buono; ma, e ciò è mostruoso, si pongono a celebrare la Bestia, l’Anticristo, e ad approvare le sue ideologie.
Tutto vide, attraverso alla prima visione. La conseguenza ultima è frutto della prima conseguenza. Per cicli di età si ripete, sempre più crescendo più è cresciuta la Chiesa. Anche questo è dolorosamente logico che sia. Perché il Cristo è tanto più odiato e avversato dall’Anticristo quanto più il suo affermarsi e trionfare nei santi cresce. Il Corpo mistico vince le sue battaglie? E l’Anticristo aumenta la sua potenza e ne sferra di più atroci. Perché se Cristo vuole trionfare, come è giusto che sia, l’Anticristo anche vuol trionfare, e la sua violenza cresce più il Cristo trionfa, per vincerlo e abbatterlo. Oh! non potrà! Cristo è il Vincitore. Ma lo spera e lo tenta. E non potendo avere la sua vittoria collettiva su tutto il Popolo di Dio, si prende le sue vittorie individuali o nazionali, traviando intelletti e possedendo spiriti, strappando Popoli alla Chiesa.
Le sette chiese. Da poco erano fondate, e fondate da quelli che erano stati mandati a fondarle direttamente da Dio: “Andate ad ammaestrare tutte le genti”; dopo che, come da divina promessa, avevano ricevuto lo Spirito Santo che “avrebbe ricordato loro ogni cosa e insegnato ogni vero” in maniera da esser compreso, ossia rendendoli capaci di intendere le cose più alte, perché: “rivestiti di potenza dall’alto” fossero capaci di essere i fondatori di una cosa così alta come il Regno di Dio tra gli uomini. E ciononostante già l’imperfezione, e anche più dell’imperfezione, s’era formata in molte di esse, perché l’Avversario o Anticristo era già spiritualmente in atto, e lavorava già per corrompere e distruggere le fortezze spirituali del Regno di Dio. Creare discordie fra le membra, insinuare sottili eresie, suscitare stolte superbie, consigliare i vili compromessi tra coscienza e legge della carne, e le restrizioni mentali, odiose a Dio il cui linguaggio è “sì, sì; no, no” e tale vuole che sia il linguaggio dei suoi figli e fedeli; raffreddare la carità, aumentare l’amore all’esistenza terrena e alle ricchezze e onori materiali.
Ecco i lavori dell’Avversario, instancabile nel lavorare per tentare di vincere Dio e distruggere quanto Egli ha creato, approfittando di tutto quanto lo può aiutare, fornito dagli uomini stessi, per imperfezione propria o per reazione provocata da azioni ingiuste delle membra più forti verso le membra più deboli.
Quanto è giusto dire va detto. Il mancare alla giustizia e alla carità, che simili a miele celeste attirano le anime alla mistica arnia e ve le tiene fedeli, provoca reazioni delle membra colpite, dolore, scandalo, e anche sfiducia e separazione.
La Chiesa è stata fondata dalla Carità, e carità perfetta dovrebbe sempre essere stata. La Chiesa è alimentata dalla Carità, e carità perfetta dovrebbe dare a tutte le sue membra, anche e soprattutto alle minime e deboli per alimentarle e tenerle vive. La Chiesa ha avuto il comando di insegnare la carità. Ma guai se l’insegnamento si limita alla lettera invece di essere praticato nel suo spirito!
Vivere nella carità per fare vivere gli agnelli in essa. Questo è il dovere dei pastori. Ché se gli agnelli vedono che la carità è pretesa dai pastori — e guai all’agnello che non dà reverenziale amore spinto sino alla rinuncia del libero giudizio e della libera azione nelle cose buone, che Dio stesso lascia all’uomo (anzi Egli lascia ogni libertà, limitandosi a dire ciò che è buono o non buono) — mentre essa carità è negata dai pastori agli agnelli, che avviene? Che per un cuore che non si apre alle infinite necessità delle anime – parlo dei cuori pastorali – le anime si volgono altrove, vanno a bussare ad altre porte, e talora sono porte che si aprono ai bisogni materiali, e danno pane, vesti, medicine, consigli, aiuti per trovare un lavoro, per non esser cacciati di casa dal ricco duro di cuore, ma anche che levano religione e giustizia dai cuori. Perché così avviene. E per un pane, una veste, un tetto, un aiuto a ristabilire la giustizia verso un perseguitato, un’anima, o più anime, lasciano l’ovile, il pascolo, la via di Dio, e vanno ad altri pascoli e su altre vie, materiali i primi, anticristiane le seconde.
Nel secolare sviluppo della mistica Vite si sono prodotte separazioni anche di tralci principali. Molte le cause di ciò, e non tutte venute da spontanea ribellione delle membra, ma anche da ribellione provocata da un rigorismo senza carità, e da un rigorismo senza giustizia, che impone agli altri di portare i pesi che essi non portano. Per questo, Israele conobbe guerre intestine e scismi. Per questo, il popolo minuto seguì il Cristo. Per questo, ancor oggi delle membra si separano o, quanto meno, restano perplesse, o cadono in scandalo.
Osserviamo le sette chiese di allora, quali le vide Giovanni, e quali le sentì giudicare dal Giudice eterno. Vedremo in esse già in azione quanto poi, e in forma sempre più vasta, fu ed è in azione nelle chiese o religioni di nome “cristiane” ma non cristiane cattoliche. Le chiese separate.
Si sono date una costituzione umana, conservando, della vera Chiesa, solo quello che a loro piaceva conservare per dirsi “cristiane”. Ma esser cristiani non vuol dire soltanto pregare il Cristo; predicarlo, in qual che sia maniera, non vuol dire essere ancor più rigoristi, in certe cose, dei cattolici veri. Pregare Dio, predicare Dio, esser rigidi nel servizio formalistico di Dio, lo facevano anche i sacerdoti, gli scribi, i farisei del tempo di Gesù tra gli uomini. Eppure ciò non li fece, salvo rare eccezioni, “cristiani”; ma anzi li fece “anticristiani”.
Essere cristiani vuol dire far parte del Corpo mistico appartenendo alla Chiesa di Roma come cattolici, appartenendo al Cristo col vivere veramente come Egli ha insegnato e comandato di vivere. Altrimenti non si è cristiani di fatto, neppure se si è cattolici per aver ricevuto il Battesimo secondo il rito della Chiesa di Roma e gli altri sacramenti. Anche se non si è caduti e rimasti in colpa grave, anche se non si è giunti a rinnegare la Fede, a far parte di sètte condannate dalla Chiesa, o di appartenere a partiti politici, pure condannati perché giustamente condannabili, non si è cattolici veri, cristiani di fatto quando non si vive la vita cristiana, quando non si onora Dio con culto interno vivo, sempre, anche nell’intimità della casa, presente sempre anche nel lavoro intellettuale o manuale che si deve esplicare, attivo sempre anche nei rapporti sociali che si devono continuamente avere con tutto il nostro prossimo, più o meno congiunto a noi da legami di sangue o da rapporti sociali.
Non si è cattolici veri e cristiani di fatto, quando si pratica solo un culto esterno e formale per essere lodati, o solo un culto interno per non essere derisi come bigotti o averne magari un danno materiale. Non si è cattolici veri, cristiani di fatto, quando non si cerca di praticare il più perfettamente possibile le virtù, sino all’eroismo, se occorre; quando non si esercita quanto è detto “completamento della Legge: la carità”, di cui sono altrettanti rami le opere di misericordia; quando non si cerca di levarsi l’abito vizioso che è causa al peccare; quando si pecca contro lo Spirito Santo, dubitando della Misericordia divina che perdona a chi si pente, presumendo di potersi salvare da sé, schernendo o negando le luminose verità della Fede, non soltanto quelle prime e principali, ma tutto quanto è contenuto nel Credo e definito dai dogmi antichi e recenti, nutrendo invidia verso i giusti, rimanendo ostinatamente peccatori e impenitenti; quando si lede il prossimo nella vita o anche solo nella salute corporale, o nell’onore; quando si calpesta l’ordine della natura compiendo atti abominevoli che gli stessi animali non compiono con piena colpa perché non hanno la ragione e la coscienza, opprimendo i poveri, praticando usura di illecito guadagno, sfruttando oltre misura colui che lavora e negandogli una giusta mercede.
Quando si vive così, si meritano i giudizi severi di Gesù agli scribi, farisei e mercanti del Tempio. Come sarebbe opportuno che molto frequentemente nel Vangelo — che dovrebbe essere il libro letto quotidianamente da ogni cristiano, frase per frase, meditando su quelle verità che danno la Vita — fossero letti, riletti, meditati i punti in cui Gesù dice dove è verità di vita religiosa e dove è apparenza o menzogna di vita religiosa! Ed esaminare se stessi. Paragonarsi al fariseo e al pubblicano, al fariseo e alla peccatrice, al levita e al samaritano buono, sui ricchi che gettavano il supero delle loro ricchezze nel gazofilacio, e sulla vedova che vi gettava “quanto aveva per vivere”, e vedere a quale categoria si appartiene. E se si vede di appartenere alla categoria che ha solo culto esterno, ravvedersi, divenire veri discepoli del Maestro, veri figli di Dio e fratelli al Cristo, ossia cristiani di nome e più di fatto.
Perché altrimenti si avrà il nome di cristiani, ma non si sarà tralci che Egli alimenta. Si sarà tralci staccati, che, se anche non sono seccati del tutto perché una naturale tendenza al Bene li fa agire da giusti, sono però rami che si sono ripiantati da sé, superbamente; che hanno fatto una pianta a parte che dà lambrusca e non uva buona. Per tornar tale devono essere nuovamente innestati alla vera Vite, all’unica vera Vite che permette ai tralci di portare frutti copiosi e santi.
Questo, sia per i singoli tralci individuali, che per quelli formanti una vite a parte: le chiese separate. Le quali, per esser separate e per essersi date una costituzione lor propria, ideata dal loro fondatore – un uomo, e non l’Uomo-Dio – non possono avere quella totalità di vita spirituale che soltanto l’appartenere al Corpo mistico mantiene, e che preserva da distacchi sempre più grandi, non solo dal Corpo in se stesso, ma dalla Verità e Luce che fanno sicura la via che dalla Chiesa terrena conduce a quella celeste.
E che il non appartenere al Corpo mistico produca decadimento anche dalla giustizia, lo si vede più chiaramente che mai oggi. La separazione si approfondisce. Perché alcune chiese separate non solo si limitano al non dare ossequio e ubbidienza al Supremo Pastore; non solo si permettono di alzare le loro proteste quando il Pontefice parla per lume divino definendo nuove verità; non solo, pur dicendo di voler servire Cristo, strappano a Lui, o tentano strappare delle creature che gli appartengono, che sono del suo Ovile, e che essi, i separati, tentano portare al loro, ad altri pascoli dove non tutto, e specie la parte principale, è buono; ma, e ciò è mostruoso, si pongono a celebrare la Bestia, l’Anticristo, e ad approvare le sue ideologie.